Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22187 del 03/11/2016


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Cassazione civile sez. trib., 03/11/2016, (ud. 16/06/2016, dep. 03/11/2016), n.22187

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 10114/2010 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

I.F.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 12/2009 della COMM. TRIB. REG. del MOLISE,

depositata il 26/02/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

16/06/2016 dal Consigliere Dott. MARIA ENZA LA TORRE;

udito per il ricorrente l’Avvocato CAPOLUPO che ha chiesto

l’accoglimento;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SANLORENZO Rita, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

L’Agenzia delle Entrate ricorre per la cassazione della sentenza della CTR del Molise, n. 12/1/2009 dep. 26/2/2009, che in tema di ricorso avverso accertamento per Iva, Irpef e Irap anno 1998, in riforma della sentenza di primo grado ha accolto l’appello di I.F., rappresentante legale del (OMISSIS). La CTR ha ritenuto che il Centro sociale, svolgendo attività ricreativa, culturale, sportiva e assistenziale, rientri nel campo di applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 4, commi 4 e 5, con esclusione dell’IVA per la prestazione di beni e servizi inerenti all’attività istituzionale dell’ente, compresa la mescita di bevande ai propri associati nella gestione del bar-caffè all’interno del centro, ritenuta per contro dall’Agenzia, sulla base del pvc della Guardia di finanza, l’unica attività – non accessoria – del centro.

L’Intimato non si è costituito.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Col primo motivo del ricorso l’Agenzia delle entrate denunzia violazione di legge (art. 111, comma 4 quinquies T.U.I.R. e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 4) non avendo l’associazione redatto il proprio atto costitutivo con atto pubblico o scrittura privata registrata o autenticata nè approvato un rendiconto economico e finanziario, per cui non spetta l’agevolazione prevista dall’art. 111, comma 4 quinquies T.U.I.R. e dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 4.

2. Il motivo è fondato.

Si deve assicurare continuità al principio enunciato da questa Corte (Cass. n. 4872 del 2015; n. 8623 del 2012; n. 11456 del 2010), secondo cui gli enti di tipo associativo possono godere del trattamento agevolato previsto dal D.P.R. n. 917 del 1986, art. 111, (in materia di IRPEG) e dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 4 (in materia di IVA) – come modificati, con evidente finalità antielusiva, dal D.Lgs. n. 460 del 1997, art. 5 – a condizione non solo dell’inserimento, nei loro atti costitutivi e negli statuti, di tutte le clausole dettagliatamente indicate nel D.Lgs. n. 460 cit., art. 5, ma anche dell’accertamento – effettuato dal giudice di merito con congrua motivazione – che la loro attività si svolga, in concreto, nel pieno rispetto delle prescrizioni contenute nelle clausole stesse.

Nel caso di specie l’associazione non aveva un atto costitutivo, nè vi erano scritture contabili, per cui non ricorrono i requisiti necessari per fruire delle agevolazioni previste dalle norme sopra indicate, è appena il caso di aggiungere che, sul piano probatorio, l’onere di dimostrare la sussistenza dei presupposti di fatto che giustificano l’agevolazione sull’IRPEG, nonchè quella sull’IVA (D.P.R. n. 633 del 1972, art. 4), è a carico del soggetto collettivo che la invoca, secondo gli ordinari criteri stabiliti dall’art. 2697 c.c. (Cass. n. 22598/06 e n. 16032/05). Prova nel caso di specie insussistente e pur necessaria al fine di verificare l’esistenza di clausole statutarie che, in base ai requisiti previsti dalle indicate norme consente la qualificazione a fini fiscali dell’attività associativa quale ente “non profit”.

3. L’accoglimento del primo motivo del ricorso determina l’assorbimento del secondo, relativo a violazione di legge (art. 111, comma 4 quinquies T.U.I.R. e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 4), in quanto la gestione di un bar caffè non rientra tra le finalità istituzionali di un club sportivo, da ritenersi attività commerciale i cui proventi sono soggetti a imposizione fiscale; e del terzo motivo col quale si denunzia insufficiente motivazione su un punto decisivo, costituito dalla inesistenza dell’attività istituzionale del circolo e dalla presenza del bar caffè quale unica attività svolta.

4. Il ricorso va pertanto accolto, la sentenza impugnata va cassata con rinvio, anche per le spese, alla CTR della Basilicata, in diversa composizione che si atterrà al principio di diritto sopra enunciato.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla CTR del Molise, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 16 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 3 novembre 2016

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