Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22195 del 22/09/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 22/09/2017, (ud. 19/07/2017, dep.22/09/2017),  n. 22195

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –

Dott. ARIENZO Rosa – rel. Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16818/2014 proposto da:

MINISTERO DELL’ISTRUZIONE, UNIVERSITA’ E RICERCA – C.F. (OMISSIS), in

persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che

lo rappresenta e difende ope legis;

– ricorrenti –

contro

C.P., + ALTRI OMESSI

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 1409/2013 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 10/01/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 19/07/2017 dal Consigliere Dott. ROSA ARIENZO.

Fatto

RILEVATO

che la Corte di Appello di Torino ha respinto il gravame proposto dal MIUR avverso la decisione del Tribunale in sede che aveva dichiarato il diritto dei controricorrenti epigrafati – assistenti amministrativi alle dipendenze del MIUR in forza di numerosi contratti di lavoro a tempo determinato, succedutisi senza soluzione di continuità – alla progressione professionale retributiva riconosciuta ai lavoratori assunti a tempo indeterminato ed ha condannato il Ministero a corrispondere le relative differenze retributive, calcolate in ragione della complessiva anzianità di servizio maturata e determinate sulla base di conteggi prodotti dalla parte convenuta, oltre accessori come per legge;

che la Corte territoriale ha richiamato, a fondamento della pronuncia di accoglimento del gravame, il principio di non discriminazione sancito dalla clausola 4 dell’Accordo Quadro sul lavoro a tempo determinato, trasfuso nella Direttiva 99/70/CE del 28 giugno 1999 e recepito nel nostro ordinamento dal D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 6, evocando i principi espressi dalla CGUE ed escludendo la rilevanza della specialità del sistema del reclutamento scolastico per giustificare la diversità del trattamento economico riservato agli assunti a tempo determinato precisando altresì l’incidenza dell’obbligo di disapplicazione delle norme in contrasto con la clausola 4 dell’Accordo Quadro sul lavoro a t.d. trasfuso nella indicata Direttiva;

che di tale sentenza il MIUR chiede la cassazione sulla base di due motivi, ai quali hanno opposto difese tutti gli appellati con controricorso, ad eccezione della C.R.F., che non ha conferito alcuna procura speciale per il presente giudizio, non essendo stato proposto il ricorso anche nei suoi confronti;

che la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in Camera di consiglio.

Diritto

CONSIDERATO

1. che il Collegio ha deliberato di adottare una motivazione semplificata;

2.1. che viene denunziata violazione e falsa applicazione di norme, assumendosi che i rapporti di lavoro a tempo determinato del settore scolastico sono assoggettati ad una normativa speciale di settore, sicchè agli stessi non si applica la disciplina generale dettata dal D.Lgs. n. 368 del 2001 e che il principio di non discriminazione è correlato all’abuso del contratto a termine, che nella specie deve essere escluso in quanto il ricorso alla stipula di contratti a termine trova giustificazione in ragioni oggettive e non è maliziosamente finalizzato a consentire al datore di lavoro un risparmio di spesa;

che si sostiene che il lavoratore assunto a tempo determinato nel settore scolastico non è comparabile al docente di ruolo, perchè ogni singolo rapporto è distinto ed autonomo rispetto al precedente;

2.2. che, sull’applicabilità della L. n. 312 del 1980, art. 53, si evidenzia come alla luce degli interventi legislativi la lettura dei richiamati articoli della contrattazione collettiva doveva essere nel senso che l’art. 53 menzionato indicava la perdurante vigenza della disciplina specificamente dettata per gli insegnanti di religione, senza alcun riferimento al mantenimento del trattamento giuridico ed economico di una categoria di personale non più esistente, e cioè gli “incaricati” annuali con nomina del Provveditore;

3. che, con il secondo motivo, si assume la violazione di norme in relazione alla circostanza che il provvedimento rivesta la forma della sentenza redatta con motivazione contestuale sebbene il provvedimento della Corte aquilana dichiari l’inammissibilità del gravame;

4. che il Collegio ritiene inammissibile il ricorso, essendo lo stesso rivolto, nella parte riferita alle singole censure, ad una decisione della Corte di appello di L’Aquila e non della Corte di Torino;

4.1. che, peraltro, la sentenza impugnata è conforme al principio di diritto affermato da questa Corte con le sentenze nn. 22558 e 23868/2016, con le quali si è statuito che ” nel settore scolastico, la clausola 4 dell’Accordo quadro sul rapporto a tempo determinato recepito dalla direttiva n. 1999/70/CE, di diretta applicazione, impone di riconoscere la anzianità di servizio maturata al personale del comparto scuola assunto con contratti a termine, ai fini della attribuzione della medesima progressione stipendiale prevista per i dipendenti a tempo indeterminato dai c.c.n.l. succedutisi nel tempo, sicchè vanno disapplicate le disposizioni dei richiamati c.c.n.l. che, prescindendo dalla anzianità maturata, commisurano in ogni caso la retribuzione degli assunti a tempo detetniinato al trattamento economico iniziale previsto per i dipendenti a tempo indeterminato”; che a dette conclusioni la Corte è pervenuta valorizzando i principi affermati dalla Corte di Giustizia quanto alla interpretazione della clausola 4 dell’Accordo Quadro ed evidenziando che l’obbligo posto a carico degli Stati membri di assicurare al lavoratore a tempo determinato “condizioni di impiego” che non siano meno favorevoli rispetto a quelle riservate all’assunto a tempo indeterminato “comparabile”, sussiste a prescindere dalla legittimità del termine apposto al contratto;

che il motivo di ricorso non prospetta argomenti che possano indurre a disattendere detto orientamento, al quale va data continuità, poichè le ragioni indicate a fondamento del principio affermato, da intendersi qui richiamate ex art. 118 disp. att. c.p.c., sono integralmente condivise dal Collegio;

4.2. che inconferente deve ritenersi ogni deduzione relativa all’applicabilità della L. n. 312 del 1980, art. 53, non avendo la pronuncia impugnata in alcun modo fatto riferimento all’applicabilità alla fattispecie della norma menzionata;

5. che anche la seconda doglianza si riferisce ad una decisione che non rispecchia il decisum della Corte di appello di Torino;

6. che, pertanto, essendo da condividere la proposta del relatore, il ricorso va dichiarato inammissibile;

7. che la novità e la complessità delle questioni, diversamente risolte dalle Corti territoriali, giustificano la compensazione delle spese del giudizio di legittimità;

8. che non può trovare applicazione nei confronti delle Amministrazioni dello Stato il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, atteso che le stesse, mediante il meccanismo della prenotazione a debito, sono esentate dal pagamento delle imposte e tasse che gravano sul processo (cfr. Cass. 1778/2016).

PQM

 

dichiara inammissibile il ricorso e compensa le spese del giudizio di legittimità.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 19 luglio 2017.

Depositato in Cancelleria il 22 settembre 2017

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