Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2217 del 30/01/2010

Cassazione civile sez. III, 30/01/2010, (ud. 19/11/2009, dep. 30/01/2010), n.2217

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PREDEN Roberto – Presidente –

Dott. MASSERA Maurizio – rel. Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 107-2009 proposto da:

L.C., elettivamente domiciliato in ROMA, LARGO GENERALE

GONZAGA DEL VODICE 4, presso lo studio dell’avvocato SCIONE LORENZO,

rappresentato e difeso dall’avvocato FRANCO GIOVANNI, giusta mandato

in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

AURORA ASSICURAZIONI SPA in persona del suo procuratore speciale

anche ad negotia, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA FABIO

MASSIMO 60, presso lo studio dell’avvocato CAROLI ENRICO, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato MONTEVERDE ALFREDO,

giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

e contro

R.F., N.M.P.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 681/2008 del TRIBUNALE di NOVARA, depositata

il 24/07/2008;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

19/11/2009 dal Consigliere Relatore Dott. MAURIZIO MASSERA;

udito per la controricorrente l’Avvocato Enrico Caroli che si riporta

agli scritti.

E’ presente il P.G. in persona del Dott. EDUARDO VITTORIO

SCARDACCIONE che nulla osserva rispetto alla relazione scritta.

La Corte, Letti gli atti depositati:

Fatto

OSSERVA

E’ stata depositata la seguente relazione:

1 – Con ricorso notificato il 18 dicembre 2008 L.C. ha chiesto la cassazione della sentenza, non notificata, depositata in data 24 luglio 2008 dal Tribunale di Novara che, in riforma della sentenza del Giudice di Pace, aveva rigettato in toto la domanda di risarcimento danni conseguenti a sinistro stradale proposta nei confronti di Aurora Assicurazioni S.p.A., R.F. e N.M.P..

L’Aurora ha resistito con controricorso, mentre R. e N. non hanno espletato attività difensiva.

2 – Occorre rilevare sul piano generale che, considerata la sua funzione, l’art. 366 bis c.p.c. va interpretato nel senso che per, ciascun punto della decisione e in relazione a ciascuno dei vizi, corrispondenti a quelli indicati dall’art. 360 c.p.c., per cui la parte chiede che la decisione sia cassata, va formulato un distinto motivo di ricorso.

Per guanto riguarda, in particolare, il quesito di diritto, è ormai jus receptum (Cass. n. 19892 del 2007) che è inammissibile, per violazione dell’art. 366 bis c.p.c., introdotto dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 6, il ricorso per cassazione nel quale esso si risolva in una generica istanza di decisione sull’esistenza della violazione di legge denunziata nel motivo. Infatti la novella del 2006 ha lo scopo di innestare un circolo selettivo e “virtuoso” nella preparazione delle impugnazioni in sede di legittimità, imponendo al patrocinante in cassazione l’obbligo di sottoporre alla Corte la propria finale, conclusiva, valutazione della avvenuta violazione della legge processuale o sostanziale, riconducendo ad una sintesi logico- giuridica le precedenti affermazioni della lamentata violazione.

In altri termini, la formulazione corretta del quesito di diritto esige che il ricorrente dapprima indichi in esso la fattispecie concreta, poi la rapporti ad uno schema normativo tipico, infine formuli il principio giuridico di cui chiede l’affermazione.

Quanto al vizio di motivazione, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione; la relativa censura deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto), che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità (Cass. Sez. Unite, n. 20603 del 2007).

3. – Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione e/o falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., ma formula un quesito che non postula l’enunciazione di un principio di diritto decisivo per la controversia e di applicazione generalizzata e, invece, si risolve nella valutazione della prova, che è attività riservata al giudice di merito e censurabile solo, ricorrendone le condizioni, sotto il profilo del vizio di motivazione.

Le medesime considerazioni valgono per il secondo motivo, peraltro assolutamente generico, con il quale il ricorrente denuncia violazione dell’art. 2909 c.c. con riferimento all’annullamento da parte del Giudice di Pace della contravvenzione elevata al R. per violazione del codice della strada, circostanza che nel convincimento del Tribunale (il quale ha fatto leva sull’assenza di urto tra i due veicoli e sulla mancanza di prova certa circa una manovra dell’auto antagonista idonea a determinare l’evento) ha avuto rilievo assolutamente marginale.

Con il terzo motivo il ricorrente ipotizza violazione e/o falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c. in riferimento all’art. 154 C.d.S..

Anche questa censura e il relativo quesito, che non chiede l’affermazione di una regola juris, attengono alla ricostruzione della dinamica del sinistro e all’attribuzione della relativa responsabilità, cioè implicano esame degli atti e apprezzamenti di fatto, attività non consentite al giudice di legittimità.

Con il quarto motivo il L. lamenta pronuncia ultra petitum e omessa e contraddittoria motivazione circa la statuizione sulle spese processuali di primo grado. Con il quesito chiede alla Corte se sia consentito al giudice d’appello rettificare in aumento le spese processuali di primo grado in assenza di esplicita contestazione della loro quantificazione complessiva della parte favorita.

La resistente, pur rilevando l’inammissibilità della censura perchè prospettata sotto il profilo dell’art. 360 c.p.c., n. 5 anzichè del n. 4, come sarebbe stato corretto, ha riconosciuto l’erroneità della statuizione sul punto della sentenza impugnata e ha dato di ciò comunicazione alla controparte. Pertanto deve ritenersi che su tale questione sia venuta meno la materia del contendere.

4.- La relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata ai difensori delle parti;

Non sono state presentate conclusioni scritte nè memorie; la resistente ha chiesto d’essere ascoltata in camera di consiglio.

5.- Ritenuto:

che, a seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, il collegio ha condiviso i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione;

che il ricorso deve perciò essere rigettato essendo manifestamente infondato; le spese seguono la soccombenza;

visti gli artt. 380-bis e 385 cod. proc. civ..

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 1.700,00, di cui Euro 1.500,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 19 novembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 30 gennaio 2010

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