Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22165 del 29/10/2015


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 22165 Anno 2015
Presidente: PETITTI STEFANO
Relatore: PETITTI STEFANO

SENTENZA

Data pubblicazione: 29/10/2015

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sul ricorso proposto da:
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del
Ministro

pro

tempore,

rappresentato e difeso

dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici
in Roma, via dei Portoghesi n. 12, è domiciliato per
legge;
– ricorrente –

contro
MENNA Vincenzo (oDIN VCN 39S29 F839H), rappresentato e
(

difeso, per procura speciale a margine del controricorso,
dall’Avvocato Patrizia Kivel Mazuy, elettivamente
domiciliato in Roma, via L. Luciani n. l, presso lo studio
dell’Avvocato Ferruccio de Lorenzo;

E5c12.

- controricorrente avverso il decreto della Corte d’Appello di Perugia n.
12366/13, depositato in data 2 ottobre 2013.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica

Stefano Petitti;
sentito,

per la resistente, l’Avvocato Ferruccio de

Lorenzo, per delega orale.
Ritenuto che, con ricorso depositato presso la Corte
d’appello di Roma il 21 novembre 2012, Menna Vincenzo
chiedeva la condanna del Ministero dell’economia e delle
finanze al pagamento del danno non patrimoniale derivante
dalla irragionevole durata di un giudizio iniziato
dinnanzi al TAR Campania con ricorso depositato in data 20
aprile 1991, deciso con sentenza depositata in data 22
febbraio 2012, notificata il successivo 11 luglio 2012;
che il consigliere delegato dichiarava inammissibile
la domanda, ritenendo che la stessa fosse stata proposta
prima del passaggio in giudicato della sentenza del TAR
che aveva concluso il giudizio di primo grado;
che avverso questo provvedimento il Menna proponeva
opposizione ai sensi dell’art. 5-ter della legge n. 89 del
2001;
che l’adita Corte d’appello di Roma, in composizione
collegiale, accoglieva l’opposizione rilevando che la

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udienza dell’8 ottobre 2015 dal Presidente relatore Dott.

sentenza del TAR era stata depositata il 22 febbraio 2012
e non il 3 luglio 2012, come erroneamente ritenuto dal
consigliere delegato, e che la stessa era stata notificata
il successivo 11 luglio, sicché alla data di proposizione

ritenersi irrevocabile, anche perché il ricorrente aveva
depositato certificazione della segreteria del Consiglio
di Stato attestante la mancata proposizione di
impugnazioni alla data del 19 gennaio 2013;
che, nel merito, la Corte d’appello riteneva fondata
la domanda, accertando un ritardo di diciotto anni, in
relazione al quale liquidava un indennizzo di euro
17.250,00, applicando il criterio di 750,00 euro per i
primi tre anni di ritardo e di 1.000,00 euro per ciascuno
degli anni successivi;
che per la cassazione di questo decreto il Ministero
dell’economia e delle finanze ha proposto ricorso sulla
base di due motivi;
che Menna Vincenzo ha resistito con controricorso.
Considerato che il Collegio ha deliberato l’adozione
di una motivazione in forma semplificata;
che con il primo motivo di ricorso

rubricato

“violazione e falsa applicazione dell’art. 2 della legge
24.3.2001 n. 89, in relazione all’art. 360, n. 3 c.p.c.” l’amministrazione ricorrente si duole della implicita

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della domanda di equa riparazione la detta sentenza doveva

reiezione della eccezione di improponibilità della domanda
da essa formulata sul rilievo che nel giudizio presupposto
non risultava essere stata presentata istanza di prelievo,
pur essendo detto giudizio ancora pendente alla data del

che con il secondo motivo il Ministero deduce
violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 cod. civ. e
dell’art. 24 Cost., dolendosi del fatto che la Corte
d’appello abbia accolto la domanda di risarcimento del
danno non patrimoniale pur in assenza di qualsivoglia
allegazione in ordine alla sussistenza di tale danno,
affermandone la sussistenza per il solo fatto del
superamento della durata ragionevole del giudizio
presupposto, e senza che ad essa amministrazione fosse
stata data la possibilità di dedurre elementi atti a
dimostrare la insussistenza, nel caso di specie, del
lamentato pregiudizio;
che il primo motivo di ricorso è fondato;
che, invero, questa Corte ha avuto modo di affermare
che “in tema di equa riparazione per l’irragionevole
durata di un processo amministrativo (nella specie
iniziato nel 1996), la mancata proposizione dell’istanza
di prelievo rende improponibile la domanda di equa
riparazione (nella specie proposta nel 2009) nella parte
concernente la durata del giudizio presupposto successiva

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16 settembre 2010;

alla data (del 25 giugno 2008) di entrata in vigore
dell’art. 54 del d.l. 25 giugno 2008 n. 112, conv. in
legge 6 agosto 2008 n. 133, che, avendo configurato la
suddetta istanza di prelievo come “presupposto

sussistere al momento del deposito della stessa, ai fini
della sollecita definizione del processo amministrativo in
tempi più brevi rispetto al tempo già trascorso, fermo
restando che l’omessa presentazione dell’istanza di
prelievo non determina la vanificazione del diritto
all’equa riparazione per l’irragionevole durata del
processo con riferimento al periodo precedente al 25
giugno 2008” (Cass. n. 5914 del 2012);
che si è poi chiarito, con la sentenza n. 3740 del
2013, citata nel decreto impugnato, che, “ai sensi
dell’art. 54, comma 2, del d.l. n. 112 del 2008, come
modificato dall’art. 3, comma 23, dell’allegato 4 al
d.lgs. n. 104 del 2010, nei giudizi pendenti alla data del
16 settembre 2010 la presentazione dell’istanza di
prelievo condiziona la proponibilità della domanda di
indennizzo anche per il periodo anteriore alla
presentazione medesima”;
che, dunque, posto che il giudizio amministrativo
presupposto era ancora in fase di trattazione alla data
del 16 settembre 2010, la presentazione della istanza di

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processuale” della domanda di equa riparazione, deve

prelievo costituiva una condizione di proponibilità della
domanda di equa riparazione;
che, nella specie,

lo stesso controricorrente

riconosce la mancata presentazione della detta istanza

di fissazione di udienza, che è istituto diverso dal
prelievo;
che, in proposito questa Corte ha affermato che
«l’istanza di prelievo disciplinata dall’art. 51 del r.d.
17 agosto 1907, n. 642 e l’istanza di fissazione
d’udienza, regolata dall’art. 23 della legge 6 dicembre
1971, n. 1034, assolvono a funzioni distinte, avendo la
prima la finalità di accelerare il processo mediante il
riscontro del persistente interesse del ricorrente, e la
seconda quella d’impedire, mediante il perfezionamento
della costituzione del ricorrente e la fissazione
dell’udienza, la perenzione del giudizio. Ne consegue che
dall’entrata in vigore dell’art. 54 del d.l. 25 giugno
2008, n. 112, convertito nella legge 6 giugno 2008, n.
133, per le domande di equa riparazione relative a
procedimenti che si svolgono davanti alle giurisdizioni
amministrative, la preventiva formulazione dell’istanza di
prelievo, costituisce una condizione di proponibilità non
fungibile con l’istanza di fissazione d’udienza» (Cass. n.
780 del 2015; Cass. n. 25572 del 2010);

-6-

avendo fatto riferimento alla presentazione della istanza

che, dunque, la Corte d’appello, lungi dall’accogliere
la domanda, avrebbe dovuto dichiarane la improponibilità,
perché non preceduta dalla presentazione della istanza di
prelievo;

secondo;
che il decreto impugnato deve quindi essere cassato;
che, tuttavia, non essendo necessari ulteriori
accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel
merito, con la dichiarazione di improponibilità della
domanda;
che, in considerazione del fatto che l’orientamento
giurisprudenziale qui recepito si è formato
successivamente alla proposizione della domanda di equa
riparazione, le spese dell’intero giudizio possono essere
compensate tra le part.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte

accoglie

il primo motivo di ricorso,
cassa

il decreto impugnato e

decidendo la causa nel merito,

dichiara improponibile la

assorbito

il secondo;

domanda di equa riparazione;

compensa le spese dell’intero

giudizio.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della
VI – 2 Sezione civile della Corte Suprema di Cassazione,

che l’accoglimento del primo motivo assorbe il

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