Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22165 del 05/09/2019

Cassazione civile sez. III, 05/09/2019, (ud. 10/05/2019, dep. 05/09/2019), n.22165

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi A. – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 20713-2015 proposto da:

C.V. e F.B.I., elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA NIZZA 59, presso lo studio dell’avvocato

ASTOLFO DI AMATO, che li rappresenta e difende;

– ricorrenti –

contro

CONSOB – COMMISSIONE NAZIONALE PER LE SOCIETA’ E LA BORSA, in persona

del Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, LARGO SARTI 4, presso lo studio dell’avvocato

BRUNO CAPPONI, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati

GIULIANA MANTO, FABIO BIAGIANTI, FRANCESCO AMICO, GIOVANNI ANZALONE;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

e nei confronti di:

COOPERS & LYBRAND S.P.A., in persona del Presidente e legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

PACUVIO, 34, presso lo studio dell’avvocato LORENZO ROMANELLI, che

la rappresenta e difende unitamente agli avvocati MARCO ROLLE,

MASSIMO LONGO;

– controricorrente –

A.A.M., + ALTRI OMESSI;

– intimati –

Nonchè da:

M.S.M., + ALTRI OMESSI, elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA NIZZA 59, presso lo studio dell’avvocato ASTOLFO DI AMATO

che li rappresenta e difende;

– ricorrenti –

contro

CONSOB – COMMISSIONE NAZIONALE PER LE SOCIETA’ E LA BORSA, in persona

del Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, LARGO SARTI 4, presso lo studio dell’avvocato

BRUNO CAPPONI, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati

GIULIANA MANTO, FABIO BIAGIANTI, FRANCESCO AMICO, GIOVANNI ANZALONE;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

e nei confronti di:

COOPERS & LYBRAND SPA in persona del Presidente e legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

PACUVIO, 34, presso lo studio dell’avvocato LORENZO ROMANELLI, che

la rappresenta e difende unitamente agli avvocati MARCO ROLLE,

MASSIMO LONGO;

– controricorrente –

A.A.M., + ALTRI OMESSI;

– intimati –

avverso la sentenza n. 2040/2015 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 06/05/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

10/05/2019 dal Consigliere Dott. ENZO VINCENTI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PATRONE IGNAZIO, che ha concluso per il rigetto;

udito l’Avvocato FRANCESCA PAOLA RINALDI;

udito l’Avvocato LORENZO ROMANELLI;

udito l’Avvocato GIOVANNI ANZALONE, FRANCESCO AMICO, FABIO BIAGIANTI,

GIULIANA MANTO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – M.S.M., + ALTRI OMESSI convennero in giudizio, unitamente ad altri numerosi risparmiatori, la CONSOB-Commissione Nazionale per le Società e la Borsa (di seguito anche solo CONSOB) e la Coopers & Lybrand S.p.A., società di revisione della (OMISSIS) S.p.A. (di seguito anche solo (OMISSIS)), al fine di sentirle condannare al risarcimento dei danni patrimoniali da essi subiti in seguito all’indebita distrazione delle somme di denaro consegnate all’agente di cambio D.A.G. e alla predetta (OMISSIS) (entrambi poi dichiarati falliti, rispettivamente nel maggio e nel giugno 1996) perchè fossero investite in titoli.

Gli attori sostennero che le convenute erano solidalmente responsabili in ragione di condotte omissive e negligenti concretizzatesi, quanto alla società di revisione, nella certificazione degli ultimi bilanci della predetta società (OMISSIS) in relazione agli esercizi precedenti all’accertamento del dissesto della stessa e, quanto alla CONSOB, nella omessa vigilanza, ai sensi della vigente normativa, sulla medesima (OMISSIS) e sull’attività dell’anzidetto agente di cambio.

In tale giudizio intervennero, tra gli altri, C.V. e F.B.I., che spiegarono domande analoghe a quelle degli attori.

1.1. – L’adito Tribunale di Napoli, nel contraddittorio con le parti convenute, rigettò, con sentenza del novembre 2008, tutte le domande, seppure in base a differenti ragioni tra gli originari attori e le anzidette parti intervenute.

Rispetto ai primi, il giudice di primo grado rilevò l’intempestiva produzione degli elementi probatori idonei a sostenere le pretese azionate, avvenuta soltanto con il deposito della seconda memoria ex art. 184 c.p.c., comma 1, essendo, quindi, ormai spirato il termine perentorio per le deduzioni di prova diretta.

Quanto, invece, ai predetti interventori, il Tribunale esaminò nel merito le domande risarcitorie, reputandole però infondate, a tal fine assumendo, segnatamente in relazione alla posizione della CONSOB, come insussistente il rapporto di causalità ai sensi dell’art. 40 c.p., comma 2, non avendo i danneggiati fornito allegazione e prova di uno specifico obbligo della CONSOB di esercitare i propri poteri di vigilanza e controllo prima della verifica ispettiva disposta nell’aprile del 1996.

2. – Avverso tale decisione proponevano appello principale, tra gli altri, M.S.M., + ALTRI OMESSI, mentre altri risparmiatori ancora spiegavano gravame incidentale.

2.1.- Con sentenza resa pubblica il 6 maggio del 2015, la Corte d’appello di Napoli dichiarava l’inammissibilità degli appelli incidentali e rigettava quelli principali, con conseguente conferma della sentenza impugnata.

2.2. – A fondamento della decisione la Corte territoriale, per quanto ancora rileva in questa sede, osservava: 1) gli appelli incidentali erano inammissibili per essere stati proposti oltre il termine annuale ex art. 327 c.p.c., ratione temporis applicabile, con conseguente “passaggio in giudicato della statuizione di rigetto della domanda nei confronti della S.p.A. Cooper Lybrand alla cui posizione hanno peraltro fatto riferimento unicamente” taluni appellanti incidentali; 2) gli appelli principali erano parzialmente fondati in punto di an debeatur, giacchè, dal luglio 1994 (e non prima), la CONSOB, essendo venuta a conoscenza di fatti circostanziati relativi ad operazioni sospette da parte dell’agente di cambio D.A.G., avrebbe dovuto e potuto attivare, nel rispetto del limite segnato dalla “norma primaria del neminem laedere”, i pur discrezionali poteri di vigilanza e controllo “entro un ragionevole intervallo non superiore a sei mesi”, mentre aveva fatto trascorrere un intervallo di tempo (sino all’aprile 1996) incompatibile con le esigenze di celerità di tutela del risparmio che la situazione imponeva, così da consentire al D.A. e alla (OMISSIS) di continuare ad operare in danno dei risparmiatori; 3) in relazione alla prova del quantum debeatur, gli appellanti principali (tra gli altri) M., + ALTRI OMESSI non avevano specificamente censurato la statuizione del Tribunale riguardante la “tardività della produzione documentale”, là dove poi la contestazione della CONSOB sulla assenza di “qualsiasi elemento probatorio o sostanziale” e della indicazione dei “criteri normativi e di calcolo” a sostegno della spiegata pretesa risarcitoria era idonea a far sorgere negli attori l’onere di provare i fatti costitutivi della domanda; 3.1.) era, inoltre, inammissibile la produzione di nuova documentazione in sede di gravame da parte degli anzidetti appellanti principali, in quanto: a) carente del requisito dell’indispensabilità, di cui all’art. 345 c.p.c. (nella formulazione applicabile ratione temporis), da intendersi rapportato anche alla “formazione delle preclusioni probatorie”; b) in ogni caso, “indipendentemente” da tale rilievo, carente del requisito della “decisività”, posto che “la mancata produzione dei contratti di intermediazione mobiliare rende(va) inidonea la documentazione in funzione della indispensabile prova della correlazione tra il credito vantato e l’attività riservata agli agenti di cambio o quella cui la Sim Professione & Finanza era stata autorizzata”, nè, peraltro, erano opponibili alla CONSOB le “risultanze degli stati passivi” delle procedure concorsuali a carico dei falliti (OMISSIS) e della (OMISSIS), non essendo allegato neppure “lo stato attuale”; 4) quanto poi agli appellanti principali C. e F. (“che peraltro nulla specificamente allega(va)no in ordine al profilo del quantum nè in ordine… alla somma loro riconosciuta in sede concorsuale”, la prova tempestivamente fornita in primo grado e la documentazione prodotta in appello (“”conferme acquisto titoli”, “situazioni clienti”, “ricevute in conto acquisto titoli”, prive di data certa rispetto alla precisata epoca ritenuta dirimente ai fini della ravvisabilità dell’an debeatur”) era insufficiente a provare la “sussistenza della vantata ragione di credito”, trattandosi di documentazione “extra contabile” che dava conto “di operazioni in contanti, prive di qualsivoglia riscontro”, essendo del resto emersa (stante “l’assoluto disordine contabile” riscontrato anche in sede di giudizio penale) l’evidente “inattendibilità… della contabilità dell’Agente D.A.G. e della Sim Professione & Finanza”.

3. – Per la cassazione di tale sentenza ricorrono, con distinti ricorsi, da un lato e congiuntamente, C.V. e F.B.I., dall’altro e anch’essi congiuntamente, M.S.M., + ALTRI OMESSI, affidando le sorti delle rispettive impugnazione a cinque motivi.

Resistono, con distinti controricorsi avverso entrambi i ricorsi, la Coopers & Lybrand S.p.A. e la CONSOB-Commissione Nazionale per le Società e la Borsa; quest’ultima ha, altresì, proposto ricorso incidentale condizionato, annesso ad entrambi i controricorsi, affidato a quattro motivi e depositato memoria.

La decisione sulle impugnazioni è stata, quindi, rinviata in attesa della decisione delle Sezioni Unite civili sulla questione di procedibilità del ricorso per mancato deposito, ai sensi dell’art. 369 c.p.c., della copia autentica della sentenza impugnata con la relata di notifica.

Intervenuta, dapprima, la sentenza n. 10648 del 2017 e poi la sentenza n. 8312 del 2019, entrambe delle Sezioni Unite civili di questa Corte, è stata quindi fissata per la discussione l’udienza odierna, in prossimità della quale la CONSOB ha depositato ulteriore memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Preliminarmente, dovendosi trattare unitariamente i ricorsi avverso la medesima sentenza, quello proposto da M.S.M. ed altri sei, in quanto successivo al ricorso di C.V. e F.B.I., è da qualificarsi come ricorso incidentale.

2. – Sempre in via preliminare e avuto riguardo sia al ricorso principale, che a quello incidentale del M. e altri sei ricorrenti, deve essere disattesa l’eccezione di improcedibilità di tali impugnazioni, sollevata dalla CONSOB per dedotta violazione dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 2, in ragione del mancato deposito, da parte degli anzidetti ricorrenti, della copia autentica della sentenza impugnata con la relazione di notificazione, effettuata dalla stessa CONSOB presso i rispettivi domicili eletti.

A tal riguardo è sufficiente richiamare vi principio espresso dalla (già citata) sentenza delle Sezioni Unite civili di questa Corte n. 10648 del 2 maggio 2017, secondo cui: “In tema di giudizio di cassazione, deve escludersi la possibilità di applicazione della sanzione della improcedibilità, ex art. 369 c.p.c., comma 2, n. 2, al ricorso contro una sentenza notificata di cui il ricorrente non abbia depositato, unitamente al ricorso, la relata di notifica, ove quest’ultima risulti comunque nella disponibilità del giudice perchè prodotta dalla parte controricorrente ovvero acquisita mediante l’istanza di trasmissione del fascicolo di ufficio”.

Nella specie, il Collegio è nella disponibilità della copia autentica della sentenza impugnata con la relazione di notificazione (in data 28 maggio 2015) e può, dunque, rilevare la tempestività della notificazione di entrambi i ricorsi (spediti per la notificazione il 27 luglio 2015) nel termine breve di cui all’art. 327 c.p.c..

Peraltro, l’indicazione in essi presente di essere l’impugnazione in questa sede rivolta avverso la sentenza di primo grado (del 14 novembre 2008) risulta frutto di un mero errore materiale, poichè i ricorsi stessi sono chiaramente proposti contro la sentenza di appello, della quale, del resto, è stato effettuato il deposito di copia munita di attestazione di conformità del difensore, in quanto sentenza sottoscritta con firma autografa e inserita nel fascicolo informatico (cfr. Cass., S.U., 25 marzo 2019, n. 8213).

Ricorso principale di C.V. e F.B.I..

3. – Con il primo mezzo è denunciata, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, violazione degli artt. 112 e 342 c.p.c., per essere la Corte territoriale incorsa nel vizio di ultrapetizione, ritenendo, contrariamente a quanto affermato dal giudice di primo grado, in base a statuizione non impugnata in sede di gravame e dunque passata in giudicato, non provata l’esistenza di un danno risarcibile in capo ad essi odierni ricorrenti, assumendo erroneamente come inidonea, sotto il profilo probatorio, la documentazione prodotta a sostegno della pretesa attorea, anche sotto il profilo della mancanza di data certa.

3.1. – Il motivo è infondato in tutta la sua articolazione.

I ricorrenti sostengono (anche rispetto al profilo della data certa della documentazione probatoria versata in atti) che il Tribunale, con la sentenza di primo grado, avesse “riconosciuto provato il danno (da essi) subito” (anche avuto riguardo alle allegazioni puntuali sui versamenti agli intermediari, corrispondenti a quanto risultante dalla documentazione depositata) e tale specifica statuizione non sarebbe stata specificamente impugnata dalla CONSOB, con la conseguenza che sarebbe passata in giudicato e la Corte territoriale avrebbe giudicato su questione ad essa non devoluta.

Tuttavia, il presupposto che fa da perno alla censura è erroneo, poichè un tale giudicato, in relazione al danno patito a seguito della condotta illecita ascritta alla CONSOB, non si è affatto formato all’esito del giudizio dinanzi al Tribunale, essendosi quest’ultimo limitato ad affermare che gli odierni ricorrenti, interventori in primo grado, avessero, diversamente dagli originari attori, versato in atti “tempestivamente” la documentazione idonea a poter fornire elementi di prova a sostegno della pretesa azionata.

Dunque, il primo giudice ha incentrato la propria delibazione in punto di tempestività della produzione documentale con efficacia probatoria, senza tuttavia affermarne positivamente la valenza, ossia accertando la sussistenza del danno patito dal C. e dalla F. in forza di detta documentazione, giacchè, nei confronti di costoro, la statuizione di primo grado si è risolta unicamente nel rigetto delle domande in punto di an debeatur, ossia di insussistenza della responsabilità civile della CONSOB.

La delibazione della Corte territoriale in punto di quantum debeatur – ossia, di esistenza di un danno risarcibile – non è, dunque, contrastante con alcun giudicato, posto che questo non si determina sul fatto, ma su una statuizione minima della sentenza, costituita dalla sequenza fatto, norma ed effetto, suscettibile di acquisire autonoma efficacia decisoria nell’ambito della controversia, sicchè l’appello motivato con riguardo ad uno soltanto degli elementi di quella statuizione riapre la cognizione sull’intera questione che essa identifica, così espandendo nuovamente il potere del giudice di riconsiderarla e riqualificarla anche relativamente agli aspetti che, sebbene ad essa coessenziali, non siano stati singolarmente coinvolti, neppure in via implicita, dal motivo di gravame (Cass., 16 maggio 2017, n. 12202; Cass., 8 ottobre 2018, n. 24783, Cass., 17 aprile 2019, n. 10760).

Nella specie, il gravame, nell’ambito del tema relativo all’an debeatur, censurava anzitutto l’accertamento negativo sulla sussistenza di una condotta illecita da parte della CONSOB, tale da integrare il presupposto di una responsabilità extracontrattuale, rimanendo, quindi, ancora impregiudicati i restanti termini per potersi ritenere esistente il diritto al risarcimento in forza della fattispecie legale di cui all’art. 2043 c.c., ossia l’evento di danno e il danno-conseguenza. Ne deriva, pertanto, che alcun giudicato relativo al piano del danno risarcibile si era potuto formare una volta investito il piano, logicamente preliminare, della condotta asseritamente responsabile.

4. – Con il secondo mezzo è prospettata, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e art. 115 c.p.c., comma 1, per aver erroneamente la Corte territoriale ritenuto l’inidoneità probatoria della documentazione prodotta da essi odierni ricorrenti e, quindi, non provato il credito vantato, nonostante ciò costituisse fatto pacifico tra le parti, avendo essi, sin dal proprio atto di intervento, indicato la somma corrisposta allo (OMISSIS)S.i.m. P&F

(OMISSIS)S.i.m. P&F(OMISSIS)S.i.m.(OMISSIS)S.i.m.(OMISSIS)S.i.m. P&F(OMISSIS)S.i.m.(OMISSIS)S.i.m. P&F(OMISSIS)Studio De Asmundis; g) la mancata regolamentazione da parte della CONSOB della fase dei passaggi dei clienti dall’agenzia di cambio alla predetta (OMISSIS).

7. – Con il quinto mezzo è denunciato, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omesso esame circa un fatto decisivo in giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, nonchè prospettata, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e art. 115 c.p.c., comma 1.

La Corte territoriale – “(o)ve si ritenga, da un lato, che (essa) fosse legittimata a revocare in dubbio il quantum del danno risarcibile e, dall’altro, che l’omissione di CONSOB debba essere ricostruita solo a far data dall’ispezione eseguita nel 1994” – avrebbe “omesso di considerare che la costante sottrazione di risorse, conferite a (OMISSIS) e (OMISSIS), ha, di fatto, arrecato pregiudizio anche ai risparmiatori che avevano eseguito investimenti prima del 1994”.

Inoltre, “poichè alcuni investimenti erano stati eseguiti… nel 1994, dopo l’ispezione della CONSOB,… per tali somme, a fronte anche del difetto di contestazione al riguardo, (il giudice di appello) avrebbe dovuto, in ogni caso, affermare la responsabilità di CONSOB”.

8. – Il quinto motivo deve essere esaminato prioritariamente, in quanto correlato, secondo la stessa prospettazione di parte, alla decisione della Corte di appello sulla questione del quantum debeatur.

8.1. – Esso, di per sè poco intelligibile nella sua portata e sorretto da generica prospettazione, è comunque inammissibile in tutta la sua articolazione.

Con esso, infatti, non si dà contezza di alcuna affermazione contenuta nella sentenza impugnata che possa implicare una violazione dell’art. 2697 c.c., nei termini indicati sub p. 4.1.1., che precede.

Nè viene evidenziato, alla stregua dei principi ormai consolidati in punto di deduzione del vizio di cui al vigente art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (per tutte, Cass., S.U., 7 aprile 2014, n. 8053), un fatto “storico” (naturalistico), decisivo e discusso tra le parti, il cui esame sia stato omesso dalla Corte territoriale, giacchè il fatto relativo al mancato “dispiegamento dell’attività ispettiva da parte della CONSOB”, che avrebbe impedito agli intermediari di operare illecitamente in danno dei risparmiatori, si assume, da parte degli stessi ricorrenti, oggetto di espressa considerazione nella sentenza impugnata (a p. 24 e ss.), mentre ciò di cui, in realtà, ci si duole sono i pretesi effetti di quel “fatto” e, dunque, di un giudizio (e non del “fatto storico”) sulla sussistenza del danno che si asserisce conseguenziale, peraltro evocato in modo del tutto generico, in assenza di qualsivoglia riferimento alle allegazioni dell’atto di citazione che sorreggevano e delimitavano la pretesa risarcitoria (tale, all’evidenza, non essendo il mero richiamo alla circostanza che “sin dal primo grado, avevano rimesso al giudice la determinazione della diversa somma ritenuta di giustizia”).

Quanto, infine, alla dedotta violazione dell’art. 115 c.p.c., comma 1, in riferimento ad investimenti eseguiti dopo l’anno 1994, non solo la prospettazione è poco comprensibile, giacchè la Corte territoriale la Corte territoriale aveva comunque affermato la responsabilità di CONSOB a partire dall’anno 1994 e, quindi, soprattutto rispetto ad essa valutato il profilo del quantum debeatur, ma il richiamo al “difetto di contestazione al riguardo” è privo di ogni idonea e necessaria indicazione allo svolgimento delle difese e dell’attività processuale che lo supporti, tenuto conto del principio di diritto già evidenziato sub p. 4.1.2., che precede.

9. – Il terzo e quarto motivo sono inammissibili.

La decisione sui motivi riguardanti il quantum debeatur, che ha comportato il formarsi del giudicato sul rigetto delle domande attoree in ragione del difetto di prova sulla sussistenza di un danno risarcibile, rende irrilevante lo scrutinio dei motivi che attengono all’an debeatur, poichè l’eventuale accoglimento di essi non potrebbe comunque portare alla cassazione della sentenza impugnata.

Ricorso incidentale M. ed altri sei ricorrenti.

10. – Con il primo mezzo è denunciata, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e art. 115 c.p.c., comma 1, per aver la Corte territoriale erroneamente ritenuto che la contestazione sui fatti costitutivi delle pretese creditorie degli attori, effettuata dalla CONSOB con la comparsa di costituzione in giudizio di primo grado (ove si sarebbe limitata a “contestare” la carenza di prove in ordine alla sussistenza della propria responsabilità), soddisfacesse i requisiti richiesti dal codice di rito e, pertanto, fosse idonea a far sorgere, in capo ai danneggiati, l’onere di provare i fatti costitutivi delle predette pretese.

10.1. – Il motivo è in parte infondato e in parte inammissibile.

10.1.1. – E’ infondato là dove si censura la violazione dell’art. 2697 c.c., la cui portata è da assumersi nei termini precisati al p. 4.1.1., che precede.

Nella specie, la sentenza impugnatà, nel pronunciarsi sulla domanda risarcitoria proposta dagli attori e, a tal fine, nel delibare l’esistenza di un danno risarcibile ai sensi dell’art. 2043 c.c. e secondo il combinato disposto di cui agli artt. 2056 e 1223 c.c., ha correttamente posto a carico dei medesimi danneggiati istanti l’onere di dimostrare che tale danno sussistesse, in quanto eziologicamente derivato dal fatto illecito ascritto a carico della CONSOB.

10.1.2. – E’, poi, inammissibile la censura di violazione dell’art. 115 c.p.c., comma 1, da intendersi come riferita al “principio di non contestazione”, nei termini e nella portata già analizzata al p. 4.1.2., che precede.

Nella specie, i ricorrenti, pur deducendo di aver indicato nell’atto di citazione le somme di cui erano creditori e “i titoli in virtù dei quali erano titolari del detto credito”, non hanno però affatto specificato quali fossero siffatti titoli, siccome allegati già tempestivamente nel giudizio di primo grado, tacendo del tutto sul punto.

Nè con il ricorso, del resto, viene censurata idoneamente la complessiva ratio decidendi della sentenza impugnata, la quale (cfr. sintesi al p. 2.2. dei “Fatti di causa” e p. 25 della sentenza di appello), lungi dall’aver confinato la valenza della contestazione della CONSOB alla sola mancanza di elementi probatori, ne ha colto la più ampia portata anche rispetto alla carenza deglì elementi di carattere “sostanziale” e dei “criteri normativi e di calcolo” utili a sorreggere la pretesa azionata e ciò in armonia con le anzidette coordinate dell’istituto, in ragione del fatto che: a) come detto, non si dà conto di allegazioni specifiche sui titoli creditori; b) (in via comunque assorbente) la contestazione specifica e puntuale si rende necessaria ove i fatti siano comuni alle parti o dalla convenuta già previamente conosciuti e i ricorrenti non allegano affatto che la CONSOB fosse già a conoscenza delle singole e specifiche posizioni creditorie.

11. – Con il secondo mezzo è dedotta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione dell’art. 345 c.p.c., “nella formulazione applicabile ratione temporis anteriore alla novella introdotta con decorrenza dall’11.9.12 dal D.L. n. 83 del 2012, art. 1 conv. con. mod. nella L. n. 187 del 2012”.

La Corte territoriale avrebbe erroneamente escluso che la nuova documentazione, prodotta in grado di appello, fosse indispensabile, ex art. 345 c.p.c., comma 3, giacchè non solo essa non contrastava “con le preclusioni probatorie di cui all’art. 184 c.p.c. eventualmente maturate in primo grado”, ma, soprattutto, trattandosi della stessa documentazione in forza della quale il Tribunale aveva riconosciuto come provati i crediti e, quindi, i danni in favore del C. e della F., ne risultava, quindi, evidente l’indispensabilità, in quanto documentazione “in grado di determinare un positivo accertamento dei fatti di causa in relazione alla decisione di primo grado”.

11.1. – Il motivo è in parte infondato e in parte inammissibile.

I ricorrenti sostengono che l’indispensabilità dei documenti nuovi depositati in appello derivi dal fatto che gli stessi documenti, tempestivamente depositati in primo grado dagli investitori C. e F., erano stati ritenuti, dal primo giudice, probanti circa la “sussistenza del danno” subito dai predetti investitori.

Tuttavia – come già posto in evidenza al p. 3.1., che precede – è erroneo il presupposto da cui muove la doglianza, poichè una tale supposta efficacia probante della anzidetta documentazione, in relazione al danno patito a seguito della condotta illecita ascritta alla CONSOB, non è stata affatto accertata dal Tribunale in primo grado, il quale si è limitato ad escludere che gli odierni ricorrenti avessero versato in atti “tempestivamente” la documentazione idonea a poter fornire elementi di prova a sostegno della pretesa azionata, come invece avevano fornito “tempestivamente” gli interventori C. e F..

Dunque, il primo giudice ha incentrato la propria delibazione in punto di tempestività della produzione documentale con efficacia probatoria, senza tuttavia affermarne positivamente la valenza, ossia accertando la sussistenza del danno patito dal C. e dalla F. in forza di detta documentazione, giacchè, nei confronti di quest’ultimi, la statuizione di primo grado si è risolta unicamente nel rigetto delle domande in punto di an debeatur, ossia di insussistenza della responsabilità civile della CONSOB.

Di qui, pertanto la delibazione del giudice di appello sulla indispensabilità o meno, ai sensi dell’art. 345 c.p.c., comma 3, della nuova documentazione prodotta in sede di gravame dagli odierni ricorrenti, che si fonda su una duplice ratio decidendi.

Da un lato, l’assenza dei contratti di investimento, rendendo ciò inidonea l’ulteriore documentazione depositata “in funzione della correlazione tra il credito vantato e l’attività riservata agli agenti di cambio o quella cui la Sim Professione & Finanza era stata autorizzata”, nè potendosi opporre alla CONSOB le risulitanze degli stati passivi aventi valenza solo endoconcorsuale; dall’altro, l’inidoneità probatoria della documentazione extra contabile.

E siffatta duplice giustificazione della decisione – che si basa su una nozione di “decisività” della prova indispensabile in linea con quella predicata da Cass., S.U., 4 maggio 2017, n. 10790 (e cioè la prova “di per sè idonea ad eliminare ogni possibile incertezza circa la ricostruzione fattuale accolta dalla pronunciai gravata, smentendola o confermandola senza lasciare margini di dubbio oppure provando quel che era rimasto indimostrato o non sufficientemente provato, a prescindere dal rilievo che la parte interessata sia incorsa, per propria negligenza o per altra causa, nelle preclusioni istruttorie del primo grado”) – non è stata fatta oggetto di alcuna specifica censura, così da risultare (in via assorbente), per entrambi i profili, giustificazione da sola idonea a sorreggere la sentenza impugnata.

12. – Il terzo, quarto e quinto motivo sono articolati in base alle stesse identiche censure del ricorso principale.

12.1. – E’, quindi, prioritario l’esame del quinto motivo, che è inammissibile per le stesse ragioni illustrate al p. 8.1., che precede e alle quali si rinvia integralmente.

12.2. – Sono, quindi, inammissibili anche il terzo e quarto motivo, per le medesime ragioni illustrate al p. 9., che precede e al quale si rinvia integralmente.

Conclusioni.

13. – Vanno, quindi, rigettati sia il ricorso principale di C.V. e F.B.I., che quello incidentale di M.S., + ALTRI OMESSI.

Ne consegue l’assorbimento di entrambi i ricorsi incidentali condizionati proposti dalla CONSOB.

14. – I ricorrenti principali e i ricorrenti incidentali M. ed altri sei vanno distintamente condannati, in favore della CONSOB, al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, come liquidate in dispositivo.

Devono, invece, essere interamente compensate le spese del presente giudizio tra la Coopers & Lybrand S.p.A. e le altre anzidette parti, giacchè – come, del resto, ammesso dalla stessa società controricorrente – i ricorsi sono stati ad essa notificati unicamente ai fini della litis denuntiatio.

Non occorre provvedere alla regolamentazione delle spese del presente giudizio nei confronti delle parti intimate che non hanno svolto attività difensiva in questa sede.

P.Q.M.

rigetta il ricorso principale di C.V. e F.B.I., nonchè quello incidentale di M.S.M., + ALTRI OMESSI;

dichiara assorbiti i ricorsi incidentali condizionati proposti dalla CONSOB;

condanna i ricorrenti principali, in solido tra loro, al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore della CONSOB, che liquida in Euro 7.200,00, per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, e agli accessori di legge;

condanna i ricorrenti incidentali, in solido tra loro, al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore della CONSOB, che liquida in Euro 7.200,00, per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, e agli accessori di legge;

compensa interamente dette spese tra la Coopers & Lybrand S.p.A. e le altre parti.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte sia dei ricorrenti principali, che dei ricorrenti incidentali, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del citato art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza civile della Corte suprema di Cassazione, il 10 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 5 settembre 2019

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