Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22181 del 12/09/2018

Cassazione civile sez. lav., 12/09/2018, (ud. 17/04/2018, dep. 12/09/2018), n.22181

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –

Dott. MIGLIO Francesca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18139-2013 proposto da:

E.N.A.C. – ENTE NAZIONALE AVIAZIONE CIVILE, C.F. (OMISSIS), in

persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso

dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia

in ROMA, ALLA VIA DEI PORTOGHESI 12, ope legis;

– ricorrente –

contro

A.G., T.P.M.,

T.F.R., nella qualità di eredi di T.G., elettivamente

domiciliati in ROMA, PIAZZA DELLA LIBERTA’ 10, presso lo studio

degli avvocati FRANCESCO CAPECCI e ENRICO PERRELLA, che li

rappresentano e difendono giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3699/2013 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 24/04/2013 R.G.N. 6652/2008.

Fatto

RILEVATO

che con sentenza in data 24 aprile 2013, la Corte di Appello di Roma ha confermato la sentenza del Tribunale della medesima città, che aveva accolto la domanda proposta da A.G., T.F.R. e T.P.M., in qualità di eredi di T.G., di condanna dell’ENAC al pagamento della retribuzione di posizione in ragione dello svolgimento continuativo, da parte della T., di incarichi di cui all’art. 83, lett. a) e b) del CCNL del personale non dirigente;

che avverso la sentenza della Corte d’Appello, l’ENAC ha proposto ricorso affidato a tre motivi, cui hanno resistito con controricorso gli eredi di T.G.;

che gli eredi di T.G. hanno depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. Con il primo motivo il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 76, 83, 84, 87 e 92 del CCNL per il personale non dirigente dell’ENAC 1998/2001, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Ad avviso dell’ENAC, la Corte d’Appello avrebbe erroneamente accolto la tesi degli eredi di T.G., secondo la quale quest’ultima avrebbe svolto incarichi professionali aggiuntivi rispetto all’attività e alle mansioni ordinarie, ai sensi dell’art. 83, lett. 1.b del CCNL di categoria, pur senza procedere alla loro individuazione e verificazione e senza alcuna indagine comparativa tra l’attività ordinaria e quella aggiuntiva;

2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

In sostanza il primo motivo di ricorso viene svolto anche con riguardo al vizio motivazionale: secondo l’ENAC la Corte territoriale avrebbe ritenuto apoditticamente che le attività espletate dalla T. e descritte nel ricorso di primo grado rientrassero tra quelle di cui all’art. 83 CCNL, quali attività con contenuti di alta professionalità e specializzazione riportate nella tabella allegata al verbale di accordo del 29.11.2003, che enuncia, a titolo esemplificativo, gli incarichi previsti dall’art. 83 CCNL, senza in realtà esaminarne le caratteristiche, nè darne opportuno riscontro in motivazione;

3. con il terzo motivo il ricorrente deduce che la retribuzione di posizione sarebbe stata erroneamente riconosciuta dalla Corte territoriale con riferimento ad incarichi espletati in epoca precedente al verbale di accordo del 19.11.2003 che, regolando anche fattispecie riguardanti incarichi già attribuiti ai professionisti, ha previsto la necessità di conferma dei medesimi ad opera del Direttore Generale, circostanza non sussistente nella specie;

1.1.2.1. I primi due motivi di ricorso, per la connessione che li caratterizza, devono trattarsi congiuntamente.

Il collegio rileva in primo luogo che la Corte territoriale ha qualificato le attività dedotte nel ricorso introduttivo del giudizio di primo grado dalla T., (relative alla rappresentanza in organismi internazionali e comunitari e o di esperto incaricato in gruppi, a compiti di elevata specializzazione, di coordinamento per lo sviluppo, risultanti dalla documentazione allegata) incarichi riconducibili alle varie ipotesi previste dall’art. 83 del CCNL 1998-2001, anche in quanto coincidenti con quelli di cui alla tabella allegata al verbale di accordo del 19.11.2003.

La Corte di Appello ha, dunque, affrontato la disamina dell’accordo sindacale del 19.11.2003, quale disposizione negoziale più specifica rispetto alla formulazione più generica contenuta negli artt. 83 e 92 CCNL ENAC e 7 del CCNI, ed ha ritenuto che le attività allegate in ricorso e provate mediante la documentazione prodotta in giudizio potessero sussumersi nella classificazione degli incarichi come contenuta in maniera dettagliata nella tabella elaborata dalla Commissione paritetica delegata dalle parti sociali.

Tale “ratio decidendi” non risulta idoneamente censurata dall’ENAC, che, secondo quanto affermato dalla Corte territoriale, si è limitata a dedurre che gli incarichi indicati in ricorso non esulavano dall’attività istituzionale dell’ente e che le attività descritte erano proprie della qualifica e del profilo di appartenenza della T.. Ne consegue la infondatezza dei primi due motivi;

3.1. In ordine al terzo motivo, il collegio osserva che la Corte di Appello, sull’assenza del provvedimento formale, ha così motivato: “quanto alla condizione del provvedimento formale di assegnazione, che l’ENAC assume non adottato in conformità alla procedura sancita dall’art. 7 CCNI del 7.2.2003, secondo cui la retribuzione di posizione viene conferita, su proposta dei responsabili delle strutture, unicamente dal Direttore Generale, questa Corte osserva che il verbale di accordo del 19.11.2003, con il quale sono stati definiti í criteri per la determinazione della retribuzione dí posizione, prevede espressamente in sede di prima applicazione della disciplina, la conferma degli incarichi già attribuiti e che tali incarichi producono “arretrati”, con la relativa decorrenza. Non è ipotizzabile, rispetto ad incarichi conferiti in epoca precedente e ancora in corso, l’adozione di criteri, formalità e procedure che erano stati concertati dalla Commissione paritetica solo con il verbale del 19.11.2003.” La correttezza di tale argomentazione non è stata idoneamente censurata dal ricorrente, atteso che l’art. 7 CCNI 1998 – 2001 per il conferimento dell’incarico di posizione organizzativa effettivamente prevede la competenza del direttore generale, ma l’art. 83 CCNL non individua il soggetto che con atti scritti deve assumere la decisione. Va quindi rammentato che, come già affermato da questa Corte in casi analoghi (Cfr. Cass. 22470 e 20545 del 2016) il principio enunciato in materia di svolgimento di fatto di mansioni superiori, che riconosce la relativa retribuzione ex art. 2126 c.c., pur in assenza di un formale provvedimento di assegnazione, deve essere applicato anche nel caso di specie, trovando il suo fondamento nell’art. 36 Cost., non ricorrendo alcuno dei presupposti che avrebbero potuto giustificare l’esclusione del diritto della T. alla retribuzione proporzionata e sufficiente alla qualità e quantità del lavoro prestato e non risultando nemmeno prospettato dall’ENAC che l’attribuzione di incarichi corrispondenti a posizioni organizzative fosse avvenuta all’insaputa o contro la volontà dell’Amministrazione.

Ne consegue la infondatezza anche del terzo motivo di ricorso;

4. per le esposte motivazioni il ricorso deve essere rigettato;

5. le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

Non sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, in quanto la norma non può trovare applicazione nei confronti delle Amministrazioni dello Stato che, mediante il meccanismo della prenotazione a debito, sono esentate dal pagamento di tasse e imposte gravanti sul processo.(Cass. n. 1778 del 2016).

PQM

La Corte rigetta il ricorso;

condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4.000,00 per compensi, Euro 200,00 per spese, oltre 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, si dà atto che non sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 17 aprile 2018.

Depositato in Cancelleria il 12 settembre 2018

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