Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22234 del 03/11/2016


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Cassazione civile sez. un., 03/11/2016, (ud. 27/09/2016, dep. 03/11/2016), n.22234

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RORDORF Renato – Primo Presidente aggiunto –

Dott. DI AMATO Sergio – Presidente di sez. –

Dott. AMOROSO Giovanni – Presidente di sez. –

Dott. AMENDOLA Adelaide – rel. Presidente di sez. –

Dott. NAPPI Aniello – Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere –

Dott. BIANCHINI Bruno – Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. CHINDEMI Domenico – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5782-2016 per correzione di errore materiale proposto dal

PROCURATORE GENERALE DELLA CORTE DI CASSAZIONE;

nella causa tra:

MEDIASET S.P.A.;

– ricorrente non costituitasi in questa fase –

contro

GRUPPO EDITORIALE L’ESPRESSO S.P.A., D.G., M.E.,

B.G.B., GRUPPO EDITORIALE IL SAGGIATORE S.P.A.;

– resistenti ed intimati non costituiti in questa fase –

per correzione di errore materiale della sentenza n. 3727/2016 della

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, depositata il 25/02/2016;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

27/09/2016 dal Presidente Dott. ADELAIDE AMENDOLA;

udito il P.M. in persona dell’Avvocato Generale Dott. FUZIO Riccardo,

che ha concluso per l’accoglimento del ricorso per correzione di

errore materiale.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE

La Corte,

esaminati gli atti del ricorso per correzione di errore materiale proposto, ex art. 391 bis c.p.c., dal Procuratore generale presso la Corte di cassazione;

rilevato che l’istante denuncia che nella sentenza 25 febbraio 2016, n. 3727, resa sui ricorsi riuniti proposti, l’uno, da Mediaset s.p.a. nei confronti del Gruppo Editoriale l’Espresso s.p.a. nonchè di D.G. e di M.E., e, l’altro, dalla stessa Mediaset s.p.a. nei confronti di B.G.B. e del Gruppo Editoriale il Saggiatore, avverso le sentenze della Corte d’appello di Roma in data 7 marzo 2011, n. 956, e della Corte d’appello di Milano, in data 26 agosto 2011, n. 2436, per un evidente errore materiale, la Corte, nell’enunciare il principio di diritto, ha omesso l’avverbio “non”, prima dell’aggettivo patrimoniale;

ritenuto che l’istanza risulta correttamente azionata dal Procuratore generale nella sua qualità di organo propulsore dell’attività giurisdizionale, al fine di garantire la corretta applicazione della legge, nell’interesse generale (cfr. Cass. civ. 28 luglio 2004, n. 14199);

che invero l’esigenza di tassatività dei casi di azione civile del P.M., peraltro non del tutto pacifica in dottrina, è da ritenersi rispettata non soltanto nei casi in cui la legge nominativamente gli attribuisce il potere di agire, ma anche quando, tale potere, pur non enunciato formalmente con locuzione a sè, accanto a quello delle parti private, possa ugualmente e sicuramente ricavarsi in via di interpretazione letterale e logica dal sistema (cfr. Cass. civ. 17 marzo 1970, n. 690);

che, nello specifico, l’iniziativa volta alla correzione di un errore materiale palesemente incorso nella formulazione di un principio di diritto, è del tutto in linea con i caratteri – desumibili dal comb. disp. dell’art. 363 c.p.c. e 65 ord. giud. – di giudizio a tutela dello ius constitutionis, propri del giudizio di legittimità;

che nel merito l’istanza è fondata;

che è invero del tutto evidente che la Corte, in un contesto in cui veniva affrontata la questione delle condizioni e dei limiti entro i quali è ammissibile la risarcibilità del danno non patrimoniale – come emerge in maniera inequivocabile dalle affermazioni contenute al punto 9.5 della sentenza 25 febbraio 2016, n. 3727, secondo cui “al principio della necessaria offensività, comunque declinato, fa da pendant, nell’ordinamento privatistico, quello della irrisarcibilità del danno non patrimoniale di lieve entità: della ristorabilità cioè di siffatto tipo di pregiudizio a condizione che la lesione dell’interesse sia grave, nel senso che l’offesa superi una soglia minima di tollerabilità, e che il danno non sia futile” – per una mera svista, nell’enunciare il principio di diritto, ha parlato di irrisarcibilità del danno patrimoniale di lieve entità, piuttosto che del danno non patrimoniale di lieve entità;

che, conseguentemente in tal senso deve essere integrato e corretto il principio di diritto enunciato alle pagine 16 e 17, numero 10, lett. c) nella sentenza n. 3727 del 2016, risultando, in definitiva, così formulato:

“c) la portata della violazione, sotto il profilo della limitatezza e della marginalità della riproduzione testuale di un atto processuale, va apprezzata dal giudice di merito, in applicazione del principio della necessaria offensività della concreta condotta ascritta all’autore, nonchè, sul piano civilistico, della irrisarcibilità del danno non patrimoniale di lieve entità; la relativa valutazione è incensurabile in sede di legittimità, ove congruamente motivata”.

PQM

La Corte, a sezioni unite, in accoglimento del ricorso, dispone che al primo rigo della pagina 17 della sentenza in data 25 febbraio 2016, n. 3727 numero 10, lett. c) della esposizione dei Motivi della decisione – prima della parola “patrimoniale”, deve inserirsi l’avverbio “non”.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 27 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 3 novembre 2016

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