Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22160 del 03/08/2021

Cassazione civile sez. III, 03/08/2021, (ud. 11/05/2021, dep. 03/08/2021), n.22160

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE STEFANO Franco – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – rel. Consigliere –

Dott. GORGONI Marilena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9948-2019 proposto da:

P.P., B.R., rappresentati e difesi dall’avvocato

MARCO DEL GAISO, ed elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DELLA

GIULIANA 83-A, pec: (Ndr: testo originale non comprensibile);

– ricorrenti –

nonché contro

CROUPAMA ASSICURAZIONI SPA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 2884/2018 del TRIBUNALE di SANTA MARIA CAPUA

VETERE, depositata il 27/09/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

11/05/2021 dal Consigliere Dott. ANNA MOSCARINI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. P.P. convenne davanti al Giudice di Pace di Aversa P.A. e la Nuova Tirrena Assicurazioni SpA per ottenere il risarcimento dei danni conseguenti ad un sinistro occorsogli in data (OMISSIS) quando, mentre si trovava in area privata su una scala intento a dipingere il cancello della propria abitazione, venne urtato da un’autovettura Alfa Romeo, di proprietà del P., assicurata da Nuova Tirrena Assicurazioni SpA, perse l’equilibrio e cadde riportando lesioni personali.

2. Nel contraddittorio con la Groupama Assicurazioni, già Nuova Tirrena, il Giudice di Pace adito rigettò la domanda per carenza di legittimazione passiva di P.A..

3. Il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, adito in appello da P.P. e dalla moglie B.R., con sentenza n. 2884 del 2018, riformò la sentenza di primo grado sul punto della legittimazione passiva di P.A., che aveva confermato di essere proprietario dell’autovettura asserita responsabile, ma rigettò la domanda nel merito. Per quanto ancora qui di interesse, il Tribunale ha rilevato la genericità della domanda derivante dalla mancata specificazione della dinamica del sinistro senza nemmeno individuare con precisione di quale manovra si trattasse. In secondo luogo, ha rilevato che un teste escusso in primo grado aveva dichiarato che il sinistro si era verificato all’interno dell’ingresso dell’abitazione del P. (nell’androne) sicché il luogo del sinistro non poteva ritenersi una strada pubblica, né un’area privata equiparabile alla prima. In terzo luogo, dovendosi escludere l’applicazione della L. n. 990 del 1969, ad avviso del giudice l’appellante non poteva avvalersi dell’azione diretta e, in mancanza di azione nei confronti del responsabile civile, la domanda andava rigettata. Infine il Giudice ha rilevato una discrasia tra quanto dichiarato nell’atto introduttivo del giudizio dall’attore e quanto risultante dal referto di pronto soccorso in ordine alla dinamica del sinistro e alla sua causa.

Conclusivamente il Tribunale ha rigettato l’appello, compensando le spese tra l’appellante e P.A. e condannando l’appellante alla rifusione delle spese in favore di Groupama SpA.

4. Avverso la sentenza P.P. e B.R. hanno proposto ricorso per cassazione sulla base di tredici motivi. Nessuno ha svolto attività difensiva per resistere al ricorso.

5. Il ricorso è stato fissato per la trattazione in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380bis.1 c.p.c. in vista della quale i ricorrenti hanno depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo si deduce la nullità della sentenza in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 (e non anche 4 come invece dovuto) in relazione agli artt. 167,329,342,345,346 e 347 c.p.c. per avere il Tribunale valutato eccezioni di merito diverse dalla legittimazione oggetto dell’appello principale, sollevate e disattese nella sentenza di primo grado e riproposte dalla Groupama SpA senza adottare la forma dell’appello incidentale. I ricorrenti lamentano che il giudice d’appello non ha considerato che la Groupama, pur vittoriosa in primo grado, avrebbe dovuto riproporre tutte le eccezioni formulate e disattese in quella sede nella forma dell’appello incidentale ovvero, quanto meno, costituirsi tempestivamente in giudizio. In assenza di tanto il Giudice di appello avrebbe dovuto considerare l’acquiescenza di Groupama su quelle eccezioni.

2. Con il secondo motivo di ricorso si deduce la nullità della sentenza (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 in relazione agli artt. 112,132,163,164,345 c.p.c. art. 144 CdA) per avere il Tribunale ripreso in secondo grado argomenti solo accennati ex adverso in primo grado e poi abbandonati e coniatone di nuovi, quali ad esempio la necessità di assenso del proprietario per accedere al luogo in cui si verificò l’incidente a supporto della pretesa illegittimità della chiamata diretta dell’assicuratrice ex art. 144 CdA. I ricorrenti si dolgono del fatto che alcuni argomenti, quali quello della mancata autorizzazione all’accesso nei luoghi di causa, non formulati dalla Groupama, sarebbero stati illegittimamente sollevati dal giudice d’ufficio.

1-2 I motivi sono inammissibili per plurimi e distinti profili. Innanzitutto per difetto di specificità e dunque per violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 6, in quanto non riportano i punti che sarebbero stati disattesi in primo grado (e dunque evidentemente ivi formulati contrariamente a quanto asserito dal ricorrente) così da non porre questa Corte nelle condizioni di valutare la censura sulla base dei soli elementi desumibili dal ricorso. In secondo luogo sono inammissibili perché deducono un vizio di nullità della sentenza per errores in procedendo senza invocare la violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4. In ogni caso i motivi sarebbero comunque infondati, in quanto, a fronte delle complessive difese addotte dalla parte convenuta poi appellata, il giudice doveva valutare anche d’ufficio i presupposti di fondatezza dell’azione.

3. Con il terzo motivo i ricorrenti deducono nullità della sentenza (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. in relazione agli artt. 112,115,132,345 c.p.c. connessi e consequenziali) per avere il tribunale erroneamente tradotto le generiche eccezioni e deduzioni avanzate e poi abbandonate da Groupama in primo grado nella negazione assoluta del fatto storico, disapplicando il principio di non contestazione.

3.1 Premesso che il motivo avrebbe dovuto essere dedotto ai sensi del n. 4 e non del n. 3, la censura non si confronta con la ratio decidendi, in quanto il giudice d’appello, una volta superata la questione della legittimazione passiva che aveva costituito oggetto esclusivo della sentenza di primo grado, non ha affatto violato il principio di non contestazione, ma ha rilevato la genericità della domanda nella descrizione della dinamica del sinistro, affidata alla allegazione di una indefinita manovra effettuata dal conducente senza nemmeno specificare di quale manovra si trattasse ed ha, ulteriormente, rilevato la discrasia tra quanto dichiarato dal danneggiato nell’atto di citazione e quanto risultante dai referti di pronto soccorso (nei quali il danneggiato aveva dichiarato di essere caduto per una causa accidentale).

4. Con il quarto motivo di ricorso si deduce la nullità della sentenza (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 in relazione agli artt. 112,115,116,117,132, 281 sexies, 345, 429, 118 disp. att. c.p.c., art. 2 C.d.S., comma 1 e art. 2697 c.c.) per avere il Tribunale apoditticamente affermato, in assenza di correlativa avversa eccezione, che il sinistro non si sarebbe verificato all’interno di “una strada pubblica, né tanto meno area privata a questa equiparabile”, non essendo stata fornita “la prova del contrario” dall’attore che ne era onerato. I ricorrenti censurano la sentenza nella parte in cui ha ritenuto che, in mancanza di prova da parte dell’attore che la strada fosse pubblica o equiparabile ad una strada pubblica, doveva ritenersi che l’accesso all’androne non fosse indiscriminato, ma richiedesse un assenso da parte del proprietario. In particolare, censurano la sentenza sotto il profilo della valutazione del materiale probatorio.

4.1 Il motivo è inammissibile, in quanto sollecita a questa Corte un riesame di questioni di merito e delle risultanze istruttorie, precluso al giudice di legittimità.

5. Con il quinto motivo si deduce nullità della sentenza (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 in relazione all’art. 144 C.d.A, così come avvalorato dall’art. quinquies direttiva 2005/14/CE dell’11/5/2005, combinati con gli artt. 112,115 e 132 c.p.c.) per avere il Tribunale correlato – in mancanza di eccezione in tal senso – l’asserita collocazione dell’accadimento (al di fuori di una strada pubblica o a questa equiparata) con il venir meno tout court del beneficio della chiamata diretta dell’assicuratore.

5.1 Il motivo è infondato. La gravata sentenza ha correttamente posto l’incertezza sulla natura pubblica del luogo a base della reiezione della pretesa, in piena conformità con le previsioni di cui alla L. n. 990 del 1969, art. 1. Sul punto la giurisprudenza di questa Corte è del tutto consolidata nell’affermare che, per il disposto della L. 24 dicembre 1969, n. 990, art. 1 e del D.P.R. 24 novembre 1970, n. 973, art. 2 ai fini dell’applicazione della normativa della assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore, sono equiparate alle strade di uso pubblico tutte le aree di proprietà pubblica o privata, purché, però, aperte alla circolazione del pubblico, intendendosi per tali, quanto alle aree private, quelle in cui la circolazione è consentita ad una cerchia indeterminata di persone, diverse dai titolari dei diritti sulle aree medesime, sia pure sotto specifiche condizioni o per particolari finalità. Tale principio non trova deroga neppure nel caso in cui la polizza preveda l’estensione della copertura assicurativa ai danni causati da sinistri verificatisi indistintamente sulle aree private, poiché tale patto è operativo soltanto nei rapporti fra l’assicurato e l’assicuratore ed è inopponibile al danneggiato: con la conclusione che, non avendo questi azione diretta nei confronti dell’assicuratore al di fuori del regime dell’assicurazione obbligatoria, va esclusa l’applicabilità del regime legale e quindi l’azione diretta verso l’assicuratrice quando il sinistro si sia verificato nel cortile interno di un edificio (Cass., 3, n. 8846 del 12/8/1995, Cass., 1, n. 1062 del 12/2/1996, Cass., 3, n. 3426 del 21/4/1997, Cass., 3, n. 1561 del 13/2/1998).

6. Con il sesto motivo si deduce nullità della sentenza (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti: in particolare la lettera di costituzione in mora inviata dall’avvocato Pastore alla Compagnia, menzionata in calce alla citazione e depositata all’atto della iscrizione a ruolo. Ad avviso dei ricorrenti la sentenza avrebbe omesso di considerare una missiva versata in atti, dalla quale avrebbe dovuto desumere che l’incidente fosse avvenuto nel momento in cui l’autovettura effettuava una manovra di retromarcia.

6.1 n motivo è inammissibile per plurimi e distinti profili. Innanzitutto in quanto deduce un vizio di nullità riferendosi però all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5; in secondo luogo in quanto non deduce l’omesso esame di un fatto decisivo, ma un vizio di interpretazione di risultanze istruttorie, che, come è noto, si colloca al di fuori del perimetro del vizio di motivazione e avrebbe dovuto, eventualmente, essere dedotto quale violazione dell’art. 115 e 116 c.p.c., ove ne fossero stati ricorrenti i rispettivi presupposti, come elaborati dalla giurisprudenza di questa Corte. Inoltre, e in via dirimente, il motivo è inammissibile per difetto di specificità, in quanto i ricorrenti non soddisfano le condizioni richieste dall’art. 366 c.p.c., n. 6 che non consistono solo nella localizzazione del documento nel giudizio di cassazione ma anche nella specificazione degli argomenti, deduzioni o istanze che, in relazione alla pretesa fatta valere, siano state formulate nel giudizio di merito, pena l’irrilevanza giuridica della sola produzione, che non assicura il contraddittorio e non comporta, quindi, per il giudice alcun onere di esame e ancora meno di considerazione dei documenti stessi ai fini della decisione (Nella specie, in applicazione del principio, la S.C. ha dichiarato inammissibile il motivo di ricorso con il quale la parte si era limitata ad indicare i documenti non esaminati dal giudice di merito senza trascriverne specificamente il contenuto; sul punto v., tra le altre: Cass., 5, n. 13625 del 21/5/2019; Cass., 1, n. 28184 del 10/12/2020).

7. Con il settimo motivo i ricorrenti deducono la nullità della sentenza (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 in relazione agli artt. 112, 115, 116, 132, 163, 164, 276, 281 sexties, 320, 429 e 118 disp. att. c.p.c.) per avere il Tribunale – apoditticamente ed in assenza tanto di una specifica eccezione quanto di risultanze oggettive a riguardo – affermato che gli appellanti avrebbero formulato il gravame con una “certa genericità”, senza precisare lo stato dei luoghi, il tipo di manovra posto in essere dalla conducente dell’auto e i relativi punti d’urto.

7.1 Il motivo è inammissibile, perché privo di specificità: i ricorrenti si limitano ad argomentare sulla genericità dell’apprezzamento del Tribunale in ordine alla ricostruzione del fatto, ma non riproducono quali documenti sosterrebbero la loro tesi, né argomentano in ordine al contrasto tra l’impugnata sentenza e le disposizioni indicate in epigrafe.

8. Con l’ottavo motivo di ricorso si censura la nullità della sentenza (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 in relazione agli artt. 116-132-232 c.p.c. e artt. 2050,2054,2697,2727,2728,2729,2730,2735 c.c.) per avere il Tribunale nella valutazione della domanda: a) del tutto ignorato le “presunzioni” in generale, e quelle specifiche di pericolosità dell’attività di circolazione (art. 2050 c.c.) e di responsabilità del conducente del mezzo (art. 2054 c.c. S.U. n. 8620/2015 in ipotesi anche CdA; b) non prudentemente valutato il complesso degli elementi obiettivi documentali, testimoniali e confessori raccolti in atti, senza che gli stessi fossero contrastati da specifici elementi di segno contrario.

8.1 Il motivo è inammissibile, perché involge argomenti di merito sia in ordine alla valutazione delle prove, sia in ordine alla valutazione degli elementi presuntivi. Con particolare riferimento a questi ultimi occorre rilevare, peraltro, che la censura non è conforme alla giurisprudenza di questa Corte, che richiede, ai fini di poter censurare il ragionamento presuntivo, che il vizio sia dedotto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 e non anche ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 Si veda sul punto Cass., 3, n. 17720 del 6/7/2018, secondo la quale, in tema di presunzioni di cui all’art. 2729 c.c., la denunciata mancata applicazione di un ragionamento presuntivo che si sarebbe potuto e dovuto fare, ove il giudice di merito non abbia motivato alcunché al riguardo (e non si verta nella diversa ipotesi in cui la medesima denuncia sia stata oggetto di un motivo di appello contro la sentenza di primo grado, nel qual caso il silenzio del giudice può essere dedotto come omissione di pronuncia su motivo di appello), non è deducibile come vizio di violazione di norma di diritto, bensì solo ai sensi e nei limiti dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, cioè come omesso esame di un fatto secondario (dedotto come giustificativo dell’inferenza di un fatto ignoto principale), purché decisivo.

9. Con il nono motivo si deduce la nullità della sentenza (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 in relazione agli artt. 112,115,116,132 c.p.c. connessi e/o conseguenziali) per avere il Tribunale equivocato sia sulla paternità che sul significato e sulla portata delle dichiarazioni rese al pronto soccorso in occasione del ricovero, nonché sul nesso causale e sulla pretesa divergenza tra le evidenziate risultanze e la versione del fatto storico prospettata in citazione: equivocando sulle espressioni rese dai testimoni in merito alla caduta accidentale del danneggiato.

9.1 Il motivo è inammissibile, perché involge valutazioni di fatto e di merito, sollecitando a questa Corte una diversa e più appagante ricostruzione degli elementi raccolti in giudizio, il cui apprezzamento è invece rimesso alla incensurabile valutazione del giudice del merito.

10. Con il decimo motivo – nullità della sentenza (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 in relazione agli artt. 112,115,116,132,257,359 c.p.c. e art. 144 CdA) – si rimprovera al giudice d’appello di avere correlato “una certa genericità della domanda” con la prova testimoniale, escludendone la percepita fattispecie dalle ipotesi di chiamata diretta dell’assicuratore, ed equivocato sui contenuti della deposizione, ignorando il grafico richiesto al teste F. a miglior chiarimento delle modalità di accadimento e senza riaudizione dello stesso ove avesse ravvisato incertezze o contraddizioni necessitanti chiarimenti sull’evento.

11. Con l’undicesimo motivo si censura la nullità della sentenza (art. 360 c.p.c., n. 5 in relazione agli artt. 115-116 c.p.c.art. 132 c.p.c., comma 9 per omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti: in particolare “il grafico” redatto dal teste F. allegato al verbale di udienza.

10-11 I motivi possono essere trattati congiuntamente perché entrambi vertenti su una pretesa omessa valutazione di elementi di prova ed in particolare di un “grafico” fatto da un teste e versato in atti e sono entrambi inammissibili perché attengono al merito e chiedono a questa Corte un non consentito riesame di quello.

12. Con il dodicesimo motivo – nullità della sentenza (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 in relazione agli artt. 2050-2054 c.c. a proposito delle presunzioni su proprietario e conducente per lo svolgimento di attività pericolosa (S.U. n. 8620 del 29/4/2015) in correlazione con gli artt. 112-115-116-132 c.p.c.) – i ricorrenti lamentano che il Tribunale ha rigettato la domanda di “declaratoria di responsabilità” nei confronti dell’assicurato P.A., in contrasto con lo stesso motivo che aveva indotto quest’ultimo alla costituzione in appello, al fine di contrastare la richiesta di “condanna in proprio” dell’assicurato avanzata dalla compagnia.

12.1 Il motivo difetta di specificità, perché, a fronte del capo di sentenza che ha ritenuto che l’appellante non avesse esercitato l’azione contro il responsabile civile, chiedendo solo la condanna della compagnia di assicurazioni, esso non riproduce le conclusioni formulate in primo grado ed in appello volte a comprovare che la domanda vi fosse stata e che su di essa il Tribunale non si fosse pronunciato.

13. Con l’ultimo motivo si deduce la nullità della sentenza art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 in relazione agli artt. 91,92,132-336 c.p.c.D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 quater per aver il Tribunale condannato gli appellanti a pagare le spese di lite e la sanzione del doppio contributo, pur essendo stato accolto l’unico motivo di appello formulato. Parimenti illegittima, nella prospettazione del ricorrente, la condanna al pagamento del doppio contributo.

13.1. Il motivo è infondato in punto di spese, in quanto il giudice ha compiuto una complessiva valutazione di soccombenza ai fini delle spese ed ha disposto conseguenzialmente; ed è inammissibile in punto di non debenza del doppio contributo, ai sensi di Cass., U, n. 4315 del 20/12/2020: “La debenza dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato (c.d. doppio contributo) pari a quello dovuto per l’impugnazione è normativamente condizionata a due presupposti: il primo, di natura processuale, costituito dall’adozione di una pronuncia di integrale rigetto o inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione, la cui sussistenza è oggetto dell’attestazione resa dal giudice dell’impugnazione ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater; il secondo, di diritto sostanziale tributario, consistente nell’obbligo della parte impugnante di versare il contributo unificato iniziale, il cui accertamento spetta invece all’amministrazione giudiziaria”.

14. Conclusivamente il ricorso va rigettato. Non occorre provvedere sulle spese per mancata attività difensiva di parte resistente. Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, del cd. raddoppio del contributo unificato, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Nulla spese. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Terza Civile, il 11 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 3 agosto 2021

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