Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22208 del 12/09/2018

Cassazione civile sez. I, 12/09/2018, (ud. 13/06/2018, dep. 12/09/2018), n.22208

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. CAIAZZO Luigi – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – rel. Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 26089/2013 proposto da:

Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.a., in persona del legale

rappresentante pro tempore, domiciliata in Roma, Piazza Cavour,

presso la Cancelleria Civile della Corte di Cassazione,

rappresentata e difesa dall’Avvocato Raffaele Boccagna giusta

procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

B.A., quale curatore del Fallimento (OMISSIS) s.p.a.;

– intimato –

avverso il decreto del Tribinale di Santa Maria Capua Vetere

depositato il 17/10/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

13/06/2018 dal consigliere Dott. Alberto Pazzi.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Il Giudice delegato al fallimento della società (OMISSIS) s.p.a. non ammetteva al passivo della procedura il credito vantato da M.P.S. Gestione Crediti Banca s.p.a., quale procuratore di Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a., in relazione al saldo debitore di un conto corrente e di tre rapporti anticipi in quanto l’insinuazione non era adeguatamente suffragata in via documentale.

2. Il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, nel rigettare l’opposizione proposta da Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a. con decreto depositato in data 17 ottobre 2013, riteneva che l’istituto di credito non avesse adeguatamente assolto l’onere probatorio cui era tenuto, avendo prodotto rispetto al contratto di conto corrente solo gli estratti conto, inopponibili alla curatela senza il supporto della documentazione relativa allo svolgimento del rapporto; quanto ai conti anticipi mancava la prova dell’effettiva erogazione degli importi in favore del correntista, la cui dimostrazione non poteva essere evinta dalle risultanze del conto corrente ove le somme erano state girate, stante la loro inopponibilità alla curatela.

3. Ricorre per cassazione avverso questa pronuncia la Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a., affidandosi a quattro motivi di impugnazione.

L’ intimato fallimento di (OMISSIS) s.p.a. non ha svolto alcuna difesa.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

4.1 Il primo motivo denuncia la violazione e la falsa applicazione dell’art. 101 c.p.c., comma 2, e art. 183 c.p.c. e art. 111 Cost.: il Tribunale avrebbe definito la controversia in ragione di una questione rilevata d’ufficio, concernente il mancato assolvimento dell’onere probatorio rispetto al credito rinveniente dal conto corrente n. (OMISSIS), senza una preventiva instaurazione sul punto del contraddittorio fra le parti.

4.2 I motivo è inammissibile.

In vero secondo la giurisprudenza di questa Corte nel caso in cui il giudice esamini d’ufficio una questione di fatto ovvero mista di fatto e di diritto senza procedere alla sua segnalazione alle parti ai sensi dell’art. 101 c.p.c., comma 2, onde consentire su di essa l’apertura della discussione, la parte soccombente può dolersi della decisione soltanto sostenendo che la violazione di quel dovere di indicazione ha vulnerato la facoltà di chiedere prove o, in ipotesi, di ottenere una eventuale rimessione in termini (Cass., Sez. U., 30/9/2009 n. 20935).

Nel caso di specie il ricorrente nulla ha addotto sotto un simile profilo, rendendo il vizio denunciato di per sè inammissibile.

5.1 D secondo mezzo lamenta la violazione e la falsa applicazione degli artt. 1832,1857 e 2697 c.c. e art. 116 c.p.c.: il Tribunale, in dissonanza con la giurisprudenza di legittimità, avrebbe omesso ogni valutazione in merito alla completezza e all’esaustività delle schede integrali prodotte in relazione al conto corrente n. (OMISSIS) e alla mancanza di contestazioni di sorta sulle poste ivi annotate.

5.2 Con il terzo motivo la sentenza impugnata è censurata per violazione e falsa applicazione degli artt. 1832,1857,2697,2710 e 2729 c.c., artt. 115 e 116 c.p.c. nonchè per l’omesso esame di un fatto decisivo già oggetto di discussione fra le parti: il Tribunale avrebbe erroneamente negato valenza probatoria agli estratti integrali del conto corrente n. (OMISSIS) apprezzandoli in modo avulso dagli altri documenti prodotti e dalla condotta processuale del curatore, poichè le risultanze degli estratti di conto corrente, costituenti quanto meno prove atipiche, potevano essere disattese soltanto in presenza di circostanziate contestazioni specificamente dirette contro determinate annotazioni, mai effettuate nel caso di specie dal curatore; la dimostrazione del credito della banca in sede di insinuazione al passivo doveva invece essere fornita mediante la produzione del contratto e dei relativi estratti integrali del conto, salvo approfondimenti istruttori in presenza di contestazioni di singole operazioni da parte del curatore o del giudice delegato.

5.3 I motivi, da esaminarsi congiuntamente in ragione della loro stretta connessione, sono fondati.

Vero è che secondo la giurisprudenza di questa Corte la banca, ove prospetti una sua ragione di credito verso il fallito derivante da un rapporto obbligatorio regolato in conto corrente e ne chieda l’ammissione allo stato passivo, ha l’onere, nel giudizio di opposizione allo stato passivo, di dare piena prova del suo credito, assolvendo il relativo onere secondo il disposto della norma generale dell’art. 2697 c.c. attraverso la documentazione relativa allo svolgimento del conto, senza poter pretendere di opporre al curatore, stante la sua posizione di terzo, gli effetti che, ai sensi dell’art. 1832 c.c., derivano, ma soltanto tra le parti del contratto, dall’approvazione anche tacita del conto da parte del correntista, poi fallito, e dalla di lui decadenza dalle impugnazioni (Cass. 9/5/2001 n. 6465, Cass. 26/1/2006 n. 1543).

Tale principio trova fondamento nella posizione di terzietà assunta dal curatore.

Ciò tuttavia non significa che in ambito di insinuazione al passivo l’estratto conto debba essere considerato in via generalizzata come privo di qualsiasi valore probatorio.

Questa Corte ha anche già avuto modo di osservare che, fermo il principio per cui l’istituto di credito ha l’onere di dare piena prova del suo credito, assolvendo lo stesso attraverso la produzione della documentazione relativa allo svolgimento del conto, il collegio dell’opposizione tuttavia non può prescindere “dalla valutazione, doverosa e necessaria, circa la completezza ed esaustività delle schede integrali prodotte dalla creditrice, che rappresenta(va) la premessa logica indispensabile per procedere al successivo consequenziale apprezzamento della ulteriore produzione documentale. E del resto non può trascurarsi di osservare che l’ammissibilità di prove atipiche, che proprio con riguardo al caso di specie è stata più volte sottolineata dalla giurisprudenza di merito oltre che in dottrina, imponeva all’organo giudicante di tenerne conto, in considerazione dell’assoluta mancanza di contestazioni provenienti dalla curatela fallimentare” (Cass. 8/8/2013 n. 19028).

E’ opinione di questo collegio che, sebbene non operino nei confronti del curatore gli effetti di cui all’art. 1832 c.c., lo stesso procedimento di insinuazione al passivo e di successiva opposizione fungano da procedimento di rendicontazione al fine dell’individuazione della esatta consistenza del credito vantato dalla banca e contribuiscano a fornire all’estratto conto che rappresenti l’intera evoluzione storica dello svolgimento del rapporto un valore di prova a suffragio delle ragioni dell’istituto di credito che abbia presentato insinuazione al passivo.

In linea generale ogni qual volta sia necessario rendere un conto il sistema (si pensi al meccanismo previsto dall’art. 1832 c.c., art. 119 T.U.B. e, più in generale, 263 e ss. c.p.c.) prevede che la parte onerata proceda alla rendicontazione tramite la precisa indicazione dell’evoluzione storica del rapporto, mentre la controparte ha l’onere entro un determinato termine di sollevare contestazioni, specificando le partite che intende porre in contestazione.

Un simile meccanismo vale, tramite lo sviluppo del procedimento di verifica delle insinuazioni al passivo, anche nei confronti della procedura fallimentare, in cui la banca, a prescindere dagli estratti inviati al fallito ed eventualmente approvati prima dell’apertura del concorso, è tenuta a dare conto dell’esistenza e dell’intera evoluzione del rapporto tramite il deposito degli estratti conto nella loro completa consistenza.

A fronte di questa produzione non si può trascurare di considerare che sul curatore incombe il dovere di procedere a una verifica della documentazione prodotta dal creditore che si insinua al passivo e dunque di controllo delle emergenze dell’estratto conto secondo le risultanze in suo possesso.

Ed è proprio la pregnanza di questo obbligo di verificazione che consente il parallelismo con il procedimento di rendimento del conto e la valorizzazione dell’estratto conto integrale prodotto, così analizzato, quale prova.

A un simile, puntuale, controllo farà seguito un obbligo di specifica contestazione, in particolare, della verità storica delle singole operazioni oggetto di rilevazione contabile che non trovino adeguato riscontro.

In presenza di siffatte confutazioni da parte del curatore l’istituto di credito avrà l’onere, ex art. 95, comma 2, L. Fall. o quanto meno in sede di opposizione, di arricchire la documentazione prodotta con atti idonei ad attestare l’effettivo svolgimento delle operazioni oggetto di rilevazione contabile in contestazione.

Per contro ove il curatore, costituendosi o meno in sede di opposizione, nulla abbia osservato in merito all’evoluzione del conto nel senso rappresentato negli estratti prodotti, il Tribunale non potrà che prendere atto dell’evoluzione storica del rapporto contrattuale nei termini rappresentati all’interno dell’estratto conto integrale depositato, nè potrà pretendere ulteriore documentazione a suffragio dei fatti storici in questo modo risultanti, pur mantenendo, come per regola generale, ogni più ampia possibilità di sollevare d’ufficio le eccezioni, non rilevabili ad esclusiva istanza di parte, giustificate in base ai fatti in tal modo acquisiti in causa.

Il provvedimento impugnato non si è attenuto a questi principi limitandosi a constatare l’inidoneità degli estratti conto prodotti a fornire la prova dell’evoluzione del rapporto e dell’esistenza del credito finale e ha così addossato al creditore istante un onere di integrazione del materiale istruttorio già depositato non correlato al contenuto di rilievi compiuti dal curatore rispetto alle risultanze degli estratti conto messi a disposizione della procedura.

6. In proposito occorre dunque affermare il seguente principio: nell’insinuare al passivo fallimentare il credito derivante da saldo negativo di conto corrente la banca ha l’onere di dare conto dell’intera evoluzione del rapporto tramite il deposito degli estratti conto integrali; il curatore, eseguite le verifiche di sua competenza, ha l’onere di sollevare specifiche contestazioni in relazione a determinate poste, in presenza delle quali la banca ha a sua volta l’onere di integrare la documentazione, o comunque la prova, del credito relativamente alle contestazioni sollevate; il giudice delegato o, in sede di opposizione, il Tribunale, in mancanza di contestazioni del curatore, è tenuto a prendere atto dell’evoluzione storica del rapporto contrattuale come rappresentata negli estratti conto, pur conservando il potere di rilevare d’ufficio ogni eccezione non rimessa alle sole parti, che si fondi sui fatti in tal modo acquisiti al giudizio.

7. L’accoglimento dei motivi di impugnazione in esame comporta, oltre all’assorbimento dell’ultimo motivo di ricorso presentato, vertente sulla mancata ammissione dei crediti relativi ai conti anticipi su fatture correlati al rapporto di conto corrente, la cassazione del decreto impugnato, con rinvio al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, il quale si atterrà ai principi sopra illustrati, avendo cura anche di provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il secondo e il terzo motivo di ricorso nei termini di cui in motivazione, dichiara inammissibile il primo motivo ed assorbito il quarto, cassa il decreto impugnato in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 13 giugno 2018.

Depositato in Cancelleria il 12 settembre 2018

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