Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22190 del 03/11/2016


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Cassazione civile sez. trib., 03/11/2016, (ud. 08/07/2016, dep. 03/11/2016), n.22190

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – rel. Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 4294/2010 proposto da:

R.G., R.M., domiciliate in ROMA PIAZZA CAVOUR presso

la cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE, rappresentate e difese

dall’Avvocato FABRIZIO MOBILIA con studio in MESSINA VIA P. ROMEO 4

(avviso postale ex art. 135), giusta delega a margine;

– ricorrenti –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEIPORTIGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE ELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 164/2008 della COMM. TRIB. REG. della SICILIA

SEZ. DIST. di MESSINA, depositata il 18/12/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

08/07/2016 dal Consigliere Dott. ANTONINO SCALISI;

udito per le ricorrenti l’Avvocato MOBILIA che ha chiesto

l’accoglimento;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SORRENTINO Federico, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

R.F., con ricorso del 14 maggio 1999, impugnava, presso la Commissione Tributaria Provinciale di Messina, il provvedimento silente di rigetto dell’istanza di rimborso di un prelievo fiscale sull’importo del proprio TFR, non dovuto, inoltrata all’Intendenza di Finanza di Messina (organo all’epoca competente) e al Centro Servizio dell’Imposte Dirette di Palermo.

La Commissione Tributaria Provinciale di Messina, con sentenza n. 295/09/2003, accoglieva il ricorso, disponendo la riliquidazione dell’imposta, il rimborso della maggiore imposta, con rivalutazione monetaria ed interessi e condannava l’Agenzia delle Entrate al pagamento delle spese del giudizio.

Tale sentenza, veniva impugnata dall’Avv. Mobilia, procuratore di R.F., lamentando l’omessa pronuncia sull’istanza di distrazione delle spese della lite in favore del procuratore domiciliatario ex art. 93 c.p.c..

Si costituiva l’Agenzia delle Entrate di Messina proponendo appello incidentale, eccependo l’inammissibilità dell’istanza di rimborso proposta dal dipendente perchè avanzata oltre il termine di decadenza prevista dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, D.Lgs. n. 546 del 1992, e la non spettanza della rivalutazione monetaria. Gli eredi di R.F. ( R.M. e R.G.), in qualità di appellati in via incidentale, intervenivano in giudizio, deducendo l’inammissibilità per inosservanza del termine previsto dall’art. 327 c.p.c. e dell’art. 334 c.p.c., dell’appello incidentale, proposto nei propri confronti, parte diversa dell’appellante principale.

La Commissione regionale di Messina, con sentenza n. 164/2/2008, accoglieva, parzialmente, l’appello incidentale dell’Agenzia delle Entrate di Messina e compensava le spese del giudizio. Secondo la CTR di Palermo, l’appello incidentale proposto dall’Agenzia delle Entrate di Messina era ammissibile, sia sotto il profilo soggettivo, per essere l’Agenzia delle Entrate di Messina titolare di un concreto interesse, in quanto parte soccombente nel primo giudizio, sia per i motivi di contestazione della sentenza impugnata, sia per l’osservanza dei termini previsti dal D.Lgs. n. 547 del 1992, art. 54; rigettava l’eccezione di inammissibilità della richiesta di rimborso, accoglieva l’eccezione relativa alla rivalutazione monetaria, specificando che nel caso in esame non poteva trovare applicazione l’art. 429 c.p.c., dato che quella disposizione concede la rivalutazione monetaria, in ordine ai crediti di lavoro e tale non sarebbe il credito relativo al rimborso di cui si dice.

La cassazione di questa sentenza è stata chiesta dagli eredi di R.F. ( R.M. e R.G.) con ricorso affidato a due motivi, illustrati con memoria. L’Agenzia delle Entrate, ha resistito con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.- Con il primo motivo R.M. e R.G. lamentano la violazione dell’art. 334 c.p.c., comma 1, in conseguenza del rigetto dell’eccezione di inammissibilità, per manifesta tardività, dell’appello incidentale proposto dall’Agenzia delle Entrate, Ufficio locale di Messina con atto depositato in data 1 aprile 2005. Violazione dell’art. 324 c.p.c., per effetto del travolgimento del giudicato formatosi sul merito della domanda restitutoria della quota di imposta trattenuta in eccesso e dei relativi accessori, oltre che sul regolamento delle spese processuali del giudizio di primo grado (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4). Secondo le ricorrenti, posto che la sentenza della CTP di Messina era stata gravata in via principale esclusivamente con riferimento all’omessa pronuncia sulla distrazione delle spese da parte dell’avv. Mobilia procuratore antistatario, tale impugnazione non consentiva all’Agenzia delle Entrate di spiegare appello incidentale tardivo nei confronti del sig. R.F. (e non nei confronti degli eredi), così riespandendo i termini per l’impugnazione ai danni di una parte processuale che, invece, non aveva proposto alcun appello principale e nei confronti della quale non era stata inoltrata alcuna impugnazione tempestiva ad istanza dell’Agenzia. Nè potrebbe dirsi che l’interesse all’impugnazione sia sorto in capo all’Agenzia appellata per effetto della proposizione dell’appello principale, perchè l’accoglimento di questo non avrebbe in alcun modo pregiudicato o, anche solo modificato, la posizione dell’Agenzia delle Entrate il cui interesse all’impugnazione era già sorto per effetto della statuizione di merito e non certo della proposizione dell’appello principale.

Il ricorrente conclude formulando il seguente quesito di diritto: con riguardo al processo tributario, nell’ipotesi in cui la sentenza di primo grado, che in accoglimento del ricorso del contribuente aveva riconosciuto il suo diritto al rimborso di imposta silentemente reietto in via amministrativa sia gravata in appello principale esclusivamente dal difensore anticipatario della parte privata (che lamenti l’omessa pronuncia sulla domanda di distrazione delle spese di lite ritualmente avanzata in atti) ed in presenza di un appello incidentale tardivi spiegato dal soggetto pubblico impositore nei confronti del contribuente (con riguardo alla sussistenza del diritto di quest’ultimo al rimborso di imposta) il giudice di secondo grado può o meno delibare utilmente nel merito i singoli motivi di gravame incidentale (riformando parzialmente in danno dello stesso contribuente la sentenza di primo grado) disattendendo l’eccezione preliminare di inammissibilità dello stesso gravame incidentale (a cagione della sua tardività per effetto dei presupposti di applicabilità dell’art. 334 c.p.c.), con conseguente travolgimento del giudicato interno formatosi sul merito della predetta domanda restitutoria (e dei relativi accessori di legge già riconosciuti sull’ammontare della quota di imposta trattenuta in eccesso) già integralmente accolta in prima istanza e sul regolamento delle spese processuali disposta dalla sentenza appellata?

1.1.- Il motivo è fondato.

Va qui premesso che le Sezioni Unite di questa Corte di Cassazione con sentenza n. n. 16037 del 07/07/2010, ha chiarito che in caso di omessa pronuncia sull’istanza di distrazione delle spese proposta dal difensore, il rimedio esperibile, in assenza di un’espressa indicazione legislativa, è costituito dal procedimento di correzione degli errori materiali di cui agli artt. 287 e 288 c.p.c. e, non dagli ordinari mezzi di impugnazione, non potendo la richiesta di distrazione qualificarsi come domanda autonoma. La procedura di correzione, oltre ad essere in linea con il disposto dell’art. 93 c.p.c., comma 2 – che ad essa si richiama per il caso in cui la parte dimostri di aver soddisfatto il credito del difensore per onorari e spese – consente il migliore rispetto del principio costituzionale della ragionevole durata del processo, garantisce con maggiore rapidità lo scopo del difensore distrattario di ottenere un titolo esecutivo ed è un rimedio applicabile, ai sensi dell’art. 391-bis c.p.c., anche nei confronti delle pronunce della Corte di Cassazione.

Alla luce di questi principi la Commissione Tributaria Regionale di Palermo avrebbe dovuto dichiarare l’appello dell’avv. Mobilia inammissibile con tutte le conseguenze che ciò avrebbe comportato.

1.2.- Epperò, il ricorso in esame, riguarda una vicenda relativa ad un atto di appello risalente ad epoca anteriore all’orientamento espresso dalla Sezioni Unite (atto di appello del 2 febbraio 2005), dominata soprattutto dall’orientamento secondo cui l’omessa pronuncia sulla distrazione avrebbe potuto essere impugnata dall’avv. distrattario con i normali mezzi di impugnazione. Tuttavia, pur in assenza dell’orientamento delle Sezioni Unite, può e deve essere evidenziato che la domanda di distrazione delle spese si innesta in un giudizio corrente tra le parti processuali, ma da questo rimane pur sempre separato perchè il rapporto riconducibile alla domanda di distrazione non rende l’avvocato distrattario da estraneo a parte del giudizio di merito. Questo vuoi dire che l’avvocato distrattario, essendo in forza dell’art. 93 c.p.c., parte giudiziale nei limiti della sua domanda, può impugnare, personalmente, la sentenza solo in merito alla distrazione delle spese senza poter o dover coinvolgere, almeno personalmente, l’oggetto della sentenza rispetto alla quale rimane irrimediabilmente estraneo. Anche la dottrina meno recente aveva aderito alla costruzione che il procuratore, fa valere con l’istanza di distrazione un diritto soggettivo autonomo, ancorchè indissolubilmente legato alla sentenza che contiene la condanna alle spese nei confronti della controparte: perciò acquisendo la qualità di parte in senso proprio, che legittima la proposizione delle impugnazioni ordinarie, anche se la stessa non può investire sotto alcun profilo i rapporti tra le parti, ma resta “rigorosamente limitata all’ambito del suo interesse giuridicamente riconosciuto alle spese processuali, nè da tale ambito può sconfinare in nessun caso”.

Pertanto, sotto il profilo degli effetti, la domanda di distrazione delle spese del giudizio comporta che l’eventuale appello proposto dall’avvocato distrattario personalmente, avverso la sentenza che ha omesso di pronunciare sulla sua domanda, non coinvolge nessun altro capo della sentenza, anzi non coinvolge la sentenza stessa che vive di vita autonoma e se non impugnata, secondo termini e modi di legge, nonostante l’impugnazione da parte dell’avvocato distrattario, acquista la forza di cosa giudicata. Con l’ulteriore conseguenza che l’appello avanzato dall’avvocato distrattario non essendo un appello che coinvolge il merito della sentenza di che trattasi, non legittima la controparte (in questo caso l’Agenzia delle Entrate) a proporre appello incidentale relativamente all’oggetto del giudizio, a menocchè l’appello incidentale non sia proposto in termini utili per proporre appello, perchè in questo caso dovrebbe considerarsi appello principale. Piuttosto, ove è proposto appello incidentale su semplice appello dell’avvocato distrattario, lo stesso è irrimediabilmente inammissibile. D’altra parte, come è pacifico, nella giurisprudenza di questa Corte, in ipotesi di cause scindibili (cui va ricondotto il caso in esame) è inammissibile l’impugnazione incidentale tardiva proposta dalla parte impugnata in via principale contro parte diversa dall’impugnante principale (Cass. 9 settembre 2003, n. 13189; Cass. 15 maggio 2003, n. 7519; Cass. 24 aprile 2003, n. 6521).

1.3.- Ora, nel caso in esame, l’avv. Mobilia aveva chiesto la riforma della sentenza di primo grado limitatamente al capo in cui essa aveva omesso di provvedere sulla sua domanda di distrazione delle spese, e non avendo investito nessun altro aspetto della sentenza di cui si dice, non aveva legittimato la controparte a proporre appello incidentale (tardivo come appello principale). Senza dire che, l’appello incidentale proposto dall’Agenzia delle Entrate è stato avanzato nei confronti di una parte non presente in giudizio, ovvero nei confronti di R.V. (per altro neppure nei confronti degli eredi dato che Ra.Vi. medio tempore era deceduto) che, non avendo proposto appello, non risultava essere parte giudiziale e neppure, considerata l’autonomia della domanda dell’avvocato antistatario, litisconsorte necessario.

La sentenza impugnata, pertanto, deve essere annullata, laddove non ha provveduto a dichiarare inammissibile l’appello incidentale e, conseguentemente, ha omesso di provvedere in ordine alla domanda di distrazione delle spese, così come liquidate dalla Commissione Tributaria Provinciale di Messina con la sentenza n. 298/09/2003

2.- L’accoglimento del primo motivo assorbe il secondo motivo con il quale il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 1224 c.c. (art. 360 c.p.c., n. 3). Secondo il ricorrente La CTR di Palermo, nel rigettare l’istanza di applicazione della rivalutazione monetaria in merito al rimborso chiesta da R.F., avrebbe violato la norma di cui all’art. 1224 c.c., secondo cui il creditore di somme di denaro avrebbe diritto ad un ulteriore risarcimento, se dimostri di aver subito un maggior danno rispetto a quello già coperto con l’attribuzione degli interessi, che potrebbe essere rappresentato dalla svalutazione monetaria. La CTR di Palermo avrebbe dovuto, invece, confermare la sentenza di primo grado laddove aveva disposto la rivalutazione monetaria.

Il ricorrente conclude formulando il seguente quesito di diritto: nell’ipotesi di declaratoria giudiziale in capo al contribuente del diritto al rimborso di imposta ritenuta in eccesso il giudice è tenuto o meno a liquidare il relativo maggior danno da svalutazione monetaria riconoscendo automaticamente dovuto a tal titolo al richiedente l’eventuale eccedenza rispetto all’ammontare degli interessi legali (eventualmente previsti anche da leggi speciali, come la L. n. 482 del 1985, art. 7), del saggio medio, nel periodo della mora, di rendimento netto dei titoli di Stato con scadenza non superiore a dodici messi (ovvero del tasso di inflazione se ancora maggiore).

In definitiva, va accolto il primo motivo e dichiarato assorbito il secondo, la sentenza impugnata va cassata senza rinvio, dovendo); ritenere come non proposto l’appello incidentale. Le spese del presente giudizio vanno poste a carico della parte controricorrente ed attribuite all’avv. Mobilia dichiaratosi distrattario.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa, senza rinvio, il provvedimento impugnato e condanna la parte controricorrente alle spese processuali, che liquida in Euro 1.500,00, oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge con distrazione a favore dell’avv. Mobilia Fabrizio distrattatario.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Tributaria della Corte Suprema di Cassazione, il 8 luglio 2016.

Depositato in Cancelleria il 3 novembre 2016

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