Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22177 del 25/10/2011

Cassazione civile sez. III, 25/10/2011, (ud. 06/10/2011, dep. 25/10/2011), n.22177

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente –

Dott. MASSERA Maurizio – rel. Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 7094-2010 proposto da:

S.E. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA DEI GOZZADINI 30, presso lo studio dell’avvocato PROSPERINI

ALBERTO, che lo rappresenta e difende giusta procura a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

CATTOLICA DI ASSICURAZIONI SCARL (OMISSIS), in persona del

Procuratore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA MARTIRI DI

BELFIORE 2, presso lo studio dell’avvocato COLETTI PIERFILIPPO, che

la rappresenta e difende giusta procura speciale in calce al

controricorso;

– controricorrente –

e contro

INA ASSITALIA SPA, D.M.L.L., G.E.;

– intimate –

avverso la sentenza n. 725/2009 del TRIBUNALE di NAPOLI del 12/01/09,

depositata il 22/01/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

06/10/2011 dal Consigliere Relatore Dott. MAURIZIO MASSERA;

udito l’avvocato Coletti Pierfilippo, difensore della

controricorrente che si riporta agli scritti;

è presente il P.G. in persona del Dott. TOMMASO BASILE che si

riporta alla relazione.

La Corte, Letti gli atti depositati:

Fatto

OSSERVA

E’ stata depositata la seguente relazione:

1 – Con ricorso notificato il 3 marzo 2010 S.E. ha chiesto la cassazione della sentenza, non notificata, depositata in data 22 gennaio 2009 dal Tribunale di Napoli, confermativa della sentenza del Giudice di Pace, che aveva rigettato la domanda di risarcimento danni da sinistro stradale.

Gli intimati D.M.L.L., G.E., Società Cattolica di Assicurazioni, Coop a r.l., e Ina – Assitalia S.p.A. non hanno espletato attività difensiva.

2 – I tre motivi del ricorso risultano inammissibili, poichè la loro formulazione non soddisfa i requisiti stabiliti dall’art. 366-bis c.p.c..

Occorre rilevare sul piano generale che, considerata la sua funzione, la norma indicata, (art. 366 bis c.p.c.) va interpretata nel senso che per, ciascun punto della decisione e in relazione a ciascuno dei vizi, corrispondenti a quelli indicati dall’art. 360, per cui la parte chiede che la decisione sia cassata, va formulato un distinto motivo di ricorso.

Per quanto riguarda, in particolare, il quesito di diritto, è ormai jus receptum (Cass. n. 19892 del 2007) che è inammissibile, per violazione dell’art. 366 bis c.p.c., introdotto dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 6 il ricorso per cassazione nel quale esso si risolva in una generica istanza di decisione sull’esistenza della violazione di legge denunziata nel motivo. Infatti la novella del 2006 ha lo scopo di innestare un circolo selettivo e “virtuoso” nella preparazione delle impugnazioni in sede di legittimità, imponendo al patrocinante in cassazione l’obbligo di sottoporre alla Corte la propria finale, conclusiva, valutazione della avvenuta violazione della legge processuale o sostanziale, riconducendo ad una sintesi logico- giuridica le precedenti affermazioni della lamentata violazione.

In altri termini, la formulazione corretta del quesito di diritto esige che il ricorrente dapprima indichi in esso la fattispecie concreta, poi la rapporti ad uno schema normativo tipico, infine formuli il principio giuridico di cui chiede l’affermazione.

Quanto al vizio di motivazione, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione; la relativa censura deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto), che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità (Cass. Sez. Unite, n. 20603 del 2007).

3. – Il primo motivo denuncia violazione degli artt. 1882 e 2697 c.c., art. 118 c.p.c., comma 1, L. n. 990 del 1969, art. 1, comma 1, art. 7, commi 2, 4 e art. 18 in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5. Il tema trattato è la legittimazione passiva della società assicuratrice, negata dai due giudici di merito, e censurata sull’assunto della idoneità della dichiarazione dell’unico teste fatto escutere al riguardo. Ma non viene specificato il vizio di motivazione che si intende far valere e l’indicazione delle norme di diritto che si assumono violate non è congrua rispetto all’oggetto della censura, mentre i plurimi quesiti di diritto e il momento di sintesi finale non superano le rilevate aporie e non sono conformi ai modelli sopra enunciati. Il secondo motivo adduce violazione dell’art. 2054 c.c., comma 1, art. 2697 c.c., art. 244 c.p.c., art. 116 c.p.c., comma 1 in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5.

Anche questa censura non specifica il vizio di motivazione. Pur essendo stata prospettata sotto il profilo della violazione di norme di diritto, le argomentazioni a sostegno (si vedano i riferimenti alle dichiarazioni testimoniali e lo schizzo planimetrico a pag. 29 del ricorso) implicano esame delle risultanze processuali e apprezzamenti di merito, attività inibite al giudice di legittimità.

Gli astratti e plurimi quesiti di diritto e il fattuale momento di sintesi non soddisfano le esigenze a cui è volto l’art. 366 bis c.p.c..

Il terzo motivo lamenta violazione dell’art. 92 c.p.c., comma 2 in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5 con riferimento alla omessa compensazione delle spese di lite.

Il motivo, che presenta i medesimi vizi strutturali evidenziati per i precedenti, attacca un potere discrezionale del giudice di merito, il quale ha applicato il principio di soccombenza.

4.- La relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata ai difensori delle parti;

Non sono state presentate conclusioni scritte nè memorie; i resistenti hanno chiesto d’essere ascoltati in camera di consiglio;

5.- Ritenuto:

che, a seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, il collegio ha condiviso i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione;

che pertanto il ricorso va dichiarato inammissibile; le spese seguono la soccombenza;

visti gli artt. 380-bis e 385 cod. proc. civ..

P.Q.M.

Dichiara il ricorso inammissibile. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro. 1.000,00, di cui Euro. 800,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 6 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 25 ottobre 2011

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