Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22186 del 05/09/2019

Cassazione civile sez. trib., 05/09/2019, (ud. 13/03/2019, dep. 05/09/2019), n.22186

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. SAIJA Salvatore – rel. Consigliere –

Dott. GHITTI Italo Mario – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 5519-2014 proposto da:

(OMISSIS) SRL ORA FALLITA in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA BALDO DEGLI UBALDI,

66, presso lo studio dell’avvocato SIMONA RINALDI GALLICANI, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato PAOLO PERNICE giusta

delega a margine;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE DOGANE UFFICIO DOGANE DI LA SPEZIA in persona del

Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 96/2013 della COMM. TRIB. REG. di GENOVA,

depositata il 09/07/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

13/03/2019 dal Consigliere Dott. SALVATORE SAIJA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MASTROBERARDINO PAOLA che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito per il ricorrente l’Avvocato RINALDI GALLICANI che ha chiesto

l’accoglimento;

udito per il controricorrente l’Avvocato PALATIELLO che si riporta al

controricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

(OMISSIS) s.r.l. propose sette distinti ricorsi avverso altrettanti avvisi di rettifica dell’accertamento di dazi doganali emessi nel corso del 2008, ai sensi del D.Lgs. n. 374 del 1990, art. 11, dall’Ufficio delle Dogane della Spezia. In particolare, quanto a cinque bollette doganali, l’Ufficio rilevò l’origine cinese – anzichè taiwanese, come dichiarato dall’importatore – di botole in ghisa non malleabile; quanto alle restanti due – concernenti la medesima merce, prodotta però dalla fonderia cinese “Hebei”, già beneficiaria dei dazi individuali in forza della Decisione della Commissione della Comunità Europea 2006/109/CE del 19.1.2006 – l’Ufficio classificò il prodotto sotto diversa v.d. (7325105000), e accertò diritti doganali pari a complessivi Euro 177.713,24, a titolo di dazio antidumping pari al 47,8%. La C.T.P. della Spezia respinse i ricorsi con sette coeve sentenze, dal n. 49 al n. 55/4/11. Proposti altrettanti appelli da (OMISSIS) s.r.l., la C.T.R. della Liguria, previa riunione, li respinse con sentenza del 9.7.2013.

(OMISSIS) s.r.l. ricorre per cassazione, sulla base di sette motivi, cui resiste con controricorso l’Agenzia delle Dogane. Fallita frattanto la società, la curatela ha depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.1 – Con il primo motivo, si denuncia omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, e/o nullità della sentenza per carente o insufficiente motivazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, con riferimento al motivo d’appello (comune a tutti i giudizi poi riuniti) con cui si denunciava la violazione del combinato disposto della L. n. 4 del 1929, art. 24, e della L. n. 241 del 1990, art. 21-septies, per essere i verbali di accertamento prodromici agli avvisi di rettifica impugnati tutti privi di data, e quindi nulli perchè privi di un elemento essenziale. Osserva la ricorrente che la C.T.R. ha completamente omesso di pronunciarsi sul punto.

1.2 – Con il secondo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 12, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. La ricorrente lamenta l’erroneità della decisione nella parte in cui s’è ritenuto che la garanzia procedimentale prevista dalla norma in rubrica – che prevede che tra la consegna del processo verbale e l’emissione dell’atto impositivo debbano correre almeno 60 giorni – sia applicabile soltanto nel caso di accertamenti presso l’Ufficio del contribuente, e non già nel caso in cui l’accertamento sia derivato da verifiche autonomamente esperite dall’Agenzia presso le proprie strutture. Rileva la ricorrente che il verbale di revisione si basa su un verbale di sequestro redatto dalla Dogana di Livorno e trasmesso alla Dogana della Spezia, e quindi nella specie l’accertamento deve considerarsi avvenuto “presso i locali commerciali del contribuente”, donde la sussistenza del vizio denunciato.

1.3 – Con il terzo motivo, si lamenta violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 374 del 1990, art. 11, comma 5-bis, e della L. n. 212 del 2000, art. 7, comma 1, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Secondo la ricorrente, ha errato la C.T.R. nel non rilevare il denunciato difetto di motivazione degli avvisi impugnati, ritenendo che tutti gli atti in essi richiamati le fossero noti perchè era pendente il relativo procedimento penale a carico del suo legale rappresentante.

1.4 – Con il quarto motivo, si denuncia omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, e/o nullità della sentenza per carente o insufficiente motivazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, con riferimento al motivo d’appello n. 1 dei ricorsi dal n. 117/12 al n. 121/12 R.G., con cui si denunciava l’errato riferimento alle importazioni dalla Cina. Osserva la ricorrente che la C.T.R. ha del tutto omesso di pronunciarsi sul detto motivo, che non concerneva l’importazione di merce prodotta dalla fonderia cinese “Hebei”, già beneficiaria dei dazi individuali, poi revocati (questione oggetto del sesto e settimo appello, in ordine di iscrizione), bensì la diversa questione (comune ai primi cinque appelli) circa l’errata e contraddittoria ricostruzione dei fatti di causa da parte del giudice di primo grado.

1.5 – Con il quinto motivo, si denuncia la nullità della sentenza per carente o insufficiente motivazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, con riferimento alla presunta non accertata provenienza della merce da Taiwan. Osserva la ricorrente che, sempre in relazione ai primi cinque appelli di cui al motivo precedente, la C.T.R. ha adottato una motivazione del tutto insufficiente, oltre che palesemente contraddittoria, riguardo alla questione dell’assoluzione del proprio legale rappresentante nel giudizio penale dinanzi al Tribunale di Livorno perchè il fatto non sussiste: la C.T.R., infatti, ha rilevato che l’importazione doganale concernente il processo penale è diversa da quella in discorso, ma non spiega in base a quali elementi abbia raggiunto il superiore convincimento, dato che le prove documentali valutate dal Tribunale di Livorno sono le stesse offerte prima alla C.T.P. e poi alla stessa C.T.R.

1.6 – Con il sesto motivo (indicato in ricorso come settimo), si denuncia omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, e/o nullità della sentenza per carente o insufficiente motivazione, in relazione alla violazione e falsa applicazione del Reg. (CE) n. 1212/2005 come modificato dal Reg. (CE) n. 268/2006 e Reg. (CE) n. 500/2009. La censura attiene a quella parte della motivazione con cui la C.T.R., in relazione al rilievo n. 5, ha dichiarato l’appello inammissibile in parte qua, perchè la relativa domanda, concernente i rilievi nn. 5 e 6 dell’avviso, è stata proposta in via principale, anzichè in via subordinata, essendo logicamente incompatibile con le domande proposte in via principale.

Anche in tal caso, secondo la ricorrente, la C.T.R. non s’è pronunciata “su uno specifico fatto oggetto del giudizio”, perchè la censura attiene non già alla revoca dei dazi individuali, bensì alla irretroattività dell’introduzione del dazio antidumping effettuato dal Reg. n. 500/2009. Poichè le imposizioni doganali riguardano tutte botole di ghisa duttile, esse prima del 2009 non potevano scontare alcun dazio antidumping.

1.7 – Infine, con il settimo motivo (indicato in ricorso come ottavo), si denuncia omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, e/o nullità della sentenza per carente o insufficiente motivazione, in relazione alla violazione e falsa applicazione del Reg. (CE) n. 1212/2005 come modificato dal Reg. (CE) n., 268/2006. La censura attiene a quella parte della motivazione con cui la C.T.R., in relazione al rilievo n. 6, ha dichiarato l’appello inammissibile in parte qua, perchè la relativa domanda, concernente i rilievi nn. 5 e 6 dell’avviso, è stata proposta in via principale, anzichè in via subordinata, essendo logicamente incompatibile con le domande proposte in via principale. Anche in tal caso, secondo la ricorrente, la decisione della C.T.R. non ha esaminato il motivo in discorso (oltre che adottato una decisione incomprensibile).

2.1 – Preliminarmente, va accolta l’eccezione di nullità della notifica del controricorso, sollevata dalla ricorrente con la memoria del 6.3.2019, giacchè dalla documentazione ad essa allegata risulta che l’Agenzia delle Dogane vi ha proceduto a mezzo PEC in data 4.9.2014, senza però allegare l’atto processuale, ma soltanto la relata. In proposito, non risulta alcunchè di diverso dall’esame del fascicolo dell’Agenzia, nè l’Avvocatura dello Stato ha fornito elementi di segno contrario nel corso della discussione orale. Di conseguenza, non si terrà conto del controricorso in atti.

3.1 – In relazione al primo motivo, va anzitutto premesso che, nella specie, il vizio effettivamente denunciato dalla ricorrente non è l’omesso esame di un fatto, bensì l’omessa pronuncia su un motivo d’appello, proponibile ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

Al riguardo, non v’è dubbio che la C.T.R. non abbia sul punto pronunciato, così incorrendo nella violazione dell’art. 112 c.p.c., ma non v’è ragione di procedere alla cassazione con rinvio (v. Cass. n. 9693/2018; Cass. n. 16171/2017) perchè la censura il cui esame è stato omesso è infondata in iure: la mancanza di data nei P.V. non ne comporta la nullità, nè propria nè derivata, trattandosi di mera irregolarità (v. T.A.R. Basilicata n. 204/1982; T.A.R. Puglia n. 868/2015).

4.1 – Il secondo motivo è infondato.

Infatti, in relazione alle garanzie procedimentali nella materia in discorso, è stato condivisibilmente chiarito che “In tema di avvisi di rettifica in materia doganale, è inapplicabile la L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 12, comma 7, operando in tale ambito lo jus specialè di cui al D.Lgs. 8 novembre 1990, n. 374, art. 11, nel testo utilizzabile ‘ratione temporis’, preordinato a garantire al contribuente un contraddittorio pieno in un momento comunque anticipato rispetto all’impugnazione in giudizio del suddetto avviso, come confermato dalla normativa sopravvenuta (D.L. 24 gennaio 2012, n. 1, convertito in L. 24 marzo 2012, n. 27), la quale, nel disporre che gli accertamenti in materia doganale sono disciplinati in via esclusiva dal citato D.Lgs. n. 374, art. 11, ha introdotto un meccanismo di contraddittorio assimilabile a quello previsto dallo Statuto del contribuente” (Cass. n. 15032/2014; Cass. n. 2175/2019).

La denunciata violazione di norma di diritto, quindi, non può sussistere, non essendo applicabile la norma invocata alla materia che occupa.

Peraltro, in continuità con l’insegnamento, di portata generale, propugnato da Cass., Sez. Un., n. 24823/2015, è stato recentemente anche affermato che “In materia di dazi doganali, è legittimo l’atto di rettifica dell’accertamento emesso dall’amministrazione senza il rispetto del termine dilatorio di cui alla L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, sia perchè detta disposizione normativa, cui rinvia l’art. 245 c.d.c., si applica esclusivamente in relazione agli accertamenti conseguenti ad accessi, ispezioni e verifiche fiscali effettuate nei locali ove si esercita l’attività del contribuente; sia perchè, in generale, la violazione del diritto al contraddittorio nel corso del procedimento amministrativo può portare, in base alla giurisprudenza della CGUE, all’annullamento del provvedimento conclusivo solo se, in mancanza del suddetto vizio, il procedimento si sarebbe potuto concludere in maniera diversa. (Nella specie, la S.C. ha dato atto che l’amministrazione era del tutto vincolata all’emissione dell’atto di rettifica, essendo scaturito il procedimento di revisione da un’informativa dell’organismo comunitario preposto alla repressione delle frodi finalizzate all’evasione dei tributi comunitari)” (così Cass. n. 218/2019).

Anche alla luce di tale ultimo arresto, in ogni caso, deve escludersi la sussistenza della denunciata violazione di legge, difettando l’allegazione, da parte della ricorrente, del possibile esito diverso del procedimento, qualora fosse stato concesso il termine dilatorio.

5.1 – Il terzo motivo è inammissibile.

Infatti, la ricorrente non ha specificamente indicato in ricorso quali atti presupposti siano stati a loro volta indicati negli avvisi impugnati, incorrendo quindi nella violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, così non consentendo alla Corte di apprezzare la portata del motivo in esame.

6.1 – Il quarto motivo è parimenti inammissibile.

Con esso, infatti, la ricorrente si duole dell’omessa pronuncia in cui sarebbe incorsa la C.T.R. in ordine al motivo d’appello con cui si contestava la ricostruzione dei fatti operata dal primo giudice, che la stessa ricorrente assume erronea. Difetta, tuttavia, l’interesse a ricorrere sul punto, ex art. 100 c.p.c., perchè, una volta che la C.T.R. ha ricostruito a sua volta in fatto la vicenda, le doglianze non possono che essere mosse avverso tale nuovo decisum (come in effetti avvenuto, in proposito – v. motivo seguente), che si sostituisce a quello di prime cure.

7.1 – Il quinto motivo è invece fondato.

Infatti, nell’affermare tout court che il procedimento penale definito con l’assoluzione del legale rappresentante di (OMISSIS), perchè il fatto non sussiste, concerne in realtà una operazione doganale diversa da quella da cui si discute, la C.T.R. è incorsa nella violazione del c.d. minimo costituzionale della motivazione, ex art. 111 Cost., comma 6 (v. Cass., Sez. Un., n. 8053/2014; più recentemente, ex multis, Cass. n. 23940/2017), nonchè del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, n. 4, non avendo fornito il benchè minimo argomento idoneo a consentire di comprendere il percorso logico-giuridico in forza del quale s’è determinato detto convincimento.

Più in dettaglio, la ricorrente, in grado d’appello, aveva versato in atti la sentenza di assoluzione emessa dal Tribunale di Livorno in data 23.7.2012 e depositata il 14.9.2012, definitiva, con cui il proprio legale rappresentante F.E. era stato assolto in ordine ai reati contestati (quello di cui all’art. 81 c.p. e al D.P.R. n. 43 del 1973, art. 295, lett. c), e quello di cui all’art. 61 c.p., comma 2, artt. 48 e 479 c.p., concernenti i documenti di importazione IM/Z Reg. 45 n. 2018/U e IM/Z Reg. S. 20018/U) perchè il fatto non sussiste. Si tratta, secondo la ricorrente, degli accertamenti penali dai quali è scaturita la ripresa fiscale per cui è processo, come inequivocabilmente emerge dalla data di accertamento riportata in calce ai due capi di imputazione (“Accertato in Livorno il 30.07.2008”), ossia la stessa riportata nei verbali di revisione dell’accertamento, allegati agli avvisi di rettifica poi impugnati, ove appunto si fa riferimento al “verbale di sequestro redatto in data 30 luglio 2008 dalla Dogana di Livorno”.

Ancora, la stessa società aveva prodotto, in primo grado, copiosa documentazione (elencata a p. 38 del ricorso) concernente le operazioni di importazione in questione, che si assumono esaminate anche dal Tribunale di Livorno ai fini dell’assoluzione in discorso.

Ebbene, tutti tali elementi non sono stati affatto presi in considerazione dalla C.T.R., che in realtà giunge all’affermazione circa la diversità dell’operazione doganale al vaglio del giudice penale (rispetto a quella al suo esame) in modo assertivo e apodittico, senza neanche sforzarsi di mettere a confronto gli argomenti del Tribunale labronico – e la superiore documentazione – con i capi di imputazione contestati a F.E., ciò che avrebbe agevolmente condotto ad un giudizio motivato, secondo i dettami dell’art. 111 Cost., comma 6, invece negletti nella specie.

8.1 – Il sesto e il settimo motivo, da esaminarsi congiuntamente perchè afferenti, nella sostanza, alla medesima questione, sono inammissibili.

Le censure, infatti, da un lato non colgono la ratio decidendi, dall’altro sono prive di specificità.

In proposito, avuto riguardo al tenore delle censure in esame, non rileva in sè la correttezza o meno della decisione della C.T.R. – nella parte in cui ha dichiarato inammissibili le domande concernenti i rilievi nn. 5 e 6 degli avvisi di rettifica concernenti la revoca dei dazi individuali – bensì il fatto che la ricorrente non si sia sforzata di comprendere il significato di detta decisione, che ha ritenuto ostativo allo scrutinio delle dette domande il fatto che esse fossero state avanzate in via principale, anzichè in subordine, nonostante la ritenuta incompatibilità con le altre parimenti proposte principaliter.

Non può quindi riscontrarsi nè omesso esame di un fatto decisivo, nè omessa pronuncia, nè violazione di norma di diritto (Reg. CE n. 1212/2005, n. 268/2006 e 500/2009), ma possono eventualmente sussistere ulteriori errores in procedendo, tuttavia non denunciati dalla società ricorrente.

9.1 – In definitiva, il quinto motivo è accolto, mentre i restanti sono rigettati. La sentenza impugnata è dunque cassata in relazione, con rinvio alla C.T.R. della Liguria, in diversa composizione, che procederà ad un nuovo esame delle risultanze probatorie, onde verificare se le vicende del procedimento penale tenutosi dinanzi al Tribunale di Livorno, conclusosi con l’assoluzione del legale rappresentante della società odierna ricorrente, inficino, in tutto o in parte, la ripresa fiscale per cui è processo. La C.T.R., infine, provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

la Corte accoglie il quinto motivo, rigetta nel resto. Cassa la sentenza impugnata in relazione e rinvia alla C.T.R. della Liguria, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Corte di cassazione, il 13 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 5 settembre 2019

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