Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22168 del 14/10/2020

Cassazione civile sez. trib., 14/10/2020, (ud. 19/02/2020, dep. 14/10/2020), n.22168

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. STALLA Giacomo Maria – Presidente –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – rel. Consigliere –

Dott. PEPE Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 16677-2017 proposto da:

C.P., C.F., Z.M.E., elettivamente

domiciliati in ROMA VIA DEGLI SCIPIONI 268/A, presso lo studio

dell’avvocato GIANLUCA CAPOROSSI, rappresentati e difesi

dall’avvocato FRANCESCO PECORA, giusta procura in calce;

– ricorrenti –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

e contro

AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO PROVINCIALE DI (OMISSIS);

– intimata –

avverso la sentenza n. 8883/2016 della COMM. TRIB. REG. di ROMA,

depositata il 21/12/2016;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

19/02/2020 dal Consigliere Dott. ANTONIO MONDINI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

STANISLAO DE MATTEIS che ha concluso per l’accoglimento del primo e

terzo motivo e l’assorbimento del secondo, quarto, quinto e sesto

motivo;

udito per il ricorrente gli Avvocati PECORA e CAPOGROSSI che si

riportano agli scritti;

udito per il controricorrente l’Avvocato BACHETTI che si riporta agli

scritti.

 

Fatto

FATTI DELLA CAUSA

1. Con sentenza n. 8883, depositata il 21 dicembre 2016, la commissione tributaria regionale del Lazio accoglieva l’appello dell’Agenzia delle Entrate avverso la pronuncia della commissione tributaria provinciale di Roma con cui era stato accolto il ricorso proposto da C.F., C.P. e Z.M.E. contro l’avviso di revisione dell’accatastamento di una unità immobiliare posta in (OMISSIS), emesso dall’Agenzia di sensi della L. 30 dicembre 2004, n. 311, art. 1, comma 335.

2. La commissione regionale, qualificato l’avviso di nuovo classamento come “provocatio ad opponendum” riteneva, contrariamente a quanto dedotto dai contribuenti, l’avviso stesso adeguatamente motivato in quanto facente riferimento agli atti prodromici alla procedura di riclassamento, e ciò sul richiamo alla sentenza di questa Corte n. 21176/2016. Aggiungeva che in corso di causa erano state prodotte “foto e una planimetria a completamento delle motivazioni per il cambio di categoria descritte nell’avviso di accertamento e cioè “appartenenza ad un fabbricato avente caratteri architettonici o di finiture ricercati, dotato di ampi spazi comuni, ottima esposizione prevalente, ubicazione in zona di prestigio, una consistenza (in numero di vani e superficie) tendenzialmente elevata, dotazione di servizi igienici proporzionata al numero dei vani e/o alla superficie, adeguata destinazione impiantistica, nonchè rifiniture di pregio””. Aggiungeva, ancora, che dalla perizia prodotta dai contribuenti era possibile evincere solo che l’immobile in questione non era “un’abitazione di lusso” il chè tuttavia era irrilevante trattandosi di immobile inserito in categoria A/1 nella quale erano incluse non abitazioni di lusso ma abitazioni “signorili, ossia appartenenti a fabbricati ubicati in zone di pregio con caratteristiche costruttive, tecnologiche e di rifiniture di livello superiore a quello dei fabbricati di tipo residenziale”.

3. Per la cassazione della suddetta sentenza, i contribuenti hanno proposto ricorso articolato su sei motivi.

4. L’Agenzia delle Entrate ha depositato controricorso.

5. La Procura Generale ha depositato requisitoria.

4. L’Agenzia delle Entrate ha depositato controricorso.

Diritto

CONSIDERAZIONI IN DIRITTO

1. Con il primo motivo e con il secondo motivo di ricorso, i contribuenti lamentano violazione o falsa applicazione della L. 30 dicembre 2004, n. 311, art. 1, comma 335, del R.D. 13 aprile 1939, n. 652, artt. 8 e 9, del D.P.R. 1 dicembre 1949, n. 1142, artt. 6, 7, 9, 14, 54 e 61, della L. 23 dicembre 1996, n. 662, art. 3, commi 154 e 155, del D.P.R. 23 marzo 1998, n. 138, artt. 8 e 9, e violazione o falsa applicazione del D.M. n. 701 del 1994, e sollevano dubbi di legittimità costituzionale della L. 30 dicembre 2004, n. 311, art. 1, comma 335, ove interpretato in conformità a Cass. 21176/2016, richiamata nella sentenza impugnata, rispetto agli artt. 3,53 e 97 Cost.. Sostengono i ricorrenti che, in base alle disposizioni di legge evocate, il classamento è sempre da riferire al singolo immobile, con valutazione “individualizzata e concreta”, laddove invece la commissione ha, sulla scorta della sentenza n. 21176/2016, avallato un classamento “massivo”, relativo all’immobile in questione solo perchè facente parte di una determinata microzona, interpretando le disposizioni in modo erroneo e tale da far sorgere dubbi di costituzionalità delle disposizioni stesse.

2. Con il terzo motivo di ricorso, i contribuenti lamentano violazione o falsa applicazione della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 7, L. 7 agosto 2000, n. 241, art. 3, “anche in relazione agli artt. 3,25,53 e 97 Cost., e art. 2697 c.c.”. Sostengono i ricorrenti che la commissione ha adottato una concezione dell’atto amministrativo quale “provocatio ad opponendum”, contrastante con le suddette disposizioni di legge ed ha erraneamente considerato legittimo l’avviso di nuovo accatastamento malgrado che lo stesso presentasse una motivazione nella quale erano solo richiamati gli atti prodromici alla procedura della L. n. 311 del 2004, ex art. 1, comma 335, e non vi era, al di là di espressioni “vuote e stereotipate”, riferimento alcuno allo specifico immobile.

3. Con il quarto motivo di ricorso, i contribuenti lamentano violazione o falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., deducendo che la commissione “aderendo alla teorica della provocatio ad opponendum ha invertito l’onere della prova dall’ufficio sul contribuente sulle concrete caratteristiche dell’immobile onerando il contri della prova del fatto che il proprio immobile abbia caratteristiche tali da sottrarlo alla ratio del riclassamento per microzone”.

4. I quattro motivi di ricorso, strettamente connessi e pertanto suscettivi di esame congiunto, sono fondati. Emerge dalla sentenza impugnata e dagli atti delle parti che l’avviso indicava che l’amministrazione aveva proceduto ai sensi e sulla base della previsione di cui alla L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335, della Det. del direttore dell’Agenzia del Territorio del 16 febbraio 2005, della richiesta del Comune di (OMISSIS) diretta ad ottenere la revisione del classamento delle unità di proprietà privata ubicate nella microzona n. (OMISSIS). La commissione ha premesso che l’avviso di accertamento in materia di classamento è una “provocatio ad opponendum” ed richiamato la sentenza di questa Corte n. 21176/2016, con la quale un atto di accertamento motivato con il richiamo agli atti prodromici alla procedura è stato considerato dotato di “assetto motivazionale provvisto dei requisiti di congruità e sufficienza… in quanto presupposto della revisione (L. n. 311, ex art. 1, comma 335), è il riallineamento resosi essenziale per il registrato significativo scostamento di valore rispetto all’insieme delle microzone comunali, senza che sia necessario indicare specifiche caratteristiche dell’immobile alle quali deve essere invece attento un diverso tipo di atto di classamento, che trova in altre norme la propria giustificazione (come ad es. quello previsto dalla stessa L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 336, che richiede la presenza di innovazioni specifiche concernenti l’immobile in esame ed esige, quindi, in questo caso, e solo in questo caso, che la motivazione dell’atto di revisione riporti l’analitica indicazione delle trasformazioni subite dal bene; oppure quello previsto dalla L. n. 662 del 1996, art. 3, comma 58, nella parte in cui si riferisce alla palese incongruità del classamento dell’immobile oggetto di revisione rispetto a fabbricati similari”. Dalla sentenza impugnata risulta che nell’avviso era anche scritto che l’appartamento apparteneva “ad un fabbricato avente caratteri architettonici o di finiture, ricercati, dotato di ampi spazi comuni, ottima esposizione prevalente, ubicazione in zona di prestigio, una consistenza (in numero di vani superficie) tendenzialmente elevata, dotazione di servizi igienici proporzionata al numero dei vani e/o alla superficie, adeguata destinazione impiantistica, nonchè rifiniture di pregio”. La premessa (configurazione dell’avviso come provocatio ad opponendum), in base alla quale il discorso motivazionale può esaurirsi nella enunciazione dei criteri astratti sulla base dei quali l’avviso stato emesso venendo poi rimessa alla fase processuale la questione della prova della correlazione tra l’enunciazione astratta e la concreta sussistenza dei fatti fondanti l’avviso stesso non è condivisibile. Le ragioni di non condivisibilità di tale configurazione sono le seguenti. Un avviso di classamento astratto e avulso dalla ricostruzione degli elementi concreti fondanti, integrabile con gli elementi di fatto e probatori della fattispecie concreta in sede di eventuale, successiva, impugnazione giudiziale, è da ritenersi in contrasto con la lett. e, la ratio della citata L. n. 212 del 2000, art. 7. Una siffatta configurazione dell’obbligo motivazionale conduce a considerare sufficiente una motivazione quand’anche inidonea a rendere in tutto comprensibili i termini dell’atto, una motivazione che non garantisce il pieno dispiegarsi delle facoltà difensive del contribuente nè una corretta dialettica processuale e, in ultimo, una motivazione che non assicura, nel rispetto del principi costituzionali di legalità e buona amministrazione, un’azione amministrativa efficiente, trasparente e congrua alle finalità della legge. Ciò detto, in linea generale, quanto alla premessa da cui la impugnata sentenza, valgono, quanto allo snodo centrale della motivazione della sentenza medesima, le seguenti osservazioni. Per l’orientamento della Corte che, pur avendo trovato espressione già prima della ricordata suddetta sentenza n. 21176/2016 – vedasi Cass. 4712/2015 e 3156/2015 -, si è definitivamente consolidato in epoca successiva anche in considerazione della sentenza della Corte Cost. n. 249 del 2017 (la quale ha dichiarato infondata la questione di legittimità costituzionale, per violazione degli artt. 3,53 e 97 Cost., della L. n. 311, art. 1, comma 335, affermando tra l’altro che “la natura e le modalità dell’operazione enfatizzano l’obbligo di motivazione in merito agli elementi che hanno, in concreto, interessato una determinata microzona, così incidendo sul diverso classamento della singola unità immobiliare; obbligo che, proprio in considerazione del carattere “diffuso” dell’operazione, deve essere assolto in maniera rigorosa in modo tale da porre il contribuente in condizione di conoscere le concrete ragioni che giustificano il provvedimento”, ribadendo in questo modo la necessità di un provvedimento specifico e puntuale in capo all’Amministrazione), “il procedimento di revisione parziale del classamento di cui alla L. 30 dicembre 2004, n. 311, art. 1, comma 335, non essendo diversamente disciplinato se non in relazione al suo presupposto fattuale, e cioè l’esistenza di uno scostamento significativo del rapporto tra i valori medi della zona considerata e nell’insieme delle microzone comunali, resta soggetto alle medesime regole dettate ai fini della “revisione del classamento” dal D.P.R. 23 marzo 1998, n. 138, art. 9, sì da sottrarne l’attuazione alla piena discrezionalità della competente Amministrazione pubblica. Ne consegue che anche la procedura prevista dal comma 335 cit., pur a fronte del relativo presupposto, non può sottrarsi all’applicazione dei parametri previsti, in via ordinaria, dalla L. 23 dicembre 1996, n. 662, art. 3, comma 154, lett. e), il quale impone che si tenga conto, nel medesimo contesto cronologico, dei caratteri specifici di ciascuna unità immobiliare, del fabbricato e della microzona ove l’unità è sita, siccome tutti incidenti comparativamente e complessivamente alla qualificazione della stessa” (così Cass. 3 marzo 2018, n. 17413; conformi Cass.31829/2018 e già Cass. 16378/2018 e Cass.22900/2017). In relazione a ciò che precede, la Corte ha altresì precisato che se il nuovo classamento è stato adottato ai sensi della L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335, l’atto di riclassamento deve essere adeguatamente motivato in merito agli elementi (da individuarsi tra quelli indicati nel D.P.R. n. 138 del 1998, art. 8, quali la qualità urbana del contesto nel quale l’immobile è inserito, la qualità ambientale della zona di mercato in cui l’unità è situata, le caratteristiche edilizie del fabbricato e della singola unità immobiliare) che, in concreto, hanno inciso sul diverso classamento della singola unità immobiliare, in modo che il contribuente sia posto in condizione di conoscere “ex ante” le ragioni che ne giustificano in concreto l’emanazione (vedi da ultimo Cass., 6-5, n. 9770/2019; Cass., Sez. 5, n. 19810/2019). Nella specie, dalla lettura della decisione impugnata emerge che, disattendendo i principi fin qui enucleati, la commissione regionale ha ritenuto che il riclassamento fosse da ritenere motivato con un riferimento astratto agli atti prodromici e con una formula (“appartenenza (dell’immobile) ad un fabbricato avente caratteri architettonici o di finiture ricercati, dotato di ampi spazi comuni, ottima esposizione prevalente, ubicazione in prestigio, una consistenza (in numero di vali e superficie) tendenzialmente elevata, dotazione di servizi igienici proporzionata al numero dei vani e/o alla superficie, adeguata destinazione impiantistica, nonchè rifiniture di pregio) anch’essa astratta.

5. I primi quattro motivi di ricorso devono essere accolti e, restando assorbiti i due restanti (“violazione dell’art. 115 c.p.c., in ordine al principio di non contestazione anche in relazione all’art. 2697 c.c.,” per non avere la commissione tenuto conto del fatto che l’Agenzia non aveva contestato le risultanze della perizia dei contribuenti; “nullità della sentenza ex art. 132, n. 4, per motivazione meramente apparente e comunque incoerente perchè manifestamente illogica… in ordine alla valutazione del materiale istruttorio acquisito al processo”), la sentenza impugnata va cassata e, non essendovi accertamenti in fatto da svolgere, la causa può essere decisa nel merito (ex art. 384 c.p.c.), con accoglimento del ricorso dei contribuenti e conseguente annullamento dell’avviso di accertamento impugnato.

6. Si ravvisano ragioni di compensazione delle spese in ciò che la giurisprudenza riguardo alla questione dibattuta era, al tempo della proposizione del ricorso, non univoca.

P.Q.M.

la Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie l’originario ricorso dei contribuenti;

compensa le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 19 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 14 ottobre 2020

 

 

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