Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22179 del 14/10/2020

Cassazione civile sez. trib., 14/10/2020, (ud. 04/02/2020, dep. 14/10/2020), n.22179

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. STALLA Giacomo Maria – Presidente –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –

Dott. D’ORIANO Milena – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 3359/2014 R.G. proposto da:

L.B.G., L.B.N., L.B.S.A. e

T.M., anche nella qualità di eredi di L.B.G., rapp.ti e

difesi dall’avv. Salvatore Sammartino, come da mandato a margine del

ricorso, con cui elett.te domiciliano in Roma alla via

dell’Elettronica n. 20 presso lo studio dell’avv. Giuseppe Piero

Siviglia;

– ricorrenti –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore p.t., elett.te

domiciliata in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende, ope

legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 152/35/12 della Commissione Tributaria

Regionale della Sicilia, depositata il 18/12/2012, non notificata;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 4

febbraio 2020 dalla Dott.ssa Milena d’Oriano.

 

Fatto

RITENUTO

CHE:

1. con sentenza n. 152/35/12, depositata il 18 dicembre 2012, non notificata, la Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, in parziale riforma della sentenza n. 630/3/01 della CTP di Palermo, rigettava l’appello dei contribuenti ed accoglieva quello incidentale proposto dall’Agenzia delle Entrate, con compensazione delle spese di lite.

2. il giudizio aveva ad oggetto l’impugnazione di un avviso di liquidazione di maggiori imposte Invim, successione, ipotecaria e catastale, dovute sul valore dell’asse ereditario come definitivamente accertato a seguito di un contenzioso relativo all’avviso di accertamento notificato agli eredi di L.B.M.C. per la rettifica del valore dagli stessi dichiarati;

3. la C.T.P. di Palermo, in parziale accoglimento del ricorso, aveva dichiarato non dovuti i soli interessi richiesti dall’Amministrazione Finanziaria;

4. avverso tale sentenza avevano proposto appello in via principale i coeredi L.B., e in via incidentale l’Ufficio; il giudizio, sospeso a seguito di richiesta di condono ai sensi della L. n. 289 del 2002, art. 16, era proseguito all’esito della definizione con esito negativo per i contribuenti dell’impugnazione del diniego di condono;

5. la CTR, aveva confermato la validità dell’avviso impugnato ritenendo sufficiente ai fini della determinazione degli interessi l’indicazione del riferimento normativo; aveva rigettato quindi le eccezioni relative al difetto di motivazione, anche in relazione alla irrogazione delle sanzioni, sul presupposto che lo stesso conseguiva ad un avviso di accertamento di maggior valore, divenuto definitivo a seguito di giudicato; aveva ritenuto poi inapplicabile sia la riduzione di imposta di cui al D.Lgs. n. 346 del 1999, art. 25, comma 2, non risultando comunicato il decreto di riconoscimento del vincolo ex L. n. 1089 del 1939, sia l’estinzione della sanzione D.Lgs. n. 472 del 1997, ex art. 8 per essere irrilevante a tali fini il decesso del coerede che aveva presentato la dichiarazione di successione;

6. avverso la sentenza di appello, i contribuenti hanno proposto ricorso per cassazione, consegnato per la notifica il 23-1-2014, affidato a sei motivi, e depositato memoria ex art. 380 bis c.p.c.; l’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. con il primo motivo i ricorrenti deducono la violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 7, del D.P.R. n. 637 del 1972, artt. 26 e 33 e del D.Lgs. n. 346 del 1990, artt. 27,33 e 34 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, censurando la sentenza impugnata nella parte in cui aveva ritenuto l’avviso adeguatamente motivato, in quanto atto successivo ad un avviso di accertamento di maggior valore, benchè nello stesso non fossero riportate le norme di riferimento, nè i criteri di determinazione della base imponibile delle imposte dovute e quelli di calcolo delle imposte;

2. con il secondo motivo lamentano la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 472 del 1997, art. 16, comma 2 e art. 17, comma 1, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto il provvedimento di irrogazione delle sanzioni, reso contestualmente all’avviso di liquidazione, era privo degli elementi minimi richiesti, quali l’indicazione della norma sanzionata e dei criteri di determinazione della sanzione;

3. con il terzo motivo denunciano la nullità della sentenza per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, n. 4 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 stante la illogicità della motivazione per aver richiesto una esemplificazione di atto e la sua contraddittorietà nella parte in cui aveva ritenuto che l’avviso di liquidazione non avesse natura di atto impositivo riconoscendo tuttavia come legittima l’irrogazione di sanzioni da parte dello stesso;

4. con il quarto motivo deducono una carente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5, vecchia formulazione, in via subordinata al terzo e per la stessa censura;

5. con il quinto motivo lamentano la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 472 del 1997, art. 2, comma 2, art. 5, comma 1, artt. 8, 9, 10 e 11 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver ritenuto applicabili e trasmissibili agli eredi le sanzioni per infedele dichiarazione nonostante l’intervenuto decesso del soggetto autore della dichiarazione di successione;

6. con il sesto motivo denunciano infine la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 346 del 1990, art. 25, comma 2, del D.P.R. n. 637 del 1972, artt. 26 e 33, del D.Lgs. n. 346 del 1990, artt. 27,33 e 34 e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, comma 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 censurando la sentenza impugnata nella parte in cui aveva escluso che l’agevolazione fiscale collegata al vincolo di interesse storico artistico riconosciuto per alcuni degli immobili potesse essere fatta valere in sede di impugnazione dell’avviso di liquidazione, data la definitività dell’avviso di accertamento, trattandosi di questione non attinente al valore degli immobili bensì alla liquidazione dell’imposta.

OSSERVA CHE:

1. Il primo e secondo motivo, da trattarsi congiuntamente per connessione, censurando entrambi profili attinenti a vizi motivazionali dell’avviso impugnato, sono infondati.

1.1 In continuità con quanto già affermato da questa Corte in merito agli oneri motivazionali di ogni atto impositivo va innanzitutto ribadito che “L’avviso di accertamento soddisfa l’obbligo di motivazione quando pone il contribuente nella condizione di conoscere esattamente la pretesa impositiva, individuata nel “petitum” e nella “causa petendi”, mediante una fedele e chiara ricostruzione degli elementi costitutivi dell’obbligazione tributaria, anche quanto agli elementi di fatto ed istruttori posti a fondamento dell’atto impositivo, in ragione della necessaria trasparenza dell’attività della Pubblica Amministrazione, in vista di un immediato controllo della stessa.”(vedi da ultimo Cass. n. 30039 del 2018).

Tale condivisibile principio di portata generale, è fondato sulla necessità che in ogni avviso di accertamento e di rettifica siano presenti gli elementi identificativi della pretesa tributaria, dovendosi escludere ogni formalismo nell’indicazione delle norme di diritto violate, quando chiaramente evincibili, o di tutti gli elementi di prova, eventualmente integrabili in sede di giudizio purchè siano indicati gli elementi di fatto e istruttori del procedimento; in sintesi l’obbligo di motivazione può ritenersi assolto ove dalla motivazione dell’avviso emerga una fedele e chiara ricostruzione di tutti gli elementi costitutivi dell’obbligazione tributaria, così da consentire una adeguata, efficace e piena difesa in giudizio del contribuente.

Un tale estensione dell’obbligo motivazionale soddisfa del resto la declinazione di legittimità di cui alla L. n. 212 del 2000, art. 7 (Statuto del contribuente), che a sua volta richiama la L. n. 241 del 1990, art. 3 secondo cui all’Amministrazione finanziaria è tenuta ad indicare nei suoi atti “i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell’amministrazione”.

1.2 In materia opera poi altro principio per il quale “la polisistematicità del sistema tributario comporta necessariamente che, in relazione a ciascuna imposta, la esistenza e la congruità della motivazione del singolo atto impositivo sia verificata secondo le regole dettate pèr il tributo cui l’atto stesso afferisce” (Vedi Cass. n. 5190 del 2015; n. 24267 del 2011; n. 1332 e n. 8451 del 2005, n. 17356 del 2003).

1.3 Ebbene “in tema di imposta sulle successioni, l’avviso di liquidazione emesso dall’Ufficio finanziario deve avere un contenuto tale da consentire al contribuente di controllare eventuali errori di calcolo nell’applicazione dei coefficienti e delle aliquote, e deve quindi includere, oltre all’importo del tributo, anche gli ulteriori elementi posti a base dell’imposizione, ed in particolare i dati di classamento, consistenti nell’indicazione della zona censuaria, della categoria, della classe, della consistenza e della rendita, al fine di consentire il pieno esercizio del diritto di difesa del contribuente e di delimitare l’oggetto dell’eventuale giudizio di impugnazione contro il predetto avviso” (Vedi Cass. n. 25024 del 2018).

L’obbligo di motivazione, però, si atteggia diversamente nel caso in cui, come nella specie, risulti impugnato un avviso di liquidazione emesso sulla base di una sentenza passata in giudicato, in quanto il richiamo alla pronuncia giudiziale, e all’atto impositivo su cui la stessa è intervenuta, risulterà idoneo ad assolvere all’onere motivazionale per i crediti erariali interessati dall’accertamento, divenuto definitivo, compiuto dal giudice.

In tale ipotesi esulano, infatti, dall’oggetto dell’atto impugnato le questioni relative alla sussistenza ed alla qualificazione giuridica dei fatti relativi al presupposto ed alla base imponibile, già definitivamente accertati, essendo sufficiente che nella motivazione dell’avviso di liquidazione risulti il richiamo al prodromico titolo giudiziale, la quantificazione del contributo dovuto e l’indicazione degli elementi matematici posti a base della quantificazione; ne discende che non è necessario che dalla motivazione dell’avviso di liquidazione siano evincibili i presupposti materiali e giuridici della pretesa tributaria, essendo sufficiente che tali elementi siano desumibili dalla motivazione della sentenza che ne costituisce il presupposto.(Vedi in tema di accertamento divenuto definitivo Cass. n. 9491 del 2008).

Come correttamente ritenuto nella decisione impugnata, l’avviso di liquidazione in esame conseguiva a sentenze della CTR che si erano limitate a ridurre del 30% il valore globale degli immobili lasciando immutate le quote, le aliquote, gli immobili, sicchè l’atto, che recava la determinazione del tributo dovuto e l’indicazione degli elementi matematici posti alla base di tale quantificazione, risultava adeguatamente motivato, avendo consentito ai contribuenti la verifica della correttezza del calcolo operato dall’Amministrazione finanziaria.

Poi, con particolare riferimento alle sanzioni, dal momento che le stesse erano state quantificate in misura pari all’imposta, ne risultava di palmare evidenza una liquidazione in misura del 100%, dovute per l’infedele dichiarazione, senza la necessità di ulteriori specificazioni.

2.1 Il terzo motivo di ricorso risulta in parte inammissibile, in parte infondato.

E’ inammissibile per la parte in cui impugna la decisione censurando una mera un’argomentazione svolta “ad abundantiam”, quale è quella della richiesta di esemplificazione di un atto dal contenuto soddisfacente.

Costituisce infatti principio pacifico che “E’ inammissibile, in sede di giudizio di legittimità, il motivo di ricorso che censuri un’argomentazione della sentenza impugnata svolta “ad abundantiam”, e pertanto non costituente una “ratio decidendi” della medesima. Infatti, un’affermazione siffatta, contenuta nella sentenza di appello, che non abbia spiegato alcuna influenza sul dispositivo della stessa, essendo improduttiva di effetti giuridici non può essere oggetto di ricorso per cassazione, per difetto di interesse” (Vedi Cass. n. 8755 del 2018 e n. 23635 del 2010).

2.2 E’ invece infondato nella parte in cui pone come presupposto della doglianza la circostanza che la CTR avrebbe escluso la natura di atto impositivo dell’avviso di liquidazione, in quanto la stessa si è in realtà limitata ad affermare che ai fini della valutazione della congruità motivazionale dell’atto dovesse considerarsi che lo stesso conseguiva ad un precedente avviso di accertamento; la censura pertanto non si attaglia al percorso motivazionale della decisione, che non ha mai escluso la natura di atto impositivo autonomamente impugnabile del provvedimento oggetto del giudizio ed ha richiamato l’atto presupposto solo per verificare l’adeguatezza della motivazione.

3. Il quarto motivo va invece ritenuto inammissibile, trovando nella specie applicazione, ratione temporis, ai sensi del D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 3, il nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5; la sentenza impugnata è stata infatti pubblicata in data successiva all’11 settembre 2012, novella che si applica anche al ricorso avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale, atteso che il giudizio di legittimità in materia tributaria, alla luce del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 62 non ha connotazioni di specialità (Vedi Sez. U n. 8053 del 2014).

4. Il quinto motivo non è meritevole di accoglimento.

4.1 Ai sensi dell’art. 28, comma 2, del D.P.R. n. 346 del 1990 l’obbligo di presentare la dichiarazione di successione è esteso a tutti i chiamati all’eredità, sebbene, ai sensi del successivo comma 4, la stessa non si consideri omessa se presentata da uno solo.

Da tale regime normativo ne deriva che tutti i chiamati all’eredità, in quanto obbligati per la medesima prestazione, sono obbligati solidalmente alla presentazione della dichiarazione di successione e ne rispondono solidalmente in caso di dichiarazione omessa od infedele.

4.2 Dal momento che gli effetti della dichiarazione sono imputabili a tutti, anche la responsabilità che consegue da tale dichiarazione non può che presentare lo stesso ambito soggettivo di riferimento.

L’estensione a ciascuno dei chiamati degli effetti della dichiarazione, seppure resa da uno, costituisce una scelta facoltativa che se effettuata determina una sorta di adesione tacita a quanto dichiarato dall’autore materiale della stessa, permanendo sempre in capo a ciascuno degli obbligati la facoltà di rettificare o integrare la dichiarazione stessa.

I ricorrenti risultano tutti obbligati e responsabili in solido, e per l’intero, quali chiamati all’eredità; ne consegue che le sanzioni sono state applicate agli stessi in proprio, e non in quanto eredi di un coobbligato, sicchè va escluso che possano avvantaggiarsi della intrasmissibilità delle sanzioni di cui al D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 8.

5. Il sesto motivo merita invece accoglimento.

5.1 La CTR ha ritenuto inapplicabile la riduzione di imposta prevista dal D.Lgs. n. 346 del 1990, art. 25, comma 2, rilevando che i contribuenti non avevano assolto un onere di informazione circa la sussistenza del decreto appositivo del vincolo legittimante nè verso l’Amministrazione, presumibilmente al momento della presentazione della dichiarazione di successione, nè nella precedente fase contenziosa in cui era stato impugnato l’avviso di accertamento prodromico.

5.2. Risulta tuttavia orientamento pacifico, cui va data continuità, che “In materia di imposta sulle successioni, i beni culturali sono esclusi dall’attivo ereditario a condizione che venga presentata all’Ufficio l’attestazione, in allegato alla dichiarazione di successione, da cui risulti che sono stati assolti gli obblighi di conservazione e protezione derivanti da tale vincolo; tuttavia, l’eventuale mancanza di tale attestazione può essere “sanata”, una volta in possesso dell’attestato, anche oltre il termine fissato per la presentazione della denuncia integrativa, non essendo prevista alcuna comminatoria di decadenza e tenuto conto che la emendabilità e la retrattabilità della dichiarazione sono sottratte al termine fissato per la presentazione della denuncia medesima; ne discende il potere-dovere del giudice tributario di statuire in ordine alla esclusione, o meno, dall’attivo ereditario del bene effettivamente “culturale” per accertata osservanza delle condizioni all’uopo richieste dalla legge, atteso il diritto del contribuente, ex art. 53 Cost., a non essere assoggettato ad un prelievo fiscale maggiore di quello voluto dal legislatore.” (In Cass. n. 26080 del 2016 e n. 16876 del 2009).

5.3 La CTR non ha fatto corretta applicazione di questo principio in quanto anche in sede di impugnazione dell’avviso di liquidazione avrebbe dovuto prendere in esame la documentazione attestante la sussistenza del vincolo, depositata già nel giudizio di primo grado, e dunque, compiuti i necessari accertamenti in fatto, verificare la sussistenza dei presupposti per l’applicazione della relativa disciplina agevolativa.

6. Per tutto quanto sopra esposto, accolto il sesto motivo, inammissibile il quarto e rigettati i restanti, la sentenza impugnata va cassata nei limiti del motivo accolto con rinvio alla C.T.R. della Sicilia, in diversa composizione, che procederà agli accertamenti fattuali ed anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

La Corte, accoglie il sesto motivo, dichiara inammissibile il quarto, rigetta i restanti; cassa la sentenza impugnata nei limiti del motivo accolto e rinvia per l’ulteriore esame, e anche per le spese, alla C.T.R. della Sicilia, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 4 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 14 ottobre 2020

 

 

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