Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22212 del 05/09/2019

Cassazione civile sez. trib., 05/09/2019, (ud. 10/04/2019, dep. 05/09/2019), n.22212

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRUCITTI Roberta – Presidente –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 25324/2014 R.G. proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del legale rappresentante pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello

Stato, presso i cui uffici in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, è

domiciliata ope legis;

– ricorrente –

contro

S.F., rappresentato e difeso dall’Avv. Maurizio Leone e

dall’Avv. Antonella Giglio, con domicilio eletto presso lo studio

della seconda, sito in Roma, Via A. Gramsci n. 14, giusta procura in

calce al controricorso;

– controricorrente –

e

S.A. e So.Fr.

-intimati-

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Lombardia, n. 3123/2014, depositata il 13 giugno 2014.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10 aprile

2019 dal Consigliere Luigi D’Orazio.

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. S.F., S.A. e So.Fr., titolari di partecipazioni azionarie nella Pecchio s.p.a., si avvalevano, ai sensi della L. n. 448 del 2001, art. 5, della facoltà di procedere alla rivalutazione azionaria, all’1-1-2002, con stima del perito, con contestuale versamento dell’imposta sostitutiva. Il valore del capitale sociale era fissato ad Euro 6.000.000, sicchè il versamento era di Euro 241.411,00, suddiviso in tre rate. Successivamente i S., titolari di quote della trasformata Pecchio s.r.l, si avvalevano della nuova facoltà di rivalutazione consentita dalla L. n. 244 del 1997, art. 1, comma 91, con stima della partecipazione per Euro 2.900.000 all’1-1-2008 e con il versamento della somma di Euro 49.590,00.

I contribuenti, quindi, versavano la prima rata dell’imposta sostitutiva, ma presentavano contestualmente, in data 15-12-2008, istanza di rimborso delle somme versate a seguito della prima rivalutazione effettuata.

2. A seguito del rigetto dell’istanza di rimborso, i contribuenti proponevano ricorso deducendo che in data 30-6-2008 avevano versato la prima delle tre rate relative all’imposta sostitutiva per il nuovo affrancamento, che i versamenti effettuati il 13-12-2002 ed il 16-12-2003 non erano viziati all’origine da alcun errore, ma la duplicazione si era verificata per effetto dell’adesione dei ricorrenti alla seconda rivalutazione, sicchè solo dal pagamento della prima rata della seconda rivalutazione, in data 30-6-2008, decorreva il termine di 48 mesi per la presentazione della domanda di rimborso di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38. Tra l’altro, la normativa non consentiva all’epoca la possibilità di compensazione dei versamenti dovuti per la prima e la seconda rivalutazione

3. La Commissione tributaria provinciale di Milano accoglieva parzialmente i ricorsi dei contribuenti, escludendo il rimborso solo per le rate per le quali era già maturata la decadenza.

4. I contribuenti proponevano appello per l’accoglimento integrale delle loro richieste, rilevando che il D.L. n. 70 del 2011, art. 7, comma 2, lett. da dd) a gg), oltre ad avere “riaperto” i termini per effettuare la rideterminazione del costo di acquisto delle partecipazioni, possedute al 1 gennaio 2011, aveva anche consentito la possibilità di chiedere a rimborso, entro 12 mesi dalla data di entrata in vigore della legge (entro il 14-5-2012) i versamenti effettuati entro il 14-5-2011 in relazione a partecipazioni oggetto di “doppia rivalutazione”.

5. Proponeva appello incidentale l’Agenzia delle entrate, in quanto il rimborso della somma di Euro 82.815,00, versata il 16-12-2004, non era dovuto, essendo il versamento effettuato a seguito della seconda rivalutazione (Euro 49.590,00) di importo inferiore rispetto al versamento effettuato nel 2002,a seguito della prima rivalutazione. Secondo la circolare 47/E della Agenzia delle entrate, l’importo del rimborso non poteva essere superiore all’importo dovuto in base all’ultima rideterminazione del valore effettuata.

6. La Commissione tributaria regionale accoglieva gli appelli riuniti dei contribuenti in ordine al rimborso di tutte le somme già versate con la prima rivalutazione e rigettava l’appello incidentale proposto dall’Ufficio. Il D.L. n. 70 del 2011, art. 7, infatti, aveva consentito la possibilità di chiedere il rimborso dei versamenti effettuati entro il 14-5-2011 in relazioni a partecipazioni oggetto di doppia rivalutazione. La prima rivalutazione, dunque, era come se non esistesse, anche nel caso in cui il valore su cui era stata calcolata la seconda rivalutazione faceva scaturire una imposta inferiore alla prima. Applicava, poi, la disciplina sulla ripetizione di indebito.

7. Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate.

8. Resiste con controricorso S.F., depositando memoria scritta.

9. Restano intimati S.A. e So.Fr..

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. Con un unico motivo di ricorso, che concerne solo S.F., l’Agenzia delle entrate deduce “art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3: violazione e/o falsa applicazione del D.L. 13 maggio 2011, art. 7, comma 2, lett. dd), ff), conv. L. n. 106 del 2011”, in quanto il D.L. n. 70 del 2011, art. 7, ha consentito, in caso di doppia rivalutazione dei valori delle partecipazioni possedute, non solo di detrarre l’imposta sostitutiva dovuta, ma anche di presentare istanza di rimborso dell’imposta già pagata ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38. Tale disposizione ha carattere retroattivo perchè concerne anche i versamenti già effettuati alla data di entrata in vigore del decreto legge. Tuttavia, il D.L. n. 70 del 2011, art. 7, alla lett. ff, prevede che l’importo del rimborso non può essere comunque superiore all’importo dovuto in base all’ultima rideterminazione del valore effettuata. Ciò è stato ribadito anche dalla circolare della Agenzia delle entrate 47/E. Pertanto, poichè il contribuente a seguito della prima perizia di stima ha versato la somma di Euro 241.411,00, mentre successivamente alla seconda rivalutazione ha versato la somma di Euro 49.590,00, inferiore al primo versamento, non spettava il rimborso richiesto. La Commissione ha, quindi, applicato l’istituto della ripetizione di indebito ai sensi dell’art. 2033 c.c. Tuttavia, non ha tenuto conto di quanto previsto al D.L. n. 70 del 2011, art. 7, lett. ff), ove si prevede che “l’importo del rimborso non può essere comunque superiore all’importo dovuto in base all’ultima rideterminazione del valore effettuata”. Nel caso in esame, poichè il contribuente ha versato a seguito della prima rivalutazione la somma di Euro 241.411,00, mentre, con la seconda rivalutazione, ha versato la somma di Euro 49.590,00, il rimborso non può essere superiore alla somma di Euro 49.590,00.

1.1. Tale motivo è fondato.

1.2. Invero, ai sensi della L. 448 del 2001, art. 5, “agli effetti della Det. delle plusvalenze e minusvalenze di cui al testo unico delle imposte sui redditi, di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 81, comma 1, lett. C) e C-bis), e successive modificazioni, per i titoli, le quote o i diritti non negoziati nei mercati regolamentati, posseduti alla data del 1 gennaio 2002, può essere assunto, in luogo del costo o valore di acquisto, il valore a tale data della frazione del patrimonio netto della società, associazione o ente, determinato sulla base di una perizia giurata di stima, cui si applica l’art. 64 c.p.c., redatta da soggetti iscritti all’albo dei dottori commercialisti, dei ragionieri e periti commerciali, nonchè nell’elenco dei revisori contabili, a condizione che il predetto valore sia assoggettato ad un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi, secondo quanto disposto dai commi da 2 a 7”.

Nel comma 2, si prevede che “l’imposta sostitutiva di cui al comma 1, è pari al 4% per le partecipazioni che risultano qualificate… e al 2% per quelle che alla predetta data, non risultano qualificate…”.

L’imposta sostitutiva è “volontaria” (Cass., 2 agosto 2017, n. 19215), in quanto è frutto di una libera scelta del contribuente, il quale opta per la rideterminazione del valore del bene, con conseguente versamento dell’imposta sostitutiva, nella prospettiva, in caso di futura cessione, di un risparmio sull’imposta ordinaria altrimenti dovuta sulla plusvalenza non affrancata. L’Amministrazione finanziaria, invece, riceve un immediato introito finanziario (Cass., 24057/2014).

Il D.L. 24 dicembre 2002, n. 282, art. 2, comma 2, (convertito nella L. 21 febbraio 2003, n. 27), ha esteso la facoltà di rideterminare il valore delle partecipazioni non negoziate in mercati regolamentati possedute alla data del 1 gennaio 2003. Inoltre, il D.L.24 dicembre 2003, n. 355, art. 6 bis, (convertito in L. 27 febbraio 2004, n. 47), ha esteso tale possibilità alle partecipazioni possedute alla data del 1 luglio 2003 (Cass., 26845/2014 che tratta proprio di una seconda rideterminazione del valore delle partecipazioni ai sensi del della L. n. 47 del 2004, art. 6 bis).

Nel caso in esame, la L. n. 244 del 2007, art. 1, comma 91, ha modificato il D.L. 24 dicembre 2002, n. 282, art. 2, comma 2, sostituendo al primo periodo, le parole “1 gennaio 2005” con quelle “1 gennaio 2008” ed al secondo periodo le parole “30 giugno 2006”, con le parole “30 giugno 2008”.

1.3. Il contribuente S.F. (solo per la posizione di questi, infatti, l’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione) ha versato, quanto alla prima rivalutazione delle partecipazioni nel 2002, quale imposta sostitutiva, la somma di Euro 241.411,00, in relazione al valore delle azioni della Pecchio s.p.a., pari ad Euro 6.000.000,00. Successivamente, nel 2008, a seguito di una seconda rivalutazione, consentita dalla L. n. 244 del 1997, art. 1, comma 91, il contribuente ha versato la somma di Euro 49.590,00, in relazione al valore delle quote della Pecchio s.r.l. Pari ad Euro 2.900.000,00.

1.4. Con l’entrata in vigore del D.L. n. 70 del 2011, l’art. 7, ha, poi, consentito al contribuente di chiedere il rimborso della imposta sostitutiva già pagata, ma nei limiti dell’importo dovuto in base all’ultima rideterminazione di valore effettuata.

Il D.L. n. 70 del 2011, art. 7, (semplificazione fiscale) dispone al comma 2, lett. ee), che “i soggetti che si avvalgono della rideterminazione dei valori di acquisto di partecipazioni non negoziate nei mercati regolamentati, ovvero dei valori di acquisto dei terreni edificabili e con destinazione agricola, di cui alla L. 28 dicembre 2001, n. 448, artt. 5 e 7, qualora abbiano già effettuato una precedente rideterminazione del valore dei medesimi beni, possono detrarre dall’imposta sostitutiva dovuta per la nuova rivalutazione l’importo relativo all’imposta sostitutiva già versata”.

Al comma 2, lett. ff), si precisa che “i soggetti che non effettuano la detrazione di cui alla lett. ee), possono chiedere il rimborso dell’imposta sostitutiva già pagata, ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 38, e il termine di decadenza per la richiesta di rimborso decorre dalla data del versamento dell’intera imposta o della prima rata relativa all’ultima rideterminazione effettuata”, con la precisazione che “l’importo del rimborso non può essere comunque superiore all’importo dovuto in base all’ultima rideterminazione del valore effettuata”. L’art. 7, comma 2, lett. gg), chiarisce che “Le disp. di cui alla lett. ff), si applicano anche ai versamenti effettuati entro la data di entrata in vigore del presente decreto”.

Pertanto, con l’art. 7, comma 2, lett. ee), si è consentito per la prima volta ai soggetti che si avvalgono della rideterminazione delle partecipazioni e dei terreni posseduti alla data del 1 luglio 2011 di scomputare dall’imposta sostitutiva dovuta l’imposta sostitutiva eventualmente già versata in occasione di precedenti procedure di rideterminazione effettuate con riferimento ai medesimi beni. In tal caso il contribuente non è tenuto al versamento delle rate “ancora pendenti” della precedente procedura di rideterminazione e detrae l’imposta già versata dall’imposta dovuta per effetto della nuova rideterminazione (in tal senso anche circolare n. 47/E del 24-10-2011 della Agenzia delle entrate).

L’art. 7, comma 2, lett. ff), poi, disciplina l’ipotesi in cui il contribuente che, in passato, abbia già rideterminato il valore delle partecipazioni e dei terreni posseduti, in sede del nuovo versamento non effettua lo scomputo dell’imposta già versata come indicato nella lett. ee). E’ prevista, quindi, la possibilità di chiedere il rimborso dell’imposta sostitutiva pagata in passato, ai sensi del D.P.R. 29 settembre 73, n. 602, art. 38. Il termine di decadenza per la richiesta del suddetto rimborso decorre dalla data in cui si verifica la duplicazione del versamento e cioè dalla data di pagamento dell’intera imposta sostitutiva dovuta per effetto dell’ultima rideterminazione effettuata ovvero dalla data di versamento della prima rata (cfr. anche circolare della Agenzia delle entrate 47/E cit.).

La norma specifica anche che l’importo del rimborso non può essere superiore all’importo dovuto in base all’ultima rideterminazione del valore effettuata.

1.5. Per questa Corte, in tema di imposta sostitutiva sui “capital gains”, il contribuente, dopo aver effettuato una prima rivalutazione del bene (nella specie, partecipazioni non negoziate nei mercati regolamentati), con conseguente versamento dell’imposta, può chiedere, se è ancora in possesso di tale bene, ove venga introdotta una disciplina fiscale più favorevole, una nuova determinazione del valore, con diritto – anche nell’assetto antecedente alla vigenza del D.L. n. 70 del 2011, art. 7, conv. in L. n. 106 del 2011, – ad usufruire del rimborso, stante il generale principio del divieto di doppia imposizione, in misura non superiore a quanto dovuto, in base all’ultima rideterminazione del valore effettuata, fino alla concorrenza dei due importi (Cass., 13 luglio 2018, n. 18712).

Si è precisato, in particolare, che è ammessa la facoltà di richiedere una nuova valutazione delle partecipazioni in applicazioni di leggi sopravvenute. Inoltre, proprio in applicazione del divieto della doppia imposizione di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 163, nell’ipotesi di successiva rivalutazione delle partecipazioni sociali possedute, il primo versamento dell’imposta sostitutiva è legittimamente effettuato in forza della precedente disciplina di rideterminazione del valore e la duplicazione si verifica solo al momento del secondo versamento dell’imposta sostitutiva, sulla base del nuovo valore stimato, per effetto della riapertura dei termini introdotta dal legislatore (Cass. 18712/2018 cit.).

L’opzione per la rideterminazione dei valori e la relativa obbligazione tributaria si perfezionano, infatti, con il versamento dell’intero importo dell’imposta sostitutiva ovvero, in caso di pagamento rateale, con il versamento della prima rata, tanto che il contribuente può immediatamente avvalersi del nuovo valore di acquisto ai fini della determinazione delle plusvalenze di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 67, (vecchio Tuir, art. 81).

1.6. Inoltre, questa Corte ha affermato che il D.L. n. 70 del 2011, ha “chiarito” che il rimborso non può essere superiore all’importo dovuto in base all’ultima rideterminazione del valore effettuata, operando fino a concorrenza dei due importi (Cass., 18712/18 cit.). Deve, dunque, essere escluso il rimborso in misura superiore all’importo dovuto in base all’ultima rideterminazione di valore della partecipazioni sociale effettuata. La ratio del legislatore è quella di evitare che il contribuente possa ritrattare la scelta già operata in passato, in quanto ciò non sarebbe coerente con le finalità – di interesse reciproco tra fisco e contribuente – della disciplina in esame, sopra descritte.

La nuova normativa, quindi, per tale aspetto, relativo alla ammissibilità di chiedere a rimborso un importo non superiore a quello dovuto per il nuovo affrancamento, svolge una funzione chiarificatrice, pur se il D.L. n. 70 del 2011, art. 7, non ha portata retroattiva quanto alla possibilità di effettuare compensazioni con i pagamenti pregressi (Cass. 12 novembre 2014, n. 24057, che si riferisce proprio ad una seconda rivalutazione a seguito del D.L. n. 282 del 2002, dopo una prima rivalutazione ai sensi della L. n. 448 del 2001, art. 5). Infatti, la compensazione non è consentita prima del 2011 (D.L. n. 70 del 2011, art. 7, comma 2, lett. ee), essendo previsto, prima di tale data, solo il rimborso. Solo con riferimento alle modalità di “recupero” di quanto pagato in più con la seconda determinazione la norma non ha portata retroattiva, non essendo consentita in precedenza la compensazione, ma essendo sempre necessario il versamento integrale dell’imposta sostitutiva dovuta, seppure con rateizzazione.

Pertanto, non può essere condivisa la tesi del contribuente, per cui, in realtà, non avendo il D.L. n. 70 del 2011, art. 7, alcuna portata retroattiva, non è applicabile il limite quantitativo al rimborso di cui all’art. 7, comma 2, lett. ff), poichè il giudizio era stato incardinato il 16-12-2010.

Del resto, lo stesso contribuente nel controricorso ammette di avere presentato la richiesta di rimborso proprio ai sensi del D.L. 70 del 2011, art. 7, comma 2, lett. ff), norma ove è previsto espressamente il limite quantitativo di cui si duole. Il S. richiama, poi, il punto 4 della circolare 47/E della Agenzia delle entrate 24-10-2011, ove è previsto che “la disp. di cui alla lett. gg), (che statuisce “le disp. di cui alla lett. ff), si applicano anche ai versamenti effettuati entro la data di entrata in vigore del presente decreto”) si applica anche ai giudizi in corso”.

Nei precedenti di legittimità citati, che hanno ritenuto applicabile il limite quantitativo del ricorso, i processi erano stati instaurati ben prima del D.L. n. 135 del 2011, n. 70 (Cass., 12 novembre 2014, n. 24057, in cui la sentenza della Commissione regionale impugnata era stata depositata il 23-5-2008; Cass., 13 luglio 2018, n. 18712, in cui la sentenza della Commissione regionale impugnata era stata depositata il 19-1-2011);

1.7. Nel caso, in esame, però, la richiesta di rimborso (Euro 241.411,00) è superiore all’importo della dovuto in base all’ultima rideterminazione del valore (Euro 49.590,00), sicchè deve essere accolto il ricorso presentato dalla Agenzia delle entrate.

2. La sentenza impugnata deve, quindi, essere cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti istruttori, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., con l’accoglimento della istanza di rimborso nei limiti della somma di Euro 49.590,00.

3. Le spese dei giudizi dei gradi di merito vanno compensate per intero tra le parti, in ragione della peculiarità della fattispecie e delle nuove normative intervenute nel tempo.

Le spese del giudizio di legittimità devono essere poste a carico del contribuente nella misura della metà, per la parziale soccombenza, avendo chiesto il contribuente il rimborso della maggiore somma di Euro 241.411,00. La residua metà deve essere compensata tra le parti.

P.Q.M.

In parziale accoglimento del ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo la causa nel merito, accoglie il ricorso originario del contribuente nei limiti di cui in motivazione.

Compensa interamente tra le parti le spese dei giudizi dei gradi di merito.

Condanna il contribuente a rimborsare in favore della Agenzia delle entrate la metà delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano, per tale misura, in complessivi Euro 2.000,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, le spese generali nella misura forfettaria del 15% e gli accessori di legge. Compensa tra le parti la residua metà.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 10 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 5 settembre 2019

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