Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22201 del 22/09/2017


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Cassazione civile, sez. II, 22/09/2017, (ud. 22/06/2017, dep.22/09/2017),  n. 22201

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

Dott. GRASSO Gianluca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21773/2012 proposto da:

WIND WEST INDIES NAVAL DEVELOPMENT LIMITED, rappresentata e difesa in

forza di procura speciale in calce al ricorso dagli avvocati Andrea

Salvia e Livio Bussa, elettivamente domiciliata presso lo studio di

quest’ultimo in Roma, Viale Glorioso 13;

– ricorrente –

contro

AZIMUT BENETTI SPA, rappresentata e difesa in forza di procura

speciale in calce al controricorso dagli avvocati Lucio Tamburro e

Gianni Baldini, elettivamente domiciliata presso lo studio di

quest’ultimo in Roma, Via Panaro 11;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 1610/2011 della Corte d’appello di Firenze,

depositata il 15 dicembre 2011;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

22 giugno 2017 dal Consigliere Dott. Gianluca Grasso;

viste le memorie ex art. 380 bis c.p.c., depositate da entrambe le

parti.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

che la Azimut spa, dopo aver ottenuto un sequestro conservativo, eseguito il 15 e il 28 novembre 2000 e poi revocato a seguito del rilascio di una cauzione, con atto di citazione notificato l’11 gennaio 2001, conveniva in giudizio, davanti al Tribunale di Lucca, sezione distaccata di Viareggio, la Wind (West Indies Naval Development) Limited per ottenere il pagamento del corrispettivo di servizi di rimessaggio e lavorazioni effettuati sulla imbarcazione “(OMISSIS)” di proprietà della convenuta, nella somma di Lire 181.413.541, oltre interessi e spese;

che la Wind Ltd, costituitasi in giudizio, contestava, limitatamente ad alcune poste di credito, la domanda avversaria allegando, in via riconvenzionale, un maggior credito per danni causati dall’attrice;

che il Tribunale di Lucca, sezione distaccata di Viareggio, con sentenza del 18 novembre 2005 condannava la Wind Ltd al pagamento, in favore di Azimut spa, della somma di Euro 88.811,99, oltre interessi legali dalla scadenza delle singole voci del debito al saldo, rigettando la domanda riconvenzionale e ponendo le spese di lite a carico della convenuta;

che la Corte d’appello di Firenze accoglieva parzialmente sia il gravame principale proposto dalla Wind Ltd sia l’appello incidentale formulato dalla Azimut Benetti spa, succeduta alla Azimut Spa. Conseguentemente condannava la Azimut Benetti Spa al pagamento, a titolo risarcitorio, a favore della Wind Ltd, della somma di Euro 25.000,00, già comprensiva degli interessi, e la Wind Ltd al pagamento a favore della Azimut Benetti spa della somma di Lire 8.319.960 (IVA compresa), da convertirsi in euro, a titolo di compenso per prestazioni d’opera, oltre agli interessi al tasso legale. Condannava la Wind Ltd alla refusione, in favore della Azimut Benetti spa, delle spese relative al giudizio di appello;

che con ricorso per cassazione la Wind Ltd ha impugnato la decisione della corte d’appello sulla base di un unico motivo;

che la Azimut Benetti spa si è costituita in giudizio proponendo ricorso incidentale sulla base di un solo motivo.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che con l’unico motivo del ricorso principale si denuncia l’insufficiente o contraddittoria motivazione data dalla corte d’appello su tutte le questioni da questa esaminate, ivi compresa la decisione relativa alle spese e competenze legali, sia del primo sia del secondo grado (ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5). Secondo quanto dedotto da parte ricorrente, la corte d’appello ha respinto la maggior parte delle richieste della Wind motivando il proprio convincimento in maniera del tutto insufficiente, contraddittoria e in taluni casi illogica riguardo ai fatti decisivi della controversia, operando una lettura superficiale e incongruente delle risultanze processuali che ricalca in massima parte e acriticamente quella data dal Tribunale;

che, in particolare, vengono contestati i punti della motivazione:

– n. 2 e 4 riguardo al pagamento dell’ormeggio invernale in acqua contestato dalla Wind e dei conseguenti danni arrecati alle lamiere dello yacht. Su entrambe le circostanze la corte d’appello avrebbe espresso considerazioni semplicistiche e totalmente sganciate dalle risultanze processuali, ritenendo mancante il nesso di causalità rispetto al pregiudizio eventualmente subito dalla barca in conseguenza del mancato rimessaggio. La pronuncia avrebbe inoltre totalmente trascurato le prove testimoniali raccolte, negando che dalla consulenza tecnica d’ufficio espletata in grado d’appello fosse emerso un elemento comprovante danni alle lamiere;

– n. 5 relativo ai danni alla verniciatura e ad alcune strutture secondarie dello scafo, provocati durante i ripetuti vari e alaggi resisi necessari per riparare i danni meccanici dopo la rottura della fascia del travel lift. La corte, al riguardo, avrebbe errato nel ritenere la CTU priva di importanza e le testimonianze generiche e prive di credibilità – senza fornire alcuna motivazione – e che i presunti danni non sarebbero stati direttamente visionati dal perito prima del giudizio;

– n. 6 relativamente al danno rivendicato dalla Wind per il mancato utilizzo dello yacht, avendo la corte d’appello riconosciutone la configurabilità e la sussistenza secondo le prevalenti e più recenti pronunce in materia della Suprema Corte ma limitando il periodo di fermo addebitabile alla Azimut a soli 7 gg., ritenendo non provato che il maggior ritardo nella riconsegna fosse dovuto a responsabilità di quest’ultima. Anche in questo caso la corte d’appello non avrebbe tenuto conto delle effettive risultanze istruttorie, giungendo a una motivazione sul punto insufficiente e contraddittoria, laddove il ricorrente aveva sostenuto non esservi prova certa che, dopo la data del 13 luglio 2000 il successivo trattenimento in cantiere del (OMISSIS) fosse dovuto a riparazioni la cui necessità fosse derivata da comportamenti ugualmente imputabili alla Azimut. Così decidendo, la corte si sarebbe passivamente conformata alla sentenza del primo grado, senza fornire alcun riscontro concreto circa le prove – orali e documentali – raccolte su tale aspetto della controversia;

– n. 7 per quanto attiene al danno rivendicato dalla Wind al proprio buon nome, avendo la corte d’appello escluso il risarcimento, ritenendolo infondato per carenza di prova e sostenendo che agli atti non vi fosse nulla da cui poter derivare un danno di siffatta natura “in connessione con le vicende di causa”. Anche in questo caso la pronuncia sarebbe contraddittoria, apparendo invece palese che la reputazione commerciale della Wind era stata significativamente compromessa dalle vicende oggetto di causa, essendo stato provato che il nocumento al buon nome della società aveva posto quest’ultima in ulteriore difficoltà nel reperire un ricovero invernale a terra per l’imbarcazione presso i cantieri di Viareggio e zone limitrofe;

che sarebbè contraddittoria anche la pronuncia relatiVa alle spese e competenze dei due giudizi, poste interamente a carico dell’appellante Wind, nonostante un parziale riconoscimento delle ragioni da questa rivendicate in via riconvenzionale;

che le doglianze sono inammissibili;

che l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nella formulazione applicabile ratione temporis, risultante dalle modifiche introdotte dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, prevede la “omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione”, come riferita a “un fatto controverso e decisivo per il giudizio” ossia ad un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico naturalistico, non assimilabile in alcun modo a “questioni” o “argomentazioni” che, pertanto, risultano irrilevanti, con conseguente inammissibilità delle censure irritualmente formulate (Cass. 8 ottobre 2014, n. 21152);

che la motivazione omessa o insufficiente è configurabile soltanto qualora dal ragionamento del giudice di merito, come risultante dalla sentenza impugnata, emerga la totale obliterazione di elementi che potrebbero condurre a una diversa decisione, ovvero quando sia evincibile l’obiettiva carenza, nel complesso della medesima sentenza, del procedimento logico che lo ha indotto, sulla base degli elementi acquisiti, al suo convincimento, ma non già quando, invece, vi sia difformità rispetto alle attese e alle deduzioni della parte ricorrente sul valore e sul significato dal primo attribuiti agli elementi delibati, risolvendosi, altrimenti, il motivo di ricorso in un’inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e del convincimento di quest’ultimo tesa all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, certamente estranea alla natura ed ai fini del giudizio di cassazione (Cass., Sez. Un., 25 ottobre 2013, n. 24148);

che in tema di impugnazione per cassazione, e in applicazione del principio di autosufficienza del ricorso, la parte che alleghi la mancata valutazione delle consulenze tecniche d’ufficio espletate nei gradi di merito, ha l’onere di indicare compiutamente (e, se del caso, trascrivere nel ricorso) gli accertamenti e le risultanze peritali, al fine di consentire alla corte di valutare la congruità della motivazione della sentenza impugnata che si sia motivatamente dissociata dalle conclusioni peritali, dovendosi, in carenza di detta specificazione, dichiarare il ricorso inammissibile (Cass. 12 febbraio 2014, n. 3224);

che in tema di ricorso per cassazione per vizio di motivazione, la parte che si duole di carenze o lacune nella decisione del giudice di merito che abbia basato il proprio convincimento disattendendo le risultanze degli accertamenti tecnici eseguiti, non può limitarsi a censure apodittiche di erroneità o di inadeguatezza della motivazione od anche di omesso approfondimento di determinati temi di indagine, prendendo in considerazione emergenze istruttorie asseritamente suscettibili di diversa valutazione e traendone conclusioni difformi da quelle alle quali è pervenuto il giudice a quo, ma, per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione ed il carattere limitato di tale mezzo di impugnazione, è per contro tenuta ad indicare, riportandole per esteso, le pertinenti parti della consulenza ritenute erroneamente disattese, e a svolgere concrete e puntuali critiche alla contestata valutazione, condizione di ammissibilità del motivo essendo che il medesimo consenta al giudice di legittimità (cui non è dato l’esame diretto degli atti se non in presenza di errores in procedendo) di effettuare, preliminarmente, al fine di pervenire ad una soluzione della controversia differente da quella adottata dal giudice di merito, il controllo della decisività della risultanza non valutata, delle risultanze dedotte come erroneamente od insufficientemente valutate, e un’adeguata disamina del dedotto vizio della sentenza impugnata; dovendosi escludere che la precisazione possa viceversa consistere in generici riferimenti ad alcuni elementi di giudizio, meri commenti, deduzioni o interpretazioni, traducentisi in una sostanziale prospettazione di tesi difformi da quelle recepite dal giudice di merito, di cui si chiede a tale stregua un riesame, inammissibile in sede di legittimità (Cass. 30 agosto 2004, n. 17369);

che il controllo della congruità e logicità della motivazione, al fine del sindacato di legittimità su un apprezzamento di fatto del giudice di merito, postula la specificazione da parte del ricorrente se necessario, attraverso la trascrizione integrale nel ricorso della risultanza (parte di un documento, di un accertamento del consulente tecnico, di una deposizione testimoniale, di una dichiarazione di controparte, ecc.) che egli assume decisiva e non valutata o insufficientemente valutata dal giudice, perchè solo tale specificazione consente al giudice di legittimità – cui è precluso, salva la denuncia di error in procedendo, l’esame diretto dei fatti di causa – di deliberare la decisività della risultanza non valutata, con la conseguenza che deve ritenersi inidoneo allo scopo il ricorso con cui, nel denunciare l’omessa valutazione da parte del giudice di merito di una circostanza decisiva, ci si limiti a rinviare alla prospettazione fatta negli atti di causa (Sentenza n. 6679 del 24/03/2006);

che, nel caso di specie, i richiami alla consulenza tecnica d’ufficio difettano di autosufficienza e mirano a una inammissibile diversa valutazione dei fatti di causa;

che parte ricorrente non ha specificato il tenore delle prove testimoniali acquisite agli atti e che sarebbero state trascurate, omettendo di riprodurre il testo delle dichiarazioni rilevanti, che sarebbero idonee a sovvertire la valutazione compiuta dalla corte d’appello;

che la corte d’appello ha delineato il percorso logico seguito, descrivendo il legame tra gli elementi interni determinanti che conducono alla decisione adottata;

che inammissibile risulta la doglianza relativa al difetto di motivazione riguardante la condanna alle spese nonostante il parziale riconoscimento delle ragioni indicate nella domanda riconvenzionale, essendo questo un apprezzamento non sindacabile in sede di legittimità;

che non sussiste alcuna violazione relativa alla regolazione delle spese processuali poichè il principio della soccombenza va inteso nel senso che soltanto la parte interamente vittoriosa non può essere condannata, nemmeno per una minima quota, al pagamento delle spese stesse e il suddetto criterio non può essere frazionato secondo l’esito delle varie fasi del giudizio ma va riferito unitariamente all’esito finale della lite, senza che rilevi che in qualche grado o fase del giudizio la parte poi soccombente abbia conseguito un esito a lei favorevole (Cass. 11 gennaio 2008, n. 406);

che con l’unico motivo di ricorso incidentale si deduce la violazione e falsa applicazione artt. 1226 e 2697 c.c., nonchè l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione fra le parti (art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5) in relazione al danno rivendicato dalla Wind per il mancato utilizzo dello yacht per 25 giorni e la decisione di condanna a carico di Azimut Benetti s.p.a. per Euro 25.000,00 oltre accessori. Parte ricorrente deduce la mancanza di prova della circostanza che a causa dell’incidente verificatosi il 6 luglio 2000, la consegna dell’imbarcazione subì un ritardo di 25 gg. imputabile alla Azimut, nè risulta provato che, dopo la messa in acqua definitiva, Azimut Benetti provocò nuovi danni alla verniciatura e ad altre parti accessorie dell’imbarcazione, e che Azimut si impegnò a eliminare al ritorno dalla crociera. Si richiamàno, sul punto, le prove testimoniali che dimostrerebbero il contrario e si evidenzia comunque che la controparte non avrebbe provato di aver subito un danno economico, non avendo prodotto fatture di spesa per il noleggio di imbarcazioni sostitutive, nè contratti di affitto con ospiti, nè avendo indicato prove al riguardo. Il danno da fermo tecnico rappresentato non sarebbe risarcibile in via automatica, dovendosi invece fornire prova precisa e puntuale in merito al pregiudizio subito;

che inammissibile, per difetto di autosufficienza, risulta la doglianza in relazione alle prove testimoniali acquisite agli atti del giudizio, risultando non conformi alla giurisprudenza di legittimità i sintetici richiami contenuti nel ricorso con riferimento al tenore delle affermazioni dei testimoni che dovrebbero indurre a una diversa valutazione delle risultanze istruttorie, impedendo così a questo Corte di esercitare il suo sindacato sulla congruenza della motivazione;

che risulta fondato il motivo riguardante la violazione di legge sul danno da “fermo tecnico”;

che secondo il più recente orientamento della giurisprudenza di legittimità, il danno da “fermo tecnico” del veicolo incidentato non è risarcibile in via equitativa – cui è possibile ricorrere solo ove sia certa l’esistenza dell’an – ove la parte non abbia provato di aver sostenuto di oneri e spese per procurarsi un veicolo sostitutivo, nè abbia fornito elementi (quali i costi assicurativi o la tassa di circolazione, sempre che la durata della riparazione non sia stata particolarmente breve, tale da rendere irrilevante l’entità di detti costi) idonei a determinare la misura del pregiudizio subito (Cass. 26 settembre 2016, n. 18773; Cass. 14 ottobre 2015, n. 20620; Cass. 17 luglio 2015, n. 15089; Cass. 19 aprile 2013, n. 9626);

che il danno da “fermo tecnico” non può considerarsi in re ipsa, quale conseguenza automatica del sinistro e della indisponibilità del veicolo, ma deve, invece, essere allegato e dimostrato in ragione della effettiva perdita patita dal danneggiato, in consonanza con la norma di cui all’art. 1223 c.c. (richiamata dall’art. 2056 c.c.);

che, nel caso di specie, la corte d’appello ha liquidato il danno in via equitativa in assenza di prova specifica in ordine al medesimo, sulla base della sola circostanza che il danneggiato era stato privato dell’uso del bene per un certo tempo, avendo riguardo al notevole valore dell’imbarcazione e alle spese consistenti gravanti sulla proprietà, non risultando tali considerazioni conformi ai principi di diritto richiamati in tema di danno da “fermo tecnico” di un veicolo e applicabili nel caso di specie relativo al fermo di una imbarcazione;

che la sentenza va pertanto cassata con riferimento al motivo accolto e va rinviata alla Corte d’appello di Firenze in diversa composizione, cui si demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

PQM

 

La Corte dichiara inammissibile il ricorso principale e accoglie il ricorso incidentale; cassa la sentenza in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte d’appello di Firenze in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 22 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 22 settembre 2017

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