Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22163 del 22/09/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 22/09/2017, (ud. 12/09/2017, dep.22/09/2017),  n. 22163

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIELLI Stefano – Presidente –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. PERRINO Maria Angelina – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 7477/2011 R.G. proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura GENERALE dello Stato, presso

la quale è domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

Auto Capital Spa, rappresentata e difesa dall’Avv. Laura Pitoni, con

domicilio eletto presso l’Avv. Roberto Antonelli, in Roma via

Ernesto Monaci n. 21, giusta procura speciale a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio

n. 9/7/10, depositata il 1 febbraio 2010.

Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 12 settembre

2017 dal Consigliere Dott. Giuseppe Fuochi Tinarelli.

Fatto

RILEVATO

Che:

– l’Agenzia delle Entrate ricorre contro la decisione della CTR del Lazio in epigrafe assumendo, con un motivo, la violazione dell’art. 28 bis, comma 1, lett. a), della direttiva 77/388/CEE, nonchè del D.L. n. 331 del 1993, artt. 41, 39 e 50, conv. nella L. n. 427 del 1993;

– rileva, in particolare, che la società contribuente, in relazione ad una operazione intracomunitaria con una società spagnola, aveva ricevuto il pagamento dell’intero corrispettivo nei giorni tra il 10 ed il 15 dicembre 2004, anteriormente alla data di cessazione della partita Iva dell’acquirente non residente, risalente al 15 dicembre 2004, sicchè la CTR, applicando il D.L. n. 331 del 1993, art. 39, comma 2, aveva ritenuto la cessione effettuata regolarmente, da cui il riconoscimento del regime di esenzione;

– afferma l’Agenzia delle Entrate l’estraneità della norma applicata dalla CTR, riferita agli acquisti intracomunitari e non alle cessioni, nonchè la contrarietà della soluzione alla ratio delle disposizioni comunitarie, poichè, nell’evenienza in esame, la prestazione non poteva restare assoggettata ad Iva nel paese di destinazione.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

– il ricorso è infondato;

– va, innanzitutto, esclusa una separazione tra acquisti e cessioni intracomunitarie, venendo in rilievo, in realtà, i due versanti di un unitario fenomeno (v. Corte di Giustizia, sentenza 27 settembre 2007, The Queen, in C-409/04, punti 23-25: “la cessione intracomunitaria di un bene e l’acquisto intracomunitario di quest’ultimo costituiscono in realtà un’unica e medesima operazione economica benchè quest’ultima crei diritti ed obblighi diversi sia per le parti della transazione, sia per le autorità tributarie degli Stati membri interessati… Ogni acquisto intracomunitario tassato nello Stato membro di destinazione della spedizione o del trasporto intracomunitario di beni, ai sensi dell’art. 28 bis, n. 1, lett. a), comma 1, della sesta direttiva comporta come corollario una cessione esente nello Stato membro di partenza di detta spedizione o di detto trasporto, ai sensi dell’art. 28 quater, parte A, lett. a), comma 1, della medesima direttiva … ne consegue che l’esenzione di una cessione intracomunitaria correlata ad un acquisto intracomunitario permette di evitare la doppia imposizione e, pertanto, la violazione del principio della neutralità fiscale inerente al sistema comune dell’IVA”);

– correttamente, dunque, la CTR ha ritenuto applicabile il D.L. n. 331 del 1993, art. 39, il cui comma 2, nel testo vigente ratione temporis, prevede “Se anteriormente al verificarsi dell’evento indicato nel comma 1”, ossia, in particolare, la consegna dei beni, “è ricevuta fattura o è pagato in tutto o in parte il corrispettivo l’operazione si considera effettuata, limitatamente all’importo fatturato o pagato, alla data di ricezione della fattura o a quella del pagamento”, norma, del resto, coerente con il disposto di cui all’art. 10, comma 3, della direttiva 77/388/CEE, oggi trasposta nell’art. 65 della direttiva 2006/112/CE;

– nè assume rilievo la circostanza che il momento identificativo del fatto generatore dell’imposta riguardi l’applicazione del regime di esenzione o non imponibilità, attesa, da un lato, la previsione di cui all’art. 23 della direttiva 2006/112/CE (“Gli Stati membri adottano le misure intese ad assicurare che siano qualificate come acquisti intracomunitari di beni le operazioni che, se fossero state effettuate nel loro territorio da un soggetto passivo che agisce in quanto tale, sarebbero state qualificate come cessioni di beni”), nonchè dell’art. 28 quinquies, comma 1, della direttiva 77/388/CEE (“Il fatto generatore dell’imposta si verifica al momento dell’effettuazione dell’acquisto intracomunitario di beni. L’acquisto intracomunitario di beni è considerato effettuato nel momento in cui è considerata effettuata la cessione all’interno del paese di beni analoghi”), e, dall’altro, rispondendo tale esito al principio di neutralità che informa l’intera disciplina unionale dell’Iva in una prospettiva sovranazionale (ed intracomunitaria) dell’applicazione dell’imposta;

– la soluzione individuata neppure pone un problema di doppia imposizione: ai sensi dell’art. 63 della direttiva 2006/112/CE il fatto generatore dell’Iva si verifica, ed essa diventa esigibile, nel momento in cui è effettuata la cessione di beni o la prestazione di servizi, sicchè fino alla data del 15 dicembre 2004 la società non residente era a tutti gli effetti soggetto passivo Iva;

– resta, dunque, una mera suggestiva ipotesi (comunque estranea al dato positivo) che, successivamente a tale data, la società non residente sarebbe cessata (nel proprio ordinamento nazionale) dalla sua posizione anche per le operazioni pregresse, mentre, al contrario, è proprio l’opposta tesi che finisce per generare una indebita duplice imposizione;

– non assume rilievo, infine, la rilevata violazione di cui al D.L. n. 331 del 1993, art. 50, comma 6, che è, di per sè, oggetto di specifica sanzione ma non costituisce – per costante giurisprudenza (v. Cass. n. 16756 del 2016; Cass. n. 23763 del 2015) – ragione sufficiente a far venir meno la possibilità di applicazione del regime di non imponibilità, trattandosi di requisiti formali e non sostanziali;

– il ricorso va pertanto rigettato, con condanna del ricorrente alla rifusione delle spese a favore della contribuente, liquidate come in dispositivo.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso; condanna l’Agenzia delle Entrate alla rifusione delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4.000,00, oltre 15% per spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 12 settembre 2017.

Depositato in Cancelleria il 22 settembre 2017

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