Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22181 del 03/08/2021

Cassazione civile sez. lav., 03/08/2021, (ud. 03/03/2021, dep. 03/08/2021), n.22181

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 9977-2015 proposto da:

I.N.P.S. ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e

quale mandatario della S.C.C.I. S.P.A. Società di Cartolarizzazione

dei Crediti I.N.P.S., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CESARE

BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto,

rappresentati e difesi dagli avvocati ANTONINO SGROI, EMANUELE DE

ROSE, CARLA D’ALOISIO, LELIO MARITATO;

– ricorrenti –

contro

DIS S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA POMPEO MAGNO, 23/A, presso lo

studio dell’avvocato GIAMPIERO PROIA, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 414/2014 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI,

depositata il 09/01/2015 R.G.N. 546/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

03/03/2021 dal Consigliere Dott. LUIGI CAVALLARO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FRESA MARIO, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato ANTONINO SGROI;

udito l’Avvocato MAURO PETRASSI, per delega verbale Avvocato

GIAMPIERO PROIA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con sentenza depositata il 9.1.2015, la Corte d’appello di Cagliari, in riforma della pronuncia di primo grado e per quanto rileva ancora in questa sede, ha dichiarato non dovute le somme pretese dall’INPS a titolo di aiuti di Stato indebitamente fruiti in relazione a otto contratti di formazione e lavoro stipulati da DIS s.r.l. con altrettanti lavoratori.

La Corte, in particolare, ha ritenuto che, sebbene i contratti in questione non fossero stati convertiti in rapporti di lavoro a tempo indeterminato, tale conversione non poteva dirsi necessaria ai fini della legittima fruizione degli aiuti, dal momento che la decisione della Commissione Europea 11.5.1999 (2000/128/CE) aveva stabilito la compatibilità con il mercato comune di quei contratti di formazione e lavoro che creino nuovi posti di lavoro nel senso definito dagli Orientamenti in materia di aiuti all’occupazione, ossia in rapporto all’organico dell’impresa calcolato come media su un certo periodo e in presenza di una certa stabilità dell’impiego creato, e tale ultimo requisito ben poteva reputarsi integrato nel caso di specie, essendo stati i lavoratori assunti per la durata minima di due anni.

Avverso tali statuizioni ha proposto ricorso per cassazione l’INPS, deducendo un motivo di censura. DIS s.r.l. ha resistito con controricorso, successivamente illustrato con memoria. La causa è stata rimessa alla pubblica udienza, in considerazione della rilevanza della questione di diritto, con ordinanza del 4.11.2020.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo di censura, l’INPS denuncia violazione e falsa applicazione della decisione della Commissione Europea dell’11.5.1999 (2000/128/CE) per avere la Corte di merito ritenuto che l’odierna controricorrente avesse diritto a beneficiare degli sgravi anche in relazione agli otto contratti di formazione e lavoro che non erano stati convertiti in contratti a tempo indeterminato: ad avviso dell’Istituto, infatti, la decisione della Commissione Europea dell’11.5.1999, cit., escluderebbe in radice che gli aiuti per l’assunzione mediante contratti di formazione e lavoro possano dirsi destinati alla creazione netta di posti di lavoro nel senso indicato dagli Orientamenti in materia di aiuti all’occupazione, e ciò nonostante che i giudici di merito abbiano nella specie accertato che l’assunzione degli otto lavoratori avrebbe realizzato un incremento netto dell’occupazione rispetto alla media degli ultimi dodici mesi, senza che vi sia stata mera sostituzione di lavoratori cessati dal servizio.

Il motivo è infondato.

Va premesso, al riguardo, che gli Orientamenti ult. cit. (pubblicati in G.U.C.E. del 12.12.1995) distinguono tra “aiuti al mantenimento dell’occupazione” e “aiuti alla creazione di posti di lavoro”: i primi ricorrono allorché il sostegno sia fornito ad un’impresa “al fine d’incoraggiarla a non licenziare i lavoratori da essa dipendenti” (cfr. Orientamenti cit., punto 16), i secondi allorché il sostegno abbia “l’effetto di procurare un impiego a lavoratori che non ne hanno ancora trovato uno o che hanno perso l’impiego precedente”, con la precisazione che “per creazione di posti di lavoro deve intendersi creazione netta, vale a dire comportante almeno un posto supplementare rispetto all’organico (calcolato come media su un certo periodo) dell’impresa in questione)” (ibid., punto 17).

Soggiunge inoltre il punto 21, terzo alinea, degli Orientamenti cit. che “per valutare favorevolmente gli aiuti che rientrano nelle categorie precedenti (ossia gli “aiuti destinati alla creazione di nuovi posti di lavoro nelle PMI e nelle regioni ammissibili agli aiuti a finalità regionali” e quelli rivolti “alla divisione del lavoro”: punto 21 cit., primo e secondo alinea), la Commissione considererà attentamente le modalità del contratto di lavoro, quali, in particolare, l’obbligo di effettuare l’assunzione nel quadro di un contratto a tempo indeterminato o di durata sufficientemente lunga e quello di mantenere il nuovo posto di lavoro per un periodo di tempo minimo dopo la sua creazione, giacché tali condizioni costituiscono una garanzia della stabilità del lavoro creato”.

Coerentemente con tali premesse, la decisione della Commissione Europea dell’11.5.1999, cit., ha motivato la decisione d’incompatibilità con il mercato comune degli sgravi previsti per la stipula di contratti di formazione e lavoro sul presupposto che, di norma, essi non siano “destinati alla creazione netta di posti di lavoro” (punto 74, secondo alinea): come si legge nei successivi punti 93 e 94, “gli aiuti all’assunzione mediante contratti di formazione e lavoro rappresentano aiuti al mantenimento dell’occupazione, quando non riguardano lavoratori che incontrano difficoltà specifiche ad inserirsi o reinserirsi nel mercato del lavoro, – vale a dire i giovani con meno di 25 anni, i giovani laureati fino a 29 anni ed i disoccupati di lunga durata (più di un anno di disoccupazione) – o quando non sono destinati alla creazione di nuovi posti di lavoro”, dal momento che, non essendo richiesta “la condizione della creazione di nuovi posti di lavoro”, ma semplicemente “di non aver proceduto a licenziamenti”, tali aiuti “possono incoraggiare le imprese a sostituire i lavoratori in seguito ad una partenza spontanea” e dunque al “mantenimento del numero dei dipendenti senza tuttavia portare alla creazione di nuovi posti di lavoro”.

Decisivo al fine di giudicare della legittimità dell’aiuto è dunque il fatto che esso abbia riguardato “la creazione di nuovi posti di lavoro nell’impresa beneficiaria a favore di lavoratori che non hanno ancora trovato un impiego o che hanno perso l’impiego precedente, nel senso definito dagli Orientamenti in materia di aiuti all’occupazione”, oppure “l’assunzione di lavoratori che incontrano difficoltà specifiche ad inserirsi o a reinserirsi nel mercato del lavoro”, ossia, come anzidetto, giovani con meno di 25 anni, giovani laureati fino a 29 anni e disoccupati da più di un anno (così, specificamente, l’art. 1, comma 1, primo e secondo alinea, della Decisione più volte cit.); fermo restando che il requisito della “creazione di nuovi posti di lavoro” va valutato, giusta la previsione del punto 17 degli Orientamenti cit., pur sempre come “comportante almeno un posto supplementare rispetto all’organico (calcolato come media su un certo periodo) dell’impresa in questione)” e che, all’uopo, rileveranno “le modalità del contratto di lavoro, quali, in particolare, l’obbligo di effettuare l’assunzione nel quadro di un contratto a tempo indeterminato o di durata sufficientemente lunga e quello di mantenere il nuovo posto di lavoro per un periodo di tempo minimo dopo la sua creazione, giacché tali condizioni costituiscono una garanzia della stabilità del lavoro creato” (ibid., punto 21, parimenti cit.).

Ciò posto, risulta evidente che non vi è nulla nel diritto dell’Unione che possa indurre a ritenere che la compatibilità con la disciplina degli aiuti di Stato degli sgravi previsti dalla legge italiana per la stipula di contratti di formazione e lavoro dipenda dalla successiva trasformazione del contratto di formazione e lavoro in un contratto di lavoro a tempo indeterminato: tale compatibilità, per quanto rileva nella presente fattispecie, si rivela piuttosto ancorata alla circostanza che l’assunzione con contratto di formazione e lavoro abbia comportato una “creazione netta” di nuova occupazione nel senso definito dagli Orientamenti in materia di aiuti all’occupazione, ossia “un incremento netto del numero di dipendenti occupati a tempo pieno per un anno (…) nello stabilimento considerato rispetto alla media del periodo di riferimento”, tenendo conto che all’uopo rileva semmai un obbligo “di mantenere i posti di lavoro creati per un periodo minimo” (CGUE, 2.4.2009, C-415/07, Lodato, p. 31).

Ne’ può sostenersi che tale “creazione netta” debba obbligatoriamente riportarsi alla trasformazione del contratto di formazione e lavoro in contratto di lavoro a tempo indeterminato, come invece sostenuto dall’INPS: siffatta trasformazione è stata bensì ritenuta necessaria da questa Corte per fruire legittimamente dello sgravio L. n. 218 del 1978, ex art. 59, (v. in tal senso Cass. nn. 11427 del 2006 e 7124 del 2016), ma non della legittima fruizione di sgravi secondo la normativa nazionale qui si discute, bensì della compatibilità con il diritto dell’Unione di sgravi (rectius, aiuti di Stato) legittimamente goduti secondo la legislazione italiana; e trattasi di fattispecie affatto differenti e giammai sovrapponibili, non essendo consentita all’interprete alcuna interpolazione di comandi provenienti da fonti normative che appartengono ad ordinamenti che, pur essendo coordinati, rimangono diversi (cfr. in tal senso già Cass. n. 15385 del 2017).

Pertanto, tenuto conto che, nella specie, i giudici di merito hanno accertato, come già ricordato, che le assunzioni con contratto di formazione e lavoro in questione hanno comportato un incremento netto dell’occupazione, rispetto alla media degli ultimi dodici mesi, per la durata minima di due anni e che tali assunzioni non hanno sostituito lavoratori precedentemente cessati dall’impiego (così la sentenza impugnata, pag. 6), il ricorso va rigettato, provvedendosi come da dispositivo sulle spese del giudizio di legittimità, che seguono la soccombenza.

Tenuto conto del rigetto del ricorso, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in Euro 5.450,00, di cui 5.250,00 per compensi, oltre spese generali in misura pari al 1 5 % e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 3 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 3 agosto 2021

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