Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22156 del 25/10/2011

Cassazione civile sez. I, 25/10/2011, (ud. 30/09/2011, dep. 25/10/2011), n.22156

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 17180/2010 proposto da:

S.A. ((OMISSIS)), R.G.

((OMISSIS)), F.S. ((OMISSIS)), M.

G. ((OMISSIS)), C.A.

((OMISSIS)), A.G. ((OMISSIS)),

C.G. ((OMISSIS)), elettivamente domiciliati

in ROMA, VIA ALBERICO II n. 11, presso lo studio dell’avvocato SCARPA

Angelo, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato QUERCI

MASSIMO, giuste deleghe in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE (OMISSIS) in persona del

Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo

rappresenta e difende, ope legis;

– resistente –

avverso il decreto n. 456/08 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE del

31.10.08, depositata il 29/05/2009;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

30/09/2011 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO DIDONE;

udito per i ricorrenti l’Avvocato Daniele Vannini (per delega avv.

Massimo Querci) che si riporta agli scritti, chiedendo l’accoglimento

del ricorso.

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. FEDERICO

SORRENTINO che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO

1.- A.G. e gli altri ricorrenti indicati in epigrafe hanno proposto ricorso per cassazione – affidato a un solo motivo – contro il decreto della Corte di appello del 29.5.2009 con il quale è stata dichiarata “inammissibile per indeterminatezza” la loro domanda di equa riparazione presentata ai sensi della L. n. 89 del 2001, in riferimento alla durata irragionevole di un giudizio instaurato dinanzi al T.A.R. del Lazio il 23.5.2001 e definito con sentenza del 28.11.2008.

Ha osservato lai Corte di merito che gli attori, nel ricorso, non avevano fatto “alcun cenno al danno che, in concreto” avrebbero potuto subire a causa della violazione del termine ragionevole e che il danno ex lege n. 89 del 2001 non è “in re ipsa”.

Il Ministero dell’Economia e delle Finanze non ha svolto difese, limitandosi a chiedere di poter partecipare alla discussione.

1.1.- La presente sentenza è redatta con motivazione semplificata così come disposto dal Collegio in esito alla deliberazione in Camera di consiglio.

2.- Con l’unica censura i ricorrenti denunciano violazione di legge lamentando che la Corte del merito non abbia ritenuto sussistente il danno patrimoniale da essi lamentato.

Il ricorso è fondato perchè secondo la giurisprudenza di questa Corte “in tema di equa riparazione ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2, il danno non patrimoniale è conseguenza normale, ancorchè non automatica e necessaria, della violazione del diritto alla ragionevole durata del processo, di cui all’art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali: sicchè, pur dovendo escludersi la configurabilità di un danno non patrimoniale “in re ipsa” – ossia di un danno automaticamente e necessariamente insito nell’accertamento della violazione -, il giudice, una volta accertata e determinata l’entità della violazione relativa alla durata ragionevole del processo secondo le norme della citata L. n. 89 del 2001, deve ritenere sussistente il danno non patrimoniale ogniqualvolta non ricorrano, nel caso concreto, circostanze particolari che facciano positivamente escludere che tale danno sia stato subito dal ricorrente. Siffatta lettura della norma di legge interna – oltre che ricavabile dalla “ratio” giustificativa collegata alla sua introduzione, particolarmente emergente dai lavori preparatori (dove è sottolineata la finalità di apprestare in favore della vittima della violazione un rimedio giurisdizionale interno effettivo, capace di porre rimedio alle conseguenze della violazione stessa, analogamente alla tutela offerta nel quadro della istanza internazionale) – è imposta dall’esigenza di adottare un’interpretazione conforme alla giurisprudenza della Corte europea di Strasburgo (alla stregua della quale il danno non patrimoniale conseguente alla durata non ragionevole del processo, una volta che sia stata dimostrata detta violazione dell’art. 6 della Convenzione, viene normalmente liquidato alla vittima della violazione, senza bisogno che la sua sussistenza sia provata, sia pure in via presuntiva), così evitandosi i dubbi di contrasto con la Costituzione italiana, la quale, con la specifica enunciazione contenuta nell’art. 111, tutela il bene della ragionevole durata del processo come diritto della persona, sulla scia di quanto previsto dalla norma convenzionale” (Sez. U, Sentenza n. 1338 del 26/01/2004).

Dal decreto impugnato non risultano “circostanze particolari che facciano positivamente escludere” che i ricorrenti abbiano subito il danno lamentato.

Il decreto impugnato, pertanto, deve essere cassato e, decidendo nel merito ex art. 384 c.p.c., la Corte deve procedere alla liquidazione dell’indennizzo in favore di ciascun ricorrente nella misura di Euro 3.250,00. Ciò tenuto conto della durata irragionevole del giudizio presupposto, pari a circa 4 anni (a fronte di quella ragionevole di tre anni per un grado di giudizio), in applicazione della più recente giurisprudenza di questa Sezione e dei criteri desumibili dalle decisioni della Corte di Strasburgo (v. per tutte Sez. 1, Sentenza n. 21840 del 14/10/2009).

Le spese processuali, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte, accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione, cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito, condanna l’Amministrazione a corrispondere a ciascuna parte ricorrente la somma di Euro 3.250,00 per indennizzo, gli interessi legali su detta somma dalla domanda e le spese del giudizio:

che determina per il primo giudizio di merito nella somma di Euro 50,00 per esborsi, Euro 846,00 per diritti e Euro 445,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge;

e per il presente giudizio di legittimità in Euro 665,00 di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 30 settembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 25 ottobre 2011

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