Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22176 del 03/08/2021

Cassazione civile sez. lav., 03/08/2021, (ud. 17/02/2021, dep. 03/08/2021), n.22176

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

Dott. BUFFA Francesco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13769-2015 proposto da:

ISTITUTO NAZIONALE DI PREVIDENZA DEI GIORNALISTI ITALIANI “GIOVANNI

AMENDOLA INPGI, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA COLA DI RIENZO 69, presso

lo studio dell’avvocato BRUNO DEL VECCHIO, che lo rappresenta e

difende;

contro

D.S. EDITORE S.P.A., in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

ENNIO QUIRINO VISCONTI 20, presso lo studio dell’avvocato MARIO

ANTONINI, rappresentata e difesa dall’avvocato FRANCESCO ANDRONICO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 7184/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 01/12/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

17/02/2021 dal Consigliere Dott. FRANCESCO BUFFA.

 

Fatto

RITENUTO

CHE:

Con sentenza del 1.12.14, la corte d’appello di Roma ha confermato la sentenza del 15.7.11 del tribunale della stessa sede, che aveva revocato il decreto ingiuntivo per il pagamento all’INPS da parte della D.S. editore Spa di Euro 21.096, per contributi e sanzioni per la giornalista S. nel periodo 2003-2005.

In particolare, la corte territoriale – valutate le prove ritualmente raccolte – ha ritenuto che la S. fosse collaboratrice esterna, priva di orario di lavoro, con impegni solo occasionali e modesti, non inserita stabilmente nell’organizzazione, restando in tal modo esclusa la configurabilità di un rapporto di lavoro subordinato giornalistico.

Avverso tale sentenza ricorre l’INPGI per due motivi, cui resiste con controricorso il datore di lavoro.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

Con il primo motivo si deduce – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 -violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. e art. 2697 c.c., per avere la sentenza impugnata trascurato le risultanze dei verbali ispettivi ed altresì delle prove acquisite.

Con il secondo motivo si deduce il vizio di motivazione in relazione ai fatti di cui il motivo precedente.

Occorre permettere che nessuna violazione delle disposizioni richiamate sussiste, posto che la corte territoriale ha valutato tutte le prove proposte dalle parti e ritualmente raccolte, nel rispetto dell’onere della prova a carico dell’INPGI in ordine alla natura subordinata del rapporto lavorativo ed al connesso debito datoriale contributivo, e nel rispetto altresì dei criteri generali indicati dalla norma e precisati dalla giurisprudenza in rodine alla qualificazione del rapporto lavorativo come subordinato.

In particolare, deve rilevarsi che la parte ricorrente non indicato con la specificità necessaria riportandone in ricorso le risultanze, in violazione del principio di autosufficienza, le risultanze dei verbali ispettivi asseritamente ignorati, non consentendo a questa Corte il sindacato richiesto con compiutezza; d’altro lato, il ricorrente non ha indicato specifici elementi fattuali in ipotesi ignorati dalla corte territoriale.

Per converso, risulta che la corte territoriale: non ha escluso la rilevanza delle risultanze del verbale ispettivo, ma le ha valutate unitamente alle altre prove raccolte, attribuendo correttamente maggior rilevanza alle prove – di contenuto preciso e di ritenuta attendibilità – direttamente acquisite dal giudice nel contraddittorio delle parti; ha valutato tutti i fatti dedotti dalle parti ed oggetto di discussione, ponderandone la relativa rilevanza ed incidenza sulla qualificazione del rapporto lavorativo; ha correttamente applicato i criteri legali e giurisprudenziali per la qualificazione giudica del rapporto di lavoro.

La sentenza impugnata è immune dai vizi denunciati.

Questa Corte, infatti, ha già (Cass. Sez. 2 -, Ordinanza n. 21187 del 08/08/2019, Rv. 655229 – 01; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 16467 del 04/07/2017, Rv. 644812 – 01) più volte affermato che, in tema di procedimento civile, sono riservate al giudice del merito l’interpretazione e la valutazione del materiale probatorio, il controllo dell’attendibilità e della concludenza delle prove, la scelta, tra le risultanze probatorie, di quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, nonché la scelta delle prove ritenute idonee alla formazione del proprio convincimento. Tale scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involge apprezzamenti di fatto riservati al giudice di merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata.

Si è anche precisato (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 16056 del 02/08/2016, Rv. 641328 – 01; Sez. 1 -, Ordinanza n. 19011 del 31/07/2017, Rv. 645841 – 01; Sez. L, Sentenza n. 13485 del 13/06/2014, Rv. 631330 – 01) che, in tema di prova, spetta in via esclusiva al giudice di merito il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, assegnando prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, nonché la facoltà di escludere anche attraverso un giudizio implicito la rilevanza di una prova, dovendosi ritenere, a tal proposito, che egli non sia tenuto ad esplicitare, per ogni mezzo istruttorio, le ragioni per cui lo ritenga irrilevante ovvero ad enunciare specificamente che la controversia può essere decisa senza necessità di ulteriori acquisizioni.

In tale contesto, il verbale ispettivo è prova documentale liberamente valutabile dal giudice in concorso con gli altri elementi probatori; secondo la giurisprudenza di legittimità (tra le tante, Cass. Sez. L, Sentenza n. 23800 del 07/11/2014, Rv. 633239 – 01), infatti, la fede privilegiata del verbale non si estende agli apprezzamenti ed alle valutazioni del verbalizzante né ai fatti di cui i pubblici ufficiali hanno avuto notizia da altre persone, ovvero ai fatti della cui verità si siano convinti in virtù di presunzioni o di personali considerazioni logiche. Il materiale raccolto dal verbalizzante deve dunque passare al vaglio del giudice, il quale, nel suo libero apprezzamento, può valutarne l’importanza e determinare quale sia il conto da farne ai fini probatori (Sez. L, Sentenza n. 6110 del 18/06/1998, Rv. 516601 – 01).

All’esito del richiamato giudizio – tipicamente di merito, insindacabile in sede di legittimità se non nei limiti – oggi ben ristretti – in cui sia deducibile il vizio motivazionale -, la corte territoriale ha qualificato il rapporto di lavoro della signora S., escludendo gli estremi del lavoro giornalistico subordinato.

Il secondo motivo di ricorso incorre in più profili di inammissibilità, in presenza di doppia pronuncia di merito conforme (ed ai sensi dell’art. 348-ter c.p.c., u.c.), nonché per altro verso in difetto di specifica indicazione dei fatti decisivi oggetto di discussione delle parti e ignorati dalla sentenza, ed in ragione della proposizione con il mezzo ex n. 5 di mere censure alla valutazione delle prove operata dal giudice di merito (tra le tante, Cass. Sez. L, Sentenza n. 24395 del 03/11/2020, Rv. 659540 – 01).

Ne deriva il rigetto del ricorso.

Spese secondo soccombenza.

Sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato, se dovuto.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna l’Inpgi al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 4.000,00 per compensi professionali, oltre spese al 15 % ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 17 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 3 agosto 2021

 

 

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