Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22195 del 26/10/2011

Cassazione civile sez. trib., 26/10/2011, (ud. 28/09/2011, dep. 26/10/2011), n.22195

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. D’ALONZO Michele – Consigliere –

Dott. BOGNANNI Salvatore – Consigliere –

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – rel. Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

EDILCHIVASSO S.N.C., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via. Crescenzio n. 91,

presso lo studio dell’avv. Lucisano Claudio, che la rappresenta e

difende;

– ricorrenti –

contro

COMUNE DI VEROLENGO, in persona del sindaco pro tempore;

– intimato –

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria

regionale del Piemonte, sez. 14, n. 36 del 3 ottobre 2006;

Letta la relazione scritta redatta dal consigliere relatore dott.

Aurelio Cappabianca;

constatata la regolarità delle comunicazioni di cui all’art. 380 bis

c.p.c., comma 3.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Premesso:

che la società contribuente propose ricorso avverso avvisi di accertamento i.c.i. per gli anni dal 1998 al 2002;

– che, costituitosi il Comune, l’adita Commissione tributaria respinse in ricorso, con decisione confermata, in esito all’appello della società contribuente, dalla commissione regionale;

– che, avverso la decisione di appello, la società contribuente ha proposto ricorso per cassazione, in sette motivi;

– che il Comune intimato non si è costituito;

osservato:

– che, atteso che si verte in tema di ricorso per cassazione avverso sentenza di appello pubblicata dopo l’1.3.2006 (e prima del 4.7.2009), prioritariamente rispetto ogni altra valutazione, deve considerarsi che i motivi di ricorso proposti dalla società contribuente sono inammissibili per violazione delle prescrizioni di cui all’art. 366 bis c.p.c.;

– che invero, ai sensi della disposizione indicata, il quesito inerente ad una censura in diritto – dovendo assolvere la funzione di integrare il punto di congiunzione tra la risoluzione del caso specifico e l’enunciazione del principio giuridico generale – non può essere meramente generico e teorico (come quelli prospettati dalla società ricorrente), ma deve essere calato nella fattispecie concreta, per mettere la Corte in grado poter comprendere dalla sua sola lettura, l’errore asseritamente compiuto dal giudice a quo e la regola applicabile (v. Cass. s.u. 3519/08); mentre, in ipotesi di deduzione di vizio motivazionale, la disposizione indicata, è violata quando il fatto controverso coinvolto dal motivo, in relazione al quale si assuma omessa, contraddittoria od insufficiente la motivazione, e le ragioni, per cui la motivazione medesima sia reputata inidonea a sorreggere la decisione, s’identifichino solo in esito alla completa lettura del motivo e non in base alla specifica sintesi offertane dal ricorrente, al fine dell’osservanza del requisito sancito dall’art. 366 bis, (v. Cass. 4311/08, 4309/08, 20603/07, 16002/07);

ritenuto:

– che il ricorso va, pertanto, respinto nelle forme di cui agli artt. 375 e 380 bis c.p.c.;

– che, stante l’assenza d’attività difensiva del Comune intimato, non vi è luogo a provvedere sulle spese.

P.Q.M.

la Corte: respinge il ricorso.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 28 settembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 26 ottobre 2011

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