Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22201 del 14/10/2020

Cassazione civile sez. I, 14/10/2020, (ud. 09/09/2020, dep. 14/10/2020), n.22201

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13344/2019 proposto da:

O.E., domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso la

Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso

dall’avvocato Novellini Paolo, giusta procura speciale allegata al

ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di BRESCIA, depositata il

07/01/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

09/09/2020 dal Consigliere Dott. Paola Vella.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Il Tribunale di Brescia ha respinto la domanda di riconoscimento della protezione internazionale o, in subordine, umanitaria, proposta dal cittadino nigeriano O.E., nato a (OMISSIS), il quale aveva riferito: di essere orfano di madre alla nascita, celibe e senza prole; di aver frequentato sei anni di scuola elementare e poi lavorato come addetto alle pulizie in un supermercato; di aver lasciato la Nigeria nel (OMISSIS) a seguito dell’omicidio del padre (ricco imprenditore), il cui mandante era stato lo zio (agricoltore), per questioni ereditarie; di aver denunciato il fatto alla polizia, all’esito delle cui indagini uno dei tre sicari aveva confessato ed era stato arrestato, mentre lo zio era fuggito come gli altri due, che però “lo stavano cercando per portare a termine il loro compito”, essendo egli l’unico erede del padre; di essersi recato dapprima in Libia e poi in Italia; di temere in caso di rientro di essere ucciso dai killer responsabili dell’omicidio del padre.

2. Il ricorrente ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi. Il Ministero intimato si è costituito solo ai fini dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione ex art. 370 c.p.c., comma 1, senza svolgere difese.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

3. Il ricorrente propone in via preliminare “istanza di rimessione in termini”, per aver notificato a mezzo pec il ricorso per cassazione solo in data 15/04/2019, avverso il decreto notificato in data 07/01/2019 al legale che lo aveva assistito, di cui non aveva avuto tempestiva notizia a causa del suo trasferimento di domicilio (per ricongiungimento familiare con la compagna e la figlia, ospiti presso un centro di accoglienza) ed il “cambio di avvocato”; contestualmente segnala “l’errore materiale” del decreto impugnato, emesso a carico del sig. O.E. in luogo di O.E., che ne determinerebbe la nullità “quantomeno in ordine alla notifica”.

4. L’istanza di rimessione in termini non è meritevole di accoglimento, in quanto le circostanze addotte a giustificazione del consistente ritardo con cui è stato proposto ricorso per Cassazione, oltre a non integrare ex sè un errore scusabile, non sono suffragate da qualsivoglia riscontro (cfr. ex plurimis Cass. 8641/2019, 18361/2018, 21674/2017).

4.1. Anche con riguardo al segnalato “errore materiale” del nome del ricorrente contenuto nel decreto impugnato, esso non appare idoneo a giustificare una riapertura dei termini dell’impugnazione, in quanto inidoneo a determinare un obbiettivo dubbio sulla identificazione dei soggetti del rapporto processuale e sull’effettiva riferibilità della decisione (v. Cass. 6969/2006, che ha escluso il prolungamento del termine decadenziale per l’impugnazione nel caso di erronea indicazione del nome di battesimo di una delle parti, trattandosi di errore inidoneo a far dubitare sull’effettiva identificazione della parte interessata; conf., sempre in tema di decorrenza del termine per l’impugnazione dei provvedimenti assoggettati alla procedura di correzione ex art. 288 c.p.c., u.c., Cass. 11429/1996, in un caso in cui, nel dispositivo della sentenza, era stata omessa l’indicazione del nome di una delle parti; conf. Cass. 7486/1998, con riguardo ad un dato mancante nell’intestazione; cfr. Cass. 22658/2004, 19668/2009, 22185/2014, 8863/2018).

5. Tale rilievo risulta assorbente sulle ragioni di inammissibilità dei tre motivi di ricorso proposti (I. violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3, 5 e 7, nonchè del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 27, comma 1-bis; II. Contraddittorietà della motivazione; III. violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) e D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8).

6. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso non segue la condanna alle spese, in assenza di difese della parte intimata.

6.1. Al riguardo basti considerare che “nel giudizio di cassazione è inammissibile una “memoria di costituzione” depositata dalla parte intimata dopo la scadenza del termine di cui all’art. 370 c.p.c. e non notificata al ricorrente (così da non potersi qualificare come controricorso, seppur tardivo), atteso che non è sufficiente il mero deposito perchè l’atto possa svolgere la sua funzione di strumento di attivazione del contraddittorio rispetto alla parte ricorrente, la quale, solo avendone acquisito legale conoscenza, è in condizioni di presentare le sue osservazioni nelle forme previste dall’art. 378 c.p.c.” (Cass. Sez. U, 10019/2019).

7. Sussistono i presupposti processuali per il cd. raddoppio del contributo unificato ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater (cfr. Cass. Sez. U, 23535/2019, 4315/2020).

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 9 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 14 ottobre 2020

 

 

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