Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2220 del 30/01/2020

Cassazione civile sez. VI, 30/01/2020, (ud. 26/09/2019, dep. 30/01/2020), n.2220

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28520-2018 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE 06363391001, in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

IL SORPASSO SRL UNIPERSONALE IN LIQUIDAZIONE;

– intimata –

avverso la sentenza n. 185/2/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della LIGURIA, depositata il 27/02/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 26/09/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO

FRANCESCO ESPOSITO.

Fatto

RILEVATO

che:

Con sentenza in data 27 febbraio 2018 la Commissione tributaria regionale della Liguria, in accoglimento dell’appello proposto da II Sorpasso s.r.l., unipersonale in liquidazione, avverso la decisione della Commissione tributaria provinciale di Genova, annullava l’avviso di accertamento con il quale, ai fini IRES, IRAP e IVA, era stato rideterminato il reddito della società contribuente in relazione all’anno di imposta 2008.

Riteneva la CTR che, nella fattispecie, relativa ad accertamento c.d. “a tavolino”, sussistesse l’obbligo di attivare il contraddittorio endoprocedimentale, avendo la contribuente “dato evidenza delle ragioni che avrebbe potuto far valere nel pieno esercizio del suo diritto di difesa”.

Avverso la suddetta sentenza, con atto del 26 settembre 2018, l’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi.

La società contribuente non ha svolto difese.

Sulla proposta del relatore ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., risulta regolarmente costituito il contraddittorio camerale.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Con il primo motivo l’Agenzia delle entrate denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42 nonchè dei principi generali in materia di accertamento; degli artt. 41 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea e la L. n. 212 del 2000, art. 12.

Con il secondo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 41 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea e dell’art. 2697 c.c.

Con i due motivi, esaminabili congiuntamente, la ricorrente lamenta l’errata applicazione dei principi di diritto in materia di contraddittorio endoprocedimentale nell’accertamento dei tributi.

Le censure sono fondate.

Le Sezioni Unite di questa Corte, con sentenza 9 dicembre 2015, n. 24823, hanno chiarito che l’ambito di applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, è circoscritto ai soli accertamenti conseguenti ad accessi, ispezioni e verifiche fiscali nei locali del contribuente, non essendo espressione di un principio generale dell’ordinamento tributario e non trovando quindi applicazione al di fuori delle ipotesi esplicitamente previste. Ciò comporta che l’Ufficio, al di fuori di tali ipotesi, “può emettere l’avviso di accertamento anche in assenza di un processo verbale che attesti la chiusura dell’attività istruttoria, in difetto di norme che impongano un obbligo di verbalizzazione e laddove sia prevista una fase necessaria di contraddittorio procedimentale, che garantisce pienamente la partecipazione e l’interlocuzione del contribuente prima dell’emissione dell’accertamento” (cfr. anche, tra le molte, Cass. sez. 6-5, ord. 26 maggio 2016, n. 10904; Cass. sez. 6-5, ord. 20 aprile 2016, n. 8000; Cass. sez. sez. 6-5, ord. 15 aprile 2016, n. 7600; Cass. sez. 6-5, ord. 14 ottobre 2016, n. 20849).

Le stesse Sezioni Unite hanno posto poi la basilare distinzione, riguardo al tema del contraddittorio endoprocedimentale, a seconda che si tratti o meno di tributi armonizzati, questi ultimi soggetti al diritto dell’Unione Europea, chiarendo che “in tema di tributi c.d. non armonizzati, l’obbligo dell’Amministrazione di attivare il contraddittorio endoprocedimentale, pena l’invalidità dell’atto, sussiste esclusivamente in relazione alle ipotesi per le quali siffatto obbligo risulti specificamente sancito; mentre in tema di tributi cd. armonizzati, avendo luogo la diretta applicazione del diritto dell’Unione, la violazione del contraddittorio endoprocedimentale da parte dell’Amministrazione comporta in ogni caso, anche in campo tributario, l’invalidità dell’atto, purchè, in giudizio, il contribuente assolva l’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere, qualora il contraddittorio fosse stato tempestivamente attivato, e che l’opposizione di dette ragioni (valutate con riferimento al momento del mancato contraddittorio), si riveli non puramente pretestuosa e tale da configurare, in relazione al canone generale di correttezza e buona fede ed al principio di lealtà processuale, sviamento dello strumento difensivo rispetto alla finalità di corretta tutela dell’interesse sostanziale, per le quali è stato predisposto” (nella successiva giurisprudenza conforme si vedano, tra le altre, Cass. sez. 5, 3 febbraio 2017, n. 2875; Cass. sez. 6-5, ord. 20 aprile 2017, n. 10030; Cass. sez. 6-5, ord. 5 settembre 2017, n. 20799; Cass. sez. 6-5, ord. 11 settembre 2017, n. 21071; Cass. sez. 6-5, ord. 14 novembre 2017, n. 26943).

Nel caso di specie, è pacifico che si sia trattato di accertamento c.d. “a tavolino”, espletato autonomamente dall’Amministrazione finanziaria nei propri uffici, per il quale non sussiste l’obbligo di attivare il contraddittorio endoprocedimentale.

Per quanto concerne l’IVA, l’espressione utilizzata dalla CTR – secondo cui il contribuente ha “dato evidenza delle

ragioni che avrebbe potuto far valere nel pieno esercizio del suo diritto di difesa” appare generica e non idonea a dare contezza anche della prospettazione di un esito diverso del procedimento qualora il contraddittorio fosse stato tempestivamente attivato, sicchè va demandato al giudice del rinvio ogni valutazione in merito.

Il terzo motivo – con il quale si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullità della sentenza impugnata per motivazione radicalmente carente o meramente apparente, in violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36 – è infondato, in quanto le argomentazioni svolte nella sentenza impugnata – come sopra riassunte – si palesano idonee a rendere percepibile il ragionamento seguito dalla CTR per la formazione del proprio convincimento (cfr. Cass. n. 2876 del 2017; v. anche Cass., Sez. U., n. 16599 e n. 22232 del 2016 e n. 7667 del 2017).

In conclusione, devono essere accolti il primo ed il secondo motivo di ricorso, rigettato il terzo. La sentenza impugnata va dunque cassata in relazione ai motivi accolti, con rinvio alla Commissione tributaria regionale della Liguria, in diversa composizione, la quale provvederà anche in ordine alle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

Accoglie il primo e il secondo motivo di ricorso, rigetta il terzo; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Liguria, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 26 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 30 gennaio 2020

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