Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22235 del 03/11/2016


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Cassazione civile sez. un., 03/11/2016, (ud. 27/09/2016, dep. 03/11/2016), n.22235

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RORDORF Renato – Primo Presidente aggiunto –

Dott. DI AMATO Sergio – Presidente di sez. –

Dott. AMOROSO Giovanni – Presidente di sez. –

Dott. AMENDOLA Adelaide – rel. Presidente di sez. –

Dott. NAPPI Aniello – Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere –

Dott. BIANCHINI Bruno – Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. CHINDEMI Domenico – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 25269-2014 proposto da:

REGIONE LOMBARDIA, in persona del Presidente pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, CORSO VITTORIO EMANUELE II 229,

presso lo studio dell’avvocato GIULIANO POMPA, rappresentata e

difesa dagli avvocati MARCO CEDERLE e PIO DARIO VIVONE, per delega a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

ITALGEN S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA E.Q. VISCONTI 99, presso lo

studio degli avvocati ERNESTO CONTE ed ILARIA CONTE, che la

rappresentano e difendono unitamente agli avvocati GUIDO GRECO,

MARIA SIMONETTA STRANEO MOLLICA, per delega a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 122/2014 del TRIBUNALE SUPERIORE DELLE ACQUE

PUBBLICHE, depositata l’11/06/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

27/09/2016 dal Presidente Dott. ADELAIDE AMENDOLA;

uditi gli avvocati Marco CEDERLE, Ernesto CONTE e MOLLICA STRANEO

Maria Simonetta;

udito il P.M. in persona dell’Avvocato Generale Dott. FUZIO Riccardo,

che ha concluso per l’accoglimento del ricorso, in subordine

questione pregiudiziale alla Corte di Giustizia Europea.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Italgen s.p.a., titolare della concessione di grande derivazione di (OMISSIS), originariamente rilasciata a Italcementi, con scadenza al 19 dicembre 2001, ovvero per una durata di anni sessanta, a partire dal 20 dicembre 1941, convenne innanzi al Tribunale regionale delle Acque Pubbliche di Milano la Regione Lombardia, per ivi sentire accertare il suo diritto al prolungamento della stessa per un periodo di pari durata, e cioè fino al 18 dicembre 2061. Sostenne che, ricadendo l’impianto nel territorio ove era applicabile la L. n. 102 del 1990 (la c.d. legge Valtellina), il cui art. 8 obbligava l’Enel a rinunciare al subentro, la previsione di cui alla L. n. 9 del 1991, art. 24, comma 6 – in base al quale, nella fattispecie, il prolungamento della durata della concessione era disposto con decreto del Ministro dell’industria, del commercio e dell’artigianato, di concerto con quello dei Lavori pubblici, per un periodo massimo di sessanta anni – costituiva fonte di un diritto soggettivo perfetto alla richiesta procrastinazione del termine.

La Regione Lombardia, contestò l’avversa pretesa.

Il giudice adito rigettò la domanda.

Osservò, a sostegno della scelta decisoria adottata, che le previsioni di cui alla L. n. 9 del 1991, art. 24, comma 6, dovevano ritenersi abrogate per effetto dell’entrata in vigore – prima dell’intervento del provvedimento amministrativo discrezionale in ordine al prolungamento – del D.Lgs. n. 79 del 1999, art. 12, comma 7, attuativo della direttiva comunitaria 96/92/CE, concernente la liberalizzazione del mercato dell’energia. Aggiunse che, prevedendo la predetta norma solo la durata massima, ma non quella minima, del prolungamento, all’interesse della parte al suo riconoscimento non poteva attribuirsi la consistenza di diritto soggettivo.

Proposto gravame dalla soccombente società, il Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche, con la sentenza ora impugnata, depositata in data 11 giugno 2014, lo ha accolto, per l’effetto dichiarando, in riforma della decisione di prime cure, che la concessione di derivazione di acque pubbliche relativa all’impianto idroelettrico di (OMISSIS) si è automaticamente prolungata, in virtù della L. 9 gennaio 1991, n. 9, art. 24, comma 6, per un periodo massimo di anni sessanta dalla originaria scadenza, salva la eventuale adozione, da parte della Regione Lombardia, di un provvedimento che stabilisca un periodo minore.

Il ricorso della Regione Lombardia è affidato a quattro motivi.

Si è difesa con controricorso Italgen s.p.a.

Entrambe le parti hanno depositato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Nel motivare il suo convincimento il Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche ha precisato: a) che la L. 7 agosto 1982, n. 529, artt. 1 e 2 avevano stabilito che l’Enel avrebbe rinunciato alla facoltà di acquisire, alla scadenza, i beni degli impianti idroelettrici i cui titolari si fossero impegnati ad eseguire lavori di ristrutturazione, di talchè la competente amministrazione avrebbe dovuto determinare, in relazione agli stessi, un nuovo termine finale di durata del rapporto; b) che l’impianto idroelettrico di (OMISSIS), nell’area di applicabilità della L. n. 102 del 1990, il cui art. 8, comma 4, aveva previsto, in deroga alle menzionate disposizioni, la rinunzia tout court dell’Enel ad avvalersi della facoltà di acquisizione; c) che, con specifico riferimento a detta ipotesi, la L. 9 gennaio 1991, n. 9, art. 24, comma 6, integrato e modificato dalla L. 25 agosto 1991, n. 282, art. 24 aveva sancito che il prolungamento della durata della concessione veniva disposto, senza necessità di istanza del concessionario, con decreto del Ministro dell’industria, del commercio e dell’artigianato, di concerto con quello dei Lavori pubblici, sentito l’Enel, per un periodo massimo di anni sessanta.

Orbene, secondo il decidente, Italgen aveva acquisito, in forza delle predette disposizioni normative – e fin dal momento della loro entrata in vigore – un diritto soggettivo al prolungamento della concessione di derivazione di acqua pubblica, prolungamento che, salvo l’intervento di diverse determinazioni della Regione Lombardia, doveva ritenersi a tempo indeterminato, con il limite massimo di sessanta anni. Segnatamente il giudice a quo non riteneva condivisibile la tesi secondo cui la L. 9 gennaio 1991, n. 9, art. 24, comma 6, era stato abrogato dal D.Lgs. n. 79 del 1999, art. 12, comma 7, (cosiddetto decreto Bersani), attuativo della direttiva 96/92/CE, fonte che, oltre a conferire alle regioni la competenza al rilascio delle concessioni in discorso, avrebbe stabilito anche una proroga massima di quelle in corso, superando, in quanto legge posteriore di pari grado, il disposto della L. n. 9 del 1991, art. 24. E invero, ad avviso del Tribunale Superiore, siffatta interpretazione, fatta propria dal giudice di prime cure, sarebbe viziata da un duplice errore: da un lato, essa intenderebbe come “massima” la proroga al 31 dicembre 2010 prevista dall’art. 12, comma 7 Decreto Bersani, laddove tale aggettivo, non presente nel testo della disposizione, ne modificherebbe arbitrariamente il senso, facendo apparire la norma come ostativa a ogni ulteriore operatività della proroga; dall’altro, ignorerebbe che le disposizioni le quali prevedevano il prolungamento delle concessioni idroelettriche relative agli impianti situati nel territorio della Valtellina (comb. disp. della L. 2 maggio 1990, n. 102, art. 8, comma 4, e L. n. 9 del 1991, art. 24, comma 6, come integrato e modificato dalla L. n. 282 del 1991, art. 24), erano speciali, come tali destinate a prevalere sulla norma generale successiva, volta a regolamentare tutte le concessioni diverse da quelle collocate in quell’ambito spaziale.

2.1. Tanto premesso, ai fini di una più agevole comprensibilità delle censure svolte in ricorso, con il primo motivo l’impugnante lamenta violazione degli artt. 3, 24 e 27 della direttiva comunitaria 96/92/CE, del D.Lgs. n. 79 del 1999, art. 12, comma 7, nonchè mancata disapplicazione, per contrasto con la legislazione comunitaria, della L. n. 9 del 1991, art. 24, comma 6.

Sostiene che le argomentazioni svolte dal Tribunale Superiore in punto di inoperatività delle disposizioni del Decreto Bersani con riferimento alla concessione di grande derivazione di (OMISSIS), per essere la stessa regolamentata dalla norma speciale di cui alla L. n. 9 del 1991, art. 24, comma 6, sarebbe in insanabile contrasto con l’art. 3, comma 1, della direttiva 96/92/CE, considerato che il successivo art. 24 medesima fonte comunitaria fa obbligo allo Stato membro di disciplinare con normativa transitoria espressa, da sottoporre al vaglio della Commissione, impegni o garanzie di gestione accordati prima dell’entrata in vigore della direttiva, e che possano restare inadempiuti a causa delle disposizioni della stessa. Di qui l’impredicabilità di una lettura dell’assetto normativo di riferimento che, lasciando fuori dalla sfera di operatività del Decreto Bersani e, in particolare, dal regime di proroga non oltre il mese di dicembre del 2010, previsto dall’art. 12, comma 7, dello stesso, le concessioni rientranti nella previsione di cui alla L. n. 9 del 1991, art. 24, comma 6, esporrebbe lo Stato italiano a responsabilità, in ragione del suo palese contrasto con la normativa comunitaria. Di talchè, anche a volere sostenere il carattere speciale di quella previsione, la stessa andrebbe comunque disapplicata per contrasto con la direttiva comunitaria.

2.2. Con il secondo mezzo, lamentando errata interpretazione e applicazione della L. n. 9 del 1991, art. 24, comma 6, l’impugnante critica l’affermazione del Tribunale Superiore secondo cui il concessionario sarebbe titolare di un diritto soggettivo insorto per effetto dell’entrata in vigore della L. n. 9 del 1991, segnatamente sostenendo che un prolungamento della concessione che non sia disposto, è un prolungamento che non esiste, posto che, anche a voler ritenere che il provvedimento amministrativo sia un atto dovuto, nulla autorizza ad affermare che il diritto soggettivo preesista allo stesso.

2.3. Con il terzo motivo l’esponente, denunciando violazione della L. n. 9 del 1991, art. 24, comma 6, contesta che un provvedimento discrezionale e complesso, come la concessione di derivazione, possa diventare addirittura superfluo. Sostiene quindi che, presupponendo la posizione fatta valere l’esercizio di complessi poteri discrezionali, prima della determinazione pluriministeriale, è al più configurabile un interesse legittimo al prolungamento.

2.4. Con il quarto mezzo, in subordine, rispetto alle censure innanzi esposte, si deduce violazione del D.Lgs. n. 79 del 1999, art. 12, comma 7. Sostiene il ricorrente Ente che, anche a volere ritenere che, alla data della entrata in vigore della L. n. 9 del 1991, sia insorto in capo al concessionario un diritto soggettivo al prolungamento, non sarebbe comunque possibile escludere l’impianto in contestazione dall’applicabilità della previsione di cui al D.Lgs. n. 79 del 1999, art. 12,comma 7. E invero la contraria interpretazione seguita dal Tribunale Superiore era basata sull’assunto che il prolungamento di cui al comb. disp. della L. n. 102 del 1990 e L. n. 9 del 1991, sia ontologicamente diverso dal prolungamento di cui alla L. n. 529 del 1982, laddove il dato normativo è nel senso dell’esistenza di un unico istituto, delineato nella L. n. 529 del 1982, artt. 2 e 7 norme rispetto alle quali la L. n. 9 del 1991, art. 24, comma 6, si limiterebbe a escludere il diritto di prelazione dell’Enel per gli impianti siti in determinate aree, come del resto ritenuto dal Consiglio di Stato nel parere in data 13 marzo 2002, n. 2234 del 1999.

In tale contesto la concessione di cui è titolare Italgen dovrebbe ritenersi in scadenza al 2010, secondo il chiaro disposto dell’art. 12 Decreto Bersani. Sulla base delle esposte argomentazioni, la Regione Lombardia ha dunque chiesto la cassazione della decisione impugnata o, in subordine, il rinvio alla Corte di Giustizia, ai sensi dell’art. 267 TFUE, affinchè valuti la compatibilità con il diritto dell’Unione della attuale vigenza della L.R. Lombardia n. 102 del 1990, art. 8, comma 4, recante disposizioni per la rinascita della Valtellina e di altre zone colpite dalle eccezionali avversità atmosferiche del 1987, ove interpretato nel senso che esso attribuisce al concessionario un diritto al prolungamento della concessione, oltre i limiti fissati dal D.Lgs. n. 79 del 1999, di recepimento e attuazione della Direttiva comunitaria n. 96/92/CE.

3. Le critiche, che si prestano a essere esaminate congiuntamente per la loro evidente connessione, sono fondate per le ragioni che seguono.

Occorre muovere dalla considerazione che la l. 7 agosto 1982, n. 529, dopo aver previsto che l’Enel, alla scadenza delle concessioni di grande derivazione idroelettrica delle imprese operanti nel settore, avrebbe rinunciato ad avvalersi della facoltà di acquisizione dei relativi impianti, di cui all’art. 1 della medesima fonte, ove le concessionarie si fossero obbligate ad eseguire i necessari lavori di potenziamento o di ristrutturazione (art. 2), aveva demandato a un decreto del Ministro dei lavori pubblici, sentito il Consiglio superiore dello stesso dicastero, e di concerto con il Ministro dell’industria, del commercio e dell’artigianato, di stabilire, anche in deroga alle disposizioni dell’art. 49 testo unico delle disposizioni di legge sulle acque e sugli impianti elettrici, approvato con R.D. 11 dicembre 1933, n. 1775, la durata delle concessioni relative ad impianti, per i quali detti lavori fossero stati eseguiti (art. 7).

Verificatosi nel 1987 il disastro della Valtellina, ove trovasi ubicato l’impianto di (OMISSIS), la L. 2 maggio 1990, n. 102, recante disposizione per la ricostruzione e la rinascita del relativo territorio, stabilì, in deroga alle disposizioni di cui alla L. n. 529 del 1982, la rinuncia tout court dell’Enel ad avvalersi, alla scadenza delle concessioni di grande derivazione colà situate, della facoltà di subentro (art. 8, comma 4).

La previsione venne integrata dalla successiva L. 25 agosto 1991, n. 282 il cui art. 24, novellando il testo della L. 9 gennaio 1991, n. 9, art. 24, comma 6 stabilì che, nella fattispecie, il prolungamento della durata della concessione sarebbe stato disposto con decreto del Ministro dell’industria, del commercio e dell’artigianato di concerto con quello dei lavori pubblici, sentito l’ENEL, per un periodo massimo di sessanta anni.

In tale contesto ordinamentale intervenne, in attuazione della direttiva 96/92/CE, recante norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica, il D.Lgs. 16 marzo 1999, n. 79 (c.d. Decreto Bersani), che all’art. 12 previde la scadenza, al termine del trentesimo anno successivo alla data della sua entrata in vigore, delle concessioni rilasciate all’Enel; al 31 dicembre 2010, per quelle scadute o in scadenza entro tale data; al termine fissato nell’atto di concessione, per le concessioni la cui scadenza fosse stabilita in epoca successiva al 31 dicembre 2010.

4. Orbene, ritiene che il collegio che la tesi della inoperatività della scadenza prevista dal D.Lgs. n. 79 del 1999, con riferimento all’impianto di (OMISSIS), per essersi la relativa concessione automaticamente – prolungata, per effetto della L. 9 gennaio 1991, n. 9, dell’art. 24, comma 6, (come modificato dalla L. 25 agosto 1991, n. 282, art. 24), per un periodo di sessanta anni dal suo originario termine, salva l’eventuale emissione, da parte della Regione Lombardia, di un provvedimento amministrativo che stabilisca una durata inferiore, non possa essere condivisa.

Essa si scontra, anzitutto, con il chiaro disposto del D.Lgs. 30 gennaio 1999, n. 36, art. 16, comma 2 che espressamente sancì la perdurante vigenza della L. 25 agosto 1991, n. 282, art. 24 “fino alla data di entrata in vigore del decreto legislativo di attuazione della direttiva 96/92/CE”.

Nè può condividersi l’affermazione del giudice di merito, secondo cui l’operatività dell’abrogazione era, nella fattispecie, preclusa per essersi già consolidato il diritto al prolungamento della concessione in corso, in quanto insorto non già al momento della scadenza sessantennale della concessione, e cioè nel 2001, ma in quello dell’entrata in vigore della disposizione che lo aveva disposto. E’ invero di solare evidenza che l’assunto si risolve, di fatto, in un’interpretazione ablativa della norma, considerato che la pretesa insorgenza di un diritto al prolungamento resistente all’abrogazione, ne sterilizzerebbe del tutto, e tautologicamente, gli effetti, rendendo illogica e priva di senso la previsione legislativa.

5. In realtà, l’indubbia estensione del disposto del Decreto Bersani, art. 12 a tutte le concessioni di grande derivazione d’acqua per uso idroelettrico, nessuna escluso, emerge, oltre che dalla lettera della norma, dal suo dichiarato carattere attuativo della direttiva 96/92/CE, la quale, proprio al fine di blindare la liberalizzazione del mercato dell’energia elettrica, sancì l’obbligo per gli Stati membri di disciplinare con normativa transitoria espressa, da sottoporre al vaglio della Commissione, impegni o garanzie di gestione accordati prima dell’entrata in vigore della direttiva, e che potessero restare inadempiuti a causa delle disposizioni della stessa.

Ne deriva che il travolgimento delle disposizioni di favore dettate per la Valtellina dalla L. 2 maggio 1990, n. 102, art. 8 quater e dalla L. 25 agosto 1991, n. 282, art. 24 ad opera del Decreto Bersani, appare il frutto di una non irragionevole valutazione di esaurimento della funzione indennitaria di quella legislazione, al punto che neppure si è reputata necessaria, al riguardo, l’attivazione di una normativa transitoria.

6. Infine del tutto speciosa è l’argomentazione secondo cui la dilazione fino al 31 dicembre 2011, per le concessioni scadute o in scadenza entro la stessa data, non avrebbe il carattere di proroga massima, considerato che essa sottende una volutas legis di provvisorietà della disposizione, che non ha alcuna base normativa, ed è anzi smentita da un’ermeneutica della disposizione sistematicamente e teleologicamente orientata.

7. Alla stregua delle esposte considerazioni, che appaiono assorbenti di ogni ulteriore rilievo, il ricorso deve essere accolto.

Non ostando alla decisione della causa nel merito la necessità di ulteriori accertamenti di fatto, la Corte, in applicazione dell’art. 384 c.p.c., cassata la sentenza impugnata, rigetta la domanda.

La difficoltà delle questioni consiglia di compensare integralmente tra le parti le spese dell’intero giudizio.

PQM

La Corte a sezioni unite accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda; compensa integralmente tra le parti le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, il 27 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 3 novembre 2016

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