Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22218 del 14/10/2020

Cassazione civile sez. lav., 14/10/2020, (ud. 26/02/2020, dep. 14/10/2020), n.22218

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TORRICE Amelia – Presidente –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –

Dott. BELLE’ Roberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5416/2015 proposto da:

P.P., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA

BALSAMO CRIVELLI 50, presso lo studio dell’avvocato SELENE

SABELLICO, rappresentato e difeso dagli avvocati ANGELO MARTINO,

GIUSEPPE LONGO;

– ricorrente –

contro

ISTITUTO TUMORI GIOVANNI PAOLO II, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

CRESCENZIO 91, presso lo studio dell’avvocato CLAUDIO LUCISANO,

rappresentato e difeso dall’avvocato ANTONIO DE FEO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2826/2014 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 20/11/2014 R.G.N. 6039/2010.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. la Corte d’Appello di Bari ha riformato la sentenza del Tribunale della stessa città con la quale era stata accolta la domanda di P.P. di condanna dell’Istituto Tumori Giovanni Paolo II al risarcimento del danno per tardiva assunzione in ruolo, avvenuta solo nel 2007, in esito al concorso a sei posti da assistente amministrativo bandito nel 1997 e per il quale egli si era utilmente collocato nella graduatoria approvata nel giugno 2002;

la Corte riteneva infondato, in ordine cronologico e per quanto qui ancora interessa, l’assunto secondo cui la L.R. Puglia 32 del 2001, art. 8, comma 3, nella parte in cui disponeva l’ultimazione delle operazioni per il personale risultato idoneo, potesse applicarsi anche per le idoneità maturate nell’anno 2002 in forza di concorsi antecedenti;

riteneva poi che il blocco delle assunzioni a livello regionale fosse sorretto dalla L. n. 311 del 2004, art. 1, commi 95 e 98, poi confermato attraverso la L. n. 266 del 2005, art. 1 e la L. n. 296 del 2006, art. 1, norme rispetto alle quali non aveva rilievo il D.P.C.M. 15 febbraio 2006 e ciò in quanto la Regione Puglia non aveva adottato alcun atto normativo che rendesse possibile l’assunzione degli assistenti amministrativi fino a quanto poi previsto dalla L.R. n. 10 del 2007 (art. 30), dalla cui attuazione era derivata l’assunzione del ricorrente;

neppure aveva rilievo, secondo la Corte territoriale, la L.R. Puglia n. 12 del 2005, art. 12, comma 7, valorizzato dal Tribunale, in quanto esso, autorizzando l’assunzione nei limiti del 50% dei posti vacanti per sopravvenute cessazioni dal servizio, recava percentuale che andava riferita a ciascun profilo, essendo illogica l’interpretazione che facesse riferimento indifferenziato a tutti i profili e rimarcandosi altresì che il personale indicato dal ricorrente come cessato dal servizio non riguardava il profilo di assistente amministrativo;

infine, a fronte del divieto di assunzioni a tempo indeterminato, la Corte riteneva ininfluente che vi fossero state assunzioni a termine o con contratti di collaborazione coordinata e continuativa, in quanto si trattava di contratti in sè non compresi nel divieto normativo;

2. il P. ha proposto ricorso per cassazione sulla base di sei motivi, resistiti dall’Istituto Tumori attraverso controricorso, poi illustrato da memoria.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. con il primo motivo il ricorrente assume l’omessa, insufficiente e/o contraddittoria valutazione e motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, ovverosia rispetto al suo diritto soggettivo all’assunzione, nonchè violazione dell’art. 1372 c.c. e dell’art. 1355 c.c.;

il ricorrente, sottolineando come dall’approvazione della graduatoria derivasse il suo diritto all’assunzione, in quanto collocato in posizione utile rispetto ai posti messi a concorso, riteneva che la Corte territoriale avesse omesso di considerare la conseguente sussistenza di un obbligo della P.A. a contrarre, sicchè, stante l’efficacia di legge tra le parti ex art. 1372 c.c., del provvedimento di approvazione predetto, era nulla, ai sensi dell’art. 1355 c.c., la decisione con la quale l’Istituto Tumori aveva deliberato di rinviare a data successiva la nomina dei vincitori, in ragione della sussistenza di un divieto di assunzioni a tempo indeterminato ai sensi della L.R. Puglia n. 32 del 2001, art. 8, punto 5, perchè in tal modo sì legittimava indebitamente l’esercizio di una posizione meramente potestativa, tale da far indebitamente dipendere l’adempimento agli obblighi assunti dalla mera discrezionalità della stessa P.A.;

con il secondo motivo il ricorrente afferma che la decisione di appello avrebbe violato gli artt. 1175 e 1176 c.c., omettendo di valutare il mancato rispetto del principio di correttezza;

infatti, secondo il ricorrente, era del tutto ingiustificata la protrazione della sua assunzione, poi avvenuta quando la Delibera di approvazione della graduatoria era divenuta inefficace per decorso del termine triennale di validità, mentre l’eventuale assenza di copertura finanziaria, in un rapporto da considerare paritetico, non poteva essere ritenuto elemento idoneo ad incidere sul diritto soggettivo, atteso che secondo le norme del diritto comune, la mera difficoltà economica soggettiva non poteva mai essere ritenuta causa oggettiva di impossibilità della prestazione;

il terzo motivo è invece dedicato all’erronea valutazione di un fatto decisivo per il giudizio, consistente nell’intervenuta stipula di contratti a tempo determinato con altri dipendenti come ragione ostativa all’assunzione del ricorrente, oltre a violazione e falsa applicazione della L.R. Puglia n. 32 del 2001, art. 8, comma 1 e della L.R. Puglia n. 28 del 2000, art. 23, comma 4;

il ricorrente fa leva, nell’ambito di tale motivo, sul fatto che la Regione Puglia, nel corso del periodo dal 2002 al 2007, avesse fatto ricorso all’assunzione di personale a tempo determinato, come anche a collaborazioni coordinate e continuative ed a società di servizi per lo svolgimento delle attività amministrative, così ponendo in essere un comportamento contrario al disposto dell’art. 1358 c.c., norma in base alla quale in pendenza della condizione il comportamento deve attenersi al principio di buona fede;

sottolinea ancora il ricorrente come la P.A. avesse proceduto a spese per tali contratti flessibili, addirittura maggiori, senza procedere ad adempiere a quando dovuto nei riguardi dei vincitori del concorso da essa bandito, così permettendo anche la maturazione di anzianità utili al conseguimento di qualifiche superiori;

il ricorrente critica altresì l’assunto della Corte territoriale in ordine al fatto che per quelle assunzioni a termine fossero stati utilizzati fondi alimentati dal Ministero della Salute e non sostanze proprie del bilancio della Regione Puglia, rimarcando che in realtà si trattava di risorse derivanti dal concorso tra la Regione ed il Ministero, destinate a soggiacere alle modalità di utilizzo di cui alle norme sul bilancio regionale;

ancora il ricorrente sottolinea come le assunzioni a termine costituissero modifiche alla pianta organica dell’ente e come tali necessitassero, a pena di inefficacia, dell’approvazione della Giunta Regionale come previsto dalla L.R. Puglia n. 32 del 2001, art. 8, comma 9, non avendo neppure considerato, la Corte, come ai sensi dell’art. 8, comma 1, della stessa Legge, il numero dei dipendenti al 31.12.2002 dovevano essere uguali a quello del 1999 diminuiti del 3% e senza contare che, in base alla L.R. Puglia n. 28 del 2000, art. 23, comma 4, non sarebbe stato possibile procedere ad assunzioni a tempo determinato, ad eccezione di quanto necessario per i ruoli sanitari;

2. i motivi sopra indicati possono essere esaminati congiuntamente, stante la loro connessione logico giuridica e vanno complessivamente disattesi;

indubbiamente il bando e la positiva ultimazione delle procedure concorsuali individuano per chi, come il ricorrente, è risultato utilmente collocato in graduatoria, fatti costitutivi del diritto all’assunzione;

tuttavia, l’esistenza di un blocco delle assunzioni disposto per legge individua al contempo un fatto impeditivo di tale assunzione, che del tutto legittimamente (nei limiti in cui tale blocco effettivamente esistesse, profilo su cui v. infra quanto verrà detto sui restanti motivi) poteva dunque essere posto a base della scelta di dilazione assunta dalla P.A.;

non è poi vero che il fenomeno giuridico si riporti a quello di un diritto all’assunzione sospensivamente condizionato in quanto, a fronte del fatto impeditivo predetto, il diritto non è proprio sorto e dunque costituisce una forzatura l’inquadramento di esso nella fattispecie di una situazione giuridica piena e soltanto sospensivamente condizionata;

d’altra parte, la qualificazione giuridica della situazione soggettiva è in realtà superflua, in quanto è indubbio che quanto meno essa aveva i connotati propri di un’aspettativa qualificata rispetto alla futura assunzione, sicchè la Regione era senza dubbio tenuta ad un comportamento di buona fede nei riguardi del ricorrente;

tuttavia, il fatto dell’avvenuta assunzione di terzi, con altre forme interinali medio tempore attuate, in quanto finalizzato ad ovviare alle difficoltà evidentemente insorte nella gestione della situazione corrente, non può essere in sè solo considerato contrario a correttezza e buona fede;

del resto, il motivo, ove con esso si fosse inteso dedurre che la assunzione interinale di altri abbia avuto effetti deleteri rispetto al permanere del blocco delle assunzioni con riferimento al ricorrente, avrebbe dovuto essere oggetto di una esatta precisazione dell’assunto, con indicazione, anche nel ricorso per cassazione, delle modalità di tale interferenza e specificazione di quali assunzioni avessero determinato tali conseguenze;

viceversa, il motivo, anche quando richiama la L.R. Puglia n. 32 del 2001, art. 8, comma 1 (norma che prevedeva la riduzione del 3% delle consistenze di personale come possibile evenienza di sblocco alle assunzioni, e dunque, come tale – lo si dice in via di mera ipotesi – suscettibile di interessare i diritti del P.) lo fa del tutto genericamente e nell’insieme il ricorso per cassazione non contiene l’indicazione di coloro con cui sarebbero stati stipulati, ed esattamente quando, i contratti a termine ipoteticamente lesivi della posizione del ricorrente;

al di là di ciò è poi evidente che il P. non può fondatamente far leva su eventuali irregolarità o illegittimità nell’assunzione interinale di altri, in quanto da ciò non ne deriverebbe, a fronte della normativa di blocco e stante la genericità delle censure, il riconoscimento di un suo diritto all’assunzione;

altrettanto ininfluente è che la Regione, in ragione del ritenuto blocco, abbia fatto spirare i termini di efficacia della graduatoria concorsuale, in quanto il ricorrente, anche al di là della normativa regionale richiamata nel controricorso al fine di dimostrare che i predetti termini di validità erano stati prorogati, non può certo dolersi di ciò, visto che la sua assunzione successivamente è comunque intervenuta;

3. il quarto motivo, destinato alla censura di violazione della L.R. Puglia n. 32 del 2001, art. 8 e dell’art. 2697 c.c., è formulato sostenendo che la normativa menzionata dalla Corte territoriale (art. 8, commi 3 e 5 della citata L.R.) non determinasse affatto un blocco assoluto delle assunzioni, senza contare che, rispetto al disposto dell’art. 8, comma 1, L.R. cit., secondo cui il personale a tempo indeterminato doveva essere ridotto di almeno il 3% di quello in servizio al 31.12.1999, l’Istituto Tumori non aveva fornito prova, mentre più in generale la Corte aveva accolto l’eccezione dell’impossibilità di adempimento senza che la stessa fosse stata realmente dimostrata, in violazione dell’art. 2697 c.c.;

3.1 il richiamo della Corte territoriale all’art. 8, comma 3, quale norma di disciplina generale dell’ultimazione delle procedure concorsuali del personale dichiarato idoneo alla data dell’entrata in vigore della stessa legge, non è corretta, in quanto quel comma si riferiva espressamente ai posti mezzi a concorso “ai sensi della L. n. 449 del 1997, art. 34” e dunque all’inquadramento nei ruoli dirigenziali di personale medico già in regime di convenzionamento, ipotesi cui è del tutto estraneo il concorso, per posti di natura amministrativa, riguardante il ricorrente;

è però indubbio che la L.R. n. 32 del 2001, art. 8, comma 5, prevedeva, per l’anno 2002 il “divieto alle aziende sanitarie di procedere ad assunzioni di personale a tempo indeterminato”, con alcune eccezioni che non riguardano il ricorrente (personale del Sert, di cui della L.R. Puglia n. 28 del 2000, art. 23, comma 5, inquadramenti dei medici ex convenzionati, di cui al comma 3 cit.) e almeno fino a quando non fosse stata attuata la riduzione del 3% del personale, da realizzare, secondo il disposto dello stesso art. 8, comma 1, entro il 31.12.2002;

la formulazione della norma è dunque tale da individuare, di per sè, una regola di blocco almeno fino al 31.12.2002, sicchè il fatto impeditivo delle assunzioni è ex se provato;

l’avvenuta riduzione del 3% del personale, quale condizione del venire meno, prima di quella data, di tale blocco è dunque contro-circostanza ipoteticamente idonea a far venire meno il predetto fatto impeditivo, la quale però, anche a prescindere dagli oneri probatori, doveva essere oggetto di allegazione a fondamento della causa petendi da parte del ricorrente al fine di vanificare gli effetti preclusivi derivanti dall’altrimenti sussistente blocco delle assunzioni;

la Corte territoriale ha viceversa rilevato che la questione risultava proposta solo in grado di appello, e dunque tardivamente, senza che sul punto specifico siano stati mossi rilievi con il ricorso per cassazione il quale, richiamando l’art. 2697 c.c., argomenta rispetto all’onere della prova e dunque su un profilo diverso, logicamente e giuridicamente susseguente alla questione riguardante la deduzione dei corrispondenti fatti quale fondamento dell’azione dispiegata in giudizio;

in sostanza, il motivo, non misurandosi neppure con l’inammissibilità della questione sottolineata dalla Corte d’Appello, è inidoneo a scalfire la decisione assunta sul punto;

4. il quinto motivo è destinato alla censura della sentenza impugnata rispetto alla mancata assunzione negli anni 2003 e 2004, sostenendosi la ricorrenza di omessa ed insufficiente motivazione circa un fatto decisivo, da individuare nella pronuncia di Corte Costituzionale 360/2004 e comunque nell’assenza di motivazione rispetto a quelle due successive annate;

4.1 il motivo è inammissibile, nella parte in cui adduce l’esistenza di una sentenza della Corte Costituzionale come fondamento del vizio rubricato quale “omessa o insufficiente motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio” e da riportare dunque al paradigma dell’art. 360 c.p.c., n. 5;

il vizio motivazionale predetto non può infatti mai riguardare l’argomentazione in diritto, che, semmai, può determinare violazione di legge da dedurre ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, in sè non proposta;

4.2 il motivo è inammissibile anche nella parte in cui adduce, più in generale, l'”assenza di motivazione in ordine all’inadempimento per gli anni 2003 e 2004″;

una tale omessa motivazione, infatti, integrerebbe eventualmente un error in procedendo, per violazione o dell’art. 112 c.p.c. (o dell’art. 132 c.p.c., n. 4) ove si intendesse affermare che la questione sull’esistenza o meno del blocco delle assunzioni in quelle annate fosse stata sollecitata o dovesse essere esaminata d’ufficio;

in proposito vale tuttavia il principio per cui “nel caso in cui il ricorrente lamenti l’omessa pronuncia, da parte dell’impugnata sentenza, in ordine ad una delle domande o eccezioni proposte, non è indispensabile che faccia esplicita menzione della ravvisabilità della fattispecie di cui dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, con riguardo all’art. 112 c.p.c., purchè il motivo rechi univoco riferimento alla nullità della decisione derivante dalla relativa omissione, dovendosi, invece, dichiarare inammissibile il gravame allorchè sostenga che la motivazione sia mancante o insufficiente o si limiti ad argomentare sulla violazione di legge” (Cass., S.U., 24 luglio 2013, n. 17931); il motivo tuttavia, oltre ad essere sul punto del tutto generico, non fa riferimento alcuno ad una ipotetica nullità della sentenza;

4.3 il sesto motivo è infine destinato al blocco delle assunzioni del 2005 e con esso il ricorrente afferma che la Corte territoriale avrebbe violato la L.R. Puglia n. 103 del 2005, art. 12, comma 7;

tale norma prevedeva la possibilità di assumere personale in misura pari al 100% delle vacanze determinatesi dal 1.1.2005 nei ruoli sanitari e al 50% per gli altri posti, ovverosia quelli che riguarderebbero il ricorrente;

la Corte territoriale ha ritenuto che la norma andasse intesa nel senso che il 50% fosse da riferire a ciascun profilo professionale, in quanto se essa fosse stata intesa come relativa al totale delle vacanze, si sarebbero potute avere, pur se la carenza avesse riguardato un solo profilo, assunzioni in soprannumero di personale per profili di cui non vi era necessità;

pertanto, poichè tra il personale che il ricorrente aveva indicato come cessato dal servizio nel 2005, non ve ne era che ricoprisse il ruolo di assistente amministrativo, egli, prosegue la Corte di merito, non aveva diritto ad essere assunto;

a prescindere da ciò, la Corte d’Appello ha aggiunto che, per il 2005, anche a voler considerare il 50% di tutti i posti liberatisi, la disponibilità avrebbe riguardato due unità che la P.A. aveva deciso di ricoprire assumendo due tecnici di laboratorio, con scelta discrezionale che la stessa Corte riteneva immune da censure di irragionevolezza;

il motivo, oltre a non prendere posizione rispetto ai profili giuridici della prima ratio decidendi (riferirsi del 50% a ciascun profilo), è altresì ampiamente carente;

esso infatti si limita ad affermare che “dalla produzione documentale” si sarebbe evinta la cessazione di vari rapporti lavorativi con dipendenti in servizio quali coadiutori o assistenti amministrativi e che, sul punto, non vi sarebbe mai stata contestazione da parte della convenuta, senza però indicare di quali persone si trattasse e quando e come fosse stata svolta la corrispondente allegazione, anche con riferimento al profilo ricoperto, nel giudizio di primo grado;

nonostante una motivazione del tutto specifica ed un ben preciso rilievo della Corte d’Appello in ordine al fatto per cui la scelta discrezionale della P.A. di coprire i due posti resisi vacanti con personale di laboratorio non era irragionevole (e del resto, se, come dice la Corte di merito, non vi erano state cessazioni di personale con profili amministrativi, non si vede perchè la P.A. dovesse fare diversamente), i rilievi mossi sono infatti del tutto generici;

inoltre, essi non sono corredati dell’indicazione e trascrizione dei passaggi degli atti attraverso i quali sì sarebbe avuta l’allegazione di quelle vacanze e cessazioni di cui si assume la decisività, sicchè la formulazione si pone in contrasto con i presupposti di specificità di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1 (Cass. 24 aprile 2018, n. 10072) e di autonomia del ricorso per cassazione (Cass., S.U., 22 maggio 2014, n. 11308) che la predetta norma nel suo complesso esprime, con riferimento in particolare, qui, ai nn. 4 e 6 della stessa disposizione, da cui si desume la necessità che la narrativa e l’argomentazione siano idonee, riportando anche la trascrizione esplicita dei passaggi degli atti e documenti su cui le censure si fondano, a manifestare pregnanza, pertinenza e decisività delle ragioni di critica prospettate, senza necessità per la S.C. di ricercare autonomamente in tali atti e documenti i corrispondenti profili ipoteticamente rilevanti (v. ora, sul punto, Cass., S.U., 27 dicembre 2019, n. 34469);

5. sulla scorta delle considerazioni svolte il ricorso deve essere quindi integralmente respinto, con regolazione secondo soccombenza delle spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento in favore della controparte delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 5.500,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali, in misura del 15 ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 26 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 14 ottobre 2020

 

 

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