Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22206 del 14/10/2020
Cassazione civile sez. I, 14/10/2020, (ud. 10/09/2020, dep. 14/10/2020), n.22206
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –
Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –
Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –
Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –
Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –
Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 6542/2019 proposto da:
O.H., elettivamente domiciliato in Ascoli Piceno, piazza
Roma 23, presso lo studio dell’avv. Vittorio D’Angelo, che lo
rappresenta e difende per procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
Ministero Dell’interno, (OMISSIS);
– resistente –
avverso la sentenza n. 1667/2018 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,
depositata il 08/08/2018;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
10/09/2020 dal Cons. Dott. SOLAINI LUCA.
Fatto
RILEVATO
che:
La Corte d’Appello di Ancona ha respinto il gravame proposto da O.H. cittadino (OMISSIS) avverso l’ordinanza del Tribunale di Ancona che confermando il provvedimento della competente Commissione territoriale aveva negato al richiedente asilo il riconoscimento della protezione internazionale anche nella forma sussidiaria e di quella umanitaria.
Il ricorrente ha riferito di aver ricevuto minacce dagli affiliati alla setta degli (OMISSIS) perchè alla morte del padre, che era segretario del cult, gli adepti volevano che egli, ancora quattordicenne, lo sostituisse nella carica, ed al suo rifiuto, perchè cristiano, prima lo minacciarono e poi lo aggredirono.
A supporto della decisione di rigetto della richiesta di protezione internazionale, la Corte d’appello ha ritenuto il racconto scarsamente credibile sia perchè le dichiarazioni erano generiche e poco circostanziate sia perchè il richiedente non aveva giustificato il fatto di non essersi rivolto alle autorità locali per ottenere una qualche protezione per le minacce subite. Ad avviso della Corte d’appello non sussistevano, pertanto, i presupposti della protezione internazionale maggiore, e neppure quelli della protezione sussidiaria neanche in riferimento alla situazione oggettiva della regione di provenienza; la Corte ha, infine, ritenuto assenti anche qualunque situazione soggettiva legata a una condizione di particolare vulnerabilità.
Contro la sentenza della medesima Corte d’Appello è ora proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi.
Il Ministero dell’Interno non ha spiegato difese scritte.
Diritto
CONSIDERATO
che:
Il ricorrente censura la decisione della Corte d’Appello: (i) sotto un primo profilo, per violazione dell’art. 115 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nella parte in cui la Corte d’appello ha confermato il rigetto della richiesta di riconoscimento dello status di rifugiato sulla base di un documento che non sarebbe stato acquisito correttamente agli atti del giudizio e cioè. la relazione del 27 ottobre 2015 dell’unità COI presso il Ministero dell’interno; (ii) sotto un secondo profilo, per violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, nonchè dell’art. 111 Cost., per essere la motivazione della sentenza impugnata meramente apparente con riferimento al motivo d’appello riguardante il riconoscimento dello status di rifugiato.
Il secondo motivo, che deve essere esaminato per primo, per ragioni logico-giuridiche è infondato, in quanto, la motivazione della Corte d’appello in merito al rigetto della richiesta di protezione internazionale appare congrua e si colloca al di sopra del “minimo costituzionale”, avendo essa chiaramente esplicitato di non aver ravvisato nella vicenda narrata “elementi suscettibili di costituire valido presupposto per la tutela richiesta”.
Il primo motivo è inammissibile perchè censura le valutazioni istruttorie della Corte distrettuale deducendo la violazione dell’art. 115 c.p.c., laddove la censura sull’erronea valutazione delle prove non può porsi in sede di legittimità, se non nei ristretti limiti previsti (cfr. Cass. ord. n. 27000/16).
La mancata predisposizione di difese scritte da parte dell’amministrazione statale esonera il collegio dal provvedere sulle spese.
PQM
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Rigetta il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ove dovuto, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello corrisposto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 10 settembre 2020.
Depositato in Cancelleria il 14 ottobre 2020