Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22184 del 22/09/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 22/09/2017, (ud. 15/02/2017, dep.22/09/2017),  n. 22184

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHIRO’ Stefano – Presidente –

Dott. CIRILLO Ettore – Consigliere –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7367-2016 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso L’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

D.S.A., EQUITALIA SUD S.P.A., REGIONE CAMPANIA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 11810/47/2015 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di NAPOLI, depositata il 22/12/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 15/02/2017 dal Consigliere Dott. LUCA SOLAINI.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La controversia concerne l’impugnazione dell’estratto di ruolo e delle cartelle di pagamento, asseritamente non notificate, inerenti un recupero Irpef e un recupero della tassa automobilistica.

La CTP accoglieva parzialmente il ricorso, in quanto riteneva valide le notifiche degli avvisi d’accertamento emessi dalla Regione Campania, mentre annullava le cartelle inerenti al recupero Irpef e relative addizionali, poichè nessuna prova era stata fornita in merito alla notifica dei prodromici avvisi d’accertamento.

All’esito dell’appello, la CTR confermava la sentenza di primo grado, in quanto il concessionario aveva solo prodotto le copie degli avvisi di ricevimento della notifica delle cartelle di pagamento inerenti l’Irpef, ma non la copia integrale delle stesse, e tale produzione nulla dimostrava sulla spettanza del credito tributario e, quindi, l’atto impugnato doveva ritenersi giuridicamente inesistente, con ciò giustificandosi la possibilità d’impugnazione diretta dell’estratto del ruolo da parte del contribuente, anche se atto interno, avendo lo stesso interesse a contrastare una determinata pretesa tributaria avanzata nei suoi confronti.

L’ufficio propone ricorso per cassazione sulla base di tre motivi, mentre sia il concessionario, che la Regione Campania e la parte contribuente non hanno spiegato difese scritte.

Il collegio ha deliberato di adottare la motivazione semplificata.

Con il primo e il secondo motivo di ricorso, che possono essere esaminati congiuntamente, in quanto strettamente connessi, l’ufficio denuncia il vizio di violazione di legge, in particolare, da una parte, dell’art. 100 c.p.c. e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, comma 3 e art. 21, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, e dall’altra, denuncia la violazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 25, comma 5, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto, i giudici d’appello avrebbero consentito l’impugnazione diretta del ruolo da parte del contribuente, pur in presenza di una rituale notifica delle cartelle di pagamento, non impugnate nei termini, con conseguente cristallizzazione della pretesa impositiva, ritenendo, invece, che la produzione della copia degli avvisi di ricevimento di invio delle cartelle, non corredate della copia integrale della stesse cartelle, non attestassero nulla sulla spettanza del credito tributario; pertanto, l’atto impugnato sarebbe inesistente, e il contribuente potrebbe impugnare direttamente il ruolo, per contrastare la pretesa tributaria nei suoi confronti, ma con evidente elusione dei termini decadenziali per impugnare l’atto impositivo.

Con il terzo motivo, l’ufficio denuncia la violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, in quanto, i giudici d’appello non si sarebbero pronunciati sull’eccezione proposta dall’ufficio secondo la quale, in presenza di un controllo automatizzato, D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36, non vi è obbligo di alcuna comunicazione preventiva rispetto alla notifica della cartella.

I primi due motivi sono fondati, con assorbimento del terzo.

Nel caso di specie, le cartelle risultano ritualmente notificate e ciò risulta attestato sia dai giudici di primo grado (vedi la sentenza della CPT, in parte qua, p. 13 del ricorso) che dai giudici d’appello (v. sentenza impugnata), nè l’agente della riscossione aveva l’onere di produrre la copia integrale delle stesse (Cass. n. 10326/14), in quanto le cartelle si presumono conosciute, ex art. 1335 c.c., una volta pervenute all’indirizzo del destinatario e ritualmente consegnate a quest’ultimo (Cass. n. 9246/15). Pertanto, in tale situazione vale l’insegnamento di questa Corte, secondo cui “In tema di contenzioso tributario, l’estratto di ruolo, che è atto interno all’Amministrazione, non può essere oggetto di autonoma impugnazione, ma deve essere impugnato unitamente all’atto impositivo, notificato di regola con la cartella, in difetto non sussistendo interesse concreto e attuale ex art. 100 c.p.c., ad instaurare una lite tributaria, che non ammette azioni di accertamento negativo del tributo.” (Cass. n. 6610/13, confermata da Cass. ord. n. 16055/14).

Pertanto, nella presente vicenda, la contestuale impugnazione della cartella non opposta e, quindi, divenuta definitiva e del sottostante estratto del ruolo da parte del contribuente è inammissibile, perchè gli si consentirebbe di rimettere in discussione la pretesa tributaria decorso il termine perentorio di 60 gg. dalla notifica della cartella, con palese elusione del disposto di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21.

Va, conseguentemente accolto il ricorso, cassata senza rinvio l’impugnata sentenza e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, ex art. 384 c.p.c., rigettato l’originario ricorso introduttivo del contribuente.

In considerazione dell’alterno esito delle varie fasi del giudizio, può disporsi la compensazione delle spese dei due gradi del giudizio di merito, mentre quelle relative al giudizio di legittimità vanno poste a carico di D.S.A. in base al principio della soccombenza e liquidate come in dispositivo.

Vanno dichiarate non ripetibili le spese nei confronti della Regione Campania, estranea al rapporto controverso dedotto nel presente giudizio, e nei confronti di Equitalia Sud s.p.a., non portatrice di un interesse contrapposto a quello della ricorrente Agenzia delle entrate.

PQM

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo del contribuente D.S.A..

Dichiara compensate le spese del giudizio di merito e condanna D.S.A. al pagamento in favore dell’Agenzia delle entrate dalle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 2.300,00, oltre spese prenotate a debito. Dichiara non ripetibili le spese del giudizio di cassazione nei confronti della Regione Campania e di Equitalia Sud s.p.a.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 15 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 22 settembre 2017

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