Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22159 del 29/10/2015


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 22159 Anno 2015
Presidente: CURZIO PIETRO
Relatore: FERNANDES GIULIO

ORDINANZA
sul ricorso 16501-2013 proposto da:
POSTE ITALIANE SPA 97103880585, – società con socio unico – in
persona del Presidente del Consiglio di Amministrazione e legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,
V.LE MAZZINI 134, presso lo studio dell’avvocato LUIGI
FIORILLO, che la rappresenta e difende giusta procura a margine del
ricorso;
– ricorrente contro
CAMPOLI MICHELA;
– intimata avverso la sentenza n. 5705/2012 della CORTE D’APPELLO di
ROMA, depositata il 25/06/2012;

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Data pubblicazione: 29/10/2015

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
24/09/2015 dal Consigliere Relatore Dott. GIULIO FERNANDES.

FATTO E DIRITTO
La causa è stata chiamata all’adunanza in camera di consiglio del 24
settembre 2015, ai sensi dell’art. 375 c.p.c. sulla base della seguente

” Con sentenza del 25 giugno 2012 la Corte di Appello di Roma
confermava la decisione del primo giudice nella parte in cui aveva
dichiarato la nullità del termine apposto al contratto intercorso tra
Campoli Michela e Poste Italiane s.p.a. per il periodo dal 4 maggio al
29 giugno 2002 e, accertata la sussistenza di un rapporto di lavoro a
tempo indeterminato dal 4.5.2002, aveva condannato la società al
ripristino dello stesso; la riformava sul capo relativo alle conseguenze
economiche della declaratoria di nullità del termine condannando
Poste Italiane al pagamento dell’indennità di cui all’art. 32, comma 50 ,
della L. n. 183/2010 — commisurata in quattro mensilità
retribuzione globale di fatto – oltre interessi legali e rivalutazione
monetaria dal 29 giugno 2002.
Il termine al contratto era stato apposto per “esigenze tecniche
organizzative e produttive anche di carattere straordinario conseguenti
a processi di riorganizzazione, ivi ricomprendendo un più funzionale
riposizionamento di risorse sul territorio, anche derivanti da
innovazioni tecnologiche, ovvero conseguenti all’introduzione e/o
sperimentazione di nuove tecnologie, prodotti o servizi nonché
all’attuazione delle previsioni di cui agli Accordi del 17, 18 e 23
ottobre, 11 dicembre 2001 e 11 gennaio, 13 febbraio e 17 aprile 2002”.
La Corte territoriale, per quello che ancora interessa in questa sede,
osservava: che il primo motivo di appello con il quale era stata
censurata l’impugnata sentenza per aver erroneamente ritenuti violati i
Ric. 2013 n. 16501 sez. ML – uci, 24-09-2015
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relazione redatta a norma dell’art. 380 bis c.p.c.:

precetti dettati dal d.Lgs. n. 368 del 2001 era inammissibile perché
generico; che, comunque, era del tutto condivisibile la lettura delle
risultanze istruttorie e della documentazione prodotta dalla società
operata dal Tribunale secondo cui la lavoratrice non era stata utilizzata
in conformità alla causale enunciata nel contratto.

affidato a tre motivi.
La Campoli è rimasta intimata.
Con il primo motivo di ricorso si denuncia, in relazione all’art. 360, n.
3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 4, comma 2,
del digs. n. 368 del 2001, dell’art. 2697 cod. civ., degli artt. 115, 116,
244, 253, 421, secondo comma, c.p.c. assumendosi che la Corte
territoriale avrebbe erroneamente invertito l’onere della prova non
tenendo conto del mutato quadro normativo di riferimento alla luce
del quale il datore di lavoro sarebbe ormai esonerato da ogni onere
probatorio circa le ragioni che avevano indotto le parti alla stipula di
una contratto a termine, essendo ciò limitato esclusivamente alle
esigenze legittimanti la eventuale proroga dello stesso. E, comunque,
la sussistenza delle esigenze organizzative poste a fondamento del
contratto a termine de quo era dimostrata attraverso il richiamo per

relationem al contenuto degli Accordi aziendali indicati nella clausola
appositiva del termine.
Con il secondo motivo viene dedotta omessa e insufficiente
motivazione in ordine ad un fatto controverso e decisivo per il giudizio
non avendo la Corte di merito tenuto in alcun conto del contenuto
della deposizione del teste Giampiero La Starza che aveva confermato
come l’assunzione della Campoli fosse avvenuta per sostituire
personale titolare assente per i motivi organizzativi indicati nel
contratto in questione.
Ric, 2013 n. 16501 sez. ML – ud. 24-09-2015
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Per la cassazione di tale decisione propone ricorso Poste Italiane

Con il terzo mezzo si lamenta vizio di motivazione nonché violazione
e falsa applicazione degli arti. 115, 116, 253, 420 e 421 c.p.c.. per non
avere la Corte di appello adeguatamente motivato circa le ragioni per le
quali la deposizione del teste Gianni Padovani era maggiormente
attendibile di quella del teste La Starza e per non aver ritenuto di far

rivolgendo loro domande utili per chiarire i fatti.
Tutti i motivi sono inammissibili.
Vale ricordare, invero, il principio più volte affermato da questa
Corte secondo cui nel caso in cui venga impugnata con ricorso per
cassazione una sentenza (o un capo di questa) che si fondi su più
ragioni, tutte autonomamente idonee a sorreggerla, è necessario, per
giungere alla cassazione della pronuncia, non solo che ciascuna di esse
abbia formato oggetto di specifica censura, ma anche che il ricorso
abbia esito positivo nella sua interezza con l’accoglimento di tutte le
censure, affinché si realizzi lo scopo proprio di tale mezzo di
impugnazione, il quale deve mirare alla cassazione della sentenza, “in
toto” o nel suo singolo capo, per tutte le ragioni che autonomamente
l’una o l’altro sorreggano. Ne consegue che è sufficiente che anche una
sola delle dette ragioni non abbia formato oggetto di censura, ovvero,
pur essendo stata impugnata, sia respinta, perché il ricorso o il motivo
di impugnazione avverso il singolo capo di essa, debba essere respinto
nella sua interezza, divenendo inammissibili, per difetto di interesse, le
censure avverso le altre ragioni poste a base della sentenza o del capo
impugnato ( Cass. Sez. U, n. 16602 del 08/08/2005; successive
conformi, ex ~kis: Cass. n. 21431 del 12/10/2007; Cass. Sez. U, n.
10374 del 08/05/2007).
Orbene, come sopra esposto, il motivo di appello con il quale Poste
Italiane avevano impugnato la sentenza del Tribunale per aver
Ric. 2013 n. 16501 sez. ML – ud. 24-09-2015
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ricorso ai poteri ufficiosi approfondendo l’escussione dei testi e

erroneamente ritenuti violati i precetti dettati dal d.Lgs. n. 368/2001
era stato ritenuto inammissibile perché generico.
Tale “ratio deddendi” della impugnata sentenza non risulta
minimamente censurata dalla ricorrente con i motivi all’esame che
involgono solo la motivazione addotta, ad abundantiam, dalla Corte

istruttorie così come operata dal primo giudice.
Alla luce di quanto esposto

si propone la declaratoria di

inammissibilità del ricorso, con ordinanza ex art. 375 n. 5 c.p.c..”.
Sono seguite le rituali comunicazioni e notifica della suddetta
relazione, unitamente al decreto di fissazione della presente udienza in
Camera di consiglio.
Il Collegio ritiene pienamente condivisibile il contenuto della
riportata relazione e, quindi, dichiara inammissibile il ricorso.
Non si provvede in ordine alle spese del presente giudizio essendo la
Campoli rimasta intimata.
Sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dall’art.
13, comma 1 quater, dl d.P.R. 30 maggio, introdotto dall’art. 1, comma
17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (legge di stabilità 2013). Tale
disposizione trova applicazione ai procedimenti iniziati in data
successiva al 30 gennaio 2013, quale quello in esame, avuto riguardo al
momento in cui la notifica del ricorso si è perfezionata, con la
ricezione dell’atto da parte del destinatario (Sezioni Unite, sent n. 3774
del 18 febbraio 2014). Inoltre, il presupposto di insorgenza
dell’obbligo del versamento, per il ricorrente, di un ulteriore importo a
titolo di contributo unificato, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del
d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’arti , comma
17, legge 24 dicembre 2012, n. 228, non è collegato alla condanna alle
Ric. 2013 n. 16501 sez. ML – ud. 24-09-2015
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territoriale circa la condivisione della valutazione delle risultanze

spese, ma al fatto oggettivo del rigetto integrale o della definizione in
rito, negativa per l’impugnante, del gravame (Cass. n. 10306 del 13
maggio 2014).

P.Q.M.
La Corte, dichiara inammissibile il ricorso, nulla per le spese del

Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto
della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della
ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a
quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art.
13.
Così deciso in Roma, 11 24 settembre 2015
sidente

presente giudizio.

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