Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22236 del 12/09/2018

Cassazione civile sez. VI, 12/09/2018, (ud. 05/06/2018, dep. 12/09/2018), n.22236

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. DI MARZO Mauro – rel. Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25576/2016 proposto da:

M.S., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati

ALBERTO DE FELICE, FRANCESCO MOSCHETTI;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DI ENTRATE, PUBBLICO MINISTERO PRESSO LA PROCURA DELLA

REPUBBLICA DI VENEZIA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1563/2016 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 08/07/2016;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 05/06/2018 dal Consigliere Dott. MAURO DI MARZIO.

Fatto

FATTO E DIRITTO

rilevato che:

1. – Con sentenza dell’8 luglio 2016 la Corte d’appello di Venezia ha respinto l’appello proposto da M.S. nei confronti dell’agenzia delle entrate, Direzione provinciale di Venezia, nonchè del Pubblico Ministero contro la sentenza del locale Tribunale che aveva respinto la querela di falso spiegata dal M. avverso la relata di notifica a mezzo posta di un avviso di accertamento Tributario emesso a fini Irpef 2006. Ha in particolare ritenuto la Corte territoriale che l’impugnazione del M. dovesse essere respinta, giacchè:

-) i testi esclusi erano inattendibili in quanto avevano riferito che il plico contenente l’atto notificato contenesse soltanto due fogli, mentre lo stesso M. aveva affermato che esso conteneva l’accertamento composto di 11 fogli, oltre ad un ulteriore foglio indicante le modalità di pagamento;

-) che era da ascrivere ad un mero errore materiale la discrepanza risultante dall’atto notificato al M., derivante dalla circostanza che nella relata di notificazione veniva dato atto della consistenza dell’atto in 11 pagine più due allegati di complessive 13 pagine, mentre a pagina 11 dell’atto impositivo era detto che esso si componeva di 11 pagine e di un solo allegato composto di una pagina.

2. – Per la cassazione della sentenza M.S. ha proposto ricorso per tre motivi.

L’intimato non ha spiegato difese.

considerato che:

3. Il primo motivo denuncia nullità della sentenza per deficienza strutturale della motivazione solo apparente, in violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 e art. 118 disp. att. c.p.c..

Il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 e l’art. 2697 e dell’art. 116 c.p.c., nella parte in cui la Corte d’appello ha valutato le prove testimoniali prescindendo dall’intero contesto di tutti gli elementi acquisiti nel processo e, così facendo, ha violato il principio del prudente apprezzamento.

Il terzo motivo denuncia violazione e falsa applicazione in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, delle norme di cui alla L. 26 novembre 1982, n. 890, in tema di notificazione di atti a mezzo posta, ed in particolare dell’art. 3, riguardante la relata di notificazione, laddove la Corte d’appello ha affermato che la relata non può costituire allegato dell’atto non risultando scritta sulla copia della medesima.

ritenuto che:

4. – Il collegio ha autorizzato la redazione del provvedimento in modalità semplificata.

5. – Il ricorso è manifestamente infondato.

5.1. – Non sussiste la violazione dell’art. 132 c.p.c..

E’ difatti denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (Cass., Sez. Un., 7 aprile 2014, n. 8053).

Nel caso in esame la Corte d’appello ha fornito una precisa motivazione del rigetto dell’appello, giudicando per un verso inattendibili i testi addotti dal M., sul rilievo che essi avevano riferito del contenuto del plico notificato in difformità da quanto lo stesso M. aveva sostenuto, e, per altro verso, affermando che la discrepanza posta dal M. a sostegno della querela di falso era da ascrivere non già a falsità della relata di notificazione, ma ad un mero errore materiale.

5.2. – Il secondo motivo è inammissibile.

Ed invero, una questione di violazione o di falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., non può porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma, rispettivamente, solo allorchè si alleghi che quest’ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione (Cass. 27 dicembre 2016, n. 27000; Cass. 11 dicembre 2015, n. 25029; Cass. 19 giugno 2014, n. 13960).

D’altro canto, la violazione del precetto di cui all’art. 2697 c.c., si configura soltanto nell’ipotesi che il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne è gravata secondo le regole dettate da quella norma, non anche quando, a seguito di una incongrua valutazione delle acquisizioni istruttorie, il giudice abbia errato nel ritenere che la parte onerata abbia assolto tale onere, poichè in questo caso vi è soltanto un erroneo apprezzamento sull’esito della prova, sindacabile in sede di legittimità solo per il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5 (Cass. 17 giugno 2013, n. 15107; Cass. 5 settembre 2006, n. 19064; Cass. 14 febbraio 2000, n. 2155; Cass. 2 dicembre 1993, n. 11949).

Nel caso di specie, dunque, le disposizioni indicate in rubrica non sono state richiamate a proposito, mentre l’oggetto della censura è semplicemente l’apprezzamento di fatto, evidentemente insindacabile in questa sede, compiuto dal giudice del merito in ordine all’attendibilità dei testi escussi.

5.3. – Il terzo motivo è parimenti inammissibile.

Il Giudice di merito ha ritenuto che la relata di notificazione non potesse costituire, come invece sostenuto dal M., allegato all’atto impositivo, giacchè la relata, ai sensi della L. n. 890 del 1982, art. 3, applicabile nella specie, si redige sull’atto e non ne costituisce allegato.

fronte di ciò il ricorrente replica che l’interpretazione fornita dalla Corte d’appello risulterebbe “eccessivamente ancorata al tenore letterale”: ora qui è sufficiente osservare che, indipendentemente dal significato del dato normativo, la questione se nel caso di specie la relata di notificazione costituisse o meno allegato dell’atto impositivo si risolve in una questione di fatto risolta dal giudice di merito ed insindacabile in questa sede.

6. Nulla per le spese. Sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato.

PQM

rigetta il ricorso dando atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, che sussistono i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 5 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 12 settembre 2018

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