Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22200 del 22/09/2017


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Cassazione civile, sez. II, 22/09/2017, (ud. 22/06/2017, dep.22/09/2017),  n. 22200

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – rel. Consigliere –

Dott. GRASSO Gianluca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24909/2012 proposto da:

CONDOMINIO (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CONCA

D’ORO 184/190, presso lo studio dell’avvocato MAURIZIO DISCEPOLO,

che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato VIVIANA

VALLETTA giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

A.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA BENACO 5/7,

presso lo studio dell’avvocato MARIA CHIARA MORABITO, rappresentato

e difeso dall’avvocato PAOLO PARISELLA giusta procura a margine del

controricorso;

– controricorrente –

e contro

TELECOM ITALIA SPA (OMISSIS), VODAFONE OMNITEL NV;

– intimati –

avverso il provvedimento del TRIBUNALE di MACERATA, depositata il

09/07/2012;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

22/06/2017 dal Consigliere Dott. MAURO CRISCUOLO.

Fatto

RAGIONI IN FATTO ED IN DIRITTO

1. L’odierno ricorrente promuoveva un accertamento tecnico preventivo nei confronti delle società intimate, e nel giudizio conseguente veniva nominato quale CTU l’ing. A.M.. Il Tribunale di Macerata con Decreto 10 febbraio 2012, liquidava il compenso in favore dell’ausiliario, determinandolo nella somma di Euro 7.381,40, facendo applicazione del criterio di cui al D.M. 30 maggio 2002, art. 11.

Avverso tale provvedimento ha proposto opposizione il condominio ed il Tribunale di Macerata con Decreto 9 luglio 2012 l’ha rigettata, condannando l’opponente anche al rimborso delle spese in favore del consulente resistente.

Quanto al criterio da seguire per la liquidazione del compenso, rilevava che il criterio delle vacazioni riveste carattere assolutamente residuale, e non concorre con quello degli onorari determinati in misura fissa ovvero variabile, salvo che si possa ravvisare la presenza di prestazioni plurime, ma connotate da autonomia, per le quali è possibile procedere ad autonome determinazioni dei compensi.

A tal fine, e ritenuta l’applicabilità del menzionato art. 11, attesa l’ampiezza dell’incarico assegnato, che prevedeva indagini di carattere statico e sismico, urbanistico ed edilizio dell’immobile condominiale, riteneva che non poteva tenersi conto esclusivamente delle indicazioni fornite dalla parte (e ciò soprattutto laddove si verta in materia di ATP, ove il valore della domanda non è correlato a quello che eventualmente verrà richiesto in sede di merito, ma alla tutela tipica che si richiede in ogni forma di istruzione preventiva).

La base di calcolo del compenso deve quindi essere individuata nel valore oggettivo della causa, alla luce di quanto emerge dalla stessa consulenza tecnica.

Per l’effetto, attesa la necessità per l’ausiliario di compiere una approfondita descrizione dell’immobile e delle opere poste in essere dalle controparti, attesa la complessità dell’incarico conferito, chiamato a valutare anche la legittimità e la pericolosità degli interventi delle società telefoniche, doveva reputarsi corretta la liquidazione del compenso dell’ausiliario in base all’art. 11 citato, e facendo ricorso al valore dei manufatti quale emergente dalla stessa perizia d’ufficio.

Per la cassazione di tale ordinanza ricorre il Condominio (OMISSIS) sulla base di un motivo.

A.M. ha resistito con controricorso.

2. Preliminarmente rileva la Corte che il ricorso, sebbene relativo all’impugnazione di un’ordinanza emessa in sede di opposizione avverso un decreto di liquidazione, per il quale si impone il litisconsorzio necessario tra tutte le parti del giudizio nel quale è stata espletata l’attività del consulente tecnico d’ufficio, non risulta essere stato validamente notificato nei confronti di tutti i soggetti che hanno preso parte al precedente giudizio di merito, non essendo stato infatti indirizzato personalmente alle società intimate, non potendo a tal fine reputarsi valida la notifica al difensore costituito nel procedimento di ATP, attesa la loro mancata costituzione nel giudizio di opposizione, che ne imponeva quindi la notifica personalmente.

E’ bensì vero che nella specie si versa in un caso di litisconsorzio necessario, anche nel grado di impugnazione, per cui sarebbe indispensabile l’impugnazione della sentenza nei confronti di tutte le parti; con la conseguenza che dovrebbe disporsi, la rinnovazione della notifica nei confronti dei litisconsorti necessari, a cui il ricorso non è stato in precedenza validamente notificato.

Senonchè, occorre ribadire che il rispetto del diritto fondamentale ad una ragionevole durata del processo (derivante dall’art. 111 Cost., comma 2 e dagli artt. 6 e 13 della Convenzione europea dei diritti del l’uomo e delle libertà fondamentali) impone al giudice (ai sensi degli artt. 175 e 127 c.p.c.) di evitare e impedire comportamenti che siano di ostacolo ad una sollecita definizione dello stesso, tra i quali rientrano certamente quelli che si traducono in un inutile dispendio di attività processuali e formalità superflue perchè non giustificate dalla struttura dialettica del processo e, in particolare, dal rispetto effettivo del principio del contraddittorio, espresso dall’art. 101 c.p.c., da sostanziali garanzie di difesa (art. 24 Cost.) e dal diritto alla partecipazione al processo in condizioni di parità (art. 111 Cost., comma 2) dei soggetti nella cui sfera giuridica l’atto finale è destinato ad esplicare i suoi effetti (Cass. 17 giugno 2013 n. 15106; Cass. 8 febbraio 2010 n. 2723; Cass., Sez. Un., 3 novembre 2008, n. 26373; Cass., Sez. 3, 7 luglio 2009, n. 15895; Cass., Sez. 3, 19 agosto 2009, n. 18410; Cass., Sez. 3, 23 dicembre 2009, n. 27129).

In applicazione di detto principio, essendo il presente ricorso (per le ragioni che andranno ad esporsi nel prosieguo) prima, facie infondato, appare superflua la fissazione di un termine per la rinnovazione della notifica nei confronti delle altre parti, atteso che la concessione di esso si tradurrebbe, oltre che in un aggravio di spese, in un allungamento dei termini per la definizione del giudizio di cassazione senza comportare alcun beneficio per la garanzia dell’effettività dei diritti processuali delle parti.

3. Con un unico motivo di ricorso si denunzia la violazione e falsa applicazione degli artt. 10,112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, nonchè la violazione e falsa applicazione del D.M. 30 maggio 2002, artt. 1, 11 e 12 e del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 52, comma 2.

In primo luogo si evidenzia che ai sensi dell’art. 1 del menzionato D.M., al fine di stabilire il valore della controversia sulla scorta del quale poi determinare il compenso a percentuale dell’ausiliario, occorre avere riguardo a quello della controversia desunto dagli atti del giudizio e determinato ai sensi dell’art. 10 c.p.c..

Laddove poi il valore non sia precostituito al momento della domanda, il valore deve reputarsi indeterminato e quindi occorre fare ricorso, anzichè al criterio del compenso liquidato in percentuale, al criterio residuale delle vacazioni.

Nel caso di specie il valore indeterminato della controversia indicato nel ricorso introduttivo non era stato contestato da alcuna delle altre parti, sicchè risulta erronea la decisione del giudice di merito di far ricorso all’indicazione di valore proveniente dal CTU, atteso che anche che non vi era alcuna richiesta di procedere ad una quantificazione del valore delle opere.

Si aggiunge poi che l’elaborato peritale non era stato depositato nei termini originariamente assegnati, e che il decreto opposto non ha in alcun modo offerto risposta alla deduzione del condominio che appunto sollecitava l’applicazione della riduzione di un terzo dell’onorario ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 52,comma 2.

Per l’effetto i compensi andavano liquidati secondo il criterio delle vacazioni, e quindi, tenuto conto del tempo concesso per il deposito della relazione, ed anche a voler accordare la maggiorazione del 50%, occorrendo ridurre il dovuto nella misura di un terzo per il ritardo, il compenso liquidabile ammonta ad Euro 1.310,53.

3.1 Il motivo è infondato.

Ed, invero, quanto all’indicazione del valore della controversia effettuato dal ricorrente, ed anche a voler sorvolare circa il difetto di specificità del motivo nella parte in cui, in violazione di quanto previsto dall’art. 366 c.p.c., n. 6, omette di riprodurre il contenuto della dichiarazione di valore che a dire dello stesso, dovrebbe vincolare il giudice a ritenere la causa di valore indeterminabile (ai fini quindi della conseguente applicazione del criterio delle vacazioni), va osservato che la dichiarazione alla quale la parte fa riferimento è evidentemente quella riferita alla commisurazione del contributo unificato, e ciò proprio alla luce del fatto che il ricorso era relativo ad una procedura di accertamento tecnico preventivo, la cui finalità è quella di preservare la prova in vista di un’instauranda controversia di merito.

Trattasi peraltro di dichiarazione che, alla luce del costante orientamento di questa Corte, ha finalità esclusivamente fiscale, sicchè non spiega alcun effetto sulla determinazione del valore della controversia ai fini della individuazione del giudice competente (cfr. da ultimo Cass. n. 18732/2015; Cass. n. 26988/2007) essendosi chiarito che (cfr. Cass. n. 15714/2007) la circostanza che del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 14, comma 2, esclude la rilevanza degli interessi per la individuazione del valore ai fini del contributo unificato, mentre essi sono considerati dall’art. 10 c.p.c., comma 2, rilevanti ai fini dell’individuazione del valore della domanda, ed il fatto che la dichiarazione della parte in funzione della determinazione del contributo unificato è indirizzata al funzionario di cancelleria, cui compete il relativo controllo, escludono decisamente ogni possibile partecipazione di tale dichiarazione di valore alle conclusioni della citazione, cui allude il n. 4 dell’art. 163 e, quindi, la possibilità di considerare la dichiarazione come parte della “domanda”, nel senso cui vi allude dell’art. 10 citato, comma 1, quando dice che “il valore della causa, ai fini della competenza, si determina dalla domanda a norma delle disposizioni seguenti” e fra queste dell’art. 14 c.p.c. (principio affermato anche in relazione al regime di cui alla L. n. 488 del 1999, art. 9, applicabile alla fattispecie in esame).

3.2 Una volta esclusa la vincolatività della dichiarazione resa sul punto dal ricorrente, ma anche a voler diversamente opinare, vale richiamare la altrettanto costante giurisprudenza di questa Corte, secondo cui (cfr. Cass. n. 3687/1998) il criterio di determinazione degli onorari del consulente tecnico con riferimento al valore della controversia può ritenersi inapplicabile, e si rende quindi necessario la commisurazione degli stessi al tempo necessario per lo svolgimento dell’incarico (art. 1 delle tabelle ex D.P.R. 17 luglio 1988, n. 352, ora sostituito dal D.M. 30 maggio 2002), solo in caso di controversia di valore indeterminabile secondo i criteri al riguardo utilizzabili in materia di competenza (art. 9 c.p.c.), e quindi la determinazione dei compensi a percentuale è applicabile anche in caso di mancata specificazione del “quantum” nell’atto introduttivo del giudizio, quando lo stesso sia determinabile, ed eventualmente proprio a ciò tenda la consulenza tecnica ammessa dal giudice (conf. Cass. n. 10443/1998).

In tal senso più di recente si è affermato che (Cass. n. 3024/2011) anche la causa di divisione di un patrimonio immobiliare non può mai essere definita di valore “indeterminabile”, nemmeno allorchè l’attore non abbia indicato la consistenza del patrimonio nell’atto di citazione, posto che di “valore indeterminabile” sono soltanto le cause aventi ad oggetto beni insuscettibili di valutazione economica. Ne consegue che, in tale ipotesi, il compenso dovuto al consulente tecnico d’ufficio chiamato alla stima dei beni da dividere non può essere liquidato col criterio delle vacazioni, applicabile nel caso di causa di valore indeterminabile, ma col criterio a scaglioni, di cui al D.M. 30 maggio 2002, art. 3, che va applicato dal giudice in base al valore risultante dagli atti e, se del caso, dalla stessa consulenza d’ufficio, e ciò in quanto (cfr. Cass. n. 15645/2013), e proprio in relazione all’art. 11 in esame, la mancanza di certezza sul valore dell’immobile non giustifica di per sè il ricorso al criterio delle vacazioni, che ha carattere solo residuale, dovendo il giudice in tale ipotesi verificare se la valutazione sia possibile sulla base di quanto risulta dagli atti, potendo anche basarsi sui valori indicati dal consulente nella propria richiesta, se ritenuti congrui.

Alla luce di tali indicazioni, alle quali il Collegio intende assicurare continuità, si palesa l’infondatezza della doglianza di parte ricorrente laddove invoca l’applicazione del criterio delle vacazioni, non apparendo in alcun modo idonea ad incidere sulla correttezza della decisione gravata, la circostanza che la consulenza sia stata redatta nell’ambito di una procedura di accertamento tecnico preventivo.

A tal fine, questa Corte ha già avuto modo di affermare che (Cass. n. 3509/1999) il compenso al c.t.u. incaricato in un procedimento di accertamento tecnico preventivo può esser calcolato a percentuale, e quindi non necessariamente a tempo o con onorario da un minimo ad un massimo, pur in mancanza di domanda su cui individuare il valore della controversia, perchè il giudice può ritenere congruo quello indicato dal c.t.u. nella sua richiesta di liquidazione (nella specie la Cassazione ha ritenuto legittima la determinazione dell’onorario ai sensi del D.P.R. 27 luglio 1988, n. 352, art. 11, anzichè art. 1, seconda parte, ovvero art. 12 stesso D.P.R., ad un ingegnere, nominato in un procedimento di istruzione preventiva per accertare vizi e difetti di costruzione di un edificio e l’adeguatezza degli impianti su di esso alle relative norme per il funzionamento, malgrado l’assenza di domanda di accertamento dei costi per eliminarli ovvero di incidenza di essi sul valore dell’immobile).

3.3 Quanto infine alla dedotta assenza di risposta da parte del giudice di merito alla doglianza concernente il ritardo nel deposito della CTU da parte dell’ausiliario, ancorchè, in assenza di un riferimento a tale motivo di opposizione nel provvedimento impugnato, il ricorso avrebbe dovuto specificamente indicare quando e con quali modalità fosse stata effettivamente proposto in sede di opposizione, tuttavia la doglianza non può trovare accoglimento.

Giova a tal fine rilevare che, anche se la questione non risulta espressamente affrontata dal provvedimento opposto, come si rileva dallo stesso elaborato peritale, peraltro allegato al fascicolo di parte ricorrente, emerge che al CTU erano state concesse varie proroghe, e che pertanto il deposito della CTU era slittato, anche al fine di consentire ai difensori delle parti di poter formulare eventuali osservazioni, al 28 gennaio 2012 (cfr. all. 16 alla CTU), essendo pertanto depositata in data 27 gennaio 2012.

Ne deriva che correttamente non si è provveduto alla riduzione del compenso per la suddetta causale.

4. Il ricorso deve essere rigettato e le spese seguono la soccombenza liquidate come da dispositivo, mentre nulla deve essere disposto nei confronti delle parti intimate che non hanno svolto attività difensiva in questa fase.

PQM

 

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese di lite in favore del controricorrente che liquida in complessivi Euro 1.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali, pari al 15% sui compensi, ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 22 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 22 settembre 2017

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