Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22182 del 05/09/2019

Cassazione civile sez. III, 05/09/2019, (ud. 26/06/2019, dep. 05/09/2019), n.22182

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi A. – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – rel. Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5329-2018 proposto da:

VALLE DEI TRULLI SRL in persona del suo amministratore unico e legale

rappresentante p.t., elettivamente domiciliata in ROMA, P.ZZA B.

CAIROLI, 2, presso lo studio dell’avvocato ORAZIO CASTELLANA,

rappresentata e difesa dall’avvocato TOMMASO SAVITO;

– ricorrente –

contro

COOPERLAT SOC. COOP. AGRICOLA, in persona del suo Presidente, legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

F. CESI, N. 21, presso lo studio dell’avvocato CATERINA PRINCIPATO,

rappresentata e difesa dall’avvocato ANTONIO SQUILLACE;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1260/2017 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

depositata il 17/08/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

26/06/2019 dal Consigliere Dott. ENRICO SCODITTI.

Fatto

RILEVATO

che:

Cooperlat Soc. Coop. Agricola convenne in giudizio innanzi al Tribunale di Ancona Valle dei Trulli s.r.l. chiedendo la condanna al risarcimento del danno da inadempimento contrattuale. Il Tribunale adito accolse parzialmente la domanda condannando la convenuta al risarcimento del danno nella misura di Euro 240.000,00 oltre rivalutazione con compensazione dell’importo ancora dovuto dall’attrice nella misura di Euro 113.211,62. Avverso detta sentenza proposero appello principale Valle dei Trulli ed incidentale la controparte. Con sentenza di data 17 agosto 2017 la Corte d’appello di Ancona rigettò l’appello principale ed accolse quello incidentale, condannando Valle dei Trulli, previa compensazione dell’importo di Euro 113.211,62, al pagamento della somma di Euro 259.808,09, oltre la rivalutazione monetaria, data la natura di valore del debito e la possibilità dunque della liquidazione anche d’ufficio.

Osservò la corte territoriale che sulla base dei tre fax, ed in particolare quello del 19 aprile 2007 con cui Valle dei Trulli aveva formulato l’offerta definitiva di fornitura di latte circostanziata nei quantitativi, tempistica e prezzi specificati per modalità di consegna da maggio a dicembre 2007, con l’intervenuta accettazione tramite il fax di pari data, doveva ritenersi concluso l’accordo sugli aspetti necessari e sufficienti del contratto, non potendosi dare rilievo all’espressione “disponibilità a firmare un contratto di fornitura”, usata nel fax di Valle dei Trulli, non solo perchè andava privilegiato il criterio teleologico dell’atto (proposta commerciale palesemente definitiva), ma anche perchè la prassi commerciale, improntata ad esigenze di economicità e speditezza, escludeva una eccessiva formalità nella conclusione dei contratti di fornitura di merce. Aggiunse che al detto contratto Valle dei Trulli aveva dato parziale esecuzione, potendo solo in tale chiave essere interpretati i numerosi documenti di trasporto, senza che tale principio di esecuzione potesse essere escluso sulla base dei pregressi rapporti, e che il riferimento ad “incontro fissato” nel fax del 6 giugno 2007 di Cooperlat, che aveva fatto seguito a quello di Valle dei Trulli con cui si comunicava la cessazione della fornitura in mancanza del rialzo del prezzo, non poteva che essere ragionevolmente ricollegato ad una riunione a fini transattivi piuttosto che a quelli della firma del contratto. Aggiunse ancora che tardivo, in quanto non proposto in primo grado nei termini di cui all’art. 183, comma 6, n. 1 c.p.c., era il motivo di appello relativo alla carenza di potere di rappresentanza da parte di entrambi i soggetti che avevano concluso l’accordo e che, rispetto alle due condizioni di cui all’art. 1467 c.c. rappresentate dal verificarsi nel corso dell’esecuzione del contratto di un significativo squilibrio fra le prestazioni e di avvenimenti straordinari ed imprevedibili all’epoca della conclusione del contratto, l’appellante si era limitata a riferire dell’intervenuta eccessiva onerosità della propria prestazione, senza tuttavia collegarla ai detti avvenimenti straordinari ed imprevedibili, avendo solo nella memoria di cui all’art. 183 c.p.c., comma 6, n. 2, e dunque tardivamente, denunciato che l’eccessivo rialzo del prezzo del latte sarebbe stato provocato da proteste degli allevatori che avevano bloccato le vie di comunicazione (peraltro non aveva dimostrato l’appellante principale non solo la verificazione dell’evento, di per sè non rientrante nel notorio, ma anche la sua efficacia causale rispetto al contestato straordinario rialzo dei prezzi). Osservò inoltre la corte territoriale che la deduzione dell’appellante circa il fatto che Cooperlat avrebbe potuto recuperare i maggiori costi del latte scaricandoli sul prezzo finale dei prodotti derivati era irrilevante ancor prima che non provata perchè, anche volendo ipotizzare che un rialzo dei costi della materia prima potesse condurre automaticamente al rialzo del prodotto finito, il punto era che “Cooperlat aveva comunque diritto al prezzo dalla stessa contrattualmente stabilito con Valle dei Trulli” e che l’importo del risarcimento era ampiamente riscontrato dalla documentazione relativa ai maggiori costi sopportati presso gli altri fornitori.

Ha proposto ricorso per cassazione Valle dei Trulli s.r.l. sulla base di quattro motivi e resiste con controricorso la parte intimata. E’ stato fissato il ricorso in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c.. E’ stata presentata memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con il primo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1321,1322,1324 e 1326 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osserva la ricorrente che nel fax del 19 aprile 2007 vi erano le mere puntualizzazioni per la successiva formalizzazione del contratto di fornitura a mezzo dei rispettivi legali rappresentanti e l’accettazione della proposta era a “a tutte le condizioni in essa contenute”, e dunque circa la necessità di formalizzare per iscritto i patti, e che per un verso restavano ulteriori profili secondari su cui stabilire l’accordo, per l’altro le trattative si erano svolte solo fra i direttori commerciali, che non avevano il potere di concludere un accordo per un rapporto di durata. Aggiunge che le forniture effettuate nei mesi di maggio e giugno 2007 erano relative ai singoli ordinativi, come per le pregresse forniture intervenute fra le parti, e non ad un rapporto di durata, sicchè tali forniture non potevano essere intese come esecuzione del contratto, e che il riferimento ad “incontro fissato” nel fax del 6 giugno 2007 di Cooperlat era da intendere alla formalizzazione del contratto.

Il motivo è inammissibile. La valutazione se le parti abbiano raggiunto un accordo giuridicamente vincolante o abbiano soltanto steso la bozza di un futuro accordo, come tale non giuridicamente vincolante, è rimessa al giudice di merito, la cui valutazione è insindacabile in sede di legittimità se non nei limiti della denuncia del vizio motivazionale (Cass. 4 febbraio 2009, n. 2720), nella specie non proposta. La censura refluisce nel mero sindacato del giudizio di fatto, precluso in sede di legittimità, come quando si contrappone alla valutazione di merito del giudice di appello del riferimento ad “incontro fissato” nel fax del 6 giugno 2007 di Cooperlat o della valenza delle forniture avvenute nei mesi di maggio e giugno un diverso apprezzamento di merito. Quanto poi alla questione del potere dei direttori commerciali di concludere il contratto, non impugnata è la statuizione di tardività, in quanto non proposto in primo grado nei termini di cui all’art. 183 c.p.c., comma 6, n. 1, del motivo di appello relativo alla carenza di potere di rappresentanza, sicchè la censura resta priva di decisività.

Con il secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1467 e 2697 c.c., nonchè degli artt. 183 e 116 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osserva la ricorrente che nella comparsa di costituzione in primo grado era stata indicata la percentuale di aumento del prezzo del latte, precisando che non poteva essere inclusa nella normale alea del contratto, e che comunque con la memoria ai sensi dell’art. 183 c.p.c., comma 6, n. 2, con cui era stato indicato l’evento eccezionale delle proteste degli allevatori, si può replicare a quanto dedotto dalla controparte. Aggiunge che la straordinarietà ed imprevedibilità dell’aumento del prezzo del latte si evince dagli stessi documenti prodotti dalla controparte, ossia dai costi sopportati da quest’ultima per le relative forniture, e che la deduzione delle proteste degli allevatori nella memoria del 26 settembre 2008, circostanza comunque rientrante nel notorio, non costituisce nuova allegazione ma semplicemente spiegazione di un fenomeno, l’impennata del prezzo del latte nel giugno 2007, pure allegato e documentato. Conclude nel senso che incomprensibile è la mancata ammissione di CTU.

Il motivo è inammissibile. Il giudice di merito ha affermato che elementi costitutivi della fattispecie di cui all’art. 1467 c.c. sono il verificarsi nel corso dell’esecuzione del contratto di un significativo squilibrio fra le prestazioni e gli avvenimenti straordinari ed imprevedibili all’epoca della conclusione del contratto, e che il secondo elemento costitutivo, rappresentato dalle proteste degli allevatori che avevano bloccato le vie di comunicazione, è stato tardivamente allegato solo nella memoria di cui all’art. 183 c.p.c., comma 6, n. 2. Tale ratio decidendi non è stata adeguatamente impugnata essendosi la ricorrente limitata ad asserire la funzione della memoria di cui all’art. 183, comma 6, n. 2 di replica alle deduzioni di controparte, ma non impugnata resta la statuizione di necessaria duplicità degli elementi costitutivi della fattispecie e di tardiva allegazione di uno dei due elementi. A fronte della mancata impugnazione della ratio decidendi in discorso priva di decisività è la censura relativa all’esistenza della straordinarietà ed imprevedibilità dell’aumento del prezzo del latte, che peraltro attiene ancora una volta, come per il primo motivo, al mero giudizio di fatto, insindacabile in quanto tale in sede di legittimità.

Non impugnata poi, e trattasi di ulteriore profilo di assenza di decisività della censura, è l’affermazione secondo cui non dimostrata è l’efficienza causale dell’evento delle proteste degli allevatori rispetto al contestato straordinario rialzo dei prezzi.

Infine resta rimessa alla discrezionale valutazione del giudice di merito l’ammissione di CTU.

Con il terzo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1223,1224 e 2697 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osserva la ricorrente che Cooperlat aveva l’onere di dimostrare di avere mantenuto costanti i prezzi di vendita del prodotto finito ceduto ai propri clienti (diversamente ricavandone un ingiusto arricchimento, come di fatto avvenuto, essendo ragionevole che un imprenditore accorto non mantenga costante il prezzo di vendita a fronte dell’aumento dei costi della materia prima), mentre non aveva Valle dei Trulli l’onere di provare che tale ricarico dei prezzi vi fosse stato.

Il motivo è inammissibile. Ha affermato il giudice di appello che la deduzione dell’appellante circa il fatto che Cooperlat avrebbe potuto recuperare i maggiori costi del latte scaricandoli sul prezzo finale dei prodotti derivati era irrilevante perchè “Cooperlat aveva comunque diritto al prezzo dalla stessa contrattualmente stabilito con Valle dei Trulli”. Tale ratio decidendi non è stata impugnata sicchè resta priva di decisività la censura in esame.

Con il quarto motivo, sia pure non articolato come tale, la ricorrente denuncia la violazione dell’art. 1224 c.c. per essere stato ritenuto il debito di valore anzichè di valuta e che non vi era stata domanda circa la rivalutazione.

Il motivo è infondato. L’obbligazione di risarcimento del danno, sebbene derivante da inadempimento contrattuale, costituisce debito di valore, sicchè deve essere quantificata tenendo conto, anche d’ufficio, della svalutazione monetaria sopravvenuta fino alla data della liquidazione (da ultimo Cass. n. 13225 del 2016).

Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

Poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 e viene disatteso, sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, che ha aggiunto al testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, il comma 1 – quater della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

PQM

Rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 7.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 26 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 5 settembre 2019

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