Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2223 del 31/01/2014


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 2223 Anno 2014
Presidente: CHINDEMI DOMENICO
Relatore: BOTTA RAFFAELE

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente
domiciliata in Roma, via dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura generale
dello Stato, che la rappresenta e difende per legge;
– ricorrente —

Contro
Cervoni Arcangelo, elettivamente domiciliato in Roma, piazza di Villa Fiorelli 5, presso l’avv. Alessandro Andreozzi, rappresentato e difeso dall’avv.
Mario Pica giusta delega a margine del controricorso;
controricorrenteavverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio
(Roma), Sez. 5, n. 20005/06, del 4 aprile 2006, depositata il 23 giugno
2006, non notificata;
Udita la relazione svolta nella Pubblica Udienza del 12 dicembre 2013 dal
Relatore Cons. Raffaele Botta;
Udito l’avv. Anna Maria Galluzzo per l’Avvocatura Generale dello Stato;
Udito il P.M., nella persona del sostituto Procuratore Generale Dott. Sergio
Del Core, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso per quanto di ragione.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La controversia concerne l’impugnazione di un avviso di accertamento notificato al contribuente quale coniuge della sig.ra Sordilli Pierina, con la quale

Oggetto:
IRPEF. Accertamento reddito
d’impresa. Coniuge
dichiarante. Responsabilità solidale.

Data pubblicazione: 31/01/2014

,

per l’anno 1996 aveva presentato dichiarazione dei redditi congiunta: l’atto
impositivo rideterminava il reddito d’impresa della Sordilli con applicazione
del DPCM 29 gennaio 1996 in ragione della «irrealtà dei ricavi dichiarati
sulla base degli elementi presuntivi tratti dalla metodologia di controllo
supportati da fatti e notizie in possesso, dall’assenza di altre circostante che
possano dar desumere una diversa posizione economica». Il contribuente
denunciava la propria estraneità alla pretesa fiscale trattandosi di accerta-

spinto, con la sentenza in epigrafe, la quale riteneva l’illegittimità dell’avviso di accertamento in quanto formato con mero riferimento ai coefficienti
presuntivi di reddito da considerarsi alla stregua di presunzioni semplici, che
vanno confortate con ulteriori elementi.
Avverso tale sentenza l’amministrazione propone ricorso per cassazione con
tre motivi. Il contribuente non si è costituito.
MOTIVAZIONE
Preliminarmente va dichiarata l’infondatezza dell’eccezione di inammissibilità del ricorso per supposta tardività: nel caso di specie poiché la sentenza
impugnata risulta depositata il 23 giugno 2006, il “termine lungo” per l’impugnazione (un anno e 46 mesi) scadeva il giorno 23 settembre 2007, il quale essendo domenica determinava lo spostamento del termine al successivo
giorno 24 settembre, data nella quale l’Avvocatura ha pacificamente proceduto alla notifica del ricorso.
Con il primo motivo di ricorso, l’amministrazione lamenta che la sentenza
impugnata non abbia pronunciato in ordine alla pur dedotta responsabilità
solidale del contribuente con il coniuge in ragione della presentazione di dichiarazione congiunta.
Il motivo è fondato. La sentenza non fa alcun riferimento alla questione che
presenta una sua decisiva rilevanza. Sul punto deve ricordarsi l’orientamento di questa Corte secondo cui: «La responsabilità solidale dei coniugi che
abbiano presentato dichiarazione congiunta dei redditi “per il pagamento
dell’imposta, soprattasse, pene pecuniarie e interessi iscritti a ruolo a nome
del marito”, prevista dall’art. 17, ultimo comma, della legge 13 aprile 1977,
n. 114, vale anche per gli accertamenti dipendenti da comportamenti non riconducibili alla sfera volitiva e cognitiva di entrambi, in quanto conseguenti
ad atti di accertamento in rettifica condotti esclusivamente nei confronti di
uno solo di essi» (Cass. n. 9209 del 2011).
Con il secondo motivo, l’amministrazione deduce la violazione dell’art. 39,
comma 1, lettera d) D.P.R. n. 600 del 1973, alla stregua del quale afferma di
aver condotto l’accertamento, rilevando una antieconomicità della gestione

mento del reddito d’impresa del coniuge.
La Commissione adita accoglieva il ricorso. L’appello dell’Ufficio era re-

dell’azienda che presentava ricavi costantemente inferiori alle componenti
negative del reddito: un accertamento, quindi, tutt’altro che formato con mero riferimento ai coefficienti presuntivi di reddito, così come afferma il giudice a quo, con motivazione quanto meno insufficiente, vizio censurato con
il terzo motivo di ricorso. Tanto più che nel caso di specie, evidenzia l’am-

vuto costituire un quadro di riferimento della motivazione per il giudice
d’appello.
Le censure sono fondate in quanto il giudice d’appello non ha effettivamente valutato gli elementi posti in evidenza dall’Ufficio a conforto della legittimità del suo operato e la motivazione della sentenza è insufficiente a dare
nel concreto le ragioni del convincimento del giudicante.
Pertanto il ricorso deve essere accolto e la sentenza impugnata deve essere
cassata con rinvio della causa ad altra Sezione della Commissione Tributaria
Regionale del Lazio perché rivaluti la situazione anche alla luce dei principi
espressi dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 26635 del
2009, secondo cui: «La procedura di accertamento tributario standardizzato
mediante l’applicazione dei parametri o degli studi di settore costituisce un
sistema unitario che non si colloca all’interno della procedura di accertamento di cui all’art. 39 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, ma la affianca,
essendo indipendente dall’analisi dei risultati delle scritture contabili, la cui
regolarità, per i contribuenti in contabilità semplificata, non impedisce
l’applicabilità dello standard, né costituisce una valida prova contraria, laddove, per i contribuenti in contabilità ordinaria, l’irregolarità della stessa costituisce esclusivamente condizione per la legittima attivazione della procedura standardizzata». Ed inoltre «la procedura di accertamento tributario
standardizzato mediante l’applicazione dei parametri o degli studi di settore
costituisce un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e
concordanza non è ex lege determinata dallo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli standards in sé considerati – meri strumenti di ricostruzione
per elaborazione statistica della normale redditività – ma nasce solo in esito
al contraddittorio da attivare obbligatoriamente, pena la nullità dell’accertamento, con il contribuente. In tale sede, quest’ultimo ha l’onere di provare,
senza limitazione alcuna di mezzi e di contenuto, la sussistenza di condizioni che giustificano l’esclusione dell’impresa dall’area dei soggetti cui possono essere applicati gli standards o la specifica realtà dell’attività economica nel periodo di tempo in esame, mentre la motivazione dell’atto di ac3

ministrazione, si era proceduto instaurando il contraddittorio nella fase di
formazione della pretesa tributaria, senza che in quella sede il contribuente
avesse prodotto elementi utili a risolvere le contraddizioni gestionali rilevate
dall’Ufficio: ed anche i risultati di questa fase procedimentale avrebbe do-

certamento non può esaurirsi nel rilievo dello scostamento, ma deve essere
integrata con la dimostrazione dell’applica-bilità in concreto dello standard
prescelto e con le ragioni per le quali sono state disattese le contestazioni
sollevate dal contribuente»
Il giudice del rinvio provvederà anche in ordine alle spese della presente fase del giudizio.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per
le spese, ad altra Sezione della Commissione Tributaria Regionale del Lazio.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio ded.dicembre 2013.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

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