Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22159 del 14/10/2020

Cassazione civile sez. trib., 14/10/2020, (ud. 10/01/2020, dep. 14/10/2020), n.22159

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE MASI Oronzo – Presidente –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

Dott. CIRESE Marina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 11539-2014 proposto da:

COMUNE DI OROSEI, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA SICILIA 66, presso lo studio dell’avvocato

AUGUSTO FANTOZZI, che lo rappresenta e difende unitamente

all’avvocato ROBERTO ALTIERI giusta delega in calce;

– ricorrente –

contro

ITALIANA ALBERGHI SRL;

– intimato –

ITALIANA ALBERGHI SRL, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA VERONA 9, presso lo

studio dell’avvocato LUIGI ONOFRI, che lo rappresenta e difende

giusta delega in calce;

– controricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 131/2013 della COMM.TRIB.REG. di CAGLIARI,

depositata il 13/11/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

10/01/2020 dal Consigliere Dott. MARINA CIRESE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE

AUGUSTINIS UMBERTO, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso

del Comune e il rigetto del ricorso incidentale;

udito per il ricorrente l’Avvocato CUTARELLI per delega dell’Avvocato

ALTIERI che ha chiesto l’accoglimento;

udito per il controricorrente l’Avvocato GIOIA per delega

dell’avvocato ONOFRI che ha chiesto il rigetto.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con ricorso alla CTP di Nuoro la società Italiana Alberghi s.r.l., titolare di una struttura alberghiera, impugnava la cartella di pagamento emessa dal Comune di Orosei con cui le veniva chiesto il pagamento della somma di Euro 82.340,84 a titolo di Tarsu per l’anno 2007.

Il ricorrente lamentava l’assoluta carenza di motivazione della cartella nonchè la fondatezza dell’atto impugnato in quanto emesso in violazione della Delib. comunale n. 42 del 2007 sostenendo che la fissazione della tariffa Tarsu avesse violato il D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 68. Sosteneva altresì che l’attività alberghiera de qua veniva esercitata stagionalmente cosicchè si giustificava una riduzione della tariffa applicata.

Con sentenza del 23.4.2009 la CTP di Nuoro rigettava il ricorso sostenendo che la cartella fosse stata legittimamente emessa sulla base dei dati forniti dal contribuente e che le altre doglianze fossero infondate.

Proposto appello avverso detta pronuncia da parte della società contribuente, la CTR di Cagliari con sentenza in data 13.11.2013 in accoglimento dell’appello della contribuente, previa disapplicazione in via incidentale della Delib. Giunta Municipale del Comune di Orosei 28 febbraio 2007, n. 42 (ritenuta illegittima sotto il duplice profilo della ingiustificata disparità di trattamento per l’elevata differenziazione tariffaria tra le categorie e l’omessa motivazione di tale scostamento), dichiarava illegittima la pretesa impositiva attivata dal Comune di Orosei nei confronti della società.

Avverso detta pronuncia proponeva ricorso per cassazione articolato i sei motivi il Comune di Orosei cui resisteva la controparte con controricorso ove proponeva altresì ricorso incidentale condizionato.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso rubricato “Illegittimità della sentenza impugnata per violazione del c.d. “principio di non contestazione”. Violazione dell’art. 115 c.p.c. (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5)” parte ricorrente deduceva che il giudizio de quo aveva avuto ad oggetto fin dal primo grado la corretta interpretazione del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 68 e cioè se i Comuni fossero obbligati o meno ad applicare ai fini Tarsu la stessa tariffa per le civili abitazioni e per le strutture alberghiere mentre nulla era stato mai eccepito in ordine alla carenza di motivazione della Delib. che aveva portato il Comune ad applicare tariffe maggiori per gli alberghi. Pertanto la circostanza secondo cui la Delib. di approvazione delle tariffe era sufficientemente motivata era circostanza sufficientemente motivata.

Con il secondo motivo di ricorso rubricato “Violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato. Violazione dell’art. 112 c.p.c. (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4)” parte ricorrente deduceva che la CTR aveva fondato la propria decisione su un fatto, ovvero la mancata indicazione delle ragioni che avevano portato il Comune ad applicare tariffe maggiori per gli alberghi, su cui non era mai stato instaurato il contraddittorio tra le parti.

Con il terzo motivo di ricorso rubricato “Illegittimità della sentenza di secondo grado per omesso esame di un fatto decisivo (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5)” parte ricorrente deduceva (nel caso in cui i due precedenti motivi di ricorso fossero ritenuti infondati) che la CTR non aveva esaminato un documento (ovvero il testo della Delib. ed il suo allegato) che avrebbe portato a ritenere accertato che l’applicazione di tariffe diverse per abitazioni ed alberghi era stata sufficientemente motivata (distinzione in 29 categorie). Il Comune inoltre nel corso del giudizio di merito aveva precisato che la misura della tariffa era anche giustificata da una serie di circostanze relative al caso specifico. Aggiungeva che, peraltro, anche nel caso in cui la Delib. fosse stata ritenuta illegittima, andava applicata la tariffa precedentemente vigente.

Con il quarto motivo di ricorso rubricato “Violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 68 (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3)” parte ricorrente deduceva che la CTR aveva erroneamente ritenuto che il Comune avrebbe dovuto indicare le ragioni specifiche per cui aveva previsto per gli alberghi una tariffa di gran lunga superiore a quella prevista per le abitazioni benchè la relativa disciplina si limiti a prevedere la discrezionalità dei Comuni in merito alla determinazione delle tariffe Tarsu per le varie categorie di immobili.

Con il quinto motivo di ricorso rubricato “Violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 69 (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) parte ricorrente deduceva che la CTR aveva di fatto esonerato la società dal pagamento della tassa nel periodo di imposta nonostante questa avesse usufruito del servizio pubblico di smaltimento dei rifiuti mentre poteva ritenersi applicabile la tariffa in precedenza vigente.

Con il sesto motivo di ricorso rubricato “Illegittimità della sentenza impugnata per violazione del principio comunitario del “chi inquina paga” sancito dall’art. 175 del Trattato CE (ora art. 192 TFUE), attuato dall’art. 15 della direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio 5 aprile 2006, 2006/12/CE (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) “parte ricorrente deduceva che la CTR aveva di fatto esonerato la società dal pagamento della tassa nel periodo di imposta nonostante la stessa avesse fruito del servizio pubblico di smaltimento.

Va esaminato preliminarmente il quarto motivo di ricorso.

La censura è fondata.

La vicenda in esame trae origine dall’impugnazione di un avviso di accertamento emesso dal Comune di Orosei afferente alla Tarsu laddove si denunciava la illegittimità dell’atto in conseguenza del fatto che a parere del ricorrente era irragionevole ritenere applicabile ad una struttura alberghiera una tariffa nettamente superiore a quella che il Regolamento prevedeva per le civili abitazioni.

Giova ricordare che la TARSU (poi sostituita dalla TARI) è stata introdotta nel nostro ordinamento con il D.Lgs. n. 507 del 1993, che all’art. 68 prevede testualmente che:”1. Per l’applicazione della tassa i comuni sono tenuti ad adottare apposito regolamento che deve contenere: 1.La classificazione delle categorie ed eventuali sottocategorie di locali ed aree con omogenea potenzialità di rifiuti e tassabili con la medesima misura tariffaria; 2. L’articolazione delle categorie e delle eventuali sottocategorie è effettuata, ai fini della determinazione comparativa delle tariffe, tenendo conto, in via di massima, dei seguenti gruppi di attività o di utilizzazione: c) locali ed aree ad uso abitativo per nuclei familiari, collettività e convivenze, esercizi alberghieri”.

Questa norma dispone, quindi, che l’articolazione delle categorie e delle eventuali sottocategorie è effettuata, ai fini della determinazione comparativa delle tariffe, tenendo conto dei gruppi di attività e dell’utilizzazione degli immobili. Il compito degli enti è la determinazione delle tariffe e l’indicazione delle categorie di locali e aree con omogenea potenzialità di rifiuti. In base all’art. 68 gli enti sono tenuti a adottare un regolamento che deve contenere non solo la classificazione delle categorie, ma anche la graduazione delle tariffe ridotte per particolari condizioni d’uso.

La giurisprudenza di questa Corte ha più volte ribadito il principio che vanno inserite in categorie diverse alberghi e abitazioni, stante la differente potenzialità di rifiuti prodotti. La maggiore capacità produttiva di rifiuti di un esercizio alberghiero rispetto a una civile abitazione è un fatto incontestabile e un dato di comune esperienza. Non assume alcun rilievo poi il carattere stagionale dell’attività, il quale può eventualmente dar luogo all’applicazione di speciali riduzioni d’imposta, rimesse alla discrezionalità dell’ente impositore.

Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte in tema di TARSU “è legittima la Delib. comunale di approvazione del regolamento e delle relative tariffe, in cui la categoria degli esercizi alberghieri venga distinta da quelle delle civili abitazioni ed assoggettata ad una tariffa notevolmente superiore a quella applicabile a queste ultime: la maggiore capacità produttiva di un esercizio alberghiero rispetto ad una civile abitazione costituisce, infatti, un dato di comune esperienza, emergente da un esame comparato dei regolamenti comunali in materia, ed assunto quale criterio di classificazione e valutazione quantitativa della tariffa anche dal D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, senza che assuma alcun rilievo il carattere stagionale dell’attività, il quale può eventualmente dar luogo all’applicazione di speciali riduzioni d’imposta, rimesse alla discrezionalità dell’ente impositore: i rapporti tra le tariffe, indicati dal D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507, art. 69, comma 2, tra gli elementi di riscontro della legittimità della Delib., non vanno d’altronde riferiti alla differenza tra le tariffe applicate a ciascuna categoria classificata, ma alla relazione tra le tariffe ed i costi del servizio discriminati in base alla loro classificazione economica” (cfr. Cass. sez. 5, 12 marzo 2007, n. 5722 e successive conformi, tra le quali Cass. sez. 5, 28 maggio 2008, n. 13957; Cass. sez. 5, 12 gennaio 2010, n. 302; Cass. sez. 6-5, ord. 23 luglio 2012, n. 12859; Cass. sez. 5, 15 luglio 2015, n. 14758, quest’ultima in controversia relativa proprio all’applicazione del regolamento del Comune di Orosei in punto di maggiorazione della tariffa TARSU per gli esercizi alberghieri rispetto a quella per civile abitazione, nonchè da ultimo Sez. 5, Sentenza n. 16175 del 03/08/2016 e Sez. 5 -, Sentenza n. 8308 del 04/04/2018).

Ne deriva, pertanto, che ai Comuni sia riconosciuta la piena discrezionalità nella determinazione delle tariffe non essendo neanche tenuti ad indicare neppure le ragioni di tale quantificazione (profilo peraltro non attinto dalla censura del ricorrente).

Ciò premesso, la CTR nella sentenza impugnata laddove ha ritenuto illegittima la Delib. tariffaria 28 febbraio 2007, n. 42 per la ingiustificata disparità di trattamento per l’elevata differenziazione tra le categorie delle civili abitazioni e delle strutture alberghiere, non ha fatto buon governo dei principi fin qui enunciati.

I primi due motivi di ricorso, da valutarsi congiuntamente in quanto entrambi involgono la questione dei limiti del potere decisorio del giudice tributario a fronte di un atto amministrativo asseritamente illegittimo, sono, invece, infondati.

Va premesso che il potere del giudice tributario di disapplicare gli atti amministrativi costituenti il presupposto per l’imposizione è espressione del principio generale dell’ordinamento, contenuto nella L. 20 marzo 1865, n. 2248, art. 5, allegato E, e dettato nell’interesse, di rilevanza pubblicistica, all’applicazione di tali atti in giudizio solo se legittimi.

Ne consegue che detto potere deve essere esercitato – purchè gli atti in questione siano stati investiti, come nel caso in esame, dai motivi di impugnazione dedotti dal contribuente in relazione all’atto impositivo impugnato (vedi in tal senso Cass., Sez. 5., n. 9631/2012), anche d’ufficio, ed indipendentemente dall’avvenuta impugnazione dell’atto avanti al giudice amministrativo; trovando esso limite esclusivamente nell’eventuale giudicato amministrativo diretto di affermata legittimità dell’atto (SSUU 6265/06, proprio in materia di delibere comunali di approvazione di tariffe della TARSU, ‘presuppostè agli atti impositivi impugnati avanti al giudice tributario).

Il giudice tributario esercita inoltre tale potere in via meramente incidentale ed unicamente ai fini della risoluzione della controversia che si trova ad esaminare. Tale potestà rientra quindi nella “cognizione incidentale” del giudice tributario e il suo esercizio ha effetti solamente ai fini del singolo giudizio e non è opponibile in altre giurisdizioni (a differenza del potere di annullamento del giudice amministrativo, il cui esercizio avviene in via principale ed ha effetti opponibili in altre giurisdizioni). Una siffatta potestà, sebbene abbia un perimetro di azione indubbiamente “ampio”, deve comunque essere esercitata dal giudice tributario nel rispetto dei limiti e delle condizioni specificamente previsti dalla normativa di riferimento.

Per quanto concerne la disapplicazione di regolamenti e atti amministrativi generali, l’esercizio di tale potere è disciplinato dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7, comma 5, (recante le disposizioni sul processo tributario) a mente del quale “Le commissioni tributarie, se ritengono illegittimo un regolamento o un atto generale rilevante ai fini della decisione, non lo applicano, in relazione all’oggetto dedotto in giudizio, salva l’eventuale impugnazione nella diversa sede competente”.

Nel caso di specie, la decisione impugnata, risulta sotto tale profilo corretta in quanto, una volta ritenuta la illegittimità della Delib. comunale in tema di Tarsu sotto il profilo della disparità di trattamento per la marcata differenziazione tra categorie ritenute omologhe dalla legge, la CTR ha correttamente valorizzato il potere di disapplicazione dell’atto amministrativo da parte del giudice tributario.

Gli altri motivi di ricorso sono assorbiti.

Venendo al ricorso incidentale condizionato, con il primo motivo la società contribuente deduceva l’erroneità della sentenza in ordine al non riconosciuto vizio di carenza o insufficienza di motivazione della cartella di pagamento, per violazione della L. n. 241 del 1990, art. 3 e della L. n. 212 del 2000, art. 7 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

Con il secondo motivo di ricorso censurava la sentenza impugnata per l’omessa pronuncia sul motivo di appello concernente l’inoperatività per l’anno 2007 della Delib. tariffaria n. 42 del 2007 per violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4 (in quanto la Delib. n. 42 doveva diventare operativa dal 2008 e non dal 2007).

Con il terzo motivo deduceva la violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato ex art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 per non avere la CTR omesso di pronunciarsi sulla violazione del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 62.

Il primo motivo è infondato.

Ed invero la sentenza impugnata ha accertato che la cartella conteneva tutte le informazioni necessarie circa i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche poste a fondamento della pretesa impositiva tali da porre la contribuente in condizione di poter far valere le proprie difese.

Il secondo motivo di ricorso è del pari infondato.

Con la Delib. comunale 28 febbraio 2007, n. 42 sono state, infatti, approvate le tariffe decorrenti dal 1 gennaio 2007 in tema di Tarsu, pertanto legittimamente applicate al caso di specie.

Del pari infondato è il terzo motivo di ricorso.

Va osservato, infatti, che la tassa in questione è dovuta – in forza del disposto del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 62, comma 1 – per effetto dell’occupazione o della detenzione di locali ed aree scoperte, a qualsiasi uso adibite, fatta eccezione: a) per le aree scoperte pertinenziali o accessorie ad abitazioni; b) per i locali e le aree che, per la loro natura o il particolare uso cui sono stabilmente destinate, o perchè risultino in obiettive condizioni di non utilizzabilità, non possono produrre rifiuti. Tali ipotesi di esclusione non sono, peraltro automatiche, giacchè la norma succitata – ponendo una presunzione iuris tantum di produttività, superabile solo dalla prova contraria del detentore dell’area – dispone altresì che le circostanze escludenti la produttività e la tassabilità debbano essere dedotte dal contribuente o nella denuncia originaria o in quella in variazione, ed essere debitamente riscontrate in base ad elementi obiettivi rilevabili direttamente, o a mezzo di idonea documentazione.

Pertanto correttamente, anche se implicitamente, la CTR ha escluso l’esenzione dalla TARSU non risultando che la società contribuente abbia adempiuto l’onere di comprovare la spettanza di tale esenzione, alla stregua degli elementi formali suindicati.

In conclusione, in accoglimento del quarto motivo di ricorso, rigettati i motivi nn. 2 e 3 ed assorbiti gli altri, e rigettato il ricorso incidentale, la sentenza impugnata va cassata e non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto ex art. 384 c.p.c., il ricorso originario della società contribuente va rigettato. Sussistono giusti motivi, stante la particolarità delle questioni trattate ed il recente consolidarsi della giurisprudenza sulle stesse, per compensare tra le parti le spese relative ai giudizi di merito.

Le spese relative al giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

In accoglimento del quarto motivo di ricorso, rigettati il primo ed il secondo motivo ed assorbiti gli altri, e rigettato il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito, rigetta l’originario ricorso del contribuente.

Compensa le spese relative ai giudizi di merito.

Condanna il contribuente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 8.000,00 oltre accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente incidentale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso incidentale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Si dà atto che il presente provvedimento è sottoscritto dal solo Presidente del Collegio per impedimento dell’estensore, ai sensi del D.P.C.M. 8 marzo 2020, art. 1, comma 1, lett. a).

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 10 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 14 ottobre 2020

 

 

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