Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22160 del 14/10/2020

Cassazione civile sez. trib., 14/10/2020, (ud. 10/01/2020, dep. 14/10/2020), n.22160

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE MASI Oronzo – Presidente –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

Dott. CIRESE Marina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 16823-2015 proposto da:

COMUNE DI OROSEI, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA SICILIA 66, presso lo studio dell’avvocato

ROBERTO ALTIERI, che lo rappresenta e difende unitamente

all’avvocato DANIELA CUTARELLI giusta delega in calce;

– ricorrente –

contro

ITI ISTITUTO TURISTICO IMMOBILIARE SRL;

– intimato –

Nonchè da:

ITI ISTITUTO TURISTICO IMMOBILIARE SRL in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

VERONA 9 STUDIO ALTIERI, presso lo studio dell’avvocato LUIGI

ONOFRI, che lo rappresenta e difende giusta delega in calce;

– controricorrente incidentale –

contro

COMUNE DI OROSEI;

– intimato –

avverso la sentenza n. 302/2014 della COMM.TRIB.REG. di CAGLIARI,

depositata il 18/09/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

10/01/2020 dal Consigliere Dott. MARINA CIRESE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE

AUGUSTINIS UMBERTO, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso

del Comune e il rigetto del ricorso incidentale;

udito per il ricorrente l’Avvocato CUTARELLI che ha chiesto

l’accoglimento;

udito per il controricorrente l’Avvocato GIOIA per delega

dell’avvocato ONOFRI che ha chiesto il rigetto.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con ricorso alla CTP di Nuoro la società Istituto Turistico Immobiliare s.r.l., titolare di una struttura alberghiera, impugnava la cartella di pagamento emessa dal Comune di Orosei con cui le veniva chiesto il pagamento della somma di Euro 39.597,12 a titolo di Tarsu per l’anno 2005.

Il ricorrente lamentava l’assoluta carenza di motivazione della cartella nonchè la fondatezza dell’atto impugnato in quanto emesso in violazione della Delib. comunale n. 42 del 2007 sostenendo che la fissazione della tariffa Tarsu avesse violato il D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 68. Sosteneva altresì che l’attività alberghiera de qua veniva esercitata stagionalmente cosicchè si giustificava una riduzione della tariffa applicata.

Con sentenza del 3.9.2007 la CTP di Nuoro, dopo aver respinto l’eccezione preliminare del difetto di motivazione della cartella di pagamento, accoglieva il ricorso previa disapplicazione della Delib..

Proposto appello avverso detta pronuncia da parte del Comune di Orosei, la CTR di Cagliari con sentenza in data 18.9.2013 rigettava l’appello confermando la sentenza impugnata.

Avverso detta pronuncia proponeva ricorso per cassazione articolato in quattro motivi il Comune di Orosei cui resisteva la controparte con controricorso ove proponeva altresì ricorso incidentale condizionato.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso rubricato “Violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 68 (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3)” parte ricorrente deduceva che la CTR aveva erroneamente ritenuto che il Comune avrebbe dovuto indicare le ragioni specifiche per cui aveva previsto per gli alberghi una tariffa di gran lunga superiore a quella prevista per le abitazioni.

Con il secondo motivo di ricorso rubricato “Violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 69 (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) parte ricorrente deduceva che la CTR aveva di fatto esonerato la società dal pagamento della tassa nel periodo di imposta nonostante questa avesse usufruito del servizio pubblico di smaltimento dei rifiuti mentre poteva ritenersi applicabile la tariffa in precedenza vigente.

Con il terzo motivo di ricorso rubricato “Illegittimità della sentenza impugnata per violazione del principio comunitario del “chi inquina paga” sancito dall’art. 175 del Trattato CE (ora art. 192 TFUE), attuato dall’art. 15 della direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio 5 aprile 2006, 2006/12/CE (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3)”parte ricorrente deduceva che la CTR aveva di fatto esonerato la società dal pagamento della tassa nel periodo di imposta nonostante la stessa avesse fruito del servizio pubblico di smaltimento.

Con il quarto motivo di ricorso rubricato “Nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 c.p.c., del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36 nonchè dell’art. 11 Cost. (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4) parte ricorrente deduceva che la sentenza impugnata ha una motivazione perplessa e obiettivamente incomprensibile.

Il primo motivo di ricorso è fondato.

La vicenda in esame trae origine dall’impugnazione di un avviso di accertamento emesso dal Comune di Orosei afferente alla Tarsu laddove si denunciava la illegittimità dell’atto in conseguenza del fatto che a parere del ricorrente era irragionevole ritenere applicabile ad una struttura alberghiera una tariffa nettamente superiore a quella che il Regolamento prevedeva per le civili abitazioni.

Giova ricordare che la TARSU (poi sostituita dalla TARI) è stata introdotta nel nostro ordinamento con il D.Lgs. n. 507 del 1993, che all’art. 68 prevede testualmente che:”1. Per l’applicazione della tassa i comuni sono tenuti ad adottare apposito regolamento che deve contenere: 1. La classificazione delle categorie ed eventuali sottocategorie di locali ed aree con omogenea potenzialità di rifiuti e tassabili con la medesima misura tariffaria; 2. L’articolazione delle categorie e delle eventuali sottocategorie è effettuata, ai fini della determinazione comparativa delle tariffe, tenendo conto, in via di massima, dei seguenti gruppi di attività o di utilizzazione: c) locali ed aree ad uso abitativo per nuclei familiari, collettività e convivenze, esercizi alberghieri”.

Questa norma dispone, quindi, che l’articolazione delle categorie e delle eventuali sottocategorie è effettuata, ai fini della determinazione comparativa delle tariffe, tenendo conto dei gruppi di attività e dell’utilizzazione degli immobili. Il compito degli enti è la determinazione delle tariffe e l’indicazione delle categorie di locali e aree con omogenea potenzialità di rifiuti. In base all’art. 68 gli enti sono tenuti a adottare un regolamento che deve contenere non solo la classificazione delle categorie, ma anche la graduazione delle tariffe ridotte per particolari condizioni d’uso.

La giurisprudenza di questa Corte ha più volte ribadito il principio che vanno inserite in categorie diverse alberghi e abitazioni, stante la differente potenzialità di rifiuti prodotti. La maggiore capacità produttiva di rifiuti di un esercizio alberghiero rispetto a una civile abitazione è un fatto incontestabile e un dato di comune esperienza. Non assume alcun rilievo poi il carattere stagionale dell’attività, il quale può eventualmente dar luogo all’applicazione di speciali riduzioni d’imposta, rimesse alla discrezionalità dell’ente impositore.

Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte in tema di TARSU “è legittima la Delib. comunale di approvazione del regolamento e delle relative tariffe, in cui la categoria degli esercizi alberghieri venga distinta da quelle delle civili abitazioni ed assoggettata ad una tariffa notevolmente superiore a quella applicabile a queste ultime: la maggiore capacità produttiva di un esercizio alberghiero rispetto ad una civile abitazione costituisce, infatti, un dato di comune esperienza, emergente da un esame comparato dei regolamenti comunali in materia, ed assunto quale criterio di classificazione e valutazione quantitativa della tariffa anche dal D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, senza che assuma alcun rilievo il carattere stagionale dell’attività, il quale può eventualmente dar luogo all’applicazione di speciali riduzioni d’imposta, rimesse alla discrezionalità dell’ente impositore: i rapporti tra le tariffe, indicati dal D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507, art. 69, comma 2, tra gli elementi di riscontro della legittimità della Delib., non vanno d’altronde riferiti alla differenza tra le tariffe applicate a ciascuna categoria classificata, ma alla relazione tra le tariffe ed i costi del servizio discriminati in base alla loro classificazione economica” (cfr. Cass. sez. 5, 12 marzo 2007, n. 5722 e successive conformi, tra le quali Cass. sez. 5, 28 maggio 2008, n. 13957; Cass. sez. 5, 12 gennaio 2010, n. 302; Cass. sez. 6-5, ord. 23 luglio 2012, n. 12859; Cass. sez. 5, 15 luglio 2015, n. 14758, quest’ultima in controversia relativa proprio all’applicazione del regolamento del Comune di Orosei in punto di maggiorazione della tariffa TARSU per gli esercizi alberghieri rispetto a quella per civile abitazione, nonchè da ultimo Sez. 5, Sentenza n. 16175 del 03/08/2016 e Sez. 5 -, Sentenza n. 8308 del 04/04/2018).

Ne deriva, pertanto, che ai Comuni sia riconosciuta la piena discrezionalità nella determinazione delle tariffe non essendo neanche tenuti ad indicare neppure le ragioni di tale quantificazione (profilo peraltro non attinto dalla censura del ricorrente).

Ciò premesso, la CTR nella sentenza impugnata laddove ha ritenuto illegittima la Delib. tariffaria 28 febbraio 2007, n. 42 per la ingiustificata disparità di trattamento per l’elevata differenziazione tra le categorie delle civili abitazioni e delle strutture alberghiere, non ha fatto buon governo dei principi fin qui enunciati.

Gli altri motivi di ricorso sono assorbiti.

Venendo al ricorso incidentale condizionato, con l’unico motivo la società contribuente deduceva l’erroneità della sentenza in ordine al non riconosciuto vizio di carenza o insufficienza di motivazione della cartella di pagamento, per violazione della L. n. 241 del 1990, art. 3 e della L. n. 212 del 2000, art. 7 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

La censura è infondata.

Ed invero la sentenza impugnata ha accertato che la cartella conteneva tutte le informazioni necessarie circa i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche poste a fondamento della pretesa impositiva tali da porre la contribuente in condizione di poter far valere le proprie difese.

In conclusione, in accoglimento del primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri, e rigettato il ricorso incidentale, la sentenza impugnata va cassata e non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto ex art. 384 c.p.c., il ricorso originario della società contribuente va rigettato.

Sussistono giusti motivi, stante la particolarità delle questioni trattate ed il recente consolidarsi della giurisprudenza sulle stesse, per compensare tra le parti le spese relative ai giudizi di merito.

Le spese relative al giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

In accoglimento del primo motivo del ricorso principale, assorbiti gli altri motivi, e rigettato il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito rigetta il ricorso originario del contribuente.

Compensa le spese relative ai giudizi di merito.

Condanna il contribuente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 6000,00.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente incidentale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso incidentale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Si dà atto che il presente provvedimento è sottoscritto dal solo Presidente del Collegio per impedimento dell’estensore, ai sensi del D.P.C.M. 8 marzo 2020, art. 1, comma 1, lett. a).

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 10 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 14 ottobre 2020

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