Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2217 del 25/01/2019

Cassazione civile sez. trib., 25/01/2019, (ud. 10/01/2019, dep. 25/01/2019), n.2217

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANZON E. – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI G. – Consigliere –

Dott. CATALLOZZI P. – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M. G. – rel. Consigliere –

Dott. GRASSO G. – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Sul ricorso iscritto al numero 7061 del ruolo generale dell’anno

2013, proposto da:

Agenzia delle dogane e dei monopoli, in persona del Direttore pro

tempore, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

CAD La Spezia s.r.l., in liquidazione, in persona del liquidatore e

legale rappresentante pro tempore;

– intimato –

e contro

Equitalia Nord s.p.a., in persona del legale rappresentante pro

tempore;

– intimata –

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria

regionale della Liguria n. 5/12/2012, depositata il 27 gennaio 2012.

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

10 gennaio 2019 dal Relatore Cons. Maria Giulia Putaturo Donati

Viscido di Nocera.

Fatto

RILEVATO

Che:

– con sentenza n. 5/12/2012, depositata il 27 gennaio 2012, la Commissione tributaria regionale della Liguria, accoglieva l’appello proposto dal Centro di Assistenza doganale CAD La Spezia s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, nei confronti dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli, in persona del Direttore pro tempore, avverso la sentenza n. 93/13/2009 della Commissione tributaria provinciale di Genova che aveva rigettato il ricorso proposto dalla detta società avverso l’avviso di rettifica dell’accertamento n. (OMISSIS), con il quale l’Ufficio delle dogane, in relazione alla bolletta d’importazione (OMISSIS) del (OMISSIS), aveva recuperato nei confronti di quest’ultima, quale obbligata in solido della DURALAMP s.p.a., Euro 98.081,66, a titolo di maggiori diritti doganali, sul presupposto che le lampade importate sebbene dichiarate di origine malese fossero poi risultate di origine cinese;

– la CTR, in punto di diritto, per quanto di interesse, ha osservato che: 1) l’Agenzia delle dogane non aveva dimostrato che il CAD La Spezia s.r.l. avesse compiuto direttamente la violazione ovvero ne fosse stato a conoscenza; 2) non era stato rispettato il termine di sessanta giorni a tutela del diritto di difesa di cui alla L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7;

– avverso la sentenza della CTR, l’Agenzia delle dogane propone ricorso per cassazione affidato a quattro motivi; rimangono intimati CAD La Spezia s.r.l., in liquidazione, ed Equitalia Nord s.p.a.;

– il ricorso è stato fissato in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., comma 2 e dell’art. 380-bis.1 c.p.c., introdotti dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, art. 1-bis, convertito, con modificazioni, dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

– con il primo motivo del ricorso, l’Agenzia delle dogane denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione del D.M. n. 549 del 1992, art. 6, comma 4, nonchè dell’art. 201, comma 3 e 202, comma 3, del Reg. Consiglio 12.10.1992 n. 2913/92/CEE e del D.Lgs. n. 374 del 1990, art. 12, comma 6, ultimo periodo, in combinato con l’art. 2697 c.c., per avere la CTR erroneamente ritenuto che il CAD La Spezia s.r.l., quale rappresentante indiretto, della importatrice Duralamp s.p.a., benchè avesse beneficiato della procedura semplificata di accertamento delle merci provenienti dall’estero di cui al D.Lgs. n. 374 del 1990, art. 12, non fosse responsabile solidale, non avendo l’Ufficio provato la sua diretta partecipazione alla violazione doganale ovvero la sua conoscibilità;

– il motivo è fondato;

– occorre premettere che i CAD (Centri di Assistenza Doganali) istituiti con D.M. Finanze n. 549 del 1992, sono società costituite tra spedizionieri doganali, abilitate ad emettere dichiarazioni doganali, in rappresentanza sia diretta che indiretta, previa l’acquisizione ed il controllo formale della documentazione fornita dal proprietario delle merci. Successivamente, in attuazione della L. n. 213 del 2000, con D. 7 dicembre 2000 sono state disciplinate le procedure autorizzatorie e le modalità di esercizio delle procedure semplificate di cui all’art. 76 del Reg.to CEE nr. 2913/92, nonchè il rilascio delle medesime ai CAD. La spendita da parte del CAD del proprio nome in qualità di dichiarante ai sensi dell’art. 201 CDC fa sì che la sua responsabilità sia perfettamente solidale con quella del mandante (importatore proprietario delle merci) e che tale responsabilità possa, quindi, essere fatta valere, come nella normale attività negoziale privatistica, nei confronti di terzi, fra cui sono comprese, ovviamente, le Pubbliche Amministrazioni. Infatti l’art. 201 del Reg. CEE n. 2913/ 1992 stabilisce la solidarietà passiva dello spedizioniere doganale o di chiunque presenti la merce per conto di altri con il soggetto passivo dell’obbligazione tributaria quando, come nella fattispecie, agisce nell’ambito della rappresentanza indiretta, diventando lui stesso dichiarante e dunque responsabile solidale con il rappresentato nell’obbligazione doganale (Cass. n. 14955 del 2013);

– nella specie, il CAD La Spezia srl ha operato, nel caso in esame, in regime di rappresentanza indiretta e deve quindi essere ritenuto dichiarante ai sensi dell’art. 76 C.D.C. per cui risponde in solido con l’importatore di tutte le obbligazioni tributarie ai sensi dell’art. 201 del REG.CEE n.2913 del 12/10/1992 il quale stabilisce la solidarietà passiva dello spedizioniere doganale o di chiunque presenti la merce per conto di altri con il soggetto passivo dell’obbligazione tributaria, quando agisce nell’ambito della rappresentanza indiretta, diventando lui stesso dichiarante e dunque responsabile solidale con il rappresentato nell’obbligazione doganale. Tale orientamento della Corte è stato più volte ribadito in varie decisioni (ex plurimis, Cass., n. 9773 del 2010) secondo cui: “In tema di tributi doganali, lo spedizioniere che abbia presentato merci in dogana per conto terzi, ma in nome proprio, beneficiando dell’ammissione alla procedura semplificata di cui alla L. n. 374 del 1990, art. 12, risponde, ai sensi dell’artt. 12 cit. e degli artt. 201 e 202 del Regolamento CEE n. 2913/92 (Codice doganale comunitario), risponde in via solidale con il soggetto per conto del quale la merce medesima è stata presentata in dogana, di tutti i dazi, le imposte e gli accessori dovuti, a qualsiasi titolo, in relazione all’operazione commerciale, compresi gli interessi relativi, essendo tale figura di rappresentante indiretto, anche per la sua preparazione professionale, in grado di valutare la veridicità dei documenti trasmessigli, e dunque consapevole dell’irregolarità dell’introduzione delle merci nel territorio della Comunità (nella specie, dovuta a certificati d’origine poi accertati come contraffatti)”;

– con il secondo motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, del principio comunitario di contraddittorio nel procedimento amministrativo doganale nonchè del D.Lgs. n. 374 del 1990, art. 11, commi 4, 5 e 7, per avere la CTR ritenuto nullo l’atto impositivo per inosservanza del termine previsto dall’art. 12, comma 7 cit., ancorchè non si fosse trattato di una “verifica fiscale”, ma, bensì, di una revisione dell’accertamento su base documentale, con conseguente garanzia del diritto di difesa attraverso l’iter procedurale disposto dal (T.U.L.D.), D.P.R. n. 43 del 1973, art. 11, comma 7, cit. e art. 66 e s.s.;

– il motivo è fondato;

– questa Corte ha chiarito che “In materia di accertamento di tributi doganali, non costituisce violazione dello Statuto dei diritti del contribuente l’emissione dell’avviso di accertamento suppletivo prima della scadenza del termine di sessanta giorni previsto dalla L. 27 luglio 2002, n. 212, art. 12, comma 7, per la presentazione di osservazioni e richieste dopo il rilascio del processo verbale di chiusura delle operazioni da parte dell’organo impositore. Ed infatti, da un lato, la normativa sul riordino degli istituti doganali di cui al D.Lgs. 8 novembre 1990, n. 374 prevede, nell’ambito del procedimento di revisione dell’accertamento, la possibilità di procedere a verifiche fiscali richiamando i poteri di accesso, ispezione e verifica in tema di IVA (D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 52), per cui, qualora l’Amministrazione si avvalga di tale strumento istruttorio, può scattare, a favore del contribuente, sottoposto a dette indagini il meccanismo delle garanzie previste dalla citata norma. Dall’altro lato, qualora (come nel caso di specie), l’Amministrazione non si avvalga di tale mezzo istruttorio, già il sistema doganale appresta una serie di garanzie peculiari per il contribuente, prevedendo la contestazione amministrativa, e la compilazione di un apposito verbale per raccogliere le osservazioni ed i motivi di reclamo del contribuente ai fini dell’eventuale controversia doganale, quali la possibilità di presentare osservazioni, di talchè il sistema complessivo previsto dal D.Lgs. n. 374 del 1990 è pienamente rispettoso dei criteri dettati dallo Statuto del contribuente in virtù del principio di leale collaborazione tra Amministrazione e contribuente” (Cass. n. 14955 del 2013; Cass. n. 13890 del 2008); in merito, ha infatti ritenuto che, in tema di avvisi di rettifica in materia doganale, ferma l’inapplicabilità della L. 20 luglio 2000, n. 212, art. 12, comma 7, operi lo jus speciale di cui al D.Lgs. 8 novembre 1990, n. 374, art. 11, preordinato a garantire al contribuente un contraddittorio pieno in un momento comunque anticipato rispetto all’impugnazione in giudizio del detto avviso (Cass. n. 23669 del 2018; Cass. 15032 del 2014). In particolare, da ultimo nella sentenza n. 23669 del 2018, questa Corte ha precisato come la disciplina di cui all’art. 11 cit. – nella versione ante novella del D.L. n. 1 del 2012, convertito dalla L. n. 27 del 2012 – sia stata promossa dalla Corte di giustizia, con la sentenza del 20 dicembre 2017, causa C- 276/16, Preqù-Italia, secondo cui “il diritto di ogni persona di essere ascoltata prima dell’adozione di qualsiasi decisione che possa incidere in modo negativo sui suoi interessi deve essere interpretato nel senso che i diritti della difesa del destinatario di un avviso di rettifica dell’accertamento, adottato dall’autorità doganale in mancanza di una previa audizione dell’interessato, non sono violati se la normativa nazionale che consente all’interessato di contestare tale atto nell’ambito di un ricorso amministrativo si limita a prevedere la possibilità di chiedere la sospensione dell’esecuzione di tale atto fino alla sua eventuale riforma rinviando all’articolo 244 del regolamento (CEE) n. 2913/92 del Consiglio, del 12 ottobre 1992, che istituisce un codice doganale comunitario, come modificato dal regolamento (CE) n. 2700/2000 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 novembre 2000, senza che la proposizione di un ricorso amministrativo sospenda automaticamente l’esecuzione dell’atto impugnato, dal momento che l’applicazione dell’articolo 244, secondo comma, di detto regolamento da parte dell’autorità doganale non limita la concessione della sospensione dell’esecuzione qualora vi siano motivi di dubitare della conformità della decisione impugnata con la normativa doganale o vi sia da temere un danno irreparabile per l’interessato” e “la violazione del diritto di essere ascoltati determina l’annullamento del provvedimento adottato al termine del procedimento amministrativo di cui trattasi soltanto se, in mancanza di tale irregolarità, tale procedimento avrebbe potuto comportare un risultato diverso”;

– nella specie, la CTR non si è attenuta ai suddetti principi per avere ravvisato l’illegittimità dell’avviso di rettifica di accertamento per violazione del termine di cui all’art. 12, comma 7, cit.;

– con il terzo motivo- proposto in subordine al secondo- la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, in relazione al (TULD) D.P.R. n. 43 del 1973, art. 66, comma 3, richiamato dal D.Lgs. n. 374 del 1990, art. 11, comma 7, per avere la CTR ritenuto nullo l’atto impositivo per inosservanza formale del termine di cui all’art. 12, comma 7, cit., ancorchè la contribuente non avesse addotto alcuno specifico pregiudizio da tale mancanza;

– con il quarto motivo – proposto in subordine al terzo – la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, sotto il profilo sanzionatorio, in quanto, ad avviso della Agenzia, ancorchè si ritenesse applicabile alla fattispecie l’art. 12, comma 7, cit., la sua eventuale pretermissione da parte dell’Amministrazione non potrebbe comportare la nullità dell’accertamento, in quanto tale sanzione non è prevista da alcuna disposizione;

– l’accoglimento del secondo motivo, rende inutile la trattazione del terzo e del quarto, con assorbimento dei medesimi;

– in conclusione, vanno accolti il primo e il secondo motivo; assorbiti i restanti; con cassazione della sentenza impugnata e rinvio, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Commissione tributaria della Liguria, in diversa composizione, affinchè riesamini il merito della vicenda;

PQM

La Corte accoglie il primo e il secondo motivo di ricorso, assorbiti gli altri, e per l’effetto cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Commissione tributaria regionale della Liguria, in diversa composizione, che provvederà anche alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità;

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 10 gennaio 2019.

Depositato in Cancelleria il 25 gennaio 2019

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