Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22179 del 25/10/2011

Cassazione civile sez. III, 25/10/2011, (ud. 06/10/2011, dep. 25/10/2011), n.22179

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente –

Dott. MASSERA Maurizio – rel. Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 11346-2010 proposto da:

P.S. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA MERCALLI 6, presso lo studio dell’avvocato LEVANTI

ALESSANDRO, rappresentato e difeso dall’avvocato GUGLIELMO GUERRA

giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

ZURICH INSURANCE COMPANY P.L.C. (OMISSIS), in persona del suo

procuratore, elettivamente domiciliata in ROMA VIA GIORGIO VASARI 5,

presso lo studio dell’avvocato RUDEL RAOUL, che lo rappresenta e

difende unitamente all’avvocato MONTI ENRICO giusta procura speciale

in calce al controricorso;

– controricorrenti –

e contro

C.B. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA GIROGIO VASARI 5, presso lo studio dell’avvocato RUDEL

RAOUL, che lo rappresenta e difende giusta procura speciale in calce

al controricorso;

avverso la sentenza n. 280/2009 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA del

28/03/08, depositata il 02/03/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

06/10/2011 dal Consigliere Relatore Dott. MAURIZIO MASSERA;

è presente il P.G. in persona del Dott. TOMMASO BASILE.

La Corte, Letti gli atti depositati:

Fatto

OSSERVA

E’ stata depositata la seguente relazione:

1 – Con ricorso notificato il 15 aprile 2010 P.S. ha chiesto la cassazione della sentenza, non notificata, depositata in data 2 marzo 2009 dalla Corte d’Appello di Bologna che, in riforma della sentenza del Tribunale di Rimini (attributiva a C. B. del 30% di responsabilità), aveva rigettato la domanda di risarcimento dei danni conseguenti a sinistro stradale.

C.B. e Zurich Insurance Company P.L.C., hanno resistito con separati controricorsi.

2 – I sei motivi del ricorso risultano inammissibili, poichè la loro formulazione non soddisfa i requisiti stabiliti dall’art. 366-bis c.p.c.. Occorre rilevare sul piano generale che, considerata la sua funzione, la norma indicata (art. 366 bis c.p.c.) va interpretata nel senso che per, ciascun punto della decisione e in relazione a ciascuno dei vizi, corrispondenti a quelli indicati dall’art. 360, per cui la parte chiede che la decisione sia cassata, va formulato un distinto motivo di ricorso. Per quanto riguarda, in particolare, il quesito di diritto, è ormai jus receptum (Cass. n. 19892 del 2007) che è inammissibile, per violazione dell’art. 366 bis c.p.c., introdotto dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 6 il ricorso per cassazione nel quale esso si risolva in una generica istanza di decisione sull’esistenza della violazione di legge denunziata nel motivo. Infatti la novella del 2006 ha lo scopo di innestare un circolo selettivo e “virtuoso” nella preparazione delle impugnazioni in sede di legittimità, imponendo al patrocinante in cassazione l’obbligo di sottoporre alla Corte la propria finale, conclusiva, valutazione della avvenuta violazione della legge processuale o sostanziale, riconducendo ad una sintesi logico-giuridica le precedenti affermazioni della lamentata violazione. In altri termini, la formulazione corretta del quesito di diritto esige che il ricorrente dapprima indichi in esso la fattispecie concreta, poi la rapporti ad uno schema normativo tipico, infine formuli il principio giurìdico di cui chiede l’affermazione. Quanto al vizio di motivazione, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali l’insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione; la relativa, censura deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto), che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità (Cass. Sez. Unite, n. 20603 del 2007).

3. – Il primo motivo denuncia violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. in quanto il giudice deve decidere la causa e valutare le prove. Pur formalmente prospettata sotto il profilo della violazione di norme processuali, in realtà la censura riguarda questioni di fatto: la posizione dell’autocarro del C. e, conseguentemente, il punto d’urto.

E’ principio più che consolidato (confronta, ex multis, la recente Cass. n. 17097 del 2010) che l’esame dei documenti esibiti e delle deposizioni dei testimoni, nonchè la valutazione dei documenti e delle risultanze della prova testimoniale, il giudizio sull’attendibilità dei testi e sulla credibilità di alcuni invece che di altri, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata.

Inoltre il motivo in esame si riferisce a documenti (C.T.U., verbale dei carabinieri) nei confronti dei quali non è stato rispettato il disposto dell’art. 366 c.p.c., n. 6 (confronta, tra le altre, le recenti Cass. Sez. Un. n. 28547 del 2008; Cass. Sez. 3 n. 22302 del 2008).

Infine, il quesito finale non postula l’enunciazione di un principio di diritto fondato sulle norme indicate, ma implica apprezzamenti di fatto volti ad ottenere una decisione di merito più favorevole.

Il secondo motivo adduce violazione dell’art. 2054 c.c., comma 1. Il tema trattato è il ritenuto – dalla sentenza impugnata – superamento della presunzione di responsabilità di cui alla norma sulla base di valutazioni delle prove definite incongrue. Anche questa censura sottopone all’esame della Corte questioni esclusivamente di merito, contiene riferimenti alla C.T.U., si conclude con un quesito che postula non l’enunciazione di un principio di diritto, ma una decisione adottata all’esito di indagine fattuale.

Il terzo motivo ipotizza violazione dell’art. 141 C.d.S.. Il ricorrente si duole che la Corte territoriale abbia ritenuto che il C. abbia rispettato l’obbligo imposto dalla norma. Le argomentazioni a sostegno e il quesito finale attengono necessariamente – e inammissibilmente – al merito.

Le medesime caratteristiche negative determinano l’inammissibilità del quarto motivo che, analogamente, denuncia violazione dell’art. 143 C.d.S. e del quinto motivo, che adduce violazione dell’art. 118 C.d.S. con riferimento alle condizioni fisiche del P..

Il sesto motivo lamenta insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio.

Con esso si attribuisce alla Corte territoriale l’omessa lettura della relazione del C.T.U.. Ne consegue, a prescinder d’altro, l’inammissibilità della censura per la già rilevata violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 6. Il momento di sintesi finale non presenta i requisiti enunciati ai superiore punto 2), necessari per soddisfare le esigenze perseguite dall’art. 366 bis c.p.c..

4.- La relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata ai difensori delle parti;

Il P. e la Zurigo hanno presentato memorie; nessuna delle parti ha chiesto d’essere ascoltata in camera di consiglio;

5.- Ritenuto:

che, a seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, il collegio ha condiviso i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione;

che le argomentazioni addotte dal P. con la memoria non superano i rilievi contenuti nella relazione, restando confermate la natura fattuale delle censure, l’evidente violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 6, l’inidoneità di quesiti di diritto e momento di sintesi;

che pertanto il ricorso va dichiarato inammissibile; le spese seguono la soccombenza;

visti gli artt. 380-bis e 385 cod. proc. civ..

P.Q.M.

Dichiara il ricorso inammissibile. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate, a favore del C. e della Zurich, per la congiunta difesa, in complessivi Euro 8.200,00, di cui Euro 8.000,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 6 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 25 ottobre 2011

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