Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22227 del 12/09/2018
Cassazione civile sez. VI, 12/09/2018, (ud. 22/02/2018, dep. 12/09/2018), n.22227
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CAMPANILE Pietro – rel. Presidente –
Dott. CRISTIANO Magda – Consigliere –
Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –
Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –
Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 23311/2016 proposto da:
SNAM RETE GAS SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA FEDERICO CONFALONIERI 5,
presso lo studio dell’avvocato ANDREA MANZI, rappresentata e difesa
dall’avvocato MARIO AZZARITA;
– ricorrente –
contro
MONETTI GROUP SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ACIREALE 19/B, presso lo
studio dell’avvocato MICHELA PALUMBO, rappresentata e difesa
dall’avvocato MASSIMO PAVAN;
– controricorrente –
contro
CITTA’ METROPOLITANA DI VENEZIA;
– intimata –
avverso la sentenza n. 938/2016 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,
depositata il 22/03/2016;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non
partecipata del 22/02/2018 dal Consigliere Dott. PIETRO CAMPANILE.
Fatto
RILEVATO
che:
con l’ordinanza indicata in epigrafe la Corte di appello di Venezia ha dichiarato improcedibile il ricorso, proposto da Snam Rete Gas S.p.a. nei confronti della Citta Metropolitana di Venezia e della S.r.l. Monetti Group, per opporsi alla stima definitiva di asservimento e occupazione, per la realizzazione di un metanodotto, su terreni appartenenti a detta società;
in particolare, è stato ritenuto che il ricorso fosse stato presentato senza rispettare il termine dilatorio di trenta giorni previsto dal D.P.R. n. 327 del 2001, art. 54;
per la cassazione di tale decisione la Società Snam propone ricorso, affidato ad unico motivo, cui resiste con controricorso la S.r.l. Monetti Group;
le parti hanno depositato memorie.
Diritto
CONSIDERATO
che:
il Collegio ha disposto, in conformità al decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della motivazione in forma semplificata;
il ricorso, con il quale si denunzia la violazione del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 54, è fondato;
premesso, invero, che nella specie la comunicazione della stima è successiva al decreto di asservimento, non vi è luogo per il rispetto del termine dilatorio di trenta giorni previsto dalla norma sopra richiamata;
come già affermato da questa Corte, in tema di determinazione dell’indennità di esproprio, il termine fissato dal D.P.R. 6 agosto 2001, n. 327, art. 27, comma 2, di trenta giorni dalla comunicazione del deposito della relazione di stima a partire dal quale l’autorità espropriante autorizza il pagamento dell’indennità o ne ordina il deposito presso la Cassa depositi e prestiti, non è perentorio ma dilatorio, imponendo a tutte le parti del procedimento di agire per la determinazione giudiziale dell’indennità almeno trenta giorni dopo la comunicazione del deposito della relazione di stima, fermo restando tale potere di agire fino alla scadenza del termine perentorio di cui all’art. 54, comma 2, del D.P.R. citato, il quale decorre dalla notificazione del decreto di esproprio o della relazione di stima, se successiva all’atto ablatorio, termine, questo, che non corrisponde a quello dilatorio di cui all’art. 27, comma 2, del D.P.R. medesimo (Cass., 28 febbraio 2011, n. 4880);
è stato quindi precisato, con riferimento alla fattispecie in esame, che il principio per il quale la pronuncia del decreto di espropriazione costituisce una condizione dell’azione per la determinazione della corrispondente indennità – sicchè il giudice non può esaminare il merito della causa senza che esso venga ad esistenza – resta valido anche con riferimento alla disciplina introdotta dal D.P.R. n. 327 del 2001, atteso che il menzionato decreto continua a costituire la fonte del credito indennitario: sia nel senso che non è possibile addivenire ad una statuizione definitiva sull’indennità in assenza del provvedimento ablatorio, sia nel senso che, emanato quest’ultimo, sorge ed è azionabile il diritto del proprietario a percepire l’indennizzo, da determinarsi con riferimento alla data del trasferimento coattivo (Cass., 31 maggio 2016, n. 11261);
il provvedimento impugnato deve essere cassato, con rinvio alla Corte di appello di Venezia che, in diversa composizione, applicherà i principi sopra richiamati, provvedendo, altresì, al regolamento delle spese relative al presente giudizio di legittimità.
PQM
Accoglie il ricorso, cassa l’ordinanza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte di appello di Venezia, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, il 20 febbraio 2018.
Depositato in Cancelleria il 12 settembre 2018