Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22158 del 22/09/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 22/09/2017, (ud. 11/09/2017, dep.22/09/2017),  n. 22158

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIELLI Stefano – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 15960/2013 R.G. proposto da:

Iveco Spa, rappresentata e difesa dal Prof. Avv. Maurizio Logozzo e

dal Prof. Avv. Giuseppe Maria Cipolla, con domicilio eletto presso

quest’ultimo, in Roma, via G. Mazzini n. 134, giusta procura

speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle dogane, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

la quale è domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Lombardia sez. staccata di Brescia n. 85/63/12, depositata il 8

maggio 2012.

Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 11 settembre

2017 dal Consigliere Dott. Giuseppe Fuochi Tinarelli;

Letta la memoria depositato dal Prof. Avv. Maurizio Logozzo e dal

Prof. Avv. Giuseppe Maria Cipolla per la ricorrente.

Fatto

RILEVATO

Che:

– Iveco Spa impugna per cassazione la decisione della CTR della Lombardia che, confermando la decisione di primo grado, aveva ritenuto legittimo l’avviso di contestazione e di irrogazione delle sanzioni amministrative in tema di accise sul consumo di energia elettrica e relativa addizionale provinciale per l’anno 2005, assumendo con quattro motivi:

– (a) la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1995, art. 59, commi 1 e 3, art. 52, comma 1, art. 63, comma 2, lett. a, nonchè del D.L. n. 511 del 1998, art. 6, commi 1 e 3, art. 1322 c.c., comma 2 e degli artt. 1362 c.c. e segg., per aver la CTR ritenuto il contratto di service (di multiservizi) tra la Iveco Spa e le società Fenice Spa e Mac Spa integrare una “rivendita” di energia elettrica, mentre la Iveco era l’unico consumatore finale di energia elettrica nello stabilimento di Brescia;

– (b) la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1995, art. 52, comma 2, lett. o-bis, dovendosi ritenere lo stabilimento qualificabile come unico opificio industriale in presenza di unitarietà del ciclo produttivo a prescindere dal numero dei soggetti ivi operanti, spettando la relativa esenzione dell’imposta erariale, avente carattere oggettivo, e applicazione unitaria dell’addizionale provinciale;

– (c) violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 6, comma 2, L. n. 212 del 2000, art. 10, comma 3, D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 8, per la mancata disapplicazione delle sanzioni attesa l’obbiettiva incertezza normativa sulle nozioni di consumatore finale, venditore di energia elettrica, opificio industriale di cui al D.Lgs. n. 504 del 1995, artt. 52 e 53;

– (d) omessa e insufficiente motivazione su fatti controversi e decisivi per il giudizio con riguardo alla sussistenza di cessioni di prodotti da parte delle società insediate nello stabilimento a terzi diversi dalla Iveco, nonchè di numerosi contatori elettrici, dalle quali ha derivato l’inesistenza di un unico opificio industriale.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

– il primo, il secondo e il quarto motivo, da esaminare unitariamente in quanto strettamente connessi, non sono fondati;

– le norme rilevanti ai fini della determinazione della soggettività passiva dell’imposta sono principalmente:

– l’art. 52, comma 1, TUA, secondo il quale obbligato al pagamento dell’imposta è “l’esercente l’officina di produzione” di energia elettrica od il soggetto ad esso assimilato, denominato “fabbricante”;

– l’art. 53, comma 1, TUA, per cui “chiunque intenda esercitare una officina di produzione di energia elettrica deve farne denuncia all’ufficio tecnico di finanza, competente per territorio, che, eseguita la verifica degli impianti, rilascia la licenza d’esercizio, soggetta al pagamento di un diritto annuale”;

– l’art. 53, comma 2, TUA, che precisa (lett. a) “sono considerati fabbricanti, ai fini della imposizione, gli acquirenti di energia elettrica: a) che l’acquistano per farne rivendita;” o (lett. b) che la utilizzano per uso proprio con impiego promiscuo;

– l’art. 54 TUA, invece, introduce la nozione di officina di produzione:

– per il comma 1 l’officina di produzione è costituita dal complesso degli apparati di produzione, accumulazione, trasformazione e distribuzione dell’energia elettrica esercitati da una medesima ditta, anche quando gli apparati di accumulazione, trasformazione e distribuzione sono collocati in luoghi distinti da quelli in cui si trovano gli apparati di produzione, pur se ubicati in comuni diversi;

– al comma 2 viene precisato che costituiscono distinte officine, cd. “di produzione”, le diverse stazioni di produzione dell’energia elettrica che una stessa ditta esercita in luoghi distinti anche quando queste stazioni siano messe in comunicazione fra loro mediante un’unica stazione di distribuzione, mentre le officine cd. “di acquisto” – cioè delle ditte acquirenti di energia elettrica, per farne rivendita o per uso proprio – sono costituite dall’insieme dei conduttori, degli apparecchi di trasformazione, di accumulazione e di distribuzione, a partire dalla presa dell’officina venditrice;

– quanto alla tariffazione, infine, il D.L. n. 511 del 1988, art. 6, conv. nella L. n. 20 del 1989, prevede per ogni chilowattora di energia impiegata differenti tariffe per applicazioni nelle abitazioni o per uso in locali e luoghi diversi;

– l’intero l’assetto normativo, dunque, ruota tutto sulle nozioni di officina, di produzione o di acquisto, quali luoghi fisici, sulla nozione di consumatore quale destinatario ed utilizzatore finale dell’energia elettrica, nonchè sulla tariffazione per punto di presa, che trova ulteriore riscontro nel sistema di versamento dell’imposta disciplinato dall’art. 56 TUA, nel testo vigente ratione temporis, secondo cui: a) l’imposta è versata dal fabbricante direttamente in tesoreria, con diritto di rivalsa sui consumatori; b) ogni bolletta di pagamento rilasciata dal fabbricante ai consumatori deve riportare i quantitativi di energia elettrica forniti e la liquidazione dell’imposta e relative addizionali, con le singole aliquote applicate, e si coordina con l’obbligo di denuncia a carico dell’esercente officina di produzione di energia elettrica previsto dall’art. 53, comma 1, e con la possibilità per questo di verificare il superamento, o meno, della soglia di 1,2 milioni di chilowattora previsto dall’art. 52, comma 2, lett. o-bis;

– la condotta diretta a sottrarre l’energia elettrica al regolare accertamento dell’imposta è poi sanzionata dall’art. 59, commi 1 e 3, TUA;

– la Iveco deduce che le diverse società esistenti nello stabilimento operavano tutte in funzione della realizzazione di un unitaria produzione (in una prospettiva di terziarizzazione dell’attività originariamente svolta dalla sola Iveco Spa) e che, rispetto alle società terze, la fornitura di energia elettrica avveniva non con un contratto di somministrazione di energia elettrica ma con un contratto di fornitura di multiservizi – che includeva una varietà di prestazioni quali la corrispondenza, l’erogazione dell’acqua potabile ed anche la fornitura di energia elettrica – sicchè il consumatore finale doveva essere identificato solo con la Iveco Spa;

– orbene, tale prospettiva non influisce sulla sostanza del rapporto e sulla correlata soggettività passiva dell’imposta atteso che, nella vicenda in esame, si realizzava, in ogni caso, una cessione onerosa di energia elettrica a favore di terzi con una soggettività giuridica autonoma: è infatti irrilevante la tipologia contrattuale poichè la disposizione ha ad oggetto una fattispecie di intermediazione nello scambio dell’energia elettrica, senza che incida l’eventuale contestuale cessione di altre utilità;

– l’espressione utilizzata dalla norma “acquistano per farne rivendita” possiede, del resto, sul piano letterale, un indubbio ed univoco significato nel senso del puro e semplice riferimento ad una attività di intermediazione nel trasferimento dell’energia elettrica, non limitato alla figura del contratto di somministrazione, a prescindere, dunque, dalla figura negoziale a cui in concreto le parti abbiano fatto ricorso, tale da non consentire all’interprete di introdurre eccezioni o limitazioni all’ambito applicativo della norma, chiaramente desumibile dal suo tenore testuale (art. 12 preleggi) e ciò, tanto più, che venendo in rilievo l’attribuzione di una agevolazione, le correlate relative disposizioni di favore debbono essere interpretate in termini rigorosi;

– tale conclusione è, poi, ulteriormente rafforzata alla luce dei successivi interventi normativi (v., D.Lgs. n. 26 del 2007, art. 1; D.L. n. 16 del 2012, art. 9, comma 2), che, nel dare continuità alle originarie previsioni, hanno sostituito – con riguardo all’art. 53, comma 1, lett. a – l’originaria locuzione con la formula “Obbligati al pagamento dell’accisa sull’energia elettrica sono: a) i soggetti che procedono alla fatturazione dell’energia elettrica ai consumatori finali, di seguito indicati come venditori” e – con riguardo all’art. 52, comma 1 – in termini corrispondenti con il testo “L’energia elettrica … è sottoposta ad accisa al momento della fornitura ai consumatori finali”, con una declinatoria che attiene, chiaramente, alla dottrina economica;

– l’intervento del 2007, infatti, costituisce l’attuazione della Direttiva n. 2003/96/CE, mirata sulla nozione di fornitura al consumatore proprio al fine di evitare di limitarne il campo di applicazione a specifiche figure contrattuali;

– sotto altro profilo, poi, va escluso (dissentendo in tal senso dal precedente Cass. n. 9567 del 2013) che il mancato rilascio della licenza escluda l’assunzione della qualità di soggetto passivo o che quest’ultimo, in ogni caso, debba comunque ricoprire un ruolo professionale: come rilevato, infatti, chi (art. 53, comma 1, lett. a) “acquista per rivendere” viene equiparato al fabbricante “ai fini dell’imposizione” e, pertanto, è soggetto agli obblighi di denuncia e della necessità di munirsi della licenza, la cui inosservanza, peraltro, non determina il mancato sorgere dell’obbligo impositivo, il cui fatto generatore è solo l’erogazione per il consumo, la cui elusione, diversamente, risulterebbe fin troppo agevole;

– è privo di rilievo, quindi, che debba o meno essere attribuita natura costitutiva alla licenza, la cui necessità ha incidenza solo sul piano amministrativo (e la cui mancanza è autonomamente sanzionata ai sensi dell’art. 59, lett. a, TUA) e non anche ai fini impositivi fiscali;

– il requisito dell’esercizio professionale dell’attività, inoltre, non è previsto nè dalla normativa nazionale, nè da quella comunitaria;

– ai fini tributari, del resto, ha preminente rilievo, in assenza di una diversa ed univoca volontà legislativa, la sostanza dell’operazione economica presa in considerazione, che, nella vicenda in esame è costituita da una intermediazione nello scambio dell’energia elettrica, e ciò a prescindere dallo specifico schema negoziale utilizzato dalle parti, il quale continua a disciplinare i reciproci rapporti tra le stesse, senza che, dunque, ne possa derivare una lesione ai principi di autonomia negoziale;

– la tesi propugnata dalla contribuente, inoltre, si scontra con l’accertamento di fatto operato dal giudice di merito;

– la CTR, infatti, ha rilevato che, in relazione al contratto di service, “la stessa parte ammette di addebitare alle due società insediatesi… degli importi per il consumo di energia” e tale circostanza “è ulteriormente avvalorata dal fatto che l’appellante risulta aver installato diversi contatori all’interno dello stabilimento al fine di misurare gli effettivi consumi senza che vi sia prova che tale installazione sia avvenuta in esercizio successivo a quello qui in contestazione”, derivandone – in termini coerenti – la dimostrazione “di un’attività di rivendita di una porzione dell’energia elettrica acquistata presso il proprio fornitore”;

– ai fini dell’unicità dell’opificio industriale, la CTR, inoltre, ha escluso (facendo propria la soluzione di cui al parere del 23 novembre 2007 del Ministero dello Sviluppo Economico) che ricorressero i presupposti per ritenere che all’interno del medesimo stabilimento vi fosse un unico ed unitario ciclo produttivo integrato attesa la non esclusività della destinazione delle diverse produzioni desumibile sia alla stregua delle clausole contrattuali degli accordi di collaborazione tra Iveco Spa e Mac Spa e Fenice Spa, sia dagli “ulteriori accertamenti che dimostrano il compimento di autonome operazioni di importazioni ed esportazione da parte di tali aziende”, neppure contestata dalla stessa Iveco Spa;

– orbene, l’esenzione dall’imposta erariale sull’energia elettrica non può riferirsi al consumo complessivo di una pluralità di aziende solo perchè incluse nello stesso comprensorio industriale (v. Cass. n. 3537 del 2012; Cass. n. 24687 del 2011), tanto più che, se la tariffa applicabile ad una fornitura dovesse calcolarsi a seguito del cumulo di tutti i consumi nelle varie unità, non avrebbe possibilità di applicazione il riferimento alle tariffe al momento dell’erogazione o consumo contenuto nel D.Lgs. n. 504 del 1995, art. 52, comma 1;

– non è poi incongrua, a tale fine, la correlazione dell’unitarietà del ciclo produttivo al requisito dell’esclusività della destinazione della produzione: diversamente l’ambito di riconoscibilità dell’esenzione verrebbe esteso in termini indefiniti, restando rimessa alle mera scelta operativa e discrezionale del contribuente;

– neppure può ritenersi omessa od insufficiente la motivazione, che ha come punto di riferimento le risultanze del pvc e i contratti di collaborazione (atti riprodotti anche dal controricorrente), nè illogica e incoerente, giustificandosi la presenza di una pluralità di contatori (la cui esistenza non è solo affermata dalla CTR ma risulta dall’estratto del pvc riprodotto dall’Agenzia delle dogane) solo in funzione della esatta determinazione della quantità di energia elettrica consumata dalle singole società terze, tanto più in assenza di indicazioni da parte della società ricorrente, le cui deduzioni sono del tutto generiche, astratte e prive di riscontro, risolvendosi, dunque, in una contestazione (pure in termini suggestivi, riferendo, in termini irrelati, che i beni oggetto di cessioni intracomunitarie o di esportazione da parte delle società Mac e Fenice “potessero essere stati prodotti in stabilimenti diversi da quello di Brescia”) volta a fornire una interpretazione contrapposta a quella del giudice di merito in vista di una nuova autonoma inammissibile valutazione dei fatti da parte della Corte;

– va, conclusivamente, affermato il seguente principio di diritto: “in tema di accise sul consumo di energia elettrica ed addizionale provinciale, il D.Lgs. n. 504 del 1995, art. 53, comma 1, lett. a, nel testo ratione temporis applicabile, ha ad oggetto una fattispecie di intermediazione nello scambio oneroso dell’energia elettrica, senza che rilevi, ai fini tributari, lo specifico schema negoziale utilizzato dalle parti, che continua a regolare i rapporti tra esse, od incida l’eventuale contestuale cessione di altre utilità, sicchè, qualora nel medesimo sito industriale insista una pluralità di aziende alimentate con contratto onnicomprensivo (contratto di service, con messa a disposizioni di locali, servizi vari, noleggio di beni ed utenze, tra cui l’energia elettrica), il prestatore del servizio, ancorchè sprovvisto di licenza, va qualificato come soggetto passivo dell’imposta e l’esenzione di cui all’art. 52, comma 2, lett. o-bis, TUA (poi sostituita dall’art. 52, comma 3, lett. f), va computata in capo a ciascun soggetto separatamente”;

– il terzo motivo non è fondato;

– è irrilevante, in primo luogo, il richiamo alla sentenza della CTP di Brescia n. 39/05/09 che si riferisce, come rilevato dal giudice d’appello (senza che tale indicazione sia stata in alcun modo censurata), a vicenda affatto diversa (“in quel giudizio… si discuteva in ordine alla definizione agevolata delle sanzioni e non all’applicabilità del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 8”);

– va poi osservato che, secondo la costante giurisprudenza, “la “incertezza normativa oggettiva tributaria” postula una condizione di inevitabile incertezza su contenuto, oggetto e destinatari della norma tributaria, riferita non già ad un generico contribuente, nè a quei contribuenti che, per loro perizia professionale, siano capaci di interpretazione normativa qualificata, nè all’Ufficio finanziario, ma al giudice, unico soggetto dell’ordinamento cui è attribuito il potere-dovere di accertare la ragionevolezza di una determinata interpretazione” e “tale fenomeno può essere desunto dal giudice attraverso la rilevazione di una serie di fatti indice” (v. Cass. n. 13076 del 2015; Cass. n. 23845 del 2016; Cass. n. 12301 del 2017);

– orbene, la CTR ha condivisibilmente valutato che “la lettera della norma non risulta cagionare incertezza in ordine alla sua portata ma, eventualmente, in ordine alla sua applicazione di fatto nel caso di specie” e, dunque, non si pone un problema di esegesi del dettato normativo per contenuti, oggetto e destinatari, in sè di piana interpretazione (pur a fronte della complessità della materia), ma di valutazione dei fatti;

– è ben vero che, sulla questione, è dato rilevare l’esistenza, come allegato dalla società ricorrente (sia pure in termini unilaterali), di un contrasto di orientamenti nella giurisprudenza di merito (in ispecie, con riguardo alla considerazione del contratto di service, su cui vi sono inclinazioni verso una valorizzazione ai fini fiscali della causa civilistica del contratto in oggetto) e che tale circostanza potrebbe costituire un fatto-indice;

– i successivi interventi normativi, peraltro, hanno dato sostanziale continuità alle originarie previsioni, sicchè, a fronte della chiara ed univoca volontà legislativa, non appare significativa la dedotta divaricazione di orientamenti, tanto più, che, come evidenzia la CTR, nella concreta vicenda, la Iveco Spa era a conoscenza del diverso orientamento dell’Agenzia delle dogane, esplicitato in un apposito parere sin dal 2001, in quanto dalla stessa società richiamato “in una denuncia di officina di energia elettrica presentata già nel 2002”, ossia in epoca di gran lunga anteriore alla richiamata giurisprudenza di merito;

– il ricorso va pertanto respinto e le spese di questo giudizio regolate per soccombenza.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a rifondere all’Agenzia delle dogane le spese di questo giudizio, che liquida in Euro 6.000,00, oltre spese prenotate a debito. Sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo per contributo unificato D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1 quater.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 11 settembre 2017.

Depositato in Cancelleria il 22 settembre 2017

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