Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 222 del 09/01/2014


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 222 Anno 2014
Presidente: CAPPABIANCA AURELIO
Relatore: CRUCITTI ROBERTA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE,

in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via dei
Portoghesi n.12 presso gli Uffici dell’Avvocatura
Generale dello Stato che la rappresenta e difende.
-ricorrente-

2ocì
contro
BONAIUTO GIUSEPPE
-intimato-

avverso
Tributaria

la

sentenza n.44/1/07
Regionale

del

della Commissione

Molise,

depositata

il

12.5.2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica

Data pubblicazione: 09/01/2014

udienza

del

30.10.2013

dal

Consigliere

Roberta

Crucitti;
udito per la ricorrente l’Avv.Maria Pia Camassa;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott.Sergio Del Core che ha concluso per

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L’Agenzia delle Entrate ricorre, affidandosi ad unico
motivo, avverso la sentenza n.44/1/2007, depositata il
12.5.2008, con la quale la Commissione Tributaria del
Molise aveva confermato, rigettando l’appello proposto
dall’Amministrazione Finanziaria, la decisione di primo
grado che aveva accolto il ricorso proposto da Bonaiuto
Giuseppe avverso l’avviso di accertamento ex art.41 bis
d.p.r. n.600/1973.
Con l’atto impositivo l’Ufficio aveva accertato,
ai fini I.r.p.e.f. e S.S.N. per l’anno di imposta 1991,
un maggior reddito da partecipazione alla COSEP s.n.c.,
emerso dall’adesione alla proposta di accertamento,
operata dalla società ai sensi dell’art.3 della legge
n.564/1994, alla quale il socio non aveva aderito.
I Giudici di appello motivavano la decisione
rilevando che:
-il metodo di accertamento operato dall’Ufficio era
irrituale e non indicativo della capacità contributiva

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l’accoglimento del ricorso.

del socio, avendo potuto la società produrre un reddito
negativo e non essendo posto a carico dei soci
l’obbligo di formulare istanze di adesione personali a
seguito dell’adesione della società;
-la legge

n.149

del

1997

Giuseppe

non

non era

applicabile

Bonaiuto

ha

svolto

attività

difensiva.
MOTIVI DELLA DECISIONE

1.Con l’unico motivo -rubricato violazione e falsa
applicazione dell’art.5 bis del TUIR n.917/86,
dell’art.9 bis coma 18 del d.l. n.79/97, convertito
con modifiche dalla legge n.140/97, degli artt.41 bis,
42 e 43 del d.l. n.4600/1973-

l’Agenzia dell’Entrate,

premesso di avere proceduto all’accertamento ai sensi
dell’art.41 bis d.p.r.n.600/73 (avendo ricevuto la
segnalazione dell’adesione alla proposta di
accertamento da parte della società partecipata dal
ricorrente il quale non aveva definito il reddito da
partecipazione ai sensi dell’art.3 della legge
n.564/94) ribadiva la ritualità del proprio operato ai
sensi dell’art.9 bis del d.l. n.140/97.
Secondo la prospettazione difensiva, infatti,
detta norma, pur non avendo efficacia retroattiva, si
applicava anche all’ipotesi, di cui al caso in esame,

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retroattivamente.

in cui la società aveva definito i redditi sociali
anteriormente al 15.12.1995

i

secondo l’interpretazione

che alle norme di riferimento avevano dato sia la Corte
Costituzionale che questo Giudice di legittimità e
dalla quale si era, erroneamente, discostata la

1.1. Appare preliminare, con riferimento alla questione
del litisconsorzio necessario tra soci e società di
persone, ribadire l’orientamento giurisprudenziale
secondo il quale, “in tema di imposte sui redditi, una
volta divenuto incontestabile il reddito della società
di persone a seguito della definizione agevolata di cui
al D.L. 28 marzo 1997, n. 79, art. 9 bis, convertito,
con modificazioni, nella L. 28 maggio 1997, n. 140, nel
giudizio di impugnazione promosso dal socio avverso
l’avviso di rettifica del reddito da partecipazione non
è configurabile un litisconsorzio necessario con la
società e gli altri soci” (Cass. n. 2827/2010). Invero,
l’esigenza di unitarietà dell’accertamento -che
identifica la ratio del litisconsorzio necessario anche
nella peculiare ottica rilevante in materia (Sezioni
Unite n.14815/2008), ove la inscindibilità è
determinata dall’oggetto del ricorso nello specifico
nesso tra atto impositivo e contestazione del
contribuente- viene meno con l’intervenuta definizione

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Commissione Tributaria molisana.

da parte della società,

costituente titolo per

l’accertamento nei confronti delle persone fisiche, ai
sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 41
bis. Sicché, non controvertendosi della qualità di
socio, ovvero della quota partecipativa a ciascuno

definizione agevolata da parte della società su
ciascuno dei soci, ognuno di questi può opporre, a una
definizione che costituisce titolo per l’accertamento
nei suoi confronti, soltanto ragioni di impugnativa
specifiche e quindi di carattere personale (Cass.
14926/2011 e da recente Cass.n.2923/2013).
2. Questa Corte ha già statuito che il principio
sancito dal D.L. 28 marzo 1997 n. 79, art. 9 bis, comma
8, conv. in L. 28 maggio 1997 n. 140, secondo cui
l’intervenuta definizione del reddito da parte delle
società di persone costituisce titolo per
l’accertamento, ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973,
n. 600, art. 41 bis, nei confronti delle persone
fisiche che non hanno definito i redditi prodotti in
forma associata, deve ritenersi applicabile anche in
relazione ai periodi d’imposta anteriori all’entrata in
vigore della predetta legge n. 140 del 1997 (Cass. n.
14418/2005, Cass. 26476/2008, Cass.14926/2011; Cass.
n. 2923 del 2013) e al relativo principio di diritto va

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spettante, ma, unicamente, degli effetti della

data continuità.
Infatti, in forza del principio di trasparenza dettato
dall’art.5 T.U.I.R., il reddito della società di
persone (nonché delle associazioni professionali e
delle imprese familiari), enti che, pur dotati di

non possiedono una autonoma soggettività passiva
tributaria ai fini dell’IRPEF, è imputato
automaticamente e direttamente, in misura proporzionale
alla rispettiva quota di partecipazione agli utili, ai
soci, indipendentemente dalla effettiva percezione. Il
che equivale ad ammettere la sussistenza di una
presunzione legale di avvenuta percezione di tali utili
(Cass. nn. 2899/2002, 2699/2002), vincibile soltanto
mediante adeguata prova del contrario, il cui onere
grava sul contribuente socio.
La dichiarazione dei redditi presentata dalla
società di persone è dunque meramente strumentale
all’applicazione dell’imposta IRPEF a carico dei soci.
Va tuttavia rammentato che le società di persone e le
associazioni professionali hanno un’autonoma
soggettività tributaria ai fini IRAP (e, prima
dell’introduzione di detta imposta, ILOR), cosicché la
dichiarazione dei redditi redatta e presentata dalla
società ha la duplice funzione di strumento per la

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autonomia patrimoniale sotto il profilo civilistico,

determinazione del reddito attribuibile a ciascun
socio, ai fini IRPEF, e di strumento per la
determinazione dell’IRAP dovuta dalla società, in via
esclusiva, quale autonomo soggetto. Ove il socio di
società di persone non abbia dichiarato, per la parte

risultante dalla rettifica operata dall’Amministrazione
finanziaria a carico della società ai fini dell’ILOR o
dell’IRAP, detto socio è tenuto al pagamento del
supplemento di IRPEF dovuto ((Cass. S.U. 125/1993;
Cass. 2699/2002; Cass. 9461/2002).
Indipendentemente, allora, dal disposto del citato
art. 9 bis, che, con efficacia per gli accertamenti
successivi, stabilisce che l’intervenuta definizione
dell’accertamento con adesione da parte di società di
persone costituisce titolo per l’accertamento nei
confronti delle persone fisiche che non hanno definito
i redditi prodotti in forma associata, deve ritenersi
che al socio è attribuita per la medesima annualità la
quota parte dell’imponibile risultante dall’imposta
versata dalla società per la definizione della lite
fiscale, costituendo, l’imputazione detta, un riflesso
della corretta applicazione del principio di
trasparenza di cui all’art. 5 del T.U.I.R..
Di modo che, in definitiva, nel D.L. n.79 del 1997,

7

di sua spettanza, il reddito societario nella misura

art. 9 bis, convertito nella legge n.140 del 1997,
norma di carattere non innovativo, altro non si trova
che una ricezione del suddetto preesistente
orientamento giurisprudenziale applicabile anche agli
accertamenti anteriori. (così Cass.n.2923/2013 cit.)

principi in precedenza enunciati, onde va cassata.
Non essendo necessari ulteriori accertamenti in
fatto (non risultando dagli atti che il socio abbia
contestato la presunzione di percezione degli utili né
la loro concreta determinazione), la controversia può
essere decisa nel merito con il rigetto del ricorso
introduttivo del contribuente.
4.Attesa la particolare natura della controversie
e tutte le peculiarità della fattispecie le spese dei
gradi di merito vanno integralmente compensate tra le
parti.
In ossequio al principio della soccombenza le
i

spese di questo grado -nella misura liquidata in
dispositivo sulla base dei parametri di cui al
D.M.n.140/2012- vanno poste a carico dell’intimato.
P.Q.M.

La Corte, in accoglimento del ricorso, cassa la
sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il
ricorso introduttivo proposto dal contribuente.

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3.La sentenza impugnata non si è uniformata ai

;ESENTE DA l3.I7TRAZIONE
AI SENSI DEL
19%
N. 131 “R15. AUL.
MATERIA:TRIBUTARIA

Compensa integralmente tra le parti le spese dei gradi
di merito.
Condanna l’intimato al pagamento in favore dell’Agenzia

delle Entrate delle spese del grado di legittimità
liquidate in complessivi euro 1.100 oltre spese

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del
30.10.2013.

prenotate a debito.

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