Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22163 del 12/09/2018

Cassazione civile sez. VI, 12/09/2018, (ud. 20/03/2018, dep. 12/09/2018), n.22163

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – rel. Presidente –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26235/2016 proposto da:

FLLI SAI SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI MONTI PARIOLI 28, presso

lo studio dell’avvocato ROBERTO FOLCHITTO, rappresentata e difesa

dall’avvocato FRANCESCA MARRA;

– ricorrente –

contro

PROVINCIA DI VARESE, in persona del Presidente pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI

CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato GIOVANNI GANDINI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3904/2015 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 12/10/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 20/03/2018 dal Presidente Relatore Dott. PIETRO

CAMPANILE.

Fatto

RILEVATO

che:

con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di appello di Milano ha accolto il gravame proposto dalla Provincia di Varese avverso la decisione del tribunale di Varese che l’aveva condannata al pagamento della somma di Euro 47.244,96 in favore della S.r.l. SAI, per prestazioni relative alla rimozione di materiali alluvionali;

è stata posta in evidenza la mancanza della prova scritta del contratto, osservandosi come l’assenza della previsione dell’impegno di spesa escludesse, ai sensi del D.L. n. 89 del 1989, art. 23, l’esperibilità dell’azione di indebito arricchimento, che era stata accolta dal Tribunale;

per la cassazione di tale decisione la società Sai propone ricorso, affidato a cinque motivi, cui la Provincia resiste con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

il Collegio ha disposto, in conformità al decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della motivazione in forma semplificata;

il primo motivo, con il quale si deduce il vizio di motivazione in merito all’eccezione, sollevata dalla società appellata, di inammissibilità delle questioni sollevate con il gravame in violazione dell’art. 345 c.p.c., impinge contro il principio secondo cui non può predicarsi difetto di motivazione in merito a un vizio procedurale, il quale può sussistere – e può essere rilevato indipendentemente dalle argomentazioni del giudice a quo, poichè la Corte di cassazione, in relazione a un “error in procedendo”, in quanto giudice del fatto – inteso in senso processuale -, può verificarne la sussistenza o meno, indipendentemente dalle ragioni indicate nella decisione impugnata;

la seconda censura, con la quale si denuncia la violazione dei principi del giusto processo, per aver la controparte introdotto per la prima volta in sede di gravame argomentazioni nuove, non appare condivisibile, in quanto prescinde totalmente dalla distinzione fra eccezioni in senso stretto e mere difese: nella specie non risultano proposte domande o eccezioni nuove, ma mere “eccezioni in senso lato”, attenenti alla fondatezza della domanda (Cass., Sez. U, 16 febbraio 2016, n. 2951);

il terzo e il quarto motivo, con i quali si deduce, rispettivamente, violazione del giudicato interno e del principio sancito dall’art. 112 c.p.c., sempre in relazione al rilievo, asseritamente ufficioso, della questione dell’inammissibilità della domanda di indebito arricchimento, possono esaminarsi congiuntamente;

entrambe le questioni sono prive del requisito della decisività, in quanto il tema della “mutatio libelli”, attribuito nella decisione impugnata al giudice di prime cure, assume valenza di mero “obiter dictum (“non senza dire…”), dovendosi la ragione fondamentale dell’accoglimento del gravame individuare nell’accoglimento della tesi, ritualmente proposta dall’appellante, dell’infondatezza della domanda avanzata ai sensi dell’art. 2041 c.c., per difetto di sussidiarietà;

il quinto motivo, con il quale si deduce violazione degli artt. 88 e 167 c.p.c., per essersi disatteso il principio di non contestazione, in quanto l’effettuazione dei lavori da parte della ricorrente, risultante dalle bolle controfirmate dal cantoniere della Provincia di Varese, non sarebbe mai stata contestata nel corso del giudizio di primo grado, è inammissibile, in quanto non coglie la ragione della decisione impugnata: la nullità del contratto di appalto, affermata dalla corte distrettuale e, per altro, non contestata, prescinde all’evidenza dalla materiale esecuzione delle opere da parte della Sai;

al rigetto del ricorso consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese relative al presente giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo.

PQM

Rigetta il ricorso, e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali, liquidate in Euro 4.100,00, di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 20 marzo 2018.

Depositato in Cancelleria il 12 settembre 2018

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