Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22185 del 22/09/2017
Cassazione civile, sez. VI, 22/09/2017, (ud. 15/02/2017, dep.22/09/2017), n. 22185
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCHIRO’ Stefano – Presidente –
Dott. CIRILLO Ettore – Consigliere –
Dott. MANZON Enrico – Consigliere –
Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –
Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 7375/2016 proposto da:
C.L., M.D.M., G.L.,
elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE BRUNO BUOZZI, 49, presso lo
studio dell’avvocato ALESSANDRO RICCIONI che li rappresenta e
difende;
– ricorrenti –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,
presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e
difende ope legis;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 3832/14/2015 della COMMISSIONE TRIBUTARIA
REGIONALE di MILANO, depositata il 14/09/2015;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non
partecipata del 15/02/2017 dal Consigliere Dott. LUCA SOLAINI.
Fatto
FATTO E DIRITTO
La controversia concerne l’impugnazione di una serie di avvisi d’accertamento nei confronti di una società di persone esercente l’attività di gestione di apparecchi per gioco lecito, con i quali l’ufficio, in relazione all’anno 2007 rideterminava i redditi di quest’ultima, poi cancellata dal registro delle imprese nel 2010, e, quindi, di ciascun socio della oramai disciolta compagine sociale.
La CTP e la CTR rigettavano le ragioni dei contribuenti, basandosi sulle medesime ragioni.
I ricorrenti hanno proposto ricorso affidato a due motivi, illustrati da memoria, mentre l’ufficio ha resistito con controricorso.
Il collegio ha deliberato di adottare la motivazione in forma semplificata.
Con il primo e il secondo motivo di ricorso, che possono essere esaminati congiuntamente, in quanto strettamente connessi, i ricorrenti denunciano, da una parte, il vizio di nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 c.p.c. e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36 (vizio di motivazione apparente), in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 e dall’altra, il vizio di omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in quanto, i giudici d’appello si sarebbero limitati a prendere in considerazione ed a disattendere l’eccezione di nullità dell’avviso d’accertamento per intervenuta estinzione della società, ma avrebbero, con motivazione meramente apparente, disatteso gli argomenti e gli elementi probatori addotti dai contribuenti sulla correttezza dei ricavi dichiarati dalla società esercente il gioco lecito, con riferimento all’anno d’imposta 2007, ed in particolare i documenti attestanti l’erroneità della ricostruzione dei redditi d’impresa operata dall’ufficio; nè la CTR avrebbe correttamente considerato nei contratti trilaterali tra concessionario, esercente e gestore quale fosse la percentuale di ripartizione dell’utile residuo in favore della società esercente.
L’articolata censura è fondata.
Secondo l’insegnamento di questa Corte “La sentenza pronunziata in sede di gravame è legittimamente motivata per relationem ove il giudice d’appello, facendo proprie le argomentazioni del primo giudice, esprima, sia pure in modo sintetico, le ragioni della conferma della pronuncia in relazione ai motivi di impugnazione proposti, sì da consentire, attraverso la parte motiva di entrambe le sentenze, di ricavare un percorso argomentativo adeguato e corretto, ovvero purchè il rinvio sia operato sì da rendere possibile ed agevole il controllo, dando conto delle argomentazioni delle parti e della loro identità con quelle esaminate nella pronuncia impugnata, mentre va cassata la decisione con cui il giudice si si sia limitato ad aderire alla decisione di primo grado senza che emerga, in alcun modo, che a tale risultato sia pervenuto attraverso l’esame e la valutazione di infondatezza dei motivi di gravame” (Cass. n. 14786/2016, Cass., S.U., n. 8053/14).
Nel caso di specie, nella sentenza impugnata si afferma: “Gli appellanti hanno impugnato in modo molto superficiale la sentenza di primo grado e gli stessi non hanno provato in merito al metodo di determinazione dei ricavi a agli importi corrisposti agli esercenti, e non sono, quindi, riusciti a superare le presunzioni, gravi, precise e concordanti. La sentenza qui gravata risulta correttamente motivata anche con riguardo all’irrogazione delle sanzioni IVA. Sono queste le ragioni e le motivazioni per le quali la sentenza qui gravata viene confermata con rigetto dell’appello proposto dagli appellanti”.
Sulla base di tali considerazioni, si deve rilevare come la motivazione della sentenza di appello si fonda su affermazioni del tutto generiche e apodittiche, prive di specificità rispetto all’oggetto del gravame e della controversia dedotta in giudizio. In particolare, la CTR non ha reso intellegibili le ragioni per le quali sono stati ritenuti ininfluenti i mezzi di prova sottoposti alla sua attenzione dalla parte contribuente, configurandosi pertanto la motivazione della sentenza impugnata come non rispondente ai parametri del “minimo costituzionale” enunciati dalla giurisprudenza di questa Corte (Cass., S.U., n. 8053/14).
La sentenza va, pertanto, cassata e rinviata nuovamente alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, in diversa composizione affinchè, alla luce dei principi sopra esposti, riesamini il merito della controversia.
PQM
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Accoglie il ricorso.
Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le pese del presente giudizio di legittimità, alla Commissione tributari regionale della Lombardia, in diversa composizione.
Motivazione semplificata.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 15 febbraio 2017.
Depositato in Cancelleria il 22 settembre 2017