Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22224 del 12/09/2018

Cassazione civile sez. VI, 12/09/2018, (ud. 19/04/2018, dep. 12/09/2018), n.22224

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – rel. Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 422-2017 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore e

legale rappresentante pro tempore, domiciliata in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la

rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

ITALGIGLIO S.R.L.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 3197/40/2016 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE DI ROMA SEZIONE DISTACCATA di LATINA, depositata il

20/05/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 19/04/2018 dal Consigliere Dott. LUCIO NAPOLITANO.

Fatto

RAGIONI DELLA DECISIONE

La Corte, costituito il contraddittorio camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., come integralmente sostituito dal D.L. n. 168 del 2016, art. 1 – bis, comma 1, lett. e), convertito, con modificazioni, dalla L. n. 197 del 2016, osserva quanto segue;

Con sentenza n. 3197/40/2016, depositata il 20 maggio 2016, non notificata, la CTR del Lazio – sezione staccata di Latina – rigettò l’appello proposto dall’Agenzia dell’Entrate nei confronti della società Italgiglio S.r.l. avverso la sentenza di primo grado della CTP di Latina, che aveva accolto il ricorso della contribuente avverso avviso di accertamento per IRES, IVA ed IRAP relativamente all’anno d’imposta 2006.

Avverso la pronuncia della CTR l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi.

L’intimata non ha svolto difese.

1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, comma 1, n. 2, D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51, comma 1, n. 2, degli artt. 2697,2727 e ss. c.c., e D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 5, anche in riferimento al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere, riguardo al fondamento dell’accertamento su indagini bancarie effettuate su conti correnti appartenenti al padre convivente del socio di maggioranza (titolare quest’ultimo del 60% del capitale sociale) ed amministratore della società, da un lato affermato che fosse “comunque onere dell’amministrazione fornire la prova, anche tramite presunzioni, della natura fittizia dell’intestazione e della loro sostanziale riferibilità al contribuente accertato dei conti medesimi o di alcuni loro singoli dati”, dall’altro ritenendo che la contribuente avesse “offerto prova contraria adeguata per superare la presunzione iuris tantum offerta dall’Ufficio finanziario”.

2. Con il secondo motivo di ricorso, proposto in via gradata, la ricorrente denuncia violazione dell’art. 132 c.p.c. e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per essere la sentenza impugnata incorsa in difetto assoluto di motivazione quanto alla sufficienza della prova che la contribuente avrebbe offerto per superare la presunzione legale posta dai succitati D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32 e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51.

3. Premesso che la motivazione della sentenza impugnata è conforme al minimo costituzionale, ciò determinando il rigetto del secondo motivo di ricorso, il primo motivo è manifestamente fondato.

3.1. La pronuncia impugnata, statuendo nei termini sopra indicati, si è posta, infatti, in contrasto con il consolidato orientamento di questa Corte per cui, in tema di accertamenti fiscali, tanto in tema di imposte sui redditi, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, comma 1, n. 2, quanto in materia di IVA, D.P.R. n. 633 del 1972, ex art. 51, comma 2, n. 2, le rispettive presunzioni ivi stabilite secondo cui le movimentazioni sui conti bancari risultanti dai dati acquisiti dall’Ufficio si presumono conseguenza di operazioni imponibili, operano anche in relazione alle società di capitali con riferimento alle somme di denaro movimentate sui conti intestati ai soci o ai loro congiunti, conti che debbono ritenersi riferibili alla società contribuente stessa, in presenza di alcuni elementi sintomatici, come la ristretta compagine sociale ed il rapporto di stretta contiguità familiare tra l’amministratore, o i soci, ed i congiunti intestatari dei conti bancari soggetti a verifica, risultando, in tal caso, particolarmente elevata la probabilità che le movimentazioni sui conti bancari dei soci e dei loro familiari debbano, in difetto di specifiche ed analitiche dimostrazioni di segno contrario, ascriversi allo stesso ente sottoposto a verifica (cfr., tra le molte, Cass. sez. 6-5, ord. 14 ottobre 2016, n. 20851; Cass. sez. 5, 11 marzo 2016, n. 4788; Cass. sez. 5, 12 giugno 2015, n. 12276; Cass. sez. 5, 14 gennaio 2015, n. 428; Cass. sez. 5, 18 dicembre 2014, n. 26829).

3.2. Nel caso di specie, in presenza della ricorrenza congiunta di tutti i suddetti elementi sintomatici, società a ristretta base, costituita da soli due soci, conto intestato a padre convivente del socio di maggioranza ed amministratore della società, movimentazioni bancarie su detto conto assolutamente incompatibili con i dati relativi alle dichiarazioni del soggetto terzo titolare di autonoma ditta individuale agricola, la sentenza impugnata ha escluso che detti elementi potessero integrare la presunzione (legale) relativa di cui alle citate disposizioni di legge sulla base del dato relativo all’estraneità di rapporti familiari tra l’altro socio ed il padre dell’amministratore della società, dall’altro ha comunque inteso affermare la sufficienza di quella che sarebbe stata la prova contraria offerta dalla contribuente, sebbene a tal fine la giurisprudenza di questa Corte abbia più volte affermato che “non è sufficiente una prova generica circa ipotetiche causali dell’affluire di somme sui conti bancari, ma è indispensabile che la parte contribuente offra la prova analitica della correlazione di ogni movimentazione a operazioni già risultanti nelle dichiarazioni ovvero dell’estraneità delle stesse all’attività d’impresa (cfr. le già citate Cass. ord. n. 20851/16; Cass. n. 12276/15; Cass. n. 26829/14).

4. La sentenza impugnata va dunque cassata in accoglimento del primo motivo di ricorso, rigettato il secondo, con rinvio per nuovo esame alla Commissione tributaria regionale del Lazio – sezione staccata di Latina, in diversa composizione, che, nell’uniformarsi ai principi di diritto sopra enunciati, provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.

PQM

Accoglie il ricorso in relazione al primo motivo, rigettato il secondo. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Commissione tributaria regionale del Lazio – sezione staccata di Latina, in diversa composizione, cui demanda anche di provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 19 aprile 2018.

Depositato in Cancelleria il 12 settembre 2018

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