Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22178 del 03/11/2016


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Cassazione civile sez. trib., 03/11/2016, (ud. 26/05/2016, dep. 03/11/2016), n.22178

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – rel. Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 15391-2011 proposto da:

J.E.L., elettivamente domiciliata in ROMA VIA ANGELO

EMO 130, presso lo studio dell’avvocato MAURO CECCHETTI, che la

rappresenta e difende giusta delega a margine;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

e contro

MINISTERO ECONOMIA E FINANZE, AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO DI

TREVISO;

– intimati –

avverso la sentenza n. 21/2010 della COMM. TRIB. REG. del VENETO,

depositata il 12/04/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

26/05/2016 dal Consigliere Dott. MARIA ENZA LA TORRE;

udito per il controricorrente l’Avvocato COLELLI che ha chiesto il

rigetto;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SORRENTINO Federico, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

Con atto del 27 maggio 2011 J.E.L., legale rappresentante della GI.OR. sas di B.O. & C., esercente attività di vendita autoveicoli (a seguito di acquisizione delle quote sociali di O. B., socia accomandataria e G. G., socio accomandante), ricorre contro il Ministero delle finanze e l’Agenzia delle Entrate per la cassazione della sentenza della CTR del Veneto, n. 21.05.10 dep. 12.4.2010, con la quale, in riforma della sentenza della CTP di Treviso, è stato accolto l’appello dell’Ufficio e dichiarata la legittimità di tre avvisi di accertamento (per maggiore imposta accertata ai fini IRPEF, IVA, IRAP, relativamente all’anno 2003). Con tali avvisi di accertamento, notificati nel 2006 alla società GI.OR. sas, e ai due soci ( B. e G.), a seguito di verifica fiscale, era stata recuperata, in quanto considerata indeducibile, l’IVA versata dalla società alla Dimension Car di L.F. in relazione a quarantadue fatture, sul presupposto dell’avvenuta triangolazione nell’importazione di auto acquistate all’estero, realizzata ai fini dell’evasione dell’imposta; ed era stata ripresa a tassazione l’IVA relativamente a dieci autovetture acquistate dalla ditta C.F. in base al c.d. regime del margine, ritenuto inapplicabile mancandone il presupposto, trattandosi di cessioni intracomunitarie con ditte di leasing o noleggio tedesche; oltre a spese per pubblicità, rappresentanza e trasferta, ritenute indeducibili.

A seguito di impugnazione dei suddetti accertamenti, la CTP di Treviso, previa riunione, accolse parzialmente i ricorsi proposti dalla società e da tutti i soci (ad esclusione delle spese di pubblicità, rappresentanza e trasferta), con sentenza poi riformata, a seguito di appello dell’Agenzia e di appello incidentale dei contribuenti, dalla sentenza oggetto del presente ricorso per cassazione. In particolare la CTR, contrariamente a quanto statuito dai primi giudici, ha ritenuto adeguatamente adempiuto l’onere della prova da parte dell’Ufficio (con documentazione, argomentazioni e presunzioni rilevanti ai fini fiscali), sia con riferimento “ai passaggi economici intervenuti fra fornitori comunitari, importatori cartiera, da ritenersi finalizzati all’infrazione fiscale”; sia riguardo al ruolo dei contribuenti “nel disegno che ha determinato per l’Amministrazione finanziaria il mancato conseguimento delle imposte effettivamente dovute”; confermando la sentenza della CTP riguardo all’indeducibilità delle spese per pubblicità, rappresentanza e trasferta, mancando il nesso con l’attività svolta.

Resiste con controricorso l’Agenzia delle entrare, rilevando l’inammissibilità e l’infondatezza del ricorso.

La ricorrente deposita memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1) Col primo motivo del ricorso J.E.L. deduce violazione di legge e contraddittoria motivazione (ex art. 360 c.p.c., n. 5), confutando la valutazione delle fonti di prova fornite dall’Ufficio, con riferimento alla indetraibilità dell’IVA e alla violazione dell’obbligo di fatturazione per acquisto in regime del margine; in particolare contesta di avere avuto conoscenza e di avere la partecipato al fenomeno evasivo, avendo ella provato la propria estraneità alla frode, come suffragato dal decreto di archiviazione del gip del Tribunale di Venezia, che ha riconosciuto l’infondatezza dell’accusa a carico dell’allora rappresentante legale della contribuente.

2) Col secondo motivo si denunzia omessa motivazione su un fatto controverso e decisivo, costituito dalla presenza del c.d. regime del margine.

3) I motivi sono entrambi inammissibili.

Essi, infatti, oltre a richiedere un nuovo accertamento in fatto, non consentito in sede di legittimità, non censurano la sentenza impugnata bensì l’atto di appello e l’avviso di accertamento dell’Agenzia delle Entrate, contro i quali si propongono inammissibili doglianze, che, in questa sede, sono consentite esclusivamente contro la sentenza della CTR.

Non sono stati peraltro forniti dalla ricorrente validi elementi di contrasto con le prove addotte dall’Amministrazione (su cui peraltro non è stata mossa alcuna censura). Sotto questo aspetto il ricorso difetta anche della necessaria autosufficienza, non essendo stati neppure indicati – sul piano della pertinenza e della decisività – quali difese e quale documentazione prodotte dalla società ricorrente sarebbero state pretermesse al vaglio dei giudici del merito.

4) Col terzo motivo si deduce violazione di legge e insufficiente motivazione (ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5), avendo il giudice di appello motivato per relationem alla sentenza della CTP quanto alle spese per rappresentanza.

5) Anche questo motivo è inammissibile.

Esso è infatti ampiamente generico e non autosufficiente, a fronte della motivazione della sentenza che – con autonoma statuizione, pur idoneamente richiamando la motivazione della sentenza di primo grado, in modo da rendere possibile ed agevole il controllo della motivazione (v. Cass. n. 7347 del 11/05/2012; Sez. U, n. 642 del 16/01/2015) – ha congruamente motivato sulle indicate spese “per mancanza di ogni palese nesso con la produzione tipica della ricorrente”.

6) Il ricorso va conclusivamente dichiarato inammissibile.

7) Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate in dispositivo.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese liquidate in Euro 8.000,00 oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 26 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 3 novembre 2016

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