Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22159 del 20/10/2014


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Civile Sent. Sez. L Num. 22159 Anno 2014
Presidente: LAMORGESE ANTONIO
Relatore: TRIA LUCIA

SENTENZA

sul ricorso 10238-2013 proposto da:
MARTINELLI

DOMENICANTONIO

C.F.

MRTDNC47B01A519V,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CASSIODORO 1/A,
presso lo studio dell’avvocato STUDIO ANNECCHINO
SCIARRETTA PARROTTA, rappresentato e difeso
dall’avvocato GIULIANO SCARSELLI, giusta delega in
2014

atti;
– ricorrente –

2529

contro

AZIENDA USL N. 11 EMPOLI C.F. 04616830487, in persona
del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

Data pubblicazione: 20/10/2014

domiciliata in ROMA, CORSO VITTORIO EMANUELE II N. 18,
presso lo studio dell’avvocato STUDIO LESSONA,
rappresentato e difeso dall’avvocato MARCO LOVO,
giusta delega in atti;
– controricorrente

di FIRENZE, depositata il 21/11/2012 r.g.n. 1538/2010;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 17/09/2014 dal Consigliere Dott. LUCIA
TRIA;
udito l’Avvocato PISAURO GIUSEPPE per delega SCARSELLI
GIULIANO;
udito l’Avvocato LOVO MARCO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARCELLO MATERA, che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

avverso la sentenza n. 1142/2012 della CORTE D’APPELLO

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Udienza del 17 settembre 2014 — Aula A
n. 14 del ruolo — RG n.10238/12
Presidente: Lamorgese – Relatore: Tria

1.— Con ricorso al Tribunale di Firenze il dottor Domenicantonio Martinelli, medico oculista,
ha impugnato il licenziamento, intimatogli, in data 13 dicembre 2001, dall’azienda USL 11 di
Empoli “con effetto immediato” ai sensi di quanto previsto dall’art. 2119 cod. civ. e dalla
contrattazione collettiva di settore, addebitandogli di avere consigliato a pazienti da lui visitati di
rivolgersi a presidi sanitari diversi dalla stessa azienda ovvero a professionisti privati per sottoporsi
agli interventi necessari, rappresentando loro inesistenti difficoltà di effettuarli nella struttura
aziendale, così da arrecare alla AUSL un grave danno di immagine determinando negli utenti la
convinzione che essa non fosse in grado di eseguire talune prestazioni.
Il Tribunale adito, nella resistenza della convenuta, ha dichiarato illegittimo il licenziamento
perché intimato nonostante il parere negativo del Comitato dei Garanti, e ha condannato l’Azienda
al pagamento, a titolo di indennità risarcitoria, di 22 mensilità di retribuzione, rigettando la
domanda di reintegra ai sensi della legge n. 300 del 1970, art. 18 nonché quelle di risarcimento del
danno biologico, da dequalificazione e da compromissione dell’attività libero professionale.
2.- La Corte d’appello di Firenze, con sentenza n. 110/2006, accogliendo l’appello incidentale
dell’Azienda e rigettando quello principale del Martinelli, ha respinto l’impugnativa del
licenziamento, condannando il medico a restituire quanto ricevuto in esecuzione della sentenza di
primo grado e ha confermato la decisione del primo giudice riguardo al danno da dequalificazione e
da pregiudizio all’attività professionale. Ad avviso della Corte territoriale i comportamenti per i
quali era stato intimato il licenziamento costituivano violazione dei doveri di fedeltà e non
concorrenza ed avevano quindi rilievo disciplinare, sicché nella vicenda non veniva in
considerazione la valutazione della responsabilità dirigenziale, per la quale esclusivamente doveva
ritenersi previsto il parere conforme del Comitato dei Garanti (in base al d.lgs. n. 165 del 2001, art.
22), parere che, nella specie, secondo la Corte fiorentina, era da ritenere fondato su una discutibile
valutazione delle risultanze documentali e che, in ogni caso, era stato ampiamente contrastato dalla
prova testimoniale assunta in grado di appello.
3. – La suindicata sentenza della Corte fiorentina è stata fatta oggetto di ricorso per
cassazione, rigettato con sentenza di questa Corte 8 aprile 2010, n. 8329.
3.- Con ricorso depositato il 10 dicembre 2010, il Martinelli ha impugnato la medesima
sentenza d’appello — ormai divenuta cosa giudicata — per revocazione ai sensi dell’art. 395, n. 3,
cod. proc. civ.
Nel relativo giudizio di revocazione straordinaria, il ricorrente ha dedotto che dopo la
sentenza della Corte d’appello avrebbe reperito, in seguito ad un colloquio con un collega avvenuto
tra il 18 e il 24 novembre 2010, documenti decisivi, che se tempestivamente conosciuti e allegati,
1

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Tali documenti erano costituiti da: 1) un atto di locazione per l’utilizzo di un laser necessario
per la chirurgia oculare refrattiva, stipulato tra l’Azienda e la TEMAV s.r.l. il 29 marzo 1999,
documento idoneo, ad avviso dell’interessato, ad escludere l’accusa di dirottamento dei pazienti
verso strutture private, essendo la TEMAV ente convenzionato; 2) due certificati (rispettivamente
datati 4 ottobre 2002 e 9 marzo 2004) relativi al proprio stato di servizio rilasciatigli dalla AUSL,
nei quali era contenuta l’indicazione precisa dei periodi in cui aveva svolto attività libero
professionale, rispettivamente in regime extramurario e intramurario, documenti che avrebbero
dimostrato l’insussistenza di collaborazioni esterne non denunciate.
5. – Con la sentenza attualmente impugnata, la Corte d’appello di Firenze ha dichiarato
l’inammissibilità della suddetta domanda di revocazione.
La Corte fiorentina, per quel che qui interessa, ha precisato che:
a) con riguardo agli stati di servizio, che risultano essere stati direttamente rilasciati
all’interessato su sua domanda, è ictu oculi da escludere l’impossibilità della loro precedente
allegazione e produzione in giudizio, visto che vi è da presumere che essi fossero nel pacifico
possesso del ricorrente che non ne ha dimostrato l’incolpevole smarrimento e, peraltro, anche in
caso di smarrimento di quelli originariamente richiesti, in ogni momento il ricorrente avrebbe
potuto chiederli nuovamente alla AUSL, tenuta al loro rilascio;
b) quanto all’altro documento, il Martinetti non ha provato né offerto di provare di averlo
rinvenuto dopo la sentenza, non avendolo potuto produrre tempestivamente in giudizio per causa di
forza maggiore o per fatto dell’avversario;
c) inoltre, non è stata offerta alcuna prova della data esatta di effettivo rinvenimento della
indicata offerta TEMAV del 1999, essendo stata data una indicazione imprecisa della data del
colloquio “risolutivo” che il ricorrente sostiene di avere avuto con un collega;
d) tale imprecisione non consente neppure di verificare la tempestività del ricorso per
revocazione (depositato il 10 dicembre 2010), avuto riguardo ai termini stabiliti dall’art. 325 cod.
proc. civ.;
e) resta pertanto assorbito l’esame del carattere decisivo, o meno, dei documenti, ai fini di una
pronuncia diversa rispetto a quella ormai definitiva.
2.— Il ricorso di Domenicantonio Martinetti, illustrato da memoria, domanda la cassazione
della sentenza per quattro motivi; resiste, con controricorso, la AUSL 11 di Empoli.
MOTIVI DELLA DECISIONE
I — Sintesi dei motivi di ricorso
1.— Il ricorso è articolato in quattro motivi.

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avrebbero comportato una diversa valutazione dei fatti addebitatigli, con le relative conseguenze
sulla pronuncia della Corte d’appello.

1.1.— Con i primi tre motivi si denunciano, sempre in relazione all’art. 360, n. 4, cod. proc.
civ., come violazioni e/o false applicazioni di legge:

Si aggiunge che, in ogni caso, la mancata ammissione della prova testimoniale sarebbe stata,
nella specie, contraria agli artt. 184 e 245 cod. proc. civ., visto che il giudice non può decidere di
non ammettere la prova per testi sulla sola base di una propria valutazione del relativo esito, tanto
più nel caso in cui sia l’unica prova a disposizione.
Pertanto si prefigura anche la violazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ., per la avvenuta
negazione del diritto alla prova nonché per la emissione della decisione sulla base di un
inammissibile giudizio prognostico effettuato ex ante.
b) l’erroneità dell’affermazione secondo cui la Corte fiorentina ha ritenuto che il ricorrente
non abbia provato la data esatta del ritrovamento della offerta TEMAV del 1999, derivante
principalmente alla asserita erroneità dell’inquadramento della fattispecie dovuta, in particolare, al
non aver considerato che il documento è stato ritrovato in seguito alle dichiarazioni di un collega
del ricorrente (cioè di un terzo). In una simile ipotesi, infatti, secondo la giurisprudenza di
legittimità (si cita: Cass. 17 gennaio 1989, n. 172), la prova del giorno del ritrovamento è adempiuta
dando l’indicazione del giorno della avvenuta comunicazione da parte del terzo dell’esistenza del
documento (secondo motivo).
Nella specie il Mai-tinelli ha indicato un lasso temporale di alcuni giorni entro il quale si è
svolto il colloquio con il collega, in cui ha appreso dell’esistenza del documento in oggetto, sicché
la statuizione della Corte territoriale in base alla quale si sarebbe dovuta indicare una data “esatta”
del ritrovamento risulta in contrasto con gli artt. 325, 395, n. 3, e 398 cod. proc. civ.
Si rileva che, se la prova testimoniale fosse stata ammessa e il teste avesse confermato che
l’incontro tra il Martinelli e il collega era avvenuto dopo il 10 novembre 2010, ne sarebbe risultato
che il ricorrente aveva offerto elementi sufficienti per dimostrare che: 1) il ritrovamento è stato
successivo al passaggio in giudicato della sentenza de qua visto che il colloquio con il collega si è
svolto in prossimità del 18 novembre 2010, la sentenza di questa Corte di cassazione (che ha
definito il giudizio) è dell’8 aprile 2010 e il rinvenimento del documento, essendosi verificato pochi
giorni dopo il suddetto colloquio, non può che essere stato successivo al passaggio in giudicato
della sentenza di cui è stata chiesta la revocazione; 2) il ricorso per revocazione — depositato il 10
dicembre 2010 — è stato tempestivo, con riguardo al termine di trenta giorni di cui all’art. 325 cod.
proc. civ.;
c) l’avvenuta esclusione della integrazione, nella specie, delle ipotesi della forza maggiore o
del fatto dell’avversario, senza considerare che, nella specie, si è in presenza di una ignoranza
incolpevole dell’esistenza dell’offerta TEMAV di cui si tratta, e quindi di una situazione di forza
maggiore ai sensi degli artt. 395, n. 3, e 398 cod. proc. civ., che si assumono violati (terzo motivo).
3

a) il carattere apodittico e infondato dell’affermazione con la quale la Corte d’appello ha
ritenuto che il Martinelli non abbia dimostrato né offerto di provare di aver rinvenuto i documenti in
oggetto dopo la sentenza con la quale il licenziamento è stato ritenuto legittimo. Si sostiene che tale
statuizione si porrebbe in palese violazione degli artt. 398 e 395, n. 3, cod. proc. civ., in quanto il
ricorrente ha chiesto ammettersi sul punto prova testimoniale (primo motivo).

Si sottolinea, in particolare, come l’offerta contrattuale in oggetto non poteva essere nota al
ricorrente, riguardando soggetti diversi e aspetti amministrativi che esulano dalle mansioni del
medico in corsia, quale era il Martinelli.

Si sostiene che mentre è possibile presumere che il ricorrente fosse a conoscenza degli stati di
servizio, a lui indirizzati, invece la medesima presunzione non poteva applicarsi all’offerta
TEMAV, per escludere che la sua mancata produzione in giudizio sia dipesa da forza maggiore.
Pertanto il fatto che la Corte d’appello abbia equiparato, ai suddetti fini, i due tipi di
documenti, configurerebbe una omissione di motivazione con riguardo alla esclusione della
ricorrenza della forza maggiore per la mancata produzione tempestiva dell’offerta TEMAV stessa.

II — Esame delle censure
2.- I motivi di ricorso — da trattare congiuntamente data la loro intima connessione — non sono
da accogliere.
3.- In base a consolidati e condivisi orientamenti di questa Corte:
a) l’impugnazione per revocazione, correlata, a norma dell’art. 395 n. 3 cod. proc. civ., al
recupero di documenti non potuti produrre nel giudizio conclusosi con la pronuncia della sentenza
impugnata, deve essere proposta a pena d’inammissibilità, a norma degli art. 325 e 326 cod. proc.
civ., entro trenta giorni dalla data dell’avvenuta scoperta dei documenti medesimi e l’onere della
prova dell’osservanza del termine, e quindi della tempestività e dell’ammissibilità
dell’impugnazione, incombe alla parte che questa abbia proposto, la quale, a pena
d’inammissibilità, deve indicare, nell’atto con cui richiede la revocazione, le prove di tali
circostanze, nonché del giorno in cui abbia scoperto o recuperato il documento (Cass. 4 febbraio
2005, n. 2287; Cass. 29 maggio 1999, n. 5229; Cass. 23 febbraio 1993, n. 2211), ovvero abbia
avuto notizia dell’esistenza del documento medesimo, pur in mancanza della data di materiale
apprensione dello stesso (Cass. 21 aprile 2006, n. 9396; Cass. 17 gennaio 1989, n. 172);
b) la data del recupero o della scoperta del documento in base al quale viene chiesta la
revocazione di una sentenza costituisce un preciso thema probandum che deve risultare ab initio fin
dall’istanza di revocazione, affinché la controparte sia messa subito in grado di apprezzare le
proprie difese in relazione ai motivi d’impugnazione e sia possibile stabilire subito se questa sia
stata proposta entro i termini perentori di cui all’art. 396 cod. proc. civ. (Cass. 19 dicembre 1997, n.
12867);
c) nel caso di revocazione ai sensi dell’art. 395 n.3 cod. proc. civ., il termine di impugnativa
stabilito dall’art. 326 dello stesso codice decorre dal giorno in cui la parte abbia avuto notizia
dell’esistenza del documento assunto decisivo, e non già dalla data di materiale apprensione del
documento stesso. Tuttavia è onere della parte indicare specificatamente (art. 398 comma secondo
cod. proc. civ.) e, quindi, dimostrare la data di verificazione dell’evento cui si correla la
proposizione del gravame, con una prova che deve essere particolarmente rigorosa quando si tratti
4

1.2.- Con il quarto motivo, in relazione all’art. 360, n. 5, cod. proc. civ., si denuncia l’omesso
esame di un fatto decisivo per il giudizio rappresentato dalla impossibilità di produrre in giudizio il
documento “offerta TEMAV 1999” per causa di forza maggiore.

di documenti esistenti presso la pubblica amministrazione, a disposizione di chiunque abbia
interesse a prenderne visione (Cass. 7 aprile 1995, n. 4062);

e) inoltre, per l’ammissibilità della revocazione prevista dall’art. 395 n. 3 cod. proc. civ. la
forza maggiore, impeditiva della produzione in giudizio del documento decisivo, deve aver
determinato non l’indisponibilità di esso, bensì l’ignoranza dell’esistenza o del luogo di
conservazione del medesimo, non addebitabile a colpa della parte in nessun grado di giudizio e fino
al momento in cui è possibile la predetta produzione, e le prove di tali circostanze, nonché del
giorno della scoperta o del recupero del documento, devono esser indicate unitamente ai motivi per
cui si chiede la revocazione (Cass. 29 maggio 1999, n. 5229);
f) l’ipotesi di revocazione prevista dall’art. 395, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., laddove
presuppone il ritrovamento, dopo la sentenza, di uno o più documenti decisivi non prodotti in
giudizio per causa di forza maggiore, si riferisce ad un avvenimento straordinario, in nessun modo
riconducibile ad un comportamento negligente della parte (Cass. 30 maggio 2014, n. 12162; Cass.
28 maggio 2014, n. 12000);
g) ai fini dell’ammissibilità dell’impugnazione per revocazione, ai sensi dell’art. 395, n. 3,
cod. proc. civ., è necessario che la parte si sia trovata nell’impossibilità di produrre il documento
asseritamente decisivo nel giudizio di merito, incombendo sulla stessa parte, in quanto attrice nel
relativo giudizio, l’onere di dimostrare che l’ignoranza dell’esistenza del documento o del luogo
ove esso si trovava fino al momento dell’assegnazione della causa a sentenza non era dipeso da
colpa o negligenza, ma dal fatto dell’avversario o da causa di forza maggiore. Ne consegue che,
nell’ipotesi di ignoranza dell’esistenza di un documento, l’onere della parte è soddisfatto dalla
dimostrazione di una situazione di fatto tale da giustificarne la mancata conoscenza, mentre in
quella di ignoranza soltanto del luogo di conservazione l’ammissibilità dell’impugnazione è
subordinata alla prova di una diligente ricerca del documento e, nel caso di un suo pregresso
possesso, dell’essersi verificato lo smarrimento per cause eccedenti la possibilità di controllo della
parte (Cass. 16 gennaio 2008, n. 735).
4.- La Corte d’appello di Firenze, con una motivazione congrua, logica e adeguata al caso di
specie, si è attenuta ai suddetti principi, come, del resto, riconosce anche l’attuale ricorrente, con
riguardo alla parte della sentenza nella quale, con riferimento agli stati di servizio, è stata esclusa
ictu oculi la forza maggiore.
Va, tuttavia, osservato che — diversamente da quel che si sostiene nel ricorso — anche per quel
il resto la sentenza impugnata appare del tutto corretta e non meritevole di alcuna delle censure
dell’attuale ricorrente, le quali, peraltro, risultano formulate in modo tale da apparire dirette più che
ad impugnare le argomentazioni del Giudice di merito sotto il profilo della scorrettezza giuridica e
5

d) a tale ultimo riguardo, ai fini dell’impugnazione per revocazione ex art. 395 n. 3 cod. proc.
civ. non è configurabile l’ipotesi della forza maggiore che determina l’impossibilità di produrre nel
giudizio di merito un documento decisivo – il cui onere probatorio è a carico di colui che agisce in
revocazione – qualora, trattandosi di un documento depositato presso un ufficio pubblico e a
disposizione di chiunque abbia interesse a prenderne visione, di cui la parte avrebbe potuto
acquisire la disponibilità, la mancata produzione in giudizio è ascrivibile alla negligenza della stessa
parte (Cass. 2 febbraio 2004, n. 1814);

della incoerenza logica ad esprimere un mero, quanto inammissibile, dissenso rispetto alle
valutazioni di merito delle risultanze probatorie di causa effettuate dalla Corte d’appello.

Tale censura, infatti, oltre ad essere formulata senza il dovuto rispetto del principio di
specificità dei motivi di ricorso per cassazione, è chiaramente volta a censurare una valutazione di
fatto riservata al giudice del merito e al suo libero convincimento ai sensi degli artt. 115 e 116 cod.
proc. civ., la cui violazione è apprezzabile, in sede di ricorso per cassazione, nei limiti del vizio di
motivazione di cui all’art. 360, primo comma, numero 5, cod. proc. civ., e deve emergere
direttamente dalla lettura della sentenza, non già dal riesame degli atti di causa, inammissibile in
sede di legittimità (Cass. 20 giugno 2006, n. 14267; Cass. 12 febbraio 2004, n. 2707; Cass. 13
luglio 2004, n. 12912; Cass. 20 dicembre 2007, n. 26965; Cass. 18 settembre 2009, n. 20112).
6.- A ciò va aggiunto che — come si desume dai su riportati indirizzi di questa Corte —
l’ammissibilità della revocazione straordinaria dipende non soltanto dal rispetto dei termini di cui
agli artt. 325 e 326 cod. proc. civ., ma anche dalla precisa indicazione, nel ricorso stesso: a) delle
ragioni che hanno impedito all’istante senza sua colpa di produrre i documenti rinvenuti in ritardo;
b) della decisività dei documenti stessi. La presenza nel ricorso per revocazione straordinaria di tali
indicazioni, con le relative prove — che devono essere particolarmente rigorose quando si tratti di
documenti esistenti presso una Pubblica amministrazione, facilmente reperibili specialmente dai
dipendenti, come accade nella specie — risponde alla medesima logica dell’osservanza dei termini
stabiliti per la proposizione del ricorso stesso.
Tale logica è quella di consentire solo in ipotesi del tutto straordinarie ed eccezionali di
mettere in discussione una decisione ormai passata in giudicato.
Infatti, come più volte sottolineato da questa Corte, la mancata sottoposizione della
proposizione del suddetto rimedio straordinario a precisi requisiti temporali e contenutistici
“introdurrebbe un elemento di ingiustificata eccentricità nel sistema delle impugnazioni” (vedi, per
tutte: Cass. 24 aprile 2009, n. 9826) e verrebbe a minare il valore costituzionale della certezza del
diritto (vedi, Corte costituzionale, ordinanza n. 149 del 2013), che ha la sua base nell’art. 3 Cost.,
oltre a violare il diritto di difesa della controparte, in armonia con l’art. 24 Cost. e anche con i
principi del giusto processo di cui all’art. 111 Cost., i quali, a loro volta, sono una derivazione
dell’art. 6 della CEDU
Per tali ragioni sono previste particolari cautele per l’ammissibilità della revocazione
straordinaria di cui all’art. 395, n. 3 cod. proc. civ. e tali cautele hanno la matrice comune di essere
volte ad offrire la sicura dimostrazione della non riconducibilità del ritrovamento tardivo dei
documenti ad un comportamento negligente della parte che chiede la revocazione.
7.- Nella specie, dalla sentenza impugnata risulta che nel ricorso per revocazione il Martinelli
non ha assolutamente precisato le circostanze del ritrovamento dei documenti in oggetto e quindi
non ha dimostrato né offerto di dimostrare che la loro mancata tempestiva produzione in giudizio
non sia dipesa da una propria negligenza.
6

5.- Ciò si rileva, in particolare, con riguardo alla reiterata contestazione della mancata
ammissione della prova testimoniale richiesta, di cui non vi è traccia nella sentenza impugnata.

Va, anzi, rilevato che il ricorrente, senza contestare l’affermazione della Corte fiorentina
secondo cui nel ricorso per revocazione si è sostenuto che indicata l’offerta TEMAV del 1999 —
atto di locazione per l’utilizzo di un laser necessario per la chirurgia oculare refrattiva, stipulato tra
l’Azienda e la TEMAV s.r.l. il 29 marzo 1999 — era un documento idoneo ad escludere l’accusa di
dirottamento dei pazienti verso strutture private (essendo la TEMAV ente convenzionato), sostiene,
nel presente ricorso per cassazione, che la suddetta offerta contrattuale non poteva essergli nota,
riguardando soggetti diversi e aspetti amministrativi che esulano dalle mansioni del medico in
corsia, quale era il Martinelli.
Tuttavia, il ricorrente — onde superare l’anzidetta contraddizione — non spiega la ragione per
cui la suddetta offerta TEMAV avrebbe dovuto essere considerata decisiva, cosa che avrebbe
dovuto fare fin dal ricorso per revocazione, mentre ciò non è avvenuto come risulta dalla sentenza
impugnata e non è oggetto di impugnazione.

III Conclusioni

8. Per tutte le indicate ragioni il ricorso deve essere respinto. Le spese del presente giudizio
di cassazione — liquidate nella misura indicata in dispositivo — seguono la soccombenza.

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente
giudizio di cassazione, liquidate in euro 100,00 (cento/00) per esborsi, euro 5000,00
(cinquemila/00) per compensi professionali, oltre accessori come per legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, introdotto dall’art. 1,
comma 17, della legge. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti per il
versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato
pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
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nella camera di consiglio della Sezione lavoro, il 17 settembre 2014.
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Cancért
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Nel ricorso tale passo della sentenza non viene contestato e anzi — con riguardo in particolare
alla offerta TEMAV del 1999 — si afferma che il relativo ritrovamento è avvenuto pochi giorni dopo
il colloquio con il collega, ma non si specificano, in modo adeguato, le ragioni della non
ascrivibilità di tale ritardo alla negligenza del ricorrente.

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