Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22212 del 03/11/2016


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Cassazione civile sez. trib., 03/11/2016, (ud. 10/10/2016, dep. 03/11/2016), n.22212

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TIRELLI Francesco – Presidente –

Dott. SCODITTI Enrico – rel. Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. PERRINO Angelina Maria – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 9492/2011 proposto da:

D.A.O., elettivamente domiciliato in ROMA VIA ACCADEMIA

DEL CIMENTO 79, presso lo studio dell’avvocato SARA CAPPELLI,

rappresentato e difeso dall’avvocato FERNANDO MARIO ANTONIO LETTIERI

giusta delega a margine;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO DI ROMA (OMISSIS), in persona del

Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 302/2010 della COMM.TRIB.REG. di ROMA,

depositata il 24/05/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

10/10/2016 dal Consigliere Dott. ENRICO SCODITTI;

udito per il ricorrente l’Avvocato PANARO per delega dell’Avvocato

LETTIERI che ha chiesto l’accoglimento;

udito per il controricorrente l’Avvocato DE SOCIO che si riporta agli

atti;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DEL

CORE Sergio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La CTP dispose l’iscrizione di ipoteca su bene immobile di D.A.O., a garanzia del credito vantato dall’Agenzia delle Entrate, a seguito di istanza ai sensi del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 22. La Commissione Tributaria Regionale del Lazio rigettò l’appello proposto dal contribuente sulla base della seguente motivazione.

I motivi di appello vanno disattesi: “con particolare riferimento al debito d’imposta (anno 2003) sorto ante la costituzione del fondo patrimoniale lo stesso è inopponibile a causa della costituzione del fondo in quanto la norma dell’art. 170 c.c., deve essere interpretata come azione di tutela dei crediti erariali…i debiti per IRPEF ed altre imposte devono ritenersi per definizione inerenti in maniera diretta e immediata ai bisogni della famiglia, dato che anche l’attività lavorativa ed imprenditoriale da cui il ricorrente trae i redditi che hanno dato origine ai vari debiti di imposta è finalizzata al generale mantenimento dello stesso e della sua famiglia. Nè del resto appare possibile dimostrare che il creditore, Amministrazione finanziaria, potesse essere a conoscenza del fatto che il debitore aveva contratto i debiti in questione per ragioni estranee alla famiglia, essendo difficilmente ipotizzabile che un soggetto ometta il pagamento delle imposte dovute per motivi voluttuari o intenti speculativi…il fondo è stato costituito dopo la nascita dei debiti con il fisco…la costituzione del fondo patrimoniale invocata dal ricorrente in questo grado di giudizio è un motivo nuovo per cui non ha pregio e va disatteso anche sotto questo aspetto”.

Ha proposto ricorso per cassazione il contribuente sulla base di due motivi. Resiste con controricorso l’Agenzia delle Entrate.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo si denuncia violazione dell’art. 170 c.c., e omessa motivazione. Osserva il ricorrente che, attesa la riconducibilità del debito tributario al reddito d’impresa, e l’estraneità dell’azienda commerciale al fondo patrimoniale (costituito nel 2004), legittimamente poteva essere opposta l’esistenza del fondo e che l’onere della prova della riconducibilità dei crediti tributari agli interessi della famiglia, diversamente da quanto opinato dalla CTR, spettava all’Amministrazione finanziaria.

Il motivo è infondato. Osserva innanzitutto il Collegio, sulla base di quanto emerso dalla difesa di parte ricorrente in udienza, che, dovendosi escludere che l’iscrizione ipotecaria costituisca atto di espropriazione forzata (Cass. 18 settembre 2014, n. 19667; 22 luglio 2015, n. 15354), viene comunque meno l’applicabilità dell’art. 170 c.c., (Cass. 25 maggio 2016, n. 10794).

Entrando nel merito del motivo, l’onere della prova dei presupposti di applicabilità dell’art. 170 c.c., grava sulla parte che intenda avvalersi del regime di impignorabilità dei beni costituiti in fondo patrimoniale: spetta pertanto al debitore opponente dimostrare non soltanto la regolare costituzione del fondo patrimoniale e la sua opponibilità nei confronti del creditore, ma anche che il debito per cui si procede venne contratto per scopi estranei ai bisogni della famiglia, allegando e provando quali siano i titoli dai quali le obbligazioni siano sorte ed il contesto nell’ambito del quale vennero contratte, al fine di consentire al giudice di pervenire – anche in via presuntiva all’esclusione della loro riconducibilità ai bisogni della famiglia (Cass. 29 gennaio 2016, n. 1652; 7 febbraio 2013, n. 2970). Spetta in particolare al debitore provare che il creditore conosceva l’estraneità del credito ai bisogni della famiglia, sia perchè i fatti negativi (nella specie l’ignoranza) non possono formare oggetto di prova, sia perchè esiste una presunzione di inerenza dei debiti ai detti bisogni (Cass. 15 marzo 2006, n. 5684).

Quanto ai debiti tributari, il criterio identificativo dei debiti per i quali può avere luogo l’esecuzione sui beni del fondo patrimoniale va ricercato non già nella natura dell’obbligazione ma nella relazione tra il fatto generatore di essa e i bisogni della famiglia, sicchè anche un debito di natura tributaria sorto per l’esercizio dell’attività imprenditoriale può ritenersi contratto per soddisfare tale finalità, fermo restando che essa non può dirsi sussistente per il solo fatto che il debito derivi dall’attività professionale o d’impresa del coniuge, dovendosi accertare che l’obbligazione sia sorta per il soddisfacimento dei bisogni familiari (nel cui ambito vanno incluse le esigenze volte al pieno mantenimento ed all’univoco sviluppo della famiglia) ovvero per il potenziamento della di lui capacità lavorativa, e non per esigenze di natura voluttuaria o caratterizzate da interessi meramente speculativi (Cass. 24 febbraio 2015, n. 3738; peraltro i bisogni della famiglia vanno intesi non in senso meramente oggettivo ma come comprensivi anche dei bisogni ritenuti tali dai coniugi in ragione dell’indirizzo della vita familiare e del tenore prescelto, in conseguenza delle possibilità economiche familiari – Cass. 19 febbraio 2013, n. 4011).

Per il resto la censura involge un accertamento in fatto. Quest’ultimo, in quanto relativo alla riconducibilità dei debiti alle esigenze della famiglia, è istituzionalmente riservato al giudice del merito e non è censurabile in cassazione, se congruamente motivato (Cass. 30 maggio 2007, n. 12730).

Con il secondo motivo si denuncia erronea e contraddittoria motivazione. Osserva il ricorrente, circa la costituzione del fondo dopo l’insorgenza del debito, che una volta costituito il fondo patrimoniale è opponibile a prescindere dall’anteriorità del credito (Cass. n. 15862 del 2009) e, circa la questione del “motivo nuovo”, che nella memoria difensiva innanzi alla CTP era stata eccepita l’esistenza del fondo patrimoniale ai sensi dell’art. 167 c.c..

Il rigetto del precedente motivo determina l’assorbimento del motivo.

PQM

La Corte rigetta il primo motivo del ricorso, con assorbimento del secondo motivo, e condanna il ricorrente al rimborso delle spese processuali che liquida in Euro 5.130,00 per compenso, oltre le spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 10 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 3 novembre 2016

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