Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2218 del 27/01/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 27/01/2017, (ud. 21/10/2016, dep.27/01/2017),  n. 2218

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAGONESI Vittorio – rel. Presidente –

Dott. CRISTIANO Magda – Consigliere –

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12582-2015 proposto da:

S.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI GRACCHI

187, presso lo studio dell’avvocato MARCELLO MAGNANO DI SAN LIO,

rappresentato e difeso dall’avvocato MARCELLO IACA giusta procura a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

C.P.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1753/2014 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

emessa il 10/12/2014 e depositata il 17/12/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

21/10/2016 dal Consigliere Relatore Dott. VITTORIO RAGONESI.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte, rilevato che sul ricorso n. 12582/2015 proposto da S.G. nei confronti C.P. il cons. relatore ha depositato ex art. 380 bis c.p.c. la relazione che segue.

“Il relatore Cons. Ragonesi, letti gli atti depositati, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c. osserva quanto segue.

S.G. ha presentato ricorso per cassazione avverso la sentenza n. 1753/2014 della Corte d’Appello di Catania del 17.12.2014, che ha rigettato l’impugnazione avverso la sentenza emessa dal Tribunale, che aveva posto a carico dell’attuale ricorrente l’obbligo di pagare alla C. 300,00 Euro mensili a titolo di assegno divorzile.

Con i due motivi di ricorso per cassazione il S. contesta la decisione assunta dalla Corte d’Appello richiamando l’esito del giudizio di primo e secondo grado, la documentazione prodotta, le valutazioni anche presuntive dei giudici di primo e secondo grado in ordine alla diversa consistenza economica dei redditi dei due ex coniugi e afferma la ricorrenza di una omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione e la ricorrenza di violazione di legge ex art. 2697 c.c. ed ex art. 115 c.p.c..

Questa Corte si è già pronunciata in tema di ammissibilità del ricorso in ordine al vizio richiamato di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione evidenziando che: “La motivazione omessa o insufficiente è configurabile soltanto qualora dal ragionamento del giudice di merito, come risultante dalla sentenza impugnata, emerga la totale obliterazione di elementi che potrebbero condurre ad una diversa decisione, ovvero quando sia evincibile l’obiettiva carenza, nel complesso della medesima sentenza, del procedimento logico che lo ha indotto, sulla base degli elementi acquisiti, al suo convincimento, ma non già quando, invece, vi sia difformità rispetto alle attese ed alle deduzioni della parte ricorrente sul valore e sul significato dal primo attribuiti agli elementi delibati, risolvendosi, altrimenti, il motivo di ricorso in un’inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e del convincimento di quest’ultimo tesa all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, certamente estranea alla natura ed ai fini del giudizio di cassazione” (Cass. SU n. 24148/2013, ed ancora che: “L’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nella formulazione risultante dalle modifiche introdotte dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, prevede l'”omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione”, come riferita ad “un fatto controverso e decisivo per il giudizio” ossia ad un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico naturalistico, non assimilabile in alcun modo a “questioni” o “argomentazioni” che, pertanto, risultano irrilevanti, con conseguente inammissibilità delle censure irritualmente formulate” (Cass. Sez. 5 n. 21152/2014).

La considerazione della sentenza del giudice di secondo grado evidenzia un analitico percorso argomentativo e logico nella valutazione degli elementi e mezzi di prova acquisiti, mentre dalla articolazione del ricorso non emerge in modo chiaro e univoco quale sarebbe la circostanza in senso storico naturalistico che sarebbe stata omessa nel corso della valutazione e decisione del giudice, risolvendosi di fitto il motivo di ricorso in una inammissibile istanza di revisione del giudizio di fatto realizzato, elemento questo del tutto estraneo al giudizio di cassazione.

Nello stesso senso, pur presentandosi il precedente rilievo del tutto assorbente rispetto all’ulteriore motivo di ricorso articolato, occorre ricordare che quanto alla determinazione dell’assegno di divorzio deve escludersi la necessità di una puntuale considerazione, da parte del giudice di tutti, contemporaneamente, i parametri di riferimento indicati dalla L. 1 dicembre 1970, n. 898, art. 5, comma 6, (nel testo modificato dalla L. 6 marzo 1987, n. 74, art. 10), potendo valorizzare quello basato sulle condizioni economiche delle parti, in particolare apprezzando la deteriore situazione del coniuge avente diritto dall’assegno, oltre alla durata legale del matrimonio. (Cass. 7601/11: Cass. 9876/06 4617/98), circostanza di fatto questa emersa nel corso del giudizio, analiticamente provata anche con documentazione allegata dalla Tenenza della GDF di Lentini ed oggetto di puntuale ed analitica considerazione da parte del giudice di secondo grado.

In tal senso è da richiamare ulteriormente l’orientamento costante che ha chiarito che in tema di determinazione dell’assegno di divorzio, deve escludersi la necessità di una puntuale considerazione da parte del giudice, che dia adeguata giustificazione della propria decisione, di tutti, contemporaneamente e nella stessa misura, i parametri di riferimento indicati dalla L. 6 marzo 1987, n. 74, art. 5, comma 6; nè in tale contesto motivazionale va necessariamente tenuto conto, per determinare il “quantum” dell’assegno divorzile, del periodo intercorrente tra la separazione consensuale e la pronuncia di divorzio, nell’ambito del criterio della durata del vincolo matrimoniale, potendosi valorizzare la comparazione tra le condizioni economiche delle parti, in particolare apprezzando la deteriore situazione del coniuge avente diritto all’assegno (Cass. n. 2546/2014).

Nella specie, la misura dell’assegno è stata ineccepibilmente determinata dal giudice di secondo grado prendendo in considerazione i criteri di legge, dando evidentemente prevalenza alla comparazione tra le condizioni economiche delle parti, in particolare apprezzando la deteriore situazione del coniuge avente diritto all’assegno. E nel valutare tale difficoltà il giudice di secondo grado ha realizzato una valutazione concreta e non in astratto o meramente probabilistica (lavoro di collaboratrice domestica con reddito accertato a fronte della titolarità di diversi beni mobili e immobili), (Cass. n. 11870/2015).

Ricorrono i requisiti di cui all’art. 375 c.p.c. per la trattazione in camera di consiglio.

Considerato:

che il collegio condivide le conclusioni rassegnate nella relazione;

che in conclusione il ricorso va dichiarato inammissibile.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, il 21 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 27 gennaio 2017

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