Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22159 del 12/09/2018

Cassazione civile sez. VI, 12/09/2018, (ud. 15/06/2018, dep. 12/09/2018), n.22159

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28158-2016 proposto da:

T.N., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE DELLE

MILIZIE 9, presso lo studio dell’avvocato STEFANO D’ACUNTI, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato DIEGO TORTIS giusta

procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

B.D., elettivamente domiciliato in ROMA, P.LE CLODIO 56

QUARTO PIANO INT. 8, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI

BONACCIO, che lo rappresenta e difende giusta mandato in calce al

controricorso;

– controricorrente –

e contro

T.L.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 5978/2015 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 29/10/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

15/06/2018 dal Consigliere Dott. MAURO CRISCUOLO;

Lette le memorie depositate dalle parti.

Fatto

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE

La Corte d’Appello di Roma con la sentenza definitiva n. 5978 del 29 ottobre 2015, dopo avere preso atto che con la precedente sentenza non definitiva n. 6547 del 27 ottobre 2014, si era escluso dal novero dei beni ancora da dividere quelli già assegnati ai condividenti con la scrittura privata del 4 luglio 1979, procedeva allo scioglimento dei beni ancora indivisi tra gli attori, T.L. e B.D., tra loro coniugati in regime di comunione legale, ed il convenuto T.N., in conformità del primo progetto di divisione redatto dal CTU nominato in grado di appello, compensando integralmente le spese del doppio grado.

Per la cassazione della sentenza definitiva di appello ha proposto ricorso T.N. sulla base di quattro motivi.

Gli intimati hanno resistito con controricorso.

Rileva la Corte che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per intempestività della sua proposizione in relazione all’inosservanza del termine lungo stabilito dall’art. 327 c.p.c. (“ratione temporis” applicabile nella specie, ovvero con riferimento al disposto antecedente alla modifica sopravvenuta per effetto della L. n. 69 del 2009, art. 46, comma 17).

Ed, infatti la sentenza della Corte d’Appello è stata pubblicata il 29.10.2015, e quindi al termine lungo di un anno previsto dall’art. 327 c.p.c. (nel testo vigente ratione temporis, trattandosi di giudizio iniziato nel 2007), occorre aggiungere il periodo di 31 giorni per la sospensione feriale (dall’1 al 31 agosto 2016 secondo la nuova formulazione della L. n. 742 del 1969, art. 1), con scadenza quindi il 30.11.2016, tenendo conto sempre della sospensione nel periodo feriale.

Al momento della notifica del ricorso per cassazione, avvenuta il 12.12.2016 (data di inoltro dell’atto all’ufficio postale avendo il ricorrente provveduto alla notifica diretta a mezzo posta ai sensi della L. n. 53 del 1994) il termine di decadenza era già scaduto, e il giudicato si era ormai formato, determinandosi quindi l’inammissibilità dell’impugnazione (in termini analoghi, circa la rilevanza della sopravvenuta modifica della durata del periodo t) sospensione feriale a seguito della previsione di cui al D.L. n. 132 del 2014, art. 16, comma 1 conv. con modifiche dalla L. n. 162 del 2014, Cass. n. 27338/2016, nonchè Cass. n. 24867/2016, che hanno appunto ribadito che ai fini della determinazione della sospensione dei termini processuali nel periodo feriale – nella specie, per il computo del termine di impugnazione cd. lungo, ex art. 327 c.p.c., comma 1, – occorre verificare, in mancanza di una disciplina transitoria, se l’impugnazione sia stata proposta anteriormente o successivamente alla data dell’1 gennaio 2015, di efficacia del D.L. n. 132 del 2014, art. 16, comma 1, conv., con modif., dalla L. n. 162 del 2014, che, sostituendo l’art. 1 della L. n. 742 del 1969, ha ridotto il periodo di sospensione da 46 giorni a 31 giorni).

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

Nulla per le spese per l’intimata che non ha svolto attività difensiva.

Poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è dichiarato inammissibile, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto il comma 1-quater del testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

PQM

Dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente al rimborso delle spese in favore del controricorrente che liquida in complessivi Euro 3.700,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali pari al 15 % sui compensi, ed accessori come per legge;

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1,comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente del contributo unificato dovuto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 15 giugno 2018.

Depositato in Cancelleria il 12 settembre 2018

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