Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22193 del 03/08/2021

Cassazione civile sez. VI, 03/08/2021, (ud. 16/02/2021, dep. 03/08/2021), n.22193

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – rel. Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14019-2019 proposto da:

C.S., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI

268-A, presso lo studio dell’avvocato FRATTARELLI PIERO,

rappresentata e difesa dall’avvocato TURCHETTA ATTILIO;

– ricorrente –

contro

P.M.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 7262/2018 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 14/11/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 16/02/2021 dal Consigliere Relatore Dott. TRICOMI

LAURA.

 

Fatto

RITENUTO

Che:

C.S. ricorre a questa Corte chiedendo la cassazione dell’impugnata sentenza con la quale la Corte d’Appello di Roma, accogliendo l’appello di P.M., ha riformato la decisione di accoglimento in prima istanza della domanda della medesima intesa a conseguire il pagamento della metà del valore omnicomprensivo delle opere eseguite durante il matrimonio sugli immobili di proprietà esclusiva del marito, con cui era coniugata in regime di comunione legale ed ora legalmente separata, ivi compresa la metà del prezzo dei materiali e della manodopera.

Il giudice distrettuale, richiamata la giurisprudenza di questa Corte successiva all’arresto delle Sezioni Unite con la sentenza n. 651/1996, ha accolto il gravame sull’assunto che il principio generale dell’accessione posto dall’art. 934 c.c. in base al quale il proprietario del suolo acquista ipso iure al momento dell’incorporazione la proprietà della costruzione su di esso edificata – non trova deroga nella disciplina della comunione legale tra coniugi, mentre gli acquisti ai quali è applicabile l’art. 177 c.c., comma 1, hanno carattere derivativo, essendone espressamente prevista una genesi di natura negoziale, con la conseguenza che la costruzione realizzata in costanza di matrimonio ed in regime di comunione legale da entrambi i coniugi sul terreno di proprietà personale esclusiva di uno di essi è a sua volta proprietà personale ed esclusiva di quest’ultimo in virtù dei principi generali in materia di accessione, mentre al coniuge non proprietario, che abbia contribuito all’onere della costruzione spetta, previo assolvimento dell’onere della prova d’aver fornito il proprio sostegno economico, il diritto di ripetere nei confronti dell’altro coniuge le somme spese a tal fine. Quindi, dopo aver accertato che, nel caso di specie, l’immobile risultava pacificamente costruito su terreno di proprietà esclusiva del P. e che la C. non aveva dimostrato di avere contribuito alle spese per l’edificazione di esso, senza neppur aver articolato in primo grado mezzi istruttori, ha respinto l’originaria domanda della C., ponendo a suo carico le spese di primo e secondo grado.

Il ricorso proposto si vale di quattro motivi; l’intimato non ha svolto difese.

E’ stata disposta la trattazione con il rito camerale di cui all’art. 380-bis c.p.c., ritenuti ricorrenti i relativi presupposti.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1.1. Con il primo motivo si denuncia la violazione degli artt. 112 e 342 c.p.c. per omesso esame dell’eccezione di inammissibilità dell’appello sollevata dalla difesa della Cervino. La ricorrente si duole che la Corte di appello non abbia esaminato tale eccezione, con cui aveva sostenuto che l’atto di appello non aveva proceduto ad una puntuale contestazione della sentenza di primo grado e non aveva affrontato il tema degli acquisti compiuti nel corso del matrimonio, in regime di comunione, né confutato il credito ritenuto sussistente in primo grado quale conseguenza dello scioglimento della comunione.

1.2. Il primo motivo è infondato perché la Corte, accogliendo l’appello, ha implicitamente escluso l’inammissibilità dello stesso che, peraltro – come si evince dalla stessa sentenza -, era fondato sulla richiesta di applicazioni di principi di diritto diversi da quelli applicati in primo grado e non già all’una diversa valutazione dei fatti accertati.

2.1. Con il secondo motivo si denuncia la violazione dell’art. 115,167 c.p.c. e art. 2697 c.c.. La ricorrente sostiene che le circostanze dedotte da ella medesima non erano state contestate e che, pertanto, non necessitavano di prova specifica e che erroneamente la Corte distrettuale ha rigettato la domanda per mancanza di prova. Segnatamente, ritiene decisivo, al fine del riconoscimento del suo diritto di credito, il lavoro dalla stessa svolto per il nucleo familiare quale casalinga e per la cura dei figli, non contestato specificatamente dal P., e posto a fondamento dell’accoglimento della domanda in primo grado.

2.2. Con il terzo motivo si denuncia la violazione dell’art. 177 c.c., comma 1, lett. a). A parere della ricorrente la Corte capitolina erroneamente ha disconosciuto il credito e non ha applicato correttamente tale norma relativamente all’acquisto dei materiali per la costruzione che, secondo la sua tesi difensiva, una volta comperati, entravano a far parte della comunione, indipendentemente da quale fosse stato il coniuge che aveva proceduto all’acquisto ed al pagamento.

2.3. Il terzo motivo va esaminato con priorità, perché logicamente precede la disamina delle questioni concernenti i fatti per i quali la ricorrente invoca il principio di non contestazione, e va disatteso.

2.4. Come anche la deducente mostra di credere è stabile convinzione impostasi nella giurisprudenza di questa Corte di seguito al pronunciamento delle SS.UU. (Cass. Sez. U. n. 651 del 27/01/1996) – in linea peraltro con l’analogo principio affermatosi prima della riforma dei diritto di famiglia in relazione al regime della comunione convenzionale (Cass. n. 15450 del 14/06/1966) – che, allorché per effetto del principio enunciato dall’art. 934 c.c. il coniuge proprietario esclusivo del suolo acquisti la proprietà dell’immobile realizzato su di esso in regime di comunione legale, la tutela del coniuge non proprietario del suolo, opera non sul piano del diritto reale, nel senso che in mancanza di un titolo o di una norma non può vantare alcun diritto di comproprietà, anche superficiaria, sulla costruzione, ma sul piano obbligatorio, nel senso che a costui compete un diritto di credito relativo alla metà del valore dei materiali e della manodopera impiegati nella costruzione (Cass. n. 5843 del 9/03/2018; Cass. n. 8662 del 3/04/2008; Cass. n. 4076 del 22/04/1998). L’assunto si legittima, com’e’ noto, sul presupposto che il principio generale dell’accessione posto dall’art. 934 c.c., in base al quale il proprietario del suolo acquista ipso iure al momento dell’incorporazione la proprietà della costruzione su di esso edificata e la cui operatività può essere derogata soltanto da una specifica pattuizione tra le parti o da una altrettanto specifica disposizione di legge, non trova deroga nella disciplina della comunione legale tra coniugi, in quanto l’acquisto della proprietà per accessione avviene a titolo originario senza la necessità di un’apposita manifestazione di volontà, mentre gli acquisti ai quali è applicabile l’art. 177 c.c., comma 1, hanno carattere derivativo, essendone espressamente prevista una genesi di natura negoziale (Cass. n. 27412 del 29/10/2018; Cass. n. 17885 del 8/09/2005; Cass. n. 8585 dell’11/08/1999).

2.5. La soggezione della fattispecie in discorso alla disciplina dell’accessione – che non è derogata come visto, da quella in materia di acquisti da parte dei coniugi in regime di comunione legale – è foriera, oltre a quella che vede il coniuge non proprietario divenire in dipendenza della costruzione titolare solo di un diritto di credito, anche di un’altra conseguenza. Se, infatti, la sedes materiae cui ricondurre la fattispecie è da individuarsi nell’accessione, l’asse del discorso circa il diritto di credito che compete al coniuge non proprietario si sposta conseguentemente fuori dal perimetro segnato dall’art. 177 c.c. in quanto il diritto di credito del coniuge si sottrae alla disciplina degli acquisti in comunione, sicché non potrà essere riconosciuto riguardo ad esso alcun automatismo rispetto alla realizzazione dell’opera e la sua dimostrazione non si sottrarrà all’applicazione delle norme comunemente vigenti in materia di onere della prova. E’ questo quanto ha inteso enunciare la giurisprudenza più recente di questa Corte riaffermando l’enunciato nomofilattico di cui si è detto prima, precisando, in uno con esso, che “al coniuge non proprietario, che abbia contribuito all’onere della costruzione spetta, previo assolvimento dell’onere della prova d’aver fornito il proprio sostegno economico, il diritto di ripetere nei confronti dell’altro coniuge le somme spese a tal fine” (Cass. n. 28258 del 04/11/2019; Cass. n. 16670 del 3/07/2013; Cass. n. 20508 del 30/09/2010), a nulla rilevando né i materiali per la costruzione, né il lavoro di casalinga ed il risparmio di spesa, essendo il coniuge non proprietario titolare del solo diritto di ripetere nei confronti dell’altro coniuge le somme spese a tal fine.

2.6. Dunque del tutto esattamente la Corte distrettuale ha respinto la domanda della C. perché, essendo essa gravata del relativo onere probatorio, non vi aveva dato alcun seguito, negando di esservi tenuta in forza di un’errata esegesi del quadro normativo: diversamente va ribadito il concetto che il coniuge non proprietario, onde veder riconosciuto il proprio diritto di credito, deve darne prova in conformità ai principi regolanti l’onere della prova.

2.7. Il rigetto del terzo motivo di ricorso assorbe e rende superflua la cognizione del secondo motivo logicamente subordinato alla fondatezza del precedente perché la parte ha invocato l’applicazione del principio di non contestazione, con riferimento alla circostanza di fatto inerente allo svolgimento da parte sua in costanza di matrimonio dell’attività di casalinga e di cura del marito e dei figli, circostanza che non assume rilievo nella fattispecie giuridica in esame per le ragioni anzidette e, quindi, non consente l’applicazione del principio invocato, che va riferito unicamente ai “fatti c.d. primari”, costitutivi, modificativi od estintivi del diritto azionato (Cass. 17966 del 13/9/2016; Cass. n. 32403 del 11/12/2019).

3.1. Con il quarto motivo si denuncia la violazione dell’art. 92 c.p.c. A parere della ricorrente la Corte distrettuale ha errato nella commisurazione della condanna alle spese processuali, quantificate in complessivi Euro 26.358,75=, oltre oneri di legge, per i due gradi, in violazione della Tariffa forense; contesta il valore della causa; sostiene inoltre che si sarebbe dovuto procedere a compensazione.

3.2. Il motivo è infondato. La Corte distrettuale ha quantificato le spese di giudizio tenendo conto del valore della causa costituito dalla domanda della ricorrente (Euro 100.000,00=), senza che alcun rilievo possa attribuirsi alla decisione di primo grado che aveva solo parzialmente accolto tale domanda, poiché essa è stata interamente riformata; la quantificazione è avvenuta secondo i parametri medi; l’attribuzione va disposta per fasi e tale previsione non risulta violata in relazione al primo grado, poiché la stessa ricorrente riconosce che la difesa di P. rassegnò le conclusioni all’udienza dell’11/1/2017; quanto alla compensazione, compete al giudice del merito valutare discrezionalmente la sussistenza delle condizioni, non ravvisate nel caso. Ne consegue che la censura va disattesa.

4. In conclusione il ricorso va rigettato.

Non si provvede sulle spese in assenza di attività difensiva dell’intimato.

Va disposto che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del D.Lgs. n. 30 giugno 2003 n. 196, art. 52.

Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis (Cass. Sez. U. n. 23535 del 20/9/2019).

P.Q.M.

– Rigetta il ricorso;

– Dispone che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del D.Lgs. n. 30 giugno 2003 n. 196, art. 52;

– Dà atto, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52, in quanto disposto d’ufficio.

Così deciso in Roma, il 16 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 3 agosto 2021

 

 

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