Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22165 del 12/09/2018

Cassazione civile sez. VI, 12/09/2018, (ud. 04/07/2018, dep. 12/09/2018), n.22165

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. ESPOSITO Lucia – rel. Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18378/2016 proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, C.F.

(OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore,

domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso la sede

dell’AVVOCATURA CENTRALE dell’Istituto medesimo, rappresentato e

difeso unitamente e disgiuntamente dagli avvocati MAURO RICCI,

CLEMENTINA PULLI, EMANUELA CAPANNOLO;

– ricorrente –

contro

F.A.C.;

– intimata –

avverso il decreto del TRIBUNALE di VIBO VALENTIA, depositato il

17/02/2016, emesso sul procedimento iscritto al n. 1524/2013 R.G.;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 04/07/2018 dal Consigliere Dott. LUCIA ESPOSITO.

Fatto

RILEVATO

Che F.M.A. adiva il Tribunale di Vibo Valentia in sede di ATP ex art. 445 bis c.p.c., ai fini dell’accertamento dello status di handicap con connotazione di gravità ai sensi della L. n. 104 del 1992, art. 3, comma 3, in funzione del “riconoscimento dello status di portatore di handicap grave al fine di chiedere la concessione delle agevolazioni e dei benefici previsti dalla legge medesima e da ogni altra materia”;

che il CTU, espletata l’indagine, ha accertato che la F. non si trovava nella condizione di handicap grave, ma, piuttosto, in quella di handicap non grave (L. n. 104 del 1992, art. 3, comma 1);

che, tuttavia, il giudice omologava l’accertamento, condannando l’INPS al pagamento delle spese processuali;

che avverso la sentenza propone ricorso per cassazione l’Inps sulla base di due motivi;

che controparte è rimasta intimata;

che la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in Camera di consiglio non partecipata.

Diritto

CONSIDERATO

Che con il primo motivo il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., in relazione all’art. 445 bis c.p.c. (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4).

Rileva che la parte vittoriosa non può essere condannata al pagamento delle spese del giudizio, dovendo le stesse essere regolate secondo il criterio della soccombenza (la domanda era di riconoscimento dello stato di handicap grave, mentre il ctu aveva confermato la valutazione della Commissione medica in ordine all’accertamento di situazione di handicap senza connotazione di gravità);

che con il secondo motivo deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 100,112 e 445 c.p.c., L. n. 104 del 1992, art. 3,commi 1 e 3 (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4). Osserva che il procedimento per ex art. 445 bis c.p.c., introduce un accertamento giudiziale delle condizioni sanitarie sempre strumentale e preordinato all’adozione del provvedimento di attribuzione di una prestazione previdenziale o assistenziale, che deve essere indicata in ricorso e nella specie difetta;

che sulla base dei dedotti motivi l’Inps chiede la cassazione del decreto di omologa “limitatamente al capo in cui condanna l’Istituto al pagamento delle spese di lite oltre accessori”;

che il primo motivo di ricorso è manifestamente fondato in ragione della palese violazione del principio della soccombenza. L’obbligo del rimborso delle spese processuali, che si fonda sul principio di causalità, di cui la soccombenza costituisce solo un elemento rivelatore, risponde, infatti, all’esigenza di ristorare la parte vittoriosa dagli oneri inerenti al dispendio di attività processuale cui è stata costretta dall’iniziativa dell’avversario, ovvero del soggetto che abbia causato la lite (specificamente in termini, con riferimento al procedimento ex art. 445 bis c.p.c., Cass. n. 12028 del 10/06/2016: “In tema di accertamento tecnico preventivo in materia previdenziale ed assistenziale, la previsione della pronuncia sulle spese, di cui all’art. 445-bis c.p.c., comma 5, deve essere coordinata con il principio generale sulla soccombenza di cui all’art. 91 c.p.c., sicchè la parte totalmente vittoriosa non può essere in alcun caso condannata al pagamento delle spese in favore della controparte. (Nella specie, la S.C. ha annullato, su ricorso ai sensi dell’art. 111 Cost., un decreto di omologa di cui all’art. 445-bis c.p.c., che, pur accertando l’insussistenza del requisito sanitario per l’indennità di accompagnamento, aveva posto a carico dell’INPS sia le spese processuali che quelle di consulenza tecnica di ufficio)”;

che, in mancanza di accoglimento del ricorso per accertamento tecnico preventivo e stante la conferma della valutazione della Commissione medica, l’Inps non può essere ritenuto soccombente, sicchè non può essere condannato al pagamento delle spese di lite;

che in base alle svolte argomentazioni va accolto il primo motivo di ricorso e la sentenza cassata in relazione ad esso, limitatamente alla statuizione relativa alle spese di giudizio, con rinvio al giudice del merito per la liquidazione delle spese del procedimento, mentre il secondo motivo, strumentale alla caducazione della stessa statuizione, va ritenuto assorbito;

che nessun provvedimento deve essere adottato in relazione alle spese del giudizio di legittimità in mancanza di espletamento di attività difensiva da parte della F..

PQM

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, per la liquidazione delle spese di accertamento tecnico preventivo al Tribunale di Vibo Valentia. Nulla sulle spese per il giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 4 luglio 2018.

Depositato in Cancelleria il 12 settembre 2018

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