Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22169 del 14/10/2020

Cassazione civile sez. trib., 14/10/2020, (ud. 19/02/2020, dep. 14/10/2020), n.22169

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. STALLA Giacomo Maria – Presidente –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – rel. Consigliere –

Dott. PEPE Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 24616-2017 proposto da:

C.P., Z.M.E., elettivamente domiciliati in ROMA

VIA DEGLI SCIPIONI 268/A, presso lo studio dell’avvocato GIANLUCA

CAPOROSSI, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato

FRANCESCO PECORA, giusta procura in calce;

– ricorrenti –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO PROVINCIALE DI

(OMISSIS);

– intimati –

avverso la sentenza n. 1209/2017 della COMM. TRIB. REG. di ROMA,

depositata il 13/03/2017;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

19/02/2020 dal Consigliere Dott. ANTONIO MONDINI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

STANISLAO DE MATTEIS che ha concluso per l’accoglimento del primo e

terzo motivo di ricorso e l’assorbimento del secondo, quarto, quinto

e sesto motivo;

uditi per il ricorrente gli Avvocati PECORA e CAPOGROSSI che si

riportano agli scritti.

 

Fatto

FATTI DELLA CAUSA

1. Con sentenza n. 1209, depositata il 3 marzo 2017, la commissione tributaria regionale del Lazio accoglieva l’appello dell’Agenzia delle Entrate avverso la pronuncia della commissione tributaria provinciale di Roma con cui era stato accolto il ricorso proposto da C.P. e Z.M.E. contro gli avvisi di revisione dell’accatastamento di una unità immobiliare posta in (OMISSIS), di cui detti ricorrenti erano comproprietari, emessi dall’Agenzia ai sensi della L. 30 dicembre 2004, n. 311, art. 1, comma 335.

2. La commissione regionale, riteneva che, contrariamente a quanto dedotto dai contribuenti, gli avvisi fossero adeguatamente motivati in quanto facenti riferimento agli atti prodromici alla procedura di riclassamento e non essendo necessaria l’indicazione delle indicare specifiche caratteristiche dell’immobile. Tanto sul richiamo alla sentenza di questa Corte n. 21176/2016. Ciò detto riguardo alla motivazione degli avvisi, la commissione aggiungeva, “quanto al merito”, che l’immobile si trovava in una microzona (“(OMISSIS)”) a destinazione prevalentemente residenziale, con abitazioni di tipo civile la cui redditività era divenuta molto superiore a quella attribuita con precedenti e assai datati atti di classamento, grazie ad interventi di riqualificazione edilizia, all’insediamento di strutture socio-sanitarie e di università e alla presenza di parchi e di monumenti e che l’immobile de quo faceva parte di un fabbricato d’epoca, ben rifinito, ubicato a breve distanza da ambasciate, parchi e servizi pubblici, nel cuore del quartiere (OMISSIS), in zona molto elegante e nel quale vi erano altri immobili anch’essi oggetto di riclassamento identico a quello portato negli avvisi impugnati.

3. Avverso la menzionata sentenza, i contribuenti hanno proposto ricorso per cassazione, articolato su sette motivi.

4. L’Agenzia delle Entrate non ha svolto difese.

5. La Procura Generale ha depositato requisitoria.

Diritto

CONSIDERAZIONI IN DIRITTO

1. Con il primo motivo e con il secondo motivo di ricorso, i contribuenti lamentano violazione o falsa applicazione della L. 30 dicembre 2004, n. 311, art. 1, comma 335, del R.D. 13 aprile 1939, n. 652, artt. 8 e 9, D.P.R. 1 dicembre 1949, n. 1142, artt. 6, 7, 9, 14, 54 e 6, della L. 23 dicembre 1996, n. 662, art. 3, commi 154 e 155, del D.P.R. 23 marzo 1998, n. 138, artt. 8 e 9, e violazione o falsa applicazione del D.M. n. 701 del 1994, e sollevano dubbi di legittimità costituzionale della L. 30 dicembre 2004, n. 311, art. 1, comma 335, ove interpretato in conformità a Cass. 21176/2016, richiamata nella sentenza impugnata, rispetto agli artt. 3,53 e 97 Cost.. Sostengono i ricorrenti che, in base alle disposizioni di legge evocate, il classamento è sempre da riferire al singolo immobile, con valutazione “individualizzata e concreta”, laddove invece la commissione ha, sulla scorta della sentenza n. 21176/2016, avallato un classamento “massivo”, relativo all’immobile in questione solo perchè facente parte di una determinata microzona, interpretando le disposizioni in modo erroneo e tale da far sorgere dubbi di costituzionalità delle disposizioni stesse.

2. Con il terzo motivo di ricorso, i contribuenti lamentano violazione o falsa applicazione della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 7, della L. 7 agosto 2000, n. 241, art. 3, “anche in relazione agli artt. 3,25,53 e 97 Cost., e art. 2697 c.c.”. Sostengono i ricorrenti che la commissione ha erroneamente considerato legittimi gli avvisi di nuovo accatastamento malgrado che gli stessi presentassero una motivazione nella quale erano solo richiamati gli atti prodromici alla procedura della L. n. 311 del 2004, ex art. 1, comma 335, e nella quale non vi era, al di là di espressioni “vuote e stereotipate”, riferimento alcuno allo specifico immobile.

3. Con il quarto motivo di ricorso, i contribuenti lamentano “nullità della sentenza ex art. 132, n. 4, per motivazione inesistente e/o meramente apparente”. Evidenziano che quanto scritto dalla commissione regionale in merito alle caratteristiche della microzona, dell’edificio e della unità immobiliare in questione, è nient’altro che una “elencazione di caratteristiche…alla quale non consegue alcun ulteriore passaggio argomentativo che permetta di comprendere a quali di queste caratteristiche, meramente enunciate, siano state ritenute idonee a sorreggere la decisione di riclassificazione”.

4. Con il quinto motivo di ricorso, i contribuenti lamentano “violazione dell’art. 115 c.p.c., in ordine al principio di non contestazione anche in relazione all’art. 2697 c.c.”. Affermano che quanto scritto dalla commissione regionale merito alle caratteristiche della microzona, dell’edificio e della unità immobiliare in questione, è nient’altro che la trascrizione di quanto enunciato dall’Agenzia non nella motivazione degli avvisi ma nell’atto di appello e che tali enunciazioni sono state considerate provate malgrado non lo fossero affatto e malgrado che dalla perizia prodotta da essi contribuenti fino dal ricorso introduttivo risultassero elementi – non contestati dall’Agenzia – tali da escludere i presupposti dell’operato classamento.

4. Con il sesto motivo di ricorso, i contribuenti lamentano “violazione degli artt. 3,23 e 53 Cost., in relazione alle regole dettate ai fini della revisione del classamento dal D.P.R. 23 marzo 1998, n. 138, art. 9, e dalla L. 23 dicembre 1996, n. 662, art. 3, comma 154, lett. e)”. Deducono i ricorrenti che il riferimento fatto dalla commissione all’accatastamento di altri immobili posti nel medesimo edificio, si pone in “irrimediabile contrasto” con le evocate norme costituzionali e legislative “introducendo un criterio di classamento per comparazione interna al medesimo edificio, non previsto dalla normativa vigente e totalmente astratto”.

5. Con il settimo motivo di ricorso, i contribuenti lamentano “violazione e/o falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c., e ss.” per avere la commissione regionale ingiustamente posto le spese dei due gradi del processo a carico di essi contribuenti laddove “la palese illegittimità da cui è affetta la pronuncia impugnata, depone per la erroneità della statuizione accessoria”.

6. I primi tre motivi di ricorso, strettamente connessi e pertanto suscettivi di esame congiunto, sono fondati. Emerge dalla sentenza impugnata (nella parte in cui si richiama la sentenza di questa Corte n. 21176/2016) e dal ricorso per cassazione, che gli avvisi erano motivati unicamente con il riferimento al fatto che l’Agenzia aveva proceduto ai sensi e sulla base della previsione di cui alla L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335. Solo in corso di causa l’Ufficio ha allegato gli elementi relativi, in modo specifico, all’unità immobiliare in questione, che sono stati utilizzati dalla commissione nella parte della sentenza successiva alla locuzione “quanto al merito” (v., punto 2 della superiore premessa relativa ai “Fatti della causa”. Con la sentenza di questa Corte n. 21176/2016, un avviso di classamento L. n. 311 del 2004, ex art. 1, comma 335, motivato con il richiamo agli atti prodromici, è stato considerato dotato di “assetto motivazionale provvisto dei requisiti di congruità e sufficienza… in quanto presupposto della revisione (L. n. 311 del 2004, ex art. 1, comma 335), è il riallineamento resosi essenziale per il registrato significativo scostamento di valore rispetto all’insieme delle microzone comunali, senza che sia necessario indicare specifiche caratteristiche dell’immobile alle quali deve essere invece attento un diverso tipo di atto di classamento, che trova in altre norme la propria giustificazione (come ad es. quello previsto dalla stessa L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 336, che richiede la presenza di innovazioni specifiche concernenti l’immobile in esame ed esige, quindi, in questo caso, e solo in questo caso, che la motivazione dell’atto di revisione riporti l’analitica indicazione delle trasformazioni subite dal bene; oppure quello previsto dalla L. 662 del 1996, art. 3, comma 58, nella parte in cui si riferisce alla palese incongruità del classamento dell’immobile oggetto di revisione rispetto a fabbricati similari”. Per l’orientamento della Corte che, pur avendo trovato espressione già prima della ricordata suddetta sentenza n. 21176/2016 – vedasi Cass. 4712/2015 e 3156/2015 -, si è definitivamente consolidato in epoca successiva anche in considerazione della sentenza della Corte Cost. n. 249 del 2017 (la quale ha dichiarato infondata la questione di legittimità costituzionale, per violazione degli artt. 3,53 e 97 Cost., della L. n. 311, art. 1, comma 335, affermando tra l’altro che “la natura e le modalità dell’operazione enfatizzano l’obbligo di motivazione in merito agli elementi che hanno, in concreto, interessato una determinata microzona, così incidendo sul diverso classamento della singola unità immobiliare; obbligo che, proprio in considerazione del carattere “diffuso” dell’operazione, deve essere assolto in maniera rigorosa in modo tale da porre il contribuente in condizione di conoscere le concrete ragioni che giustificano il provvedimento”, ribadendo in questo modo la necessità di un provvedimento specifico e puntuale in capo all’Amministrazione), “il procedimento di revisione parziale del classamento di cui alla L. 30 dicembre 2004, n. 311, art. 1, comma 335, non essendo diversamente disciplinato se non in relazione al suo presupposto fattuale, e cioè l’esistenza di uno scostamento significativo del rapporto tra i valori medi della zona considerata e nell’insieme delle microzone comunali, resta soggetto alle medesime regole dettate ai fini della “revisione del classamento” dal D.P.R. 23 marzo 1998, n. 138, art. 9, sì da sottrarne l’attuazione alla piena discrezionalità della competente Amministrazione pubblica. Ne consegue che anche la procedura prevista dal comma 335 cit., pur a fronte del relativo presupposto, non può sottrarsi all’applicazione dei parametri previsti, in via ordinaria, dalla L. 23 dicembre 1996, n. 662, art. 3, comma 154, lett. e), il quale impone che si tenga conto, nel medesimo contesto cronologico, dei caratteri specifici di ciascuna unità immobiliare, del fabbricato e della microzona ove l’unità è sita, siccome tutti incidenti comparativamente e complessivamente alla qualificazione della stessa” (così Cass. 3 marzo 2018, n. 17413; conformi Cass. 31829/2018 e già Cass. 16378/2018 e Cass.22900/2017). In relazione a ciò che precede, la Corte ha altresì precisato che se il nuovo classamento è stato adottato ai sensi della L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335, l’atto di riclassamento deve essere adeguatamente motivato in merito agli elementi (da individuarsi tra quelli indicati nel D.P.R. n. 138 del 1998, art. 8, quali la qualità urbana del contesto nel quale l’immobile è inserito, la qualità ambientale della zona di mercato in cui l’unità è situata, le caratteristiche edilizie del fabbricato e della singola unità immobiliare) che, in concreto, hanno inciso sul diverso classamento della singola unità immobiliare, in modo che il contribuente sia posto in condizione di conoscere “ex ante” le ragioni che ne giustificano in concreto l’emanazione (vedi da ultimo Cass., 6-5, n. 9770/2019; Cass., Sez. 5, n. 19810/2019). Nella specie, dalla lettura della decisione della commissione regionale, emerge che, disattendendo i principi fin qui enucleati, la commissione ha ritenuto che il riclassamento fosse da ritenere motivato con un riferimento astratto agli atti prodromici agli avvisi impugnati. Gli elementi allegati dall’amministrazione in corso di causa non valgono ad integrare la motivazione degli avvisi. Ostano alla motivazione postuma mediante atti processuali, la L. n. 241 del 1990, art. 3, il quale, facendo riferimento alle ragie che “hanno determinato” la decisione dell’amministrazione, correla il dato temporale della motivazione al momento della emanazione dell’atto; il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 18, il quale, imponendo al contribuente di specificare nel ricorso introduttivo di primo grado, i motivi di impugnazione, presuppone che l’atto dia conto delle ragioni della pretesa (altrimenti il ricorso non potrebbe che essere, in tutto o in parte, “al buio”); il D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 23 e 32, i quali, consentendo all’amministrazione di produrre in giudizio gli elementi di prova richiamati nell’atto impositivo e di dedurne di nuovi nei limiti di quanto consequenziale ai motivi di ricorso, presuppongono che detti elementi siano compiutamente indicati nell’avviso.

5. In ragione di quanto precede i primi tre motivi di ricorso devono essere accolti e, restando assorbiti gli altri, la sentenza impugnata va cassata.

6. Non vi sono accertamenti in fatto da svolgere cosicchè la causa può essere decisa nel merito (ex art. 384 c.p.c.), con accoglimento del ricorso dei contribuenti e conseguente annullamento dell’avvisi di accertamento impugnati.

7. Si ravvisano ragioni di compensazione delle spese in ciò che la giurisprudenza riguardo alla questione dibattuta era, al tempo della proposizione del ricorso, non univoca.

PQM

la Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie l’originario ricorso dei contribuenti;

compensa le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 19 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 14 ottobre 2020

 

 

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